La redazione non esercita un filtro sui commenti dei lettori, a meno di segnalazioni riguardo contenuti che violino le regole.

Precisa che gli unici proprietari e responsabili dei commenti sono gli autori degli stessi e che in nessun caso comedonchisciotte.org potrà essere considerato responsabile per commenti lesivi dei diritti di terzi.

La redazione informa che verranno immediatamente rimossi:

Messaggi che entrano automaticamente in coda di moderazione per essere approvati prima di pubblicarli o vengono sospesi dopo la pubblicazione:

Nota: se un commento entra in coda di moderazione (e quindi non appare immediatamente sul sito), è inutile e dannoso inviare di nuovo lo stesso commento, magari modificando qualcosa, perché, in questo caso, il sistema classifica l’utente come spammer e non mostra più nessun commento di quell’utente.
Quindi, cosa si deve fare quando un commento entra in coda di moderazione? bisogna solo aspettare che un moderatore veda il commento e lo approvi, non ci sono altre operazioni da fare, se non attendere.

Per qualsiasi informazione o comunicazione in merito, scrivere alla redazione dal modulo nella pagina dei Contatti

Una persona può avere un solo account utente registrato nel sito.

Commentare con utenti diversi è una pratica da trolls e vengono immediatamente bannati tutti gli utenti afferenti ad un’unica entità, senza preavviso.

SANZIONI IN CASO DI VIOLAZIONE DEL REGOLAMENTO STABILITE DALLA REDAZIONE CDC:

1) Primo avviso da parte del moderatore (in rappresentanza della redazione) e cancellazione del commento.

2) Secondo avviso da parte del moderatore (in rappresentanza della redazione) e conseguente ammonizione: l’account del commentatore verrà sospeso temporaneamente per 72 ore previo avviso individuale

3) Terzo avviso da parte del moderatore (in rappresentanza della redazione) e conseguente blocco dell’account con l’impossibilità permanente di accedere al portale web

Consigliamo caldamente di leggere anche la pagina delle F.A.Q. le domande frequenti e la nostra Netiquette

La Redazione

 

1 / 140 Pagine

I piu' letti degli ultimi 7 giorni

I piu' letti degli ultimi 30 giorni

La guerra della bilancia dei pagamenti di Trump al Messico e al mondo intero

blank
A cura di Markus
Il 27 Gennaio 2025
8411 Views

Michael Hudson
globalsouth.co

La strada per il caos

Gli anni ’40 avevano visto una serie di film con Bing Crosby e Bob Hope, a partire da La strada per Singapore del 1940. La trama era sempre la stessa. Bing e Bob, due truffatori dalla parlantina veloce sempre impegnati a cantare e ballare, si mettevano nei guai in qualche Paese esotico e Bing ne usciva vendendo Bob come schiavo (in Marocco nel 1942, dove Bing promette di ricomprarlo) o impegnandolo a essere sacrificato in qualche cerimonia pagana, e così via. Bob accetta sempre il piano e c’è sempre un lieto fine hollywoodiano in cui i due fuggono insieme, con Bing che si prende sempre la ragazza.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una serie di simili messe in scena diplomatiche, con gli Stati Uniti e la Germania (che rappresentano l’Europa nel suo complesso). Potremmo chiamarla la Strada del Caos. Gli Stati Uniti hanno svenduto la Germania distruggendo il Nord Stream, con il cancelliere tedesco Olaf Scholtz (lo sfortunato Bob Hope) che ha accettato, e con la presidente della Commissione europea Ursula von der Lehen che, nella parte di Dorothy Lamour (la ragazza-premio di Bing in questa serie di film hollywoodiani), chiede che tutta l’Europa aumenti la spesa militare della NATO, ben oltre la richiesta di Biden del 2% e l’escalation di Trump al 5%. Come se non bastasse, l’Europa deve imporre sanzioni commerciali alla Russia e alla Cina, obbligandole le sue principali industrie a delocalizzarsi negli Stati Uniti.

Quindi, a differenza dei film, non finirà con gli Stati Uniti che si precipitano a salvare l’ingenua Germania. Al contrario, la Germania e l’Europa nel suo complesso diventeranno offerte sacrificali in questo disperato ma inutile tentativo di salvare l’Impero Statunitense. Sebbene la Germania al momento non si ritrovi con una popolazione che tende ad emigrare e si riduce sempre di più, come l’Ucraina, la sua distruzione industriale è ben avviata.

Il 23 gennaio, Trump ha dichiarato al Forum economico di Davos: Il mio messaggio a tutte le imprese del mondo è molto semplice: venite a fabbricare i vostri prodotti in America e vi daremo tasse tra le più basse di qualsiasi altra nazione sulla Terra“. Altrimenti, se questi Paesi continueranno a cercare di produrre in patria o altrove, ai loro prodotti verranno applicate le tariffe doganali del 20% minacciate da Trump.

Per la Germania questo significa (parafrasi mia): “Mi dispiace che i vostri prezzi dell’energia siano quadruplicati. Venite in America e la otterrete quasi allo stesso prezzo che pagavate alla Russia prima che i vostri leader eletti ci permettessero di far saltare in aria il Nord Stream“.

La grande domanda è: quanti altri Paesi resteranno inerti come la Germania mentre Trump cambia le regole del gioco – l’ordine basato sulle regole dell’America. Quando si raggiungerà una massa critica che cambi l’ordine mondiale nel suo complesso?

Potrà esserci un finale hollywoodiano per il caos che sta per arrivare? La risposta è no, e la chiave è nell’effetto sulla bilancia dei pagamenti delle tariffe e delle sanzioni commerciali minacciate da Trump. Né Trump né i suoi consiglieri economici si rendono conto dei danni che la loro politica rischia di provocare squilibrando radicalmente la bilancia dei pagamenti e i tassi di cambio in tutto il mondo, rendendo inevitabile una rottura finanziaria.

Il vincolo della bilancia dei pagamenti e dei tassi di cambio nei confronti dell’aggressione tariffaria di Trump

I primi due Paesi ad essere minacciati da Trump sono stati i partner NAFTA dell’America, Messico e Canada. Trump ha minacciato di aumentare del 20% i dazi statunitensi sulle importazioni di questi due Paesi se non obbediranno alle sue richieste politiche.

Ha minacciato il Messico in due modi. In primo luogo con il suo programma di immigrazione, che prevede il rimpatrio degli immigrati clandestini e [una limitazione] al rilascio di permessi di lavoro a breve termine per la manodopera messicana stagionale che lavora nell’agricoltura e nei servizi domestici. Ha suggerito di deportare in Messico la gran parte degli immigrati latinoamericani, sostenendo che la maggior parte di essi era giunta in America attraverso il confine messicano lungo il Rio Grande. Questo rischia di imporre un enorme onere sociale al Messico, che non ha un muro sul proprio confine meridionale.

C’è anche un forte costo di bilanciamento dei pagamenti per il Messico e per altri Paesi i cui cittadini hanno cercato lavoro negli Stati Uniti. Una delle principali fonti di dollari per questi Paesi sono le rimesse che lavoratori immigrati inviano alle loro famiglie rimaste in patria. Questa è un’importante fonte di dollari per le famiglie dell’America Latina, dell’Asia e di altri Paesi. La deportazione degli immigrati eliminerà una fonte sostanziale di entrate che ha sostenuto i tassi di cambio delle loro valute rispetto al dollaro.

L’imposizione di un dazio del 20% o di altre barriere commerciali al Messico e ad altri Paesi sarebbe un colpo mortale per i loro tassi di cambio, e questo ridurrebbe le esportazioni che la politica statunitense aveva promosso a partire dal presidente Carter, quando aveva favorito l’esternalizzazione dell’occupazione statunitense utilizzando la manodopera messicana per mantenere bassi i costi salariali negli Stati Uniti. La creazione del NAFTA sotto Bill Clinton aveva portato alla realizzazione di una numerosa serie di impianti di assemblaggio (maquiladora) a sud del confine tra Stati Uniti e Messico, che impiegano manodopera messicana a basso salario nelle catene di montaggio allestite dalle aziende statunitensi che intendono risparmiare sul costo del lavoro. I dazi priverebbero bruscamente il Messico dei dollari ricevuti per pagare in pesos questa manodopera, oltre ad aumentare i costi per le società madri statunitensi.

Il risultato di queste due politiche di Trump sarebbe un crollo della fonte di dollari del Messico. Ciò costringerà il Messico a fare una scelta: se accetterà passivamente queste condizioni, il tasso di cambio del peso si deprezzerà. Ciò renderà le importazioni (prezzate in dollari a livello mondiale) più costose, provocando un sostanziale aumento dell’inflazione interna. In alternativa, il Messico può mettere al primo posto la propria economia e affermare che l’interruzione degli scambi e dei pagamenti causata dall’azione tariffaria di Trump gli impedisce di pagare agli obbligazionisti i propri debiti in dollari .

Nel 1982, il default del Messico sulle sue obbligazioni tesobono, denominate in dollari, aveva innescato la bomba del debito dell’America Latina. L’azione di Trump sembra voler forzare una replica. In questo caso, la risposta del Messico sarebbe quella di sospendere il pagamento delle sue obbligazioni in dollari.

Una cosa del genere avrebbe effetti di vasta portata, perché molti altri Paesi dell’America Latina e del Sud Globale stanno vivendo un’analoga compressione della loro bilancia commerciale e dei pagamenti internazionali. Il tasso di cambio del dollaro si è già impennato rispetto alle loro valute in seguito all’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, attirando fondi di investimento dall’Europa e da altri Paesi. Un dollaro in crescita significa un aumento dei prezzi delle importazioni di petrolio e delle materie prime denominate in dollari.

Il Canada si trova ad affrontare una simile compressione della bilancia dei pagamenti. La controparte delle maquiladora messicane sono gli stabilimenti di componenti auto a Windsor, dall’altra parte del fiume, di fronte a Detroit. Negli anni ’70 i due Paesi avevano concordato il Patto dell’Auto, che regolava la distribuzione degli impianti di assemblaggio per la produzione congiunta di auto e camion statunitensi.

Beh, “concordato” potrebbe non essere il verbo appropriato. All’epoca mi trovavo a Ottawa e i funzionari governativi erano molto risentiti per essersi visti assegnare la parte meno conveniente dell’accordo sull’auto. Ma il patto è ancora in corso oggi, cinquant’anni dopo, e continua a contribuire in modo determinante alla bilancia commerciale canadese e quindi al tasso di cambio del dollaro canadese, che è già sceso rispetto a quello statunitense.

Naturalmente, il Canada non è il Messico. L’idea di sospendere il pagamento delle obbligazioni in dollari è impensabile in un Paese gestito in gran parte dalle banche e dagli interessi finanziari. Ma le conseguenze politiche si faranno sentire in tutta la politica canadese. Ci sarà un sentimento antiamericano (che in Canada ribolle sempre sotto la superficie) che dovrebbe porre fine alla fantasia di Trump di fare del Canada il 51° Stato americano.

Le basi morali implicite dell’ordine economico internazionale

C’è un principio morale di base illusorio insito nelle minacce tariffarie e commerciali di Trump, che è alla base dell’ampia narrazione con cui gli Stati Uniti hanno cercato di razionalizzare il loro dominio unipolare dell’economia mondiale. Questo principio è l’illusione della reciprocità, una distribuzione reciproca dei benefici e della crescita, una cosa che nel vocabolario americano va sempre di pari passo con i valori democratici e le chiacchiere sui liberi mercati che promettono stabilizzatori automatici nell’ambito del sistema internazionale sponsorizzato dagli Stati Uniti.

I principi di reciprocità e stabilità erano stati al centro delle argomentazioni economiche di John Maynard Keynes durante il dibattito, alla fine degli anni Venti, sull’insistenza degli Stati Uniti affinché gli alleati europei della Grande Guerra pagassero i pesanti debiti per le armi acquistate dagli Stati Uniti prima dell’entrata ufficiale in guerra di questi ultimi. Gli alleati avevano accettato di pagare, imponendo pesanti costi di riparazione alla Germania e scaricando i costi sul perdente della guerra. Ma le richieste degli Stati Uniti agli alleati europei, girate loro volta alla Germania, andavano ben oltre la possibilità di essere soddisfatte.

Il problema fondamentale, aveva spiegato Keynes, era che gli Stati Uniti avevano aumentato le tariffe contro la Germania in risposta alla svalutazione del marco, e poi avevano imposto la tariffa Smoot-Hawley al resto del mondo. Questo aveva impedito alla Germania di guadagnare valuta forte per pagare gli alleati e per permettere a questi ultimi di pagare l’America.

Per far funzionare il sistema finanziario internazionale del servizio del debito, aveva sottolineato Keynes, una nazione creditrice ha l’obbligo di fornire ai Paesi debitori l’opportunità di raccogliere il denaro necessario [a ripagare il debito] permettendo le esportazioni verso la nazione creditrice. In caso contrario, si verificherebbe un crollo della valuta e un’austerità che paralizzarebbe il debitore. Questo principio di base dovrebbe essere al centro di qualsiasi progetto per l’organizzazione dell’economia internazionale, con controlli e contrappesi per evitare un tale collasso.

Gli oppositori di Keynes – il monetarista francese antitedesco Jacques Rueff e il sostenitore del commercio neoclassico Bertil Ohlin – avevano ripetuto lo stesso argomento esposto da David Ricardo nella sua testimonianza del 1809-1810 davanti al Britain’s Bullion Committee. Ricardo aveva sostenuto che il pagamento dei debiti esteri crea automaticamente un equilibrio nei pagamenti internazionali. Questa teoria economica spazzatura aveva fornito la logica che rimane ancora oggi il modello di austerità di base del FMI.

Secondo questa fantastica teoria, quando il pagamento del servizio del debito abbassa i prezzi e i salari nel Paese debitore, quest’ultimo aumenterà le sue esportazioni rendendole meno costose per gli stranieri. E, presumibilmente, il servizio del debito ricevuto dalle nazioni creditrici sarà monetizzato, cosa che farà aumentare i prezzi (teoria quantitativa della moneta) e ridurrà le esportazioni [dei Paesi creditori]. Questo spostamento dei prezzi dovrebbe continuare fino a quando il Paese debitore che subisce un deflusso monetario e l’austerità non sarà in grado di esportare abbastanza da permettersi di pagare i  creditori esteri.

Ma gli Stati Uniti non avevano permesso alle importazioni straniere di competere con i propri produttori. E per i debitori, il prezzo dell’austerità monetaria non erano state esportazioni più competitive, ma il dissesto e il caos economico. Il modello di Ricardo e la teoria neoclassica statunitense erano semplicemente una scusa per una dura politica creditizia. Gli aggiustamenti strutturali o l’austerità sono stati devastanti per le economie e i governi a cui sono stati imposti. L’austerità riduce la produttività e la produzione.

Nel 1944, Keynes, cercando di resistere alle richieste statunitensi di commercio estero e di asservimento monetario, alla conferenza di Bretton Woods, aveva proposto il bancor, un accordo intergovernativo sulla bilancia dei pagamenti che prevedeva che le nazioni creditrici croniche (cioè gli Stati Uniti) rinunciassero ai crediti finanziari nei confronti dei Paesi debitori (come sarebbe diventata la Gran Bretagna). Questo sarebbe stato il prezzo da pagare per evitare che l’ordine finanziario internazionale polarizzasse il mondo in Paesi creditori e debitori. I creditori avrebbero dovuto mettere i debitori in grado di pagare o perdere le loro pretese finanziarie di pagamento.

Keynes, come già detto, aveva anche sottolineato che, se i creditori vogliono essere pagati, devono importare dai Paesi debitori per fornire loro la capacità di pagare.

Si trattava di una politica profondamente morale, che aveva anche il vantaggio di avere un senso economico. Avrebbe consentito ad entrambe le parti di prosperare, invece di avere una nazione creditrice che si arrichisce mentre i Paesi debitori soccombono all’austerità che impedisce loro di investire nella modernizzazione e nello sviluppo delle loro economie, aumentando la spesa sociale e il tenore di vita.

Con Donald Trump gli Stati Uniti stanno violando questo principio. Non c’è un accordo di tipo bancor keynesiano in atto, ma ci sono le dure realtà della diplomazia unipolare dell’America-first. Se il Messico vuole salvare la propria economia dal rischio di sprofondare nell’austerità, nell’inflazione dei prezzi, nella disoccupazione e nel caos sociale, dovrà sospendere i pagamenti dei debiti esteri denominati in dollari.

Lo stesso principio si applica agli altri Paesi del Sud globale. E, se agiranno insieme, saranno nella posizione morale per creare una narrazione realistica e persino inevitabile delle precondizioni per il funzionamento di un qualsiasi ordine economico internazionale stabile.

Le circostanze stanno quindi costringendo il mondo a staccarsi dall’ordine finanziario incentrato sugli Stati Uniti. Il tasso di cambio del dollaro americano è destinato a salire nel breve termine a causa del blocco delle importazioni da parte di Trump con tariffe e sanzioni commerciali. Questo spostamento del tasso di cambio comprimerà i Paesi stranieri che hanno debiti in dollari nello stesso modo in cui saranno compressi il Messico e il Canada. Per proteggersi, dovranno sospendere il servizio del debito in dollari.

Questa risposta all’odierno sovraccarico del debito non si basa sul concetto di Debito Odioso. Va oltre la critica che molti di questi debiti e i loro termini di pagamento non erano nell’interesse dei Paesi ai quali erano stati imposti. Va oltre la critica che i prestatori devono avere una certa responsabilità nel giudicare la capacità di pagamento dei loro debitori – o, in caso contrario, subire perdite finanziarie.

Il problema politico dell’eccesso di debiti in dollari nel mondo è che gli Stati Uniti agiscono in modo da impedire ai Paesi debitori di guadagnare il denaro necessario per pagare i loro debiti esteri denominati in dollari. La politica statunitense rappresenta quindi una minaccia per tutti i creditori che denominano i loro debiti in dollari, rendendo questi debiti praticamente impagabili, pena la distruzione delle loro economie.

Il presupposto della politica statunitense è che gli altri Paesi non risponderanno all’aggressione economica degli Stati Uniti

Trump sa davvero cosa sta facendo? O la sua distorta politica sta semplicemente causando danni collaterali ad altri Paesi? Credo che esista una profonda e basilare contraddizione all’interno della politica statunitense, simile a quella della diplomazia americana degli anni Venti. Quando Trump ha promesso ai suoi elettori che gli Stati Uniti devono essere i “vincitori” in qualsiasi accordo commerciale o finanziario internazionale, ha dichiarando una guerra economica al resto del mondo.

Trump sta dicendo al resto del mondo che devono essere dei perdenti – e accettare il fatto gentilmente, in cambio della protezione militare che gli USA forniscono al mondo nel caso in cui la Russia invada l’Europa o la Cina invii il suo esercito a Taiwan, in Giappone o in altri luoghi. La fantasia è che la Russia abbia qualcosa da guadagnare nel dover sostenere un’economia europea al collasso, o che la Cina decida di competere militarmente invece che economicamente.

Questa fantasia distopica è sostenuta dall’arroganza. In quanto egemone mondiale, la diplomazia statunitense raramente tiene conto di come reagiranno i Paesi stranieri. L’essenza della sua arroganza consiste nel presumere semplicisticamente che i Paesi si sottometteranno passivamente alle azioni statunitensi senza reagire. Questa è un’ipotesi realistica per Paesi come la Germania o per quelli con politici clienti degli Stati Uniti.

Ma ciò che sta accadendo oggi ha un carattere sistemico. Nel 1931, alla fine era stata dichiarata una moratoria sui debiti interalleati e sulle riparazioni tedesche. Ma ciò era avvenuto due anni dopo il crollo del mercato azionario del 1929 e le precedenti iperinflazioni in Germania e Francia. In modo analogo, negli anni ’80 i debiti dell’America Latina erano stati svalutati dai Brady bond. In entrambi i casi la finanza internazionale era stata la chiave del collasso politico e militare del sistema, perché l’economia mondiale si era autodistrutta con la finanziarizzazione. Oggi sembra che qualcosa di simile sia inevitabile. Qualsiasi alternativa praticabile implica la creazione di un nuovo sistema economico mondiale.

La politica interna degli Stati Uniti è altrettanto instabile. Il teatro politico “America First” di Trump, che lo ha fatto eleggere, potrebbe far cadere lui e la sua banda quando le contraddizioni e le conseguenze della loro filosofia operativa saranno riconosciute e rimpiazzate. La sua politica tariffaria accelererà l’inflazione dei prezzi negli Stati Uniti e, cosa ancora più fatale, provocherà il caos nei mercati finanziari statunitensi ed esteri. Le catene di approvvigionamento saranno sconvolte, interrompendo le esportazioni statunitensi di ogni genere, dagli aerei alle tecnologie informatiche. E altri Paesi si troveranno costretti a rendere le loro economie non più dipendenti dalle esportazioni statunitensi o dal credito in dollari.

E, forse, in una visione a lungo termine, questo non sarebbe un male. Il problema è nel breve periodo, quando le catene di approvvigionamento, i modelli commerciali e la dipendenza verranno sostituiti come parte del nuovo ordine economico geopolitico che la politica statunitense sta costringendo altri Paesi a sviluppare.

Trump basa il suo tentativo di strappare i legami esistenti e la reciprocità del commercio e della finanza internazionale sul presupposto che, in un caotico saccheggio, l’America ne uscirà vincitrice. Questa fiducia è alla base della sua volontà di eliminare le interconnessioni geopolitiche di oggi. Pensa che l’economia statunitense sia come un buco nero cosmico, un centro gravitazionale in grado di attirare a sé tutto il denaro e il surplus economico del mondo. Questo è l’obiettivo esplicito di America First. È questo che rende il programma di Trump una dichiarazione di guerra economica nei confronti del resto del mondo. Non c’è più la promessa che l’ordine economico promosso dalla diplomazia statunitense renderà prosperi gli altri Paesi. I guadagni derivanti dal commercio e dagli investimenti esteri dovranno essere inviati e concentrati in America.

Il problema va oltre Trump, lui sta semplicemente seguendo ciò che era già implicito nella politica degli Stati Uniti fin dal 1945. Un’America che si immagina di essere l’unica economia al mondo completamente autosufficiente dal punto di vista economico, che produce la propria energia e anche il proprio cibo e che fornisce questi bisogni fondamentali ad altri Paesi e che ha la capacità di chiudere il rubinetto.

Soprattutto, gli Stati Uniti sono l’unica economia senza i vincoli finanziari che limitano gli altri Paesi. Il debito americano è nella sua stessa valuta e non c’è stato alcun limite alla capacità degli Stati Uniti di spendere oltre i propri mezzi inondando il mondo di dollari in eccesso, che gli altri Paesi devono accettare come riserve monetarie, come se il dollaro valesse ancora quanto l’oro. E, alla base di tutto, c’è l’assunto che, quasi con un colpo di spugna, gli Stati Uniti possano diventare industrialmente autosufficienti come lo erano nel 1945. L’America è la Blanche duBois del mondo in “Un tram chiamato desiderio” di Tennessee Williams, che vive nel passato senza invecchiare bene.

La narrazione neoliberista dell’Impero Americano

Per ottenere l’acquiescenza degli stranieri ad accettare un impero e  vivere pacificamente al suo interno, è necessaria una narrazione rassicurante che raffiguri l’impero come se stesse facendo progradire tutti. L’obiettivo è quello di distrarre gli altri Paesi dal resistere a un sistema che, in realtà, è sfruttatore. La Gran Bretagna prima e gli Stati Uniti poi hanno promosso l’ideologia dell’imperialismo del libero scambio dopo che le loro politiche mercantilistiche e protezionistiche avevano dato loro un vantaggio di costo rispetto agli altri Paesi, trasformandoli in satelliti commerciali e finanziari.

Trump ha tolto questa cortina ideologica. In parte semplicemente riconoscendo che non può più essere mantenuta di fronte alla politica estera degli Stati Uniti e della NATO, alla sua guerra militare ed economica contro la Russia e alle sanzioni contro il commercio con la Cina, la Russia, l’Iran e gli altri membri dei BRICS. Sarebbe una follia per altri Paesi non rifiutare questo sistema, ora che la sua narrazione è falsa agli occhi di tutti.

La domanda è: come si potrà creare un ordine mondiale alternativo? Paesi come il Messico non hanno molta scelta se non quella di andare avanti da soli. Il Canada potrebbe soccombere, lasciando che il suo tasso di cambio scenda e che i prezzi interni aumentino, dato che le sue importazioni sono denominate in dollari, “in valuta forte”. Ma molti Paesi del Sud globale si trovano nella stessa situazione della bilancia dei pagamenti del Messico. E, a meno che non abbiano élite clientelari come l’Argentina – le cui élite sono a loro volta i principali detentori di obbligazioni in dollari dell’Argentina – i loro leader politici dovranno interrompere i pagamenti del debito o subire l’austerità interna (deflazione dell’economia locale) unita all’inflazione dei prezzi delle importazioni, dato che i tassi di cambio delle loro valute si indeboliscono sotto le tensioni imposte dall’aumento del dollaro statunitense. Dovranno sospendere il servizio del debito o i loro politici saranno costretti alle dimissioni.

Non molti politici di spicco hanno il margine di manovra di cui gode la tedesca Annalena Baerbock quando dice che il suo Partito Verde non deve ascoltare i voleri degli elettori tedeschi. Le oligarchie del Sud globale possono contare sul sostegno degli Stati Uniti, ma la Germania è certamente un caso a sé quando si tratta di essere disposti a commettere un suicidio economico in nome di una fedeltà senza limiti alla politica estera statunitense.

Sospendere il servizio del debito è meno distruttivo che continuare a soccombere all’ordine “America First” di Trump. Ciò che impedisce una mossa del genere è la politica, insieme alla paura centrista di intraprendere il grande cambiamento politico necessario per evitare la polarizzazione economica e l’austerità.

L’Europa sembra avere paura di smascherare il bluff di Trump, nonostante sia una minaccia vuota che verrebbe bloccata dagli interessi acquisiti dell’America tra la classe dei donatori. Trump ha dichiarato che se l’Europa non accetterà di spendere il 5% del suo PIL in armi (in gran parte provenienti dagli Stati Uniti) e di acquistare più gas naturale liquido (LNG) statunitense, imporrà tariffe del 20% ai Paesi che faranno resistenza. Ma, se i leader europei non opporranno resistenza, l’euro crollerà forse del 10 o del 20%. I prezzi interni aumenteranno e i bilanci nazionali dovranno tagliare i programmi di spesa sociale, come il sostegno alle famiglie per l’acquisto di gas o elettricità per riscaldare ed alimentare le loro case.

I leader neoliberali americani accolgono con favore questa guerra di classe delle richieste statunitensi ai governi stranieri. La diplomazia statunitense è stata così attiva e così efficace nel paralizzare la leadership politica degli ex partiti laburisti e socialdemocratici in Europa e in altri Paesi che non sembra più avere importanza ciò che gli elettori vogliono. A questo serve il National Endowment Democracy americano, insieme al controllo della narrativa e dei media mainstream. Ma a essere scosso non è solo il dominio unipolare dell’America in Occidente e la sua sfera di influenza, ma anche la struttura mondiale del commercio internazionale e delle relazioni finanziarie e inevitabilmente, anche le relazioni e le alleanze militari.

Michael Hudson

Fonte: globalsouth.co
Link: https://globalsouth.co/2025/01/24/trumps-balance-of-payments-war-on-mexico-and-the-whole-world/
24.01.2025
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

ISCRIVETEVI AI NOSTRI CANALI
CANALE YOUTUBE: https://www.youtube.com/@ComeDonChisciotte2003
CANALE RUMBLE: https://rumble.com/user/comedonchisciotte
CANALE ODYSEE: https://odysee.com/@ComeDonChisciotte2003

CANALI UFFICIALI TELEGRAM:
Principale - https://t.me/comedonchisciotteorg
Notizie - https://t.me/comedonchisciotte_notizie
Salute - https://t.me/CDCPiuSalute
Video - https://t.me/comedonchisciotte_video

CANALE UFFICIALE WHATSAPP:
Principale - ComeDonChisciotte.org

"Life is too short to be working for someone else's dream"
Notifica di
11 Commenti
vecchi
nuovi più votati
Inline Feedbacks
View all comments

FORUM DEI LETTORI

RSS Come Don Chisciotte Forum – Argomenti recenti



blank