LA GIUSTIZIA AMMANETTATA

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Colpe politiche per l’uccisione di Tommaso

DI MASSIMO FINI

Per l’orribile vicenda del piccolo Tommaso non c’è da invocare la pena di morte come hanno fatto alcuni esponenti politici, nè da colpevolizzare i magistrati come hanno fatto altri (“Mi chiedo chi sia il giudice che ha tramutato gli arresti domiciliari di Alessi. Quel giudice non dormirà la notte”, Calderoli; “Se molti magistrati facessero meno politica e mandassero avanti più speditamente i processi queste cose non succederebbero”, Berlusconi), nè tantomeno da inviare ispezioni al Tribunale di Agrigento come ha fatto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli. C’è invece che la classe politica di questo Paese faccia il suo mestiere e il suo dovere e affronti finalmente il vero, gravissimo problema della giustizia italiana: l’abnorme lentezza dei processi. Un tasto su cui battiamo, inutilmente, da almeno trent’anni, su questo e altri giornali.Mario Alessi era stato arrestato nell’estate del 2000 per aver stuprato una ragazza. Il Gip, Walter Carlisi, chiedendone l’incriminazione per sequestro di persona e violenza carnale ne aveva segnalato la pericolosità e la possibilità che tornasse a delinquere. Nel 2002 il Tribunale di Agrigento aveva condannato Alessi a sei anni di reclusione negandogli le attenuanti generiche facendo proprie le motivazioni del Gip Carlisi e lo stesso aveva fatto, due anni dopo, nel 2004, la Corte d’Appello di Palermo. Come mai, allora, Alessi era libero? Perché nel frattempo, dopo otto mesi dall’arresto e prima ancora che si arrivasse al giudizio di primo grado, erano scaduti i termini di carcerazione preventiva e quello stesso Gip che ne aveva riconosciuto la pericolosità l’aveva dovuto rimettere a piede libero potendogli imporre solo la misura cautelare del soggiorno obbligato. Ed ecco perché, non essendo ancora arrivato, nel 2006, il giudizio definitivo della Cassazione, Alessi era libero. Libero di fare quello che ha fatto.

La lentezza dei processi non dipende dalla neghittosità dei giudici, che anzi nel caso di Alessi si sono mossi con una notevole celerità rispetto alla media (si pensi, per esempio, a quelli a Cesare Previti, ancora in piedi a quindici anni dai fatti), ma dalla farraginosità delle leggi che li regolano. E le leggi le fa il Parlamento, cioè proprio quella classe politica che oggi si indigna per la libertà concessa ad Alessi scaricandone la responsabilità sulla Magistratura. Come se non bastasse in questi ultimi anni, dopo lo spavento di Mani Pulite, il Parlamento, cioè la classe politica, ha inceppato il processo penale di leggi cosiddette “garantiste”, allungandone ulteriormente i tempi già biblici. Abele è stato completamente sacrificato alla tutela di Caino. Se l’operato della Magistratura non fosse stato paralizzato da queste leggi, Mario Alessi nel marzo 2006, sarebbe stato in galera. E il piccolo Tommaso Onofri sarebbe vivo.

Massimo Fini
Fonte: http://gazzettino.quinordest.it

6.04.06

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