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LA GRAN BRETAGNA E LA CRISI DI CIVILTA’

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A cura di Davide
Il 20 Aprile 2010
42 Views

DI NAFEEZ MOSSADEQ AHMED
the-platform.org.uk

Il sistema internazionale affronterà nuove e crescenti sfide nei prossimi decenni, che riguarderanno non solo questioni come il terrorismo ed i conflitti, ma, in modo più pertinente, la convergenza intersecante delle crisi globali ecologica, energetica ed economica. Accadrà quindi che questi fenomeni si intensificheranno in diretto rapporto con le regioni a maggioranza musulmana del Medio Oriente, dell’Asia centrale e meridionale e dell’Africa settentrionale.

I trend esistenti e le loro probabili traiettorie paiono cupi senza un’azione urgente, preventiva e mitigatrice. Il cambiamento climatico è già in corso e quest’anno ha provocato periodi di siccità in alcune delle più importanti regioni produttrici di beni alimentari. Si prevede che questo trend accelererà nei prossimi decenni.

Le aree maggiormente colpite dal riscaldamento globale saranno quelle tropicali e subtropicali, e coinvolgeranno circa la metà della popolazione mondiale, includendo l’Africa, la parte meridionale degli Stati Uniti e una parte considerevole di India, Cina e America Latina. In queste aree l’aumento della temperatura porterà inizialmente coltivazioni come quella del mais, del grano e del riso a crescere più rapidamente, ma nel lungo termine provocheranno una diminuzione della fertilità delle piante e della produzione di cereali. Gli scienziati prevedono che i raccolti mondiali subiranno una riduzione tra il 20 ed il 40 per cento. Il cambiamento climatico porterà anche ad una carenza di acqua che potrà potenzialmente riguardare fino a 3,2 miliardi di persone.

La Gran Bretagna sarà duramente colpita. Come è stato osservato da Lord Cameron of Dillington, un proprietario terriero ex presidente della Countryside Agency, essa dovrà affrontare un vero e proprio pericolo di sollevazioni popolari, se le risorse alimentari saranno minacciate anche solo per tre giorni.

Tale pericolo sarà esacerbato dall’impatto dell’esaurimento dell’energia degli idrocarburi e dalla crisi finanziaria globale. Secondo l’Energy Watch Group – una rete internazionale di parlamentari e scienziati con sede a Berlino – nel 2006 la produzione mondiale di petrolio aveva già raggiunto il picco massimo e diminuirà del 50% entro il 2030. L’Energy Watch Group ritiene anche che è improbabile che il carbone ed il gas naturale colmino in tempo il vuoto di risorse. Ciò avrà un drastico impatto sulla capacità delle nostre società di funzionare e comporterà potenzialmente gravi limiti alla produzione agricola ed industriale, alle reti elettriche nazionali ed ai trasporti, a meno che non vengano attivate a spron battuto valide risorse energetiche alternative.

Il picco massimo raggiunto dal petrolio è stato anche una causa (ma non l’unica) della crisi finanziaria. L’aumento vertiginoso dei mutui insoluti, che ha innescato il crollo, ha avuto luogo in un contesto di crescenti pressioni inflazionistiche sui prezzi dei generi alimentari, sui costi di trasporto e di produzione e della vita, pressioni originate dall’aumento del prezzo del petrolio, legato all’essenziale problema energetico. Fatih Birol, direttore economista alla International Energy Agency, ha avvisato che i costanti limiti nella fornitura di petrolio potrebbero “strangolare” qualsiasi potenziale ripresa economica nel lungo termine. E una mancanza di liquidità potrebbe pregiudicare il tipo di assistenza organizzativa prestata al settore delle infrastrutture, necessaria perché la Gran Bretagna diventi “elastica” rispetto a queste crisi.

In questo contesto sia i pianificatori della difesa degli Stati Uniti che quelli del Regno Unito sono sempre più preoccupati per l’impatto di queste crisi sulla sicurezza occidentale, in particolare per quanto concerne la loro relazione con le regioni a maggioranza musulmana. Recenti documenti ufficiali sulla difesa strategica indicano la centralità in tutto il mondo di violenti conflitti tra comunità per motivi di cibo, acqua e risorse energetiche. In particolare essi sottolineano come le proiezioni dell’esponenziale crescita demografica generino una “bolla di giovinezza” nelle regioni a maggioranza musulmana del Medio Oriente, dell’Asia Centrale e dell’Africa Settentrionale, dove si trovano le più significative riserve di idrocarburi e di materie prime del pianeta. Nel contesto delle crisi globali sistemiche ciò creerà una enorme pressione interna su queste società, portando a enormi slittamenti nei modelli migratori, intensificando il potenziale di insurrezioni e conflitti e aumentando la propensione alla competizione tra Occidente, Russia e Cina (tra gli altri) in queste regioni.

Gli esperti di intelligence sono anche preoccupati per la politica demografica domestica; prevedono un significativo aumento dei musulmani negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e nell’Europa Occidentale. Tim Savage, direttore di divisione presso l’Office of European Analysis dello State Department, sostiene che nei prossimi decenni ci si aspetta un raddoppiamento della popolazione musulmana in Europa, mentre si prevede una diminuzione del 3,5% almeno della popolazione non musulmana. Se andasse peggio, Savage sospetta che entro la metà del secolo i musulmani potrebbero superare in numero i non musulmani non solo in Francia, ma in tutta l’Europa Occidentale. Visto il pericolo dell’intensificarsi dei conflitti violenti nelle regioni a maggioranza musulmana per il controllo delle scarse risorse energetiche, i pianificatori della difesa ritengono che la crescita demografica comporterà un aumento della minaccia del terrorismo islamico di matrice interna[1].

Queste tendenze ed i piani che esse stanno provocando sono proprio cupe. Ma illustrano due punti chiave: 1) il desolante fallimento in corso degli approcci politici convenzionali per trasformare le fondamentali cause strutturali delle crisi sistemiche globali; 2) la necessità e l’opportunità dei musulmani britannici, insieme alle loro controparti statunitensi ed europee, di gestire nei prossimi decenni questo fallimento con un nuovo pensiero, una visione, una strategia e una politica innovative, che permetteranno di affrontare le crisi globali e le sfide geopolitiche che coinvolgono tutti noi.

Perciò è essenziale che i musulmani britannici ricorrano alle percezioni economiche, ecologiche e socio-politiche della loro tradizione spirituale e intellettuale per formulare un discorso coerente e indigeno del pensiero e dei valori progressisti islamici con il quale servirsi criticamente delle istituzioni governative britanniche per ottenere attività più giuste, armoniose e sostenibili, ma anche per conferire alle comunità islamiche un senso di appartenenza e di azione costruttiva che delegittimi l’estremismo e al contempo ispiri nuove strategie capaci di generare un cambiamento sociale positivo per i popoli di tutte le fedi e non fedi.

Nafaeez Mosaddeq Ahmed è autore di bestseller e analista politico. Il suo prossimo libro si intitola The Crisis of Civilization: How Climate, Oil, Food, Finance, Terror, and Warfare will Change the World (Pluto , 2010). E’ direttore esecutivo dell’Institute for Policy Research & Development ( http://www.iprd.org.uk ) ed è autore di quattro libri sul terrorismo e la politica estera, incluso il più recente The London Bombings: An Independent Inquiry (Duckworth, 2006). Ha un PhD in International Relations conseguito alla University of Sussex, dove ha insegnato storia contemporanea e teoria politica.

Fonte: www.the-platform.org.uk
Link: http://www.the-platform.org.uk/2010/03/28/britain-and-the-crisis-of-civilisation/
1.04.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SOPHIE BLOOM

[1] Terrorismo esercitato da soggetti nati e cresciuti in Occidente (N.d.T.).

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