DI VINCENT PRESUMEY
Le grand soir
Una crescita mortifera
Le esigenze di valorizzazione del capitale sono più che mai distruttrici. Per questo la realtà della crescita mondiale da qualche anno non è affatto una buona notizia e non sancisce il miglioramento delle condizioni di vita per la maggior parte dell’umanità, bensì il suo deterioramento.
La crescita in questione si basa, da una parte, sull’intensificazione del ricavo di plus valore in vari paesi di cui uno è l’elemento decisivo di questo processo, la Cina. Ora, per due volte, in qualche mese, alcuni ribassi alla Borsa di Shanghai hanno provocato un’ondata di choc istantanea nella finanza mondiale. Ogni volta, il panico iniziale della borsa in Cina si è immediatamente ripercosso a Wall Street, attraverso l’intermediazione di pronostici inquietanti del vecchio proprietario della FED (Federal Riserve Bank, la banca centrale USA), Alan Greenspan., ora pensionato.
Se all’insicurezza strutturale del capitalismo cinese, senile dalla sua nascita e minacciato dall’aspirazione di centinaia di milioni di sfruttati e d’oppressi ad una vita migliore, si combina il rischio del credito nord-americano, – il credito dei poveri, presi alla gola da “pegni-morte”, un termine sorto all’epoca feudale, che designa i prestiti immobiliari ipotecari fatti a piccoli stipendiati da compagnie di scrocconi, come il credito dei ricchi, consistente in prodotti finanziari ermetici e sofisticati, – se dunque l’insicurezza cinese e l’insicurezza americana si influenzano a vicenda, allora, lascia intendere il vecchio guru Greenspan, in sostanza può saltare tutto. Letteralmente.
Ciò non significa che tutto salterà automaticamente. L’importante per noi è di comprendere che, in un caso come nell’altro, sia che la piramide finanziaria esploda o riparta in un nuovo balzo in avanti, l’auto-mantenimento di questo sistema folle suppone la miseria, la guerra e la fame su scala planetaria. Nella più totale modernità.
Un voto storico
Le anticipazioni del pensionato Alan Greenspan sul titolo di direttore della FED Ben Bernanke, come la vicenda di corruzione che ha, alla fine, prodotto le dimissioni del direttore dell’FMI ( Fondo Monetario Internazionale), Paul Wolfowitz, un personaggio chiave della squadra di Bush, sono dei sintomi dell’indebolimento della macchina esecutiva nord americana e di quella politico- finanziaria mondiale, che ne è, in misura notevole, un’escrescenza. Il loro indebolimento proviene dal loro sprofondamento iracheno, dallo scacco dell’invasione israeliana del Libano l’estate scorsa, quando questa provocazione avrebbe dovuto, dal loro punto di vista, inaugurare una nuova fase offensiva, ed anche dall’ostilità crescente della classe operaia e del popolo nord americano, alla loro politica assassina.
Ma quando queste persone s’indeboliscono, si sforzano di contrattaccare quando ne hanno ancora i mezzi, e questo è il caso.
Mentre l’opposizione alla guerra in Iraq ed in Afghanistan non è mai stata così forte nel popolo americano, i rappresentanti democratici al Congresso hanno appena fatto passare i crediti per la guerra di Bush. Nancy Pelosi, la loro dirigente, ha manifestamente negoziato con l’amministrazione Bush e nel partito democratico una divisione dei ruoli assai ripugnante, per cui lei stessa ed i candidati eventuali alle presidenziali (Hillary Clinton, Barak Obama e Christopher Dod), hanno votato contro ma una maggioranza di rappresentanti democratici al Senato, ed un numero sufficiente alla Camera dei rappresentanti, hanno aggiunto i loro voti a quelli dei Repubblicani per fare passare il budget di Bush – 100 miliardi di dollari di crediti di guerra in più.
Somalia e Darfur
Questo budget enorme è, con il plus valore dei proletari cinesi, l’altro polmone del capitale finanziario mondiale. Corrisponde a più che al semplice proseguimento ed aggravamento della guerra in Iraq ed in Afghanistan.
A questi due paesi si aggiunge, da qualche mese, la Somalia. Centinaia di migliaia di “boat people” fuggono i combattimenti ed i massacri e sono, nel più assoluto silenzio delle grandi anime che vogliono tra l’altro “salvare il Darfour”, ricattati ed uccisi dai poliziotti e dai banditi (che sono spesso gli stessi) dei Paesi vicini.
In Darfur, giustamente, le stesse buone anime omicide dicono di voler adesso salvare la popolazione da un quasi genocidio…che in realtà ha avuto luogo 4 anni fa, perpetrato dalle milizie janjawids del regime islamico di Khartoum. La vera causa di questo coro di false pie vergini è la volontà franca dell’imperialismo nord- americano di mettere le sue grosse zampe sul cuore dell’Africa.
Tanto curioso che possa sembrare, la padronanza di questa specie di oceano terrestre che è il Sahara, è un elemento di crescente importanza della sua strategia. In più, l’ascesa cinese si è espressa da 4 anni attraverso legami rinforzati tra Pechino e Khartoum, il che spiega anche questo attivismo. L’imperialismo francese, come si sa, pensa di avere “diritti storici” sullo stesso Sahara, ed ha la sua principale base di parà a N’djamena, in Ciad, di cui sostiene a piene mani la dittatura.
Attraverso la voce del suo vecchio agente Kouchner, ministro di Sarkozy, ha appena proposto dei “corridoi umanitari” sotto il controllo delle sue truppe a partire dal Ciad verso il Darfur. Un modo di far credere che ciò che gli Stati Uniti pretendono di fare, lo può fare lui stesso. Non meno di 4 ONG note – Azione contro la fame, Medici senza Frontiere, Medici del Mondo, Solidarietà, – hanno appena dichiarato che questi progetti dell'”umanitario” Kouchner rischiano di perturbare gravemente la loro azione e di deteriorare ancora la situazione umanitaria reale…
Notiamo, en passant, che il governo Sarkozy- Fillon- Kouchner, attraverso le sue gesta nel Darfur e dalla ricezione del vecchio bandito Omar Bongo da parte di Sarkozy, ha preso risolutamente il seguito della tradizione di tutti gli assassini che l’hanno preceduto alla testa dello Stato francese.
Nahr el Bared, dopo Tal el Zaatar, Sabra et Chatila …
Torniamo alla strategia nord- americana globale: Scacco libanese, sprofondamento iracheno, status quo momentaneo e poco soddisfacente con l’Iran e la Corea del Nord, minaccia di rivoluzioni dei popoli latino americani, compongono un quadro molto inquietante per l’amministrazione Bush. Ora, questa sta moltiplicando le provocazioni in ogni direzione e l’accordo firmato con i Democratici al Congresso, contro il popolo americano, gli lascia un po’ più la briglia libera.
I rifugiati palestinesi di Camp de Nahl el bared, a Nord del Libano, sono così presi in ostaggio e massacrati dai tiri incrociati di un’organizzazione islamica sannita salafista notoriamente finanziata dai servizi sauditi e dall’esercito libanese. Dopo Tal el Zaatar, attaccato dall’esercito siriano ( 1976), Sabra e Chatila, attaccate dalle milizie cristiane protette dall’esercito israeliano (1982), si allunga dunque la lista dei campi dei martiri palestinesi.
L’interpretazione ufficiale di questa nuova tragedia per i popoli palestinesi e libanesi è che questi cattivi “islamici” sono, ben inteso, al soldo della Siria, dell’Iran e di Al Qaida. Ciò è, molto semplicemente, inverosimile, soprattutto nel momento stesso in cui le reti di Al Qaida in Iraq perpetuano gli attentati ed i massacri di massa dei civili sciiti, confortando la volontà di guerra civile di mantenere l’occupazione nord-americana del Paese. I regimi siriani ed iraniani come la direzione di Hezbollah, questi fallaci “antimperialisti”, sono, ben inteso, incapaci di rispondere intelligentemente a tali provocazioni. Concomitanti allo smorzamento di una nuova operazione terrorista dell’esercito israeliano contro la popolazione di Gaza, queste provocazioni mirano a cancellare il rapporto di forza scaturito dalla disfatta israeliana – e antimperialista – subita l’anno scorso nel Sud del Libano.
Ciò tenderebbe ad indicare che i legami esistono sempre tra Al Quaida ed i servizi americani (con l’aiuto eventuale d'”intermediari” libanesi?). La cosa non avrebbe nulla di stupefacente e può perfettamente andare di pari passo con le azioni di guerra che li oppongono, come in Afghanistan. Come l’analizza l’importante cronista Seymour Hersh nel New Yorker, la sconfitta di Bush è tale in Medio Oriente da far prendere delle iniziative ” irrazionali”, che portano al caos. Nel linguaggio di “quelli che hanno potere decisionale” per ciò che tocca il capitale, questa irrazionalità si chiama del resto ” gestione del potere”. La sua razionalità nascosta è che è meglio il caos ed il disordine sanguinanti, piuttosto che l’unione dei popoli oppressi contro l’imperialismo e contro i loro sfruttatori ed i governi locali.
C’è di ancora più grave…
Il fuoco ed il sangue scatenati dal capitalismo in Medio Oriente non sono, tuttavia, che la punta dell’iceberg di quel gioco pericoloso che si gioca in questi stessi giorni, e di cui i nostri media evitano con cura di parlarcene troppo. L’ Iran e la Corea del Nord non sono gli elementi più importanti del gioco, anzi ne sono ben lontani. Col favore dei crimini dell’11 settembre 2001, l’imperialismo nord-americano ha preso piede in Asia centrale, poi in Iraq, in maniera totale. Dall’autunno 2006 la sua alta strategia militare, a livello continentale, è determinata da due decisioni di cui l’importanza non ha eguali se non nella discrezione con cui ce ne informano.
Da una parte, nel dicembre scorso, lo stesso congresso americano (che prepara così l’adesione dei Democratici ai crediti per la guerra in Iraq, affermando la solidarietà dei due partiti del capitale americano nella sua strategia globale), autorizzava Washington ad impegnarsi con l’India in una cooperazione militare civile. Poiché l’India non è firmataria del TNP (il trattato di non proliferazione nucleare) questa cooperazione di fatto aiuta lo sviluppo del nucleare militare indiano. Chi può essere sotto tiro se non la Cina?
D’altra parte, dall’estate scorsa, il governo nordamericano ha imposto alla Repubblica ceca ed alla Polonia l’installazione di basi missilistiche- antimissilistiche e dei relativi sistemi radar.
Anche un bambino ingenuo, come certamente non è Putin, non può credere che ciò sia stato voluto per difendere l’Europa centrale dagli attacchi nord-coreani ed iraniani, come affermano certi rappresentanti dell’amministrazione Bush!
Si tratta in realtà di un autentico atto di guerra diretto contro la Russia, e, inoltre, contro tutti i popoli europei, a cominciare dai cechi e dai polacchi che possono constatare che i loro governi hanno ritrovato con Bush i riflessi della “sovranità limitata” dell’epoca di Breznev.
Autentico atto di guerra, poiché se si può argomentare, già con ipocrisia, che un sistema di difesa antimissile sul suolo nord-americano non ha che fini difensivi (proteggere gli Stati Uniti in caso di attacco nucleare russo), in questo caso, trattandosi della sua installazione sul suolo dell’Europa centrale, la sola spiegazione possibile e coerente è di coprire un attacco nucleare diretto contro la Russia, proibendo ogni risposta analoga!
Ma allora, le cose sono fatte e non ci si dice niente?
Attenzione, non c’è antagonismo fondamentale tra l’imperialismo nord-americano da una parte e il regime cosiddetto “comunista” cinese o l’oscuro bonapartismo di Putin, dall’altra. Non si tratta neppure di continuazione della “guerra fredda” dell’epoca dell’URSS staliniana, poi brezneviana. Ciò a cui assistiamo riguarda i salti epilettici dell’imperialismo nord- americano.
Il tempo in cui era il pilastro dell’ordine, il gendarme del mondo, è passato. Il crollo del blocco staliniano non gli ha procurato né dominio assoluto, né un accordo multilaterale con le altre grandi potenze. Lanciato in un balzo in avanti, è diventato il fattore n. 1 del disordine mondiale ( poiché lo spettro islamico, nelle sue rappresentazioni reputato un nemico, è in misura notevole una sua creazione).
Ancora di più, la restaurazione del capitalismo, sotto varie forme, in Russia ed in Cina, mentre dà fiato all’imperialismo sul piano economico, non stabilizza il suo sistema mondiale, ma porta nel grembo i germi di prossime guerre continentali. Forse non rivedremo delle “guerre interimperialiste” classiche come il XX secolo ne ha fornite fino al 1945 ma domina nel XXI il rischio di guerre continentali direttamente suscitate dalla crisi, attraverso il deterioramento, dell’imperialismo stesso.
La crisi diplomatico-militare in Europa scaturisce dalla decisione del governo di Bush di installare le propri basi antimissile in Europa centrale.
La Russia ha sospeso la sua partecipazione al trattato del 1990 sulla riduzione degli armamenti convenzionali in Europa ed ha appena proceduto, da un capo all’altro della Siberia, ad un tiro di missile dimostrativo che deve mostrare di essere in grado di superare le linee di sistemi antimissile USA. In Ucraina pezzi della struttura statale, dell’esercito, delle truppe d’assalto del ministero dell’Interno, sono al limite dello scontro armato tra pro-russi e pro-NATO. In Estonia, il governo membro dell’Unione Europea ha sparato su manifestanti russofoni e Putin ha mosso le truppe, ha ordinato interruzioni dei collegamenti ferroviarii ed operazioni di pirataggio informatico di massa come rappresaglia.
In Kosovo, l’amministrazione controllata dalla NATO pretende di concedere al popolo albanese una falsa e mutilata indipendenza, diretta da strutture mafiose dell’UCK e che conduce, inevitabilmente, a dei pogrom contro le minoranze, specie di Serbi e Rom, che la polizia di Sarkozy tenterà di rimandare alle frontiere… I Nazionalisti serbi e la Russia rifiutano questa misura in nome della slavofilia e dell’ortodossia…
Non c’è nulla, fino alla recente riunificazione del patriarcato ortodosso russo e delle chiese ortodosse in esilio, che rimproveravano al patriarcato di essere stato al seguito di Stalin e dei suoi successori, che non sia un anello di questo scontro supervisionato da Putin. La repressione delle libertà democratiche e sindacali in Russia, dei ceceni, non potrà che essere facilitato dall’assimilazione tra quelli che cercano di organizzarsi e “gli agenti dell’Occidente”, questo “Occidente” che sta ponendo le condizioni di una guerra nucleare sul suolo europeo, nel silenzio generale…
Né la Russia, né la Cina (né l’Iran) possono né vogliono prendere l’iniziativa di contro attacchi per allentare la morsa, tanto più che possono fare delle manovre di diversione. Essi sono sulla difensiva, ma una difensiva superarmata ed ugualmente pericolosa. E’ l’imperialismo nord-americano che, apparentemente, fissa tutte le regole e le non regole del “gioco”, stabilendo lui stesso fin dove gli è permesso di andare troppo in là… Apparentemente, perché i fenomeni del caos che esso instaura possono ritorcerglisi contro, e perché i movimenti autentici di resistenza contro la sua politica sono molto reali, compresi quelli di parte della popolazione e della classe operaia stesse.
Una cosa è sicura: proseguire su questa via del caos significa e necessita di attacchi raddoppiati per aumentare il tasso di sfruttamento del lavoro salariato, la distruzione delle conquiste sociali ed il saccheggio delle classi contadine povere e delle risorse naturali planetarie, tutte cose che si chiamano “crescita” nell’ordine capitalista delle cose.
In queste condizioni il relativo indebolimento, l’usura dell’esecutivo nord-americano ed anche di quello rappresentato da Tony Blair in Gran Bretagna ( in rapporto al quale la successione di Gordon Brown non costituisce aria nuova), è per essi un problema non trascurabile. Il rimpiazzo di Bush è a medio termine inevitabile, ma la sua volontà d’instaurare delle situazioni di non ritorno, dalla sua installazione nel 2000, che era stata un colpo di Stato, rende la cosa difficile e complessa.
Restaurare un esecutivo forte in Francia
In questa situazione la vittoria elettorale di Nicolas Sarkozy è una buona notizia per la classe capitalista mondiale.
In questa tensione crescente, la Francia è in effetti un anello debole. Imperialismo di seconda fascia e di grandi pretese, ha conosciuto le spinte verso lo sciopero generale anti-governativo 1995, del 2003 e del 2006. Finirla con tutto questo per restaurare in Francia un esecutivo forte in stretta alleanza con l’imperialismo nord-americano (malgrado i riassestamenti che non mancheranno di accadere al suo interno) e “rilanciando la costruzione europea” secondo la formula di forma, sarebbe un successo maggiore per il capitale in quanto forza sociale mondiale. Esso non ci avvicinerebbe alla stabilità, ben lungi, ma faciliterebbe la marcia in avanti distruttrice dell’auto riproduzione del capitale. Domare la classe operaia francese è un lavoro maggiore da compiere per conto del capitale mondiale. E’ di questo che si tratta, il resto è ideologia e letteratura. Instaurare di nuovo un esecutivo forte in Francia faciliterebbe enormemente la ripresa della pretesa “costruzione europea”, la guerra ed i preparativi di guerra degli Stati Uniti…
Vincent Presumey
Fonte: http://www.legrandsoir.info/
Link: http://www.legrandsoir.info/article.php3?id_article=5119
04.06.2007
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da DRACULIA