DI PINO CABRAS
Megachip
Una cosa poco
raccontata della crisi economica mondiale – almeno
in Italia – è la crescita di grandi movimenti
di protesta nel mondo del lavoro. Abbiamo cercato di dar
conto sia di quanto si è mosso in altri paesi, sia delle
iniziative organizzate in Italia dalla
Cgil, che sono solo un’avvisaglia di avvenimenti
più forti in vista. Segnali non trascurabili arrivano anche
dal sindacalismo di base, alternativo e indipendente, con una sua
distinta piattaforma di rivendicazioni rivolte ad alcuni nodi difficili
del mondo del lavoro: temi che solo qualche tempo fa sarebbero stati un
tabù, ma oggi diventano improvvisamente più
“legittimi”.
Il contesto è quello che ha visto in poche settimane
«Il Sole 24 Ore» e «The
Economist» passare dalla vulgata neoliberista a fenomenali
esaltazioni dell’intervento pubblico nell’economia.
È una circostanza storica in cui anche il sindacalismo
più eterodosso acquista una forza particolare, e le sue
“visioni” appaiono un’offerta
rivendicativa capace di rompere molti schemi. Accade in tutta Europa, e
l’Italia non farà eccezione. Non né un
caso che il governo, questo governo, sempre più sospinto a
misure che intendono forzare la Costituzione, abbia puntato la prua
contro il diritto di sciopero.
L’Assemblea nazionale del Patto di Consultazione Cub, Cobas e
Sdl ha indetto una manifestazione nazionale (28 marzo 2009) e uno
sciopero generale e generalizzato con manifestazioni regionali (23
aprile) per proporre una nuova
piattaforma a ridosso dell’accelerarsi della Grande
Crisi e in previsione degli imminenti sconvolgimenti nel mondo del
lavoro.
Il sindacalismo alternativo punta proprio al bersaglio grosso, la
Grande Crisi: «essa è una crisi globale,
strutturale, di sistema che investe tutto il sistema di produzione e di
vita capitalistico. C’è un intreccio micidiale di
crisi, che ingigantiscono quella economica, già di per
sé enorme; c’è una crisi ambientale,
poiché la devastazione della natura e i cambi climatici
mettono in discussione addirittura la continuità della vita
in tanti parti del mondo, una crisi energetica e una crisi alimentare.
E a compenetrarle tutte, c’è la gigantesca crisi
legata alla guerra permanente e globale che percorre il mondo: la
guerra, lungi dall’attenuarsi, viene vista dai padroni del
mondo come la carta a disposizione per placare le altre crisi del
sistema.»
Un sindacato di minoranza vuole opporsi a tutto questo? Sarebbe un
“vasto programma”, avrebbe forse detto De Gaulle.
Ma la carne viva del lavoro oggi, fra nuove disuguaglianze e un
precariato di massa che mette in mora già in questi mesi le
residue certezze di milioni di lavoratori (milioni, si badi), trova
immediatamente un terreno di scontro su chi dovrà pagare i
costi della crisi. Le disuguaglianze si presentano con dura evidenza,
mentre filtrano le cronache dei bonus che ancora remunerano i banchieri
che hanno determinato la corsa al disastro, intanto che gli stati
corrono a salvare prima di tutto proprio queste figure tragiche del
nostro tempo e il loro sistema.
«Ma la crisi, come dice la parola stessa che rimanda a
trasformazioni e cambiamenti, può anche essere –
dicono i sindacati di base – una grande occasione di mutamento dei
parametri per la vita sul globo.» Ammettono che la
possibilità non è affatto scontata: «in
passato grandi crisi hanno anche prodotti brutali involuzioni
reazionarie».
Facendo riferimento a questo quadro in rapidissimo movimento, il Patto
di Consultazione punta comunque a specifiche proposte legate alla
vicenda italiana e alle sue relazioni industriali, riconoscendo che la
Cgil si colloca in una posizione molto diversa dagli altri sindacati
confederali.
Pronti dunque a giocare un ruolo nella fase di apertura del conflitto
sociale nel momento in cui il governo vorrebbe stringere le viti delle
forme di contrattazione indebolendo le rappresentanze sindacali.
La piattaforma rivendicativa si riassume nei seguenti punti:
1. Blocco dei licenziamenti;
2. Riduzione dell’orario di lavoro a parità di
salario;
3. Aumenti consistenti di salari e pensioni, introduzione di un reddito
minimo garantito per chi non ha lavoro;
4. Aggancio dei salari e pensioni al reale costo della vita;
5. Cassa integrazione almeno all’80% del salario per tutti i
lavoratori, precari compresi, continuità del reddito per i
lavoratori “atipici”, con mantenimento del permesso
di soggiorno per gli immigrati;
6. Nuova occupazione mediante un Piano straordinario per lo sviluppo di
energie rinnovabili ed ecocompatibili, promuovendo il risparmio
energetico e il riassetto idrogeologico del territorio, rifiutando il
nucleare e diminuendo le emissioni di CO2;
7. Piano di massicci investimenti per la messa in sicurezza dei luoghi
di lavoro e delle scuole, sanzioni penali per gli omicidi sul lavoro e
gli infortuni gravi;
8. Eliminazione della precarietà lavorativa attraverso
l’assunzione a tempo indeterminato dei precari e la
re-internalizzazione dei servizi;
9. Piano straordinario di investimenti pubblici per il reperimento di
un milione di alloggi popolari, tramite utilizzo di case sfitte e
mediante recupero, ristrutturazione e requisizioni del patrimonio
immobiliare esistente; blocco degli sfratti, canone sociale per i bassi
redditi;
10. Diritto di uscita immediata per gli iscritti/e ai fondi-pensione
chiusi.
Il governo va già in direzione opposta. Le restrizioni al
diritto di sciopero e il preteso ritorno agli enormi investimenti per
l’energia nucleare sono cosa di queste ore, e saranno punti
di frizione fortissima nei prossimi mesi.
Anche dalla Cgil arrivano reazioni durissime. Il più grande
sindacato sottolinea la gravità dell’attacco alla
Costituzione: «lo sciopero infatti è un diritto
soggettivo del lavoratore e non può essere in alcun modo
impedito.» Il provvedimento del governo sarà il
tema chiave della manifestazione nazionale che si svolgerà a
Roma il 4 aprile 2009 per respingere l’accordo separato fra governo da
una parte e Cisl, Uil e Ugl dall’altro. In due settori vasti
e cruciali come il pubblico impiego e la scuola i lavoratori hanno
votato in massa al referendum sui contratti firmati solo da Cisl e Uil
seppellendoli sotto una valanga di no.
Si incrociano dunque date diverse, strategie e pesi differenti nel
mondo del lavoro. In mezzo alle lotte sociali si giocherà
anche una battaglia egemonica fra diversi modi d’intendere il
ruolo del sindacato. Nel frattempo, Berlusconi sembra avere una gran
fretta di chiudere la partita costituzionale per essere lui il
nocchiero della nave in gran tempesta. Per posizionarsi meglio impone
un’agenda mediatica che silenzia il più possibile
i temi della crisi e del lavoro, e impone inoltre un’agenda
politica che parla lo stesso d’altro, anche perché
il principale presunto oppositore, il PD, glielo lascia fare.
Senza sponde forti, nulla ammorbidirà le abrasioni di uno
scontro sociale inevitabile, data la portata della crisi.
Pino Cabras
Fonte: www.megachip.info
Link: http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=8758
26.02.2009