DI ELLEN BROWN
In Aprile la Pennsylvania è diventata il 24esimo Stato a legalizzare la cannabis, la pianta ben nota come marijuana, a scopi terapeutici. Ciò equivale alla metà circa degli Stati USA. Una grossa barriera a una legalizzazione più estensiva è costituita da una legge Federale che classifica tutta la cannabis, inclusa la varietà parecchio utile nota come “canapone industriale”, come sostanza di “tabella 1” che non può essere coltivata legalmente negli USA. Ma ciò potrebbe presto cambiare. In una lettera inviata all’Assemblea Federale in Aprile, la US Drug Enforcement Administration (agenzia regolatrice sulle droghe) ha dichiarato che ha in programma di pubblicare una decisione sulla riclassificazione della Marijuana nella prima metà del 2016.
I candidati Presidenziali sono generalmente a favore di “rilassare” la legge. Nel Novembre 2015 il Senatore Bernie Sanders ha presentato un disegno di legge che vorrebbe abrogare il possesso e la coltivazione della Marijuana come reato Federale, concedendo così a ogni Stato di stabilire le proprie leggi sulla Marijuana.
Hillary Clinton non si spingerebbe a questo punto, ma lascerebbe decadere la marijuana dalla classificazione “tabella 1” (droga mortalmente pericolosa con nessun uso medico e un alto potenziale di abuso) a “tabella 2” (droga mortalmente pericolosa con possibili usi medici e alto potenziale di abuso). Il candidato Repubblicano Donald Trump sostiene che stiamo perdendo “la guerra alla droga” malamente, e che per vincerla bisogna legalizzare tutte le droghe.
Ma è il candidato presidenziale del Green Party (Verdi), Dr. Jill Stein, che è stato definito “il più grande fan dell’erba”. Parlando dal punto di vista di un medico ed esperto di salute pubblica, Stein nota che centinaia di migliaia di pazienti che soffrono di dolori cronici e cancro stanno ottenendo vantaggi dalla disponibilità legale di Marijuana sotto le leggi Statali. Anche le economie degli Stati ne beneficiano: cita il Colorado, dove i primi negozi di Marijuana al dettaglio aprirono nel Gennaio 2014. Da allora, i tassi di criminalità del Colorado e gli incidenti stradali sono diminuiti, entrate fiscali, prodotto economico legato ai punti vendita di Marijuana e occupazione sono aumentate.
Tra i vari argomenti a supporto della modifica alla legge Federale attuale è che il business della Marijuana attualmente non ha la possibilità di accesso al sistema bancario. Molte banche, timorose delle sanzioni Federali, non vogliono avere a che fare con il business della Marijuana, business da 6,7 miliardi di dollari, lasciando il 70% delle aziende del settore Marijuana senza nemmeno un conto in banca. Significa miliardi di dollari conservati qua e là tutti cash, un incoraggiamento all’evasione fiscale e un invito al furto, che si ritiene responsabile della perdita di un 10% dei profitti. Questo problema potrebbe essere presto rimediato: il 16 Giugno il Senate appropriatons commitee (Una Commissione del Senato) ha approvato un amendamento che impedisce al Ministero del Tesoro di punire le banche che aprono conti alle aziende della Marijuana legalmente registrate negli Stati ove consentito.
Favorire i commerci nel nuovo settore commerciale legale della Marijuana di per sé non è una buona ragione per depenalizzarla se fosse comunque nociva alla salute. Ma non c’è mai stato un decesso registrato da overdose di Cannabis nella storia degli Stati Uniti. Non che l’erba non possa vere potenziali effetti problematici ma i rischi sono ridicoli rispetto a quelli dell’alcohol (30.000 morti annui) nonché i farmaci legali, oggi la maggiore causa di morte per overdose. Anche i farmaci da prescrizione assunti per come indicato sono stimati responsabili della morte di 100.000 Americani all’anno.
Dietro la guerra alla Marijuana: distruggere il più grande prodotto agricolo mondiale
Il maggior rischio per la salute causato dalla Marijuana sembra essere conseguenza della sua criminalizzazione. Oggi oltre il 50% dei detenuti nelle prigioni Federali sono detenuti per cause legate alla droga, con la marijuana in cima alla lista. La canapa non si può coltivare legalmente negli Stati Uniti nemmeno come fibra tessile, una versione della pianta con proprietà psicoattive praticamente nulle. Come mai? La risposta sembra abbia a che fare più con competizione economica e razzismo che non con la salute.
La Canapa è in realtà una delle piante che l’uomo coltiva sin dai tempi più antichi, coltivata per scopi industriali e medicinali per millenni. Fino al 1883 la canapa tessile figurava tra i maggiori prodotti agricoli per quantità di raccolti (c’è chi dice in assoluto il maggiore). Era il materiale principale per ricavare tessuto, sapone, carburante, carta e fibra per carta. Inoltre, prima del 1937, era un ingrediente in oltre 2000 medicine.
Nell’America dei vecchi tempi era considerato dovere patriottico dell’agricoltore coltivare la marijuana. La Canapa aveva persino valore legale di valuta nelle Americhe tra il 1631 fino ai primi anni del 1800. Gli Americani potevano pure pagare le tasse con il raccolto di canapa. La cartiera di cui era proprietario Benjamin Franklin usava la marijuana come prodotto di lavorazione. I raccolti di canapa producono circa quattro volte il quantitativo di fibra grezza rispetto alle piantagioni di alberi; inoltre la carta che ne si ottiene è più pregiata, più resistente e più duratura della carta a base di legno. La canapa era anche una risorsa essenziale per ogni paese con una industria delle produzione di navi, in quanto era il materiale usato per costruire vele e corde.
Al giorno d’oggi la Marijuana si coltiva legalmente per uso industriale in centinaia di paesi diversi dagli USA. Un articolo del 1938 su Popular Mechanics sosteneva che si trattasse di un prodotto agricolo da un miliardo di dollari dell’epoca (equivalente di circa 16 miliardi di oggi) utile nella fabbricazione di 25.000 prodotti, dalla dinamite al cellophane. E di nuovi usi se ne scoprono continuamente. Tra le proposte troviamo: ridurre lo smog emesso dai carburanti, creare una fonte di energia pulita capace di rimpiazzare l’energia nucleare, rimuovere l’acqua radioattiva da suoli contaminati, eliminare la deforestazione, fornire cibo nutriente per esseri umani ed animali.
Sono stati gli innumerevoli usi della pianta il problema per i vari settori industriali che rappresentavano la concorrenza. La Cannabis competeva con l’industria del legname, dell’estrazione di petrolio, del cotone, con l’industria petrolchimica e l’industria farmaceutica. Nel corso degli anni ’30, la Marijuana in tutte le sue forme fu messa sotto attacco.
La sua demonizzazione accompagnò la demonizzazione degli immigrati Messicani che in quel momento spingevano ai confini ed erano percepiti come una minaccia. Fumare Marijuana era parte della loro cultura indigena. Harry Anslinger, noto come “Padre della guerra alla Cannabis” fu il primo Commissario dell’ufficio Federale sui narcotici, antecedente della Drug enforcement administration. Fece largo uso del razzismo come strumento per demonizzare la Marijuana, con commenti al livello di:“la Marijuana provoca nelle donne bianche il desiderio di rapporti sessuali con negri o intrattenitori qualsiasi” o “fa credere a quelli scuri di pelle di avere lo stesso valore dei bianchi”.
Nel 1937, furono rivendicazioni razziste di questa portata a causare la proibizione della marijuana, e con essa la canapa industriale.
La classificazione in “Tabella I” arrivò negli anni ’70 con la “Guerra alla droga” del Presidente Nixon. La Commissione Shafer si incaricò di stilare un rapporto conclusivo, pronunciandosi contro la classificazione, ma Nixon ignorò il parere della Commissione.
Secondo un articolo dell’Aprile 2016 sull’Harper magazine, la guerra alle droghe ha motivazioni politiche. Il massimo consigliere di Nixon, John Ehrlichman sostenne in una intervista del 1994:
“La campagna di Nixon del 1968 e l’Amministrazione Nixon successiva avevano due nemici: le opinioni anti-belliche di sinistra e la gente di colore… Sapevamo di non poter rendere illegale l’essere pacifisti o l’essere neri, ma spingendo il pubblico ad associare la marijuana con gli hippy e l’eroina con i neri, e poi criminalizzandole pesantemente, potevamo distruggere le loro comunità. Avevamo la scusa per arrestare i loro leader, perquisire le loro case, sabotare i loro incontri, infangarne la reputazione tutti i giorni nei telegiornali serali. Sapevamo di mentire sulle droghe? Ovvio che lo sapevamo”.
Concorrenza o interessante nuovo mercato per l’industria farmaceutica?
Gli usi medici della marijuana sono documentati da 2000 anni, ma la classificazione “tabella 1” ha decisamente rallentato e ostacolato la ricerca medica. Nonostante il grave ostacolo, è ormai ammesso che la marijuana abbia significativo valore terapeutico in un ampio numero di condizioni patologiche tra cui cancro, Alzheimer, sclerosi multipla, epilessia, glaucoma, disturbi polmonari, ansia, dolori muscolari, epatite C, infiammazioni allo stomaco e artriti.
La più recente ricerca ha inoltre rivelato il meccanismo che da luogo a questi vasti effetti. Pare siano dovuti ai principi attivi farmacologici della pianta prodotti naturalmente dal corpo noti come endocannabinoidi. Questi principi chimici sono responsabili nel mantenere funzioni vitali critiche in equilibrio tra cui la regolazione del sonno, dell’appetito, il sistema immunitario, la sensazione del dolore. Quando lo stress altera questi equilibri, gli endocannabinoidi intervengono a ristabilire l’equilibrio.
Le infiammazioni sono una causa comune di varie malattie degenerative. Lo stress favorisce le infiammazioni e la cannabis allevia sia infiammazioni che stress. THC, l’elemento psicoattivo primario della pianta, è stato rivelato possedere venti volte il potere antinfiammatorio dell’aspirina e due volte quello dell’idrocortisone.
CBD, l’elemento non-psicoattivo maggiormente studiato, include anch’esso una impressionante lista di benefici terapeutici, non ha effetti direttamente anticarcinomici ma pare sia un superantibiotico. Il CBD pare sia in grado di uccidere insetti patogeni resistenti ai farmaci attualmente in commercio. E’una scoperta medica di notevole portata, dal momento che per molte gravi malattie gli antibiotici hanno esaurito la loro utilità.
Dietro la spinta alla legalizzazione
L’industria farmaceutica ha sia molto da guadagnare che molto da perdere dalla legalizzazione della coltivazione di piante di marijuana nelle sue varie forme naturali. Al momento i brevetti delle case farmaceutiche sono riusciti a monopolizzare il mercato mondiale della sostanza. Ciò che tale industria vuole evitare ad ogni costo è di competere con una pianta naturale che chiunque può coltivare in giardino che funziona molto meglio di costosissime medicine e non ha effetti collaterali.
Laetitia Pepper, paziente affetto da sclerosi multipla, è un caso emblematico. Attivista della legalizzazione della marijuana per uso personale, sostiene di aver fatto risparmiare 600.000 dollari alla sua compagnia assicurativa sanitaria nel corso degli ultimi 9 anni, usando la marijuana a scopi terapeutici anziché una ampia gamma di droghe prescritte per il trattamento della patologia che senza marijuana potrebbe averla già schiacciata. Sono 600.000 dollari che le case farmaceutiche non hanno guadagnato, e parliamo solo di un paziente. Ci sono 400.000 malati di sclerosi multipla negli Stati Uniti, e 20 milioni sono stati diagnosticati da cancro nella loro vita. La chemioterapia per il cancro è il più grosso dei grossi business, e sarebbe direttamente minacciato da una alternativa naturale a costo bassissimo.
La minaccia ai profitti delle grosse multinazionali potrebbe spiegare come mai la pianta è stata tenuta lontana dal mercato così a lungo. Più sospetta per Pepper ed altri osservatori d’accordo con lei, è l’improvvisa spinta a legalizzarla. Dubitano che le grosse case farmaceutiche rischino di consentire questa concorrenza senza avere un asso nella manica. Nonostante il movimento per la legalizzazione della marijuana sia un movimento dal basso con una storia di vari decenni, i grossi investimenti dietro la recente spinta alla legalizzazione sono giunti da pochi milionari con legami con la Monsanto, la seconda maggiore produttrice di sementi mondiali e noto produttore di semi geneticamente modificati. Nel Maggio di quest’anno, Bayer AG, il gigante tedesco della chimica farmaceutica, ha presentato una offerta per comprare Monsanto.
Entrambe le aziende hanno dichiarato di star lavorando a un estratto a base di canapa.
Lo scrittore di medicina naturale Mike Adams avverte:
“Con la previsione che l’industria della canapa fatturerà oltre 13 miliardi nel 2020, diventando uno dei maggiori mercati agricoli nazionali, ci dovrebbe essere poco dubbio che compagnie come la Monsanto stanno semplicemente aspettando che lo Zio Sam rimuova l’erba dalla Tabella 1 prima di entrare nel business.
Altri prodotti agricoli di punta, come mais e soja, sono in media geneticamente modificati nell’88% e nel 91% dei casi rispettivamente. Dunque, quando l’industria della canapa diventerà un fatto nazionale ed è praticamente quasi fatto certo accadrà, non ci sarà nulla a fermare l’inevitabilità che la canapa diventi un altro prodotto prostituito alla scienza perversa e alle oscure tattiche delle multinazionali”.
Con i benefici della canapa ormai largamente riconosciuti, la battaglia si è spostata da decriminalizzarla ad accaparrarsi il diritto di coltivarla, venderla, prescriverla. Sotto la legislazione attuale della California, pazienti come la Pepper hanno il diritto di crescere e consumare la pianta praticamente gratis. I nuovi disegni di legge per la legalizzazione dell’uso ricreativo della marijuana impongono regolazioni che secondo gli oppositori schiacceranno la coltivazione domestica e spingeranno i piccoli produttori fuori dal mercato, inasprendo le sanzioni criminali per le violazioni e potranno finire per rimpiazzare la pianta naturale di cannabis con brevetti OGM di piante, i cui semi vanno ricomprati anno dopo anno. Questi disegni di legge e la possibile fusione tra Bayer e Monsanto saranno oggetto del mio prossimo articolo sul tema.
State sintonizzati.
Fonte: www.counterpunch.org
24.06.2016
Traduzione per www.comedonchisciotteorg a cura di CONZI