DI EUGENIO ORSO
pauperclass.myblog.it
Su cosa si basa ? Su una ritrovata coscienza politica e sociale, oltre l’imbecillità di massa organizzata dal sistema?
Per trattare la questione sollevata nel titolo e nel sottotitolo del presente saggio è bene partire da un paio di citazioni del filosofo Costanzo Preve: Come tutti gli studiosi di storia e di filosofia, sono attirato dai due estremi complementari della coscienza sociale, la genialità e l’idiozia. E tuttavia l’idiozia è sempre più interessante, anche perché è più divertente. I mezzi di comunicazione di massa ci offrono ogni giorno quantità industriali di idiozia, e con l’arrivo della televisione e dei giornali non c’è neppure bisogno di mescolarsi agli idioti, perché l’idiozia ci viene portata a domicilio in modo semigratuito. [Costanzo Preve, La demenza generalizzata del popolo italiano. Un enigma storico da decifrare. Dicembre 2011]E ancora: La sindrome di demenza generalizzata insorge quando vengono meno tutti gli schemi dialettici di interpretazione sociale e riguarda tutti, ma assolutamente tutti gli ambiti sociali, in alto e in basso, a destra e a sinistra, anche se ovviamente in forme diverse. [Ibidem]
Si potrebbe supporre che riversando il consenso sul cinque stelle di Grillo e Casaleggio, una parte significativa della popolazione italiana, proveniente dai più svariati ambiti sociali, è finalmente “rinsavita”, riacquistando lucidità e riattivando una critica radicale al sistema grazie ai morsi della crisi, che di giorno in giorno si fanno più violenti. Davanti all’esito impoverente delle controriforme euromontiane e delle politiche rigoriste obbligatorie non ci sono condizionamenti rimbecillenti che tengano, non funzionano più come prima i talk-show televisivi in cui si parla di pseudopolitica (Lerner, Floris, Vespa) e la distrazione dei circences capillarmente diffusi (calcio, formula uno, lotterie, slot machine). Il disoccupato di lungo periodo e il piccolo imprenditore a un passo dal fallimento, messi davanti alla dura realtà sociale prodotta dal neocapitalismo, non credono più come un tempo alle lusinghiere parole dei professionisti della politica, o alle leggende di una futura Europa in cui gli aspetti monetari, commerciali e finanziari, oggi prevalenti se non unici, si armonizzeranno con la democrazia dal basso e le istanze dei popoli. La politica liberaldemocratica e l’intangibilità dell’euro sono messi sempre più in discussione da chi deve affrontare le crescenti difficoltà che la sopravvivenza quotidiana implica. Anzi, costoro individuano la causa dei propri proprio nella persistenza del sistema dei partiti e nell’imposizione della moneta unica. Se la politica liberaldemocratica = la casta politica nazionale e l’eurounionismo = le élite finanziarie sopranazionali, la conclusione alla quale sempre più spesso si perviene, stretti dalla necessità di sopravvivere con risorse sempre più scarse e costi sempre più alti, non può essere che una: ci hanno mentito tutti per anni, e perciò il sistema (politico) vigente deve essere cambiato, o addirittura abbattuto, altrimenti non ci salviamo. Il noto “non si arriva alla fine del mese” diventa sempre di più, tout court, “non si riesce a sopravvivere”, e anche chi, prima, galleggiava sulla crisi sperando di farcela inizia oggi a sprofondare. Le questioni materiali drammatizzate dal declino produttivo e dal rigorismo neoliberista – quelle che il mainstream, posto a difesa del sistema, definisce sprezzantemente “movimenti di pancia” della popolazione assecondati e sfruttati da esecrabili “populisti” – prendono il sopravvento sulla realtà virtuale e parallela alimentata da televisioni e giornali, riducendo di molto le possibilità di condizionamento, di manipolazione e di sviamento delle masse. Con l’avvento del direttorio Monti-Napolitano si è definitivamente innescata la spirale crisi, rigore, disoccupazione, riduzione del reddito popolare à difficoltà materiali crescenti per i dominati e conseguenti “movimenti di pancia” à rifiuto del sistema e (parziale) risveglio delle coscienze à ancora crisi, più rigore e più disoccupazione à disagio materiale crescente à rifiuto del sistema à … . In questa spirale di brusco ritorno alla realtà sociale e politica si inserisce a pieno titolo il successo “populistico” di Grillo e Casaleggio e quello di Berlusconi, pur in misura minore considerati i fasti elettorali del passato e con qualche importante distinguo. Non resta che analizzare le ragioni di questo successo, limitatamente al caso Grillo-Casaleggio e al loro movimento popolare – perché in questa sede non ci occupiamo del “fenomeno” Berlusconi, da trattare a parte – facendo chiarezza sull’origine della loro innegabile fortuna politica.
Come ci avverte Costanzo Preve, l’idiotizzazione sociopolitica di ampie fasce di popolazione ha finora costituito un importante elemento (in certe situazioni di tensioni sociali forse il più importante) per la tenuta sistemica complessiva. Ma questa non è l’unica, generica causa della trasformazione complessiva, articolata su molti piani, alla quale abbiamo assistito da un ventennio a questa parte. A una simile trasformazione hanno contribuito, nell’essenziale:
1) La diffusione del politicamente corretto, descritto, con particolare riguardo all’Italia, da Costanzo Preve nel saggio Elementi di Politicamente Corretto. Un rilevante elemento, che interessa in questa sede – in relazione all’affermazione di Grillo e Casaleggio – è il mantenimento in vita, per scopi elettoralistici e di tenuta liberaldemocratica, della dicotomia politica destra/sinistra, che ormai non è più operante per la vigenza di un unico programma politico-strategico, senza effettiva possibilità di alternative nel sistema, e per la sottomissione di pressoché tutte le forze politiche, ridotte a cartelli elettorali con poca militanza, al partito unico neocapitalistico e sopranazionale. Il movimento di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio è infatti proiettato, come loro stessi dichiarano, oltre la destra e oltre la sinistra.
2) La precarizzazione lavorativa ed esistenziale, soprattutto per quanto riguarda la popolazione più giovane. Per questa via, agendo nel senso della svalutazione materiale e culturale del lavoro, si plasmano gli uomini, si rendono adatti a vivere sopportando senza ribellarsi i rigori delle politiche neocapitalistiche e si creano quelle che sono le nuove masse-pauper, nel superamento progressivo dell’ordine sociale novecentesco. Chiave di volta della trasformazione antropologica e culturale dell’elemento umano, nel microcosmo sociale, nuova condizione di vita riservata ai dominati, la precarizzazione massiva di questi anni ha indubbiamente favorito l’ascesa di Grillo e Casaleggio.
3) L’idiotizzazione di massa socialmente organizzata (per Costanzo l’imbecillità collettiva, il “babbionismo” indotto) che ha visto il nascere dei seguenti fenomeni manipolatori sul piano sociopolitico: 3a) L’idiotismo acculturato “di sinistra”, quale forma inedita di analfabetismo sociale e politico, che ha come principale funzione quella di prevenire il risorgere di un autentico antagonismo anticapitalistico, supportando politicamente ed elettoralmente una sinistra intrinsecamente neoliberale, componente essenziale del partito unico neocapitalistico. 3b) Il berlusconismo, non solo televisivo, che affianca a pulsioni superficialmente “populiste”, in sé sgradite, elementi di internità sistemica tendenti a favorire la stabilità del potere. 3c) Il leghismo che edulcora le spinte popolari separatiste e xenofobe, sul piano politico, pur conservando i germi di una critica complessiva, per quanto vaga, rozza e superficiale, al sistema. Idiotizzare le masse, dagli strati semicolti al fondo della piramide sociale, significa affiancare alla precarietà lavorativa ed esistenziale, di cui al punto 2, altri, importanti strumenti di dominazione, manipolazione e controllo, per creare effettivamente l’uomo precario del ventunesimo secolo, incapace di una critica radicale al sistema di potere vigente, impossibilitato a concepire vere alternative politiche, irrimediabilmente piegato alle esigenze supreme della creazione del valore finanziario, azionario e borsistico.
Esistono molti altri strumenti di dominazione e controllo della popolazione, da ridurre a massa pauperizzata, che sono entrati prepotentemente in gioco in questi ultimi due decenni – ad esempio, il divide et impera neocapitalistico che mette i nuovi e i vecchi poveri gli uni contro gli altri, o la frammentazione territoriale e categoriale delle lotte popolari, per poterle estinguere o reprimere più facilmente – ma per gli scopi limitati del presente saggio (la “fortuna”, intesa come le ragioni del successo politico di Grillo e Casaleggio) ne consideriamo soltanto due, di cui ai successivi punti 4 e 5:
4) La de-ideologizzazione di massa, che mistificatoriamente corrisponde alla necessità di sgombrare il campo dalle ideologie otto-novecentesche, come il socialismo, il comunismo, il fascismo, il liberalismo originario, il nazionalismo, cedendo interamente il passo all’ideologia di legittimazione neocapitalistica, diffusa attraverso l’imposizione di un pensiero unico. Sovranità del mercato e liberaldemocrazia complementare sono i fondamenti di questo pensiero, che non offre adeguate chiavi di lettura della realtà, ma soltanto dogmi da osservare acriticamente. Non è per niente vero che le vecchie ideologie sono morte, come l’accademismo mercenario e il mainstream prezzolato hanno sostenuto fin dagli anni ottanta, in quanto sono state semplicemente rimpiazzate, grazie alla propaganda sistemica martellante e alla diffusione di stili di vita “ad hoc” (corrispondenti per i più ad altrettante illusioni), dall’unica ideologia, su base squisitamente economico-commerciale, del partito della riproduzione neocapitalistica. Se da un lato si mantiene in vita artificialmente la dicotomia politica destra/sinistra, importante elemento del politicamente corretto di cui al punto 1, dicotomia che ha comunque necessità di avere supporti ideologici, dall’altro si fa credere che le ideologie del passato sono ormai estinte, ridotte a puri fossili conservati nel museo della storia, e questa, a ben vedere, rappresenta una palese contraddizione neocapitalistica, pronta a scoppiare in qualsiasi momento, disvelando l’inganno che sottende. Ricordiamoci che questo è un punto importante per comprendere le ragioni della “fortuna” politica del duo Grillo e Casaleggio e del loro movimento.
5) La mistificazione a-classista, che accompagna sul piano sociologico l’affermazione complessiva del modello di società aperta di mercato. Non si tratta di una semplice variante del vecchio interclassismo dei partiti di massa, nato nei contesti culturali, sociali e politici del capitalismo del secondo millennio, ma di un’impellente necessità neocapitalistica per “nascondere” il progressivo dilatarsi dei differenziali di ricchezza, prestigio e potere (i classici ed essenziali differenziali maxweberiani), al quale abbiamo assistito impotenti in questi anni. La mistificazione a-classista, per essere chiari, nasconde una società eticamente censurabile perché sommamente ingiusta, e annuncia la nascita di un nuovo ordine sociale, penalizzante per i dominati, fondato su una ristretta classe globale egemone, accentratrice di immense ricchezze e di un potere assolutistico, e su una vasta classe totalmente subordinata, la pauper class. Non ci sono più borghesia, ceto medio, proletariato, perché i loro sostituti, in un mondo neocapitalistico, ben lungi dal superamento del classismo, si chiamano global class dominante e pauper class dominata. Il potere che ci domina è marcatamente classista, ha lineamenti neofeudali, controlla i processi decisionali strategici e ha ben poco da spartire con ciò che si fa credere che sia la democrazia. Anche la delicata questione della mistificazione a-classista (e vedremo come nel seguito) ha attinenza con l’affermazione di Grillo e Casaleggio.
Si sarà compreso che i cinque punti precedenti non sono stati elencati a caso, ma rivelano un legame diretto con l’affermazione politica del duunvirato alla testa del movimento cinque stelle. Ognuno di questi ha giocato un ruolo nell’acquisizione di consenso elettorale, in un quadro di ostilità antisistemica diffusa e di massivo risveglio delle coscienze, pur ancora parziale e politicamente abbastanza confuso. Non solo le condizioni materiali di vita, in rapido degrado – che simboleggerebbero la “pancia” del paese – ma anche gli aspetti culturali, politici e sociali prima ricordati hanno favorito la rapida ascesa di un movimento, indubbiamente popolare, per qualche verso spontaneo, vicino alle istanze e alle esigenze vitali dei dominati, ma nello stesso tempo fortemente centralizzato e soggetto al controllo di due sole personalità. Un movimento che possiamo definire, se non ancora rivoluzionario in senso compiuto, sicuramente proto-rivoluzionario e non del tutto riassorbibile nel sistema, per l’importanza della sua azione nella società, la contiguità con il paese vero – dissanguato e abbandonato a se stesso dai partiti sistemici e dai loro padroni – e l’adesione a valori, come l’antisviluppismo, il solidarismo e il comunitarismo, che rivelano una chiara matrice anticapitalistica. Tuttavia sono presenti nel movimento aspetti piuttosto ambigui, di compromesso con il sistema, come l’avversione di principio per una tutela sindacale dei lavoratori – a prescindere dalla sacrosanta necessità di distruggere gli attuali sindacati, concretamente esistenti, che partecipano alla rischiavizzazione del lavoro – o come la timida posizione nei confronti dell’euro e dell’unionismo europide, anche se si prevede, a tale riguardo, di risolvere la questione con un referendum popolare. Viste le caratteristiche un po’ contradditorie del cinque stelle e della posizione strategico-politica di Grillo e Casaleggio, per capirci un po’ di più è bene analizzare uno per uno i cinque punti precedenti.
1) Il politicamente corretto, con particolare riguardo alla dicotomia politica destra/sinistra, ha un’importanza cruciale. In tal caso il movimento contribuisce, per come si è costituito e come è fatto, a un primo e parziale superamento dell’opposizione, ritualistica, elettoralistica, fra la destra e la sinistra – o meglio, fra destra, sinistra e centro – risalente alla prima rivoluzione francese del 1789. Oggi, nel nostro sistema politico unificato e dominato dal partito neocapitalistico, la dicotomia non è più concretamente operante, se il cosiddetto sistema dei partiti non può che avere un solo programma, per di più imposto dall’esterno. Un merito ulteriore del cinque stelle (leggi del duunvirato che lo regge) è il superamento di un altro elemento del politicamente corretto sistemico, e cioè dell’antifascismo in assenza di fascismo (testimoniato, in campagna elettorale, dalle ridicole accuse di fascismo che Bersani ha rivolto a Grillo, il quale, per contro, ha dialogato con casa Pound) e, di riflesso, dell’anticomunismo in assenza di comunismo (cavallo di battaglia, questo ultimo, di Silvio Berlusconi, che ha accusato il movimento di Grillo di essere composto, in maggioranza, da elementi dell’estrema sinistra). Nonostante ciò, data l’eterogenea provenienza dei militanti e degli elettori del movimento, data la persistenza del condizionamento di massa, i cui effetti sono duri a morire all’interno dello stesso cinque stelle, questo superamento della destra, della sinistra e del centro potrebbe rivelarsi soltanto parziale, non definitivo, acutizzando pericolose spinte dissolutrici e favorendo così i “contrattacchi” dei partiti sistemici. Pur condividendo, i cinque stelle, la visione che qualsivoglia proposta politica entrando nel merito non è “di destra” o “di sinistra”, ma è in primo luogo buona o cattiva, utile o dannosa, le avances del pd a Grillo e Casaleggio per ottenere un appoggio al futuro governo di centro-sinistra hanno innescato un dibattito, e forse una frattura in prospettiva futura, fra quelli che accettano una simile intesa, in maggioranza provenienti “da sinistra”, e quelli che la respingono, in maggioranza di altra origine. Se una simile proposta l’avesse fatta Silvio Berlusconi, forse le parti si sarebbero invertite.
2) La precarizzazione lavorativa ed esistenziale e il grande disagio sociale che ha innescato, soprattutto fra i più giovani e indifesi, ha indubbiamente alimentato il consenso al cinque stelle, ingrossando progressivamente le sue file, ma appunto perché questo fenomeno epocale ha comportato una trasformazione culturale in seno alla società e un cambiamento antropologico-generazionale (i venti-trentenni nati e cresciuti nella precarizzazione di massa), i partiti sistemici, con particolare riguardo per quelli del cosiddetto centro-sinistra, potrebbero approfittarne, nella “controffensiva anti-Grillo” che stanno organizzando, paventando un piano per maggiori retribuzioni ai precari (attraverso sgravi fiscali o altro) e qualche sparuto diritto in più, per comprare in tal modo parte del consenso e dei parlamentari conquistati dal movimento. E’ chiaro che si tratterebbe soltanto di un capzioso palliativo, e non della cura del male, ma dato che moltissimi giovani sono stati svezzati a suon di precarietà, di fantasiosi contratti atipici, adusi alla necessità di cambiare lavoro più volte per “crescere” senza adagiarsi, cresciuti senza conoscere i vantaggi esistenziali del posto fisso, ben tutelato e fonte di diritti, la manovra disgregante potrebbe funzionare.
3) Grillo e Casaleggio, attraverso la loro riuscita azione politica dai connotati alternativi, hanno effettivamente provocato una parziale rottura del cerchio infernale idiotizzazione di massa (berlusconismo, idiota acculturato “di sinistra”, leghismo, eccetera) à consenso ai partiti sistemici à idiotizzazione à consenso al sistema à idiotizzazione à … . Questo è un grande merito, perché i due strateghi hanno contribuito a svelare la realtà sociale e politica di questo paese, a svegliare qualche coscienza, a costruire un’alternativa condivisa sul piano politico. Certo, i “movimenti di pancia” dovuti alle difficoltà materiali, tanto vituperati dai politici liberaldemocratici e dai giornalisti ascari (Bersani che si erge con il pd come diga al “populismo”, la riprovazione corale sulla stampa e nei talk-show) hanno aiutato molto e la consapevolezza della popolazione è ancora insufficiente, ma è già un passo in avanti dopo anni di immobilismo. Purtroppo gli effetti dell’imbecillità socialmente organizzata dal sistema, nell’arco di un ventennio attraverso le televisioni, i giornali, gli stessi sondaggi figli del marketing, sono duri a morire, e si esplicano anche all’interno del movimento, fra le sue file, tanto da lasciar presumere che la battaglia sarà ancora lunga e incerto il suo esito finale.
4) La de-ideologizzazione di massa è stata sbandierata come un avanzamento della civiltà fin dagli anni ottanta, in contemporanea con la leggenda del villaggio globale prossimo venturo, a sostegno dell’affermazione dell’ideologia di legittimazione neocapitalista (mercato e liberaldemocrazia) e della globalizzazione economico-finanziaria. Il movimento di Grillo e Casaleggio ha saputo cavalcare questo tema a suo vantaggio, poiché si sostiene che il cinque stelle è nato e cresciuto come movimento a-ideologico. Ma l’a-ideologicità del movimento – l’alfa privativo testimonierebbe l’assenza di una sostanza ideologica, non dell’idealità in assoluto – se fino ad ora ha pagato e ha rappresentato un ulteriore elemento aggregativo di forze popolari, in futuro potrà costituire, al contrario, un elemento di debolezza, perché una forza antagonista, per consolidarsi e poter affrontare il nemico sistemico nella battaglia finale, ha necessità assoluta del supporto di una propria, originale ideologia di legittimazione, da contrapporre a quella nemica. Così è stato per la borghesia capitalista rampante nella lotta contro l’aristocrazia d’origine feudale, così è stato, storicamente, per il movimento operaio tedesco dell’ottocento e per i bolscevichi dell’Ottobre Rosso vittoriosi sui menscevico-revisionisti, e così sarà, probabilmente, anche in futuro. Se l’economia liberista con supporti filosofici ha spazzato via definitivamente la metafisica medioevale e il sistema feudale fino agli ultimi residui, e il marxismo di Engels, profondamente riveduto e corretto da Lenin, ha vinto almeno una battaglia decisiva, ciò si deve alla loro natura di ideologia di legittimazione (rivoluzionaria) e non certo alla de-ideologizzazione di massa, che spinge inevitabilmente verso movimenti popolari a-ideologici, aperti ma strutturalmente piuttosto fragili. Del resto, se qualcuno sostiene che il programma politico di Grillo, immediatamente applicabile, non è “né carne né pesce”, ciò è dovuto sicuramente a una vistosa carenza ideologica che consente di far coesistere il reddito di cittadinanza, la patrimoniale, l’antisviluppismo e le nazionalizzazioni bancarie con le titubanze a riguardo dell’euro e la desindacalizzazione definitiva dei lavoratori dipendenti. Altrettante prove, le precedenti, che siamo davanti a un movimento al più proto-rivoluzionario, con qualche elemento di moderna jacquerie, e non all’equivalente storico dei bolscevichi russi marxisti-leninisti, poiché un programma strategico-politico applicabile e soprattutto coerente non può che essere ideologicamente ispirato. Un generico “potere al popolo”, nelle forme di una resuscitata democrazia diretta che si suppone salvifica, non è ancora l’equivalente, ai giorni nostri, del “potere ai Soviet” del Lenin delle Tesi d’aprile, nel 1917.
5) La mistificazione a-classista ha in qualche modo favorito l’aggregazione dei sostenitori di Grillo, ben oltre i tradizionali confini delle vecchie classi sociali. Imprenditori in difficoltà coesistono con precari e disoccupati, gli studenti invadono le piazze, durante i comizi dell’ex comico genovese (in grado di far ridere ancora, nel senso buono del termine), insieme ai ceti medi pauperizzati che esprimono il lavoro intellettuale, i pensionati affiancano insegnanti di scuola e impiegati. Considerando le capacità aggregative del movimento su proposte politiche almeno in parte antiliberiste, le sue pulsioni solidaristiche e comunitarie, l’ampio consenso che ha ottenuto dai più diversi profili sociali, non si può non riconoscere che la neonata classe pauper si è fatta finalmente sentire – come se avesse emesso un vagito, il primo – e ha iniziato il suo cammino nel nuovo ordine sociale. Perciò, il supposto interclassismo del movimento cinque stelle che confermerebbe la mistificazione a-classista del nuovo capitalismo, ha un significato ben diverso, se non opposto, da ciò che appare. Questo perché cinque stelle è l’espressione movimentista, la prima in Italia, della pauperclass postproletaria e postborghese che cerca di emergere dalle contraddizioni del presente, stabilendo nuovi vincoli solidaristici al suo interno e scegliendo i propri rappresentanti. In questo senso Grillo ha gridato alla piazza, nei recenti comizi elettorali, “siamo una comunità”. Una comunità che è anche una classe, in quanto deterritorializzata ed estesa dal ceto medio in difficoltà a quelli che un tempo si sarebbero detti proletari. Le contraddizioni programmatiche del cinque stelle, di cui al punto precedente, non nascono soltanto dalla mancanza di una precisa ideologia legittimante, ma anche dall’incerto orientamento della neonata classe povera del ventunesimo secolo, che Grillo e Casaleggio hanno inevitabilmente rispecchiato nel programma politico del movimento.
Nonostante l’origine virtuale i cinque stelle sono approdati definitivamente nel mondo reale, e forse otterranno concreti risultati politici che altri movimenti, come i ridicoli indignados/ occupy rimasti con un pugno di mosche in mano, non hanno potuto ottenere. La rete è ancora il principale strumento di comunicazione e di mobilitazione, affiancando i comizi di piazza, in alternativa all’apparato ideologico-massmediatico del sistema. Chi scrive deve fare ammenda, giunti a questo punto, perché tempo addietro, sbagliando l’analisi in prospettiva futura, non avrebbe creduto possibile per un movimento virtuale partito da un semplice blog, un successo di queste proporzioni nella realtà sociale, nella sabbia calda della crisi sistemica e del collasso occupazionale e produttivo. Del resto, la storia è imprevedibile e non la smetterà mai di sorprenderci, beffandosi di noi e della nostra scarsa preveggenza.
Un punto finora non è stato trattato, ed è quello relativo al pacifismo strumentale, da intendersi come strumento di dominazione e di controllo delle masse. Più volte Grillo ha dichiarato che la rivolta da lui guidata è pacifica, non prevede l’uso della violenza e in tal modo favorisce il nemico, secondo lui prossimo alla sconfitta, consentendogli di andarsene senza spargimenti di sangue e vendette. Chi scrive non crede che Beppe Grillo sia del tutto sincero, dicendo queste cose davanti alle masse, ma proietta abilmente quella che è una speranza collettiva, cercando di galvanizzare le folle e di togliere l’acqua del consenso allo squalo della politica, che però non pare fermarsi. Cerca, Grillo, di rallentarne il movimento per farlo morire di asfissia, ben sapendo però che lo squalo è pericoloso e fino all’ultimo cercherà una preda da dilaniare. Il pacifismo, in questo caso non strumentale, è una lodevole intenzione, ma la storia ci insegna che nessun dominante, o subdominante come i politici italiani, si è ritirato spontaneamente senza tentare un’estrema difesa, con inevitabili spargimenti di sangue.
Dunque il movimento a cinque stelle sarebbe un’entità completamente nuova, figlia delle nascenti contraddizioni neocapitalistiche, oltre la destra e la sinistra “storiche”, senza legami con l’antifascismo e l’anticomunismo postbellici, a-ideologica in attesa di una nuova ideologia di legittimazione, espressione della classe povera postproletaria e postborghese, e infine rappresenterebbe la reazione popolare alla precarietà lavorativa ed esistenziale imposte. Nelle ragioni della sua “fortuna” in termini di consensi popolari, come si è chiarito, si possono già scorgere gli elementi di una futura crisi. Se il movimento riuscirà a sopravvivere alle insidie della palude parlamentare sistemica, estendendo ancora i consensi, potrà guidare stabilmente, negli anni a venire, la lotta della pauper class contro la liberaldemocrazia degenerativa e il nuovo capitalismo assolutistico, trasformandosi nel partito dei dominati. Altrimenti, lo ricorderemo come un movimento proto-rivoluzionario, coraggioso, autenticamente popolare, utile ma non decisivo, che avrà ceduto il passo alle future forze rivoluzionarie, quelle vere.
Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it
Link: http://pauperclass.myblog.it/archive/2013/03/04/la-fortuna-di-grillo-e-casaleggio-di-eugenio-orso.html
3.02.2013