DI FRANÇOIS LECLERC
pauljorion.com
Era fatale, “la guerra delle monete” sale di livello. Inizialmente essa ha contrapposto gli Stati Uniti alla Cina, colpevole di mantenere artificialmente basso il corso della sua moneta, poi si è estesa, quando gli USA hanno giocato il dollaro debole per difendersi. Di fronte a questo gioco al ribasso, le monete convertibili “emerse” non potevano che aumentare di valore.
Accusando il deficit commerciale, i dirigenti giapponesi si sono buttati a loro volta nella guerra e l’hanno generalizzata. Conseguenza: lo yen scende in rapporto al dollaro, l’euro emerge in confronto al primo e al secondo. Tenendo alto lo stendardo dell’indipendenza delle banche centrali, impressionato dall’interventismo del governo giapponese nei confronti della propria, Jens Weidmann è intervenuto a nome della Bundesbank.
Egli ha deplorato lo sviluppo di ciò che ha definito “ una politicizzazione più forte dei tassi di cambio”, aggiungendo “fino ad oggi il sistema monetario internazionale ha attraversato la crisi evitando una corsa alla svalutazione e spero molto che questo orientamento rimanga tale”.
Con questi propositi, il presidente della Bundesbank non da solo prova dell’ortodossia più stretta, per lui consueta, ma, nello stesso tempo, si nasconde. Infatti la corsa alla svalutazione è cominciata da tempo, iniziata dal governo americano, proseguita dai britannici, che hanno ribassato la sterlina per le stesse ragioni. Tutto il pianeta è ormai alla ricerca di una crescita che non sembra poter provenire se non dalle esportazioni, sulla scorta di una globalizzazione senza magia e dal fiato corto. Ma tutto il mondo non potrà essere vincente.
Cosa fanno gli Europei, principali vittime di questi scontri iniziali? La BCE non interviene, mentre Mario Draghi ricorda che il valore dell’euro non è un obiettivo della banca centrale. La BCE avrà dunque i mezzi per opporsi a una tale coalizione di avversari? Gli analisti fanno notare che, per sperare in un risultato, bisognerebbe entrare nel territorio incognito dei tassi negativi, che consistono nel far pagare alle banche i loro depositi presso la BCE. Non è una via percorribile attualmente, visto che il carico imposto alle banche è tale che se ne lamentano.
Dove trovare un via di crescita e come riassorbire la bolla dell’indebitamento, queste sono le due facce dello stesso problema irrisolto. Nei due casi sono state prospettate scappatoie poco convincenti: appoggiarsi sulle esportazioni e riassorbire efficacemente i debiti pubblici. Due grandi squilibri sono all’opera e riguardano la distribuzione della ricchezza; essi hanno uno stretto rapporto quando si analizzano le loro cause. Una dentro i paesi, che si manifesta con la crescita di surplus commerciali, l’altra in seno alla società, dove permangono e crescono le diseguaglianze.
Sono entrambi pericolosi e non basta considerare il secondo, come ha recentemente fatto Christine Lagarde a Davos, dichiarando che “le ineguaglianze troppo forti sono nocive alla crescita e alla società nel suo insieme”, un tema nuovo per lei. Non ha fatto altro che esprimere una nuova preoccupazione del FMI, di fronte al deteriorarsi della situazione economico-sociale europea che si intensifica che, secondo quest’ultima, “presenta un rischio notevole per le prospettive dell’economia mondiale” pur riaffermando che deve essere perseguito “l’aggiustamento del budget”. Anche i più audaci dunque hanno i propri limiti, Mario Monti sostiene a sua volta dalla medesima tribuna che “le misure politiche impopolari possono essere sostenute ugualmente se sono spiegate con semplicità e se i loro effetti sono egualmente ripartiti per evitare il sentimento di ingiustizia” …
Il FMI ha parzialmente messo sotto accusa un tabù, ammettendo che i paesi emersi che subiscono duramente gli effetti della guerra delle monete potrebbero prendere delle misure di protezione provvisorie. Ma siamo lontani dalla meta. L’appello al regolamento di Jens Weidmann volta le spalle alla realtà e la prospettiva di una riforma del sistema monetario non è nemmeno contemplata. In questo modo Weidmann si è dimostrato più inquietante delle misure di regolazione finanziaria sempre più rimesse in questione.
Prima di raggiungere Davos , Christine Lagarde aveva a questo proposito rivolto un appello a “completare“ la riforma del sistema finanziario. Pur sapendo di essere contrastata, ha affermato: “ Questo fa parte dei giochi. E’ una impostazione costante del settore di spingere sul pedale del freno perché è più facile di non essere sottomessi a una regolamentazione (…) Può darsi che io sia un poco diretta, ma è quello che ho imparato dalla mia esperienza di ministro delle finanze, osservando l’andamento dei prezzi”.
Francois Leclerc
Fonte: www.pauljorion.com
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24.01.2013
Traduzione per www.Comedonchisciotte.org a cura STEFANO CHIODINI