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La Redazione

 

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LA FOLLIA DELL'IMPERO

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A cura di Truman
Il 24 Ottobre 2013
325 Views
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DI CHRIS HEDGES

truthdig

Gli ultimi giorni dell’impero danno gran lavoro e potere agli inetti, agli squilibrati ed agli imbecilli. Questi politici e propagandisti di corte, assunti per essere la faccia pubblica della nave che affonda, mascherano il vero lavoro dell’equipaggio, il quale saccheggia sistematicamente i passeggeri mentre la nave affonda. I mandarini del potere stanno nella timoniera, impartendo ordini ridicoli e osservando in quanto tempo riescono a distruggere i motori. Combattono come bambini al timone di una nave, mentre la barca va a tutta velocità contro un iceberg. Passeggiano in coperta facendo discorsi pomposi. Urlano che la nave SS America è la migliore mai costruita. Insistono che ha la tecnologia più avanzata e che incarna le più alte virtù. E poi, con una furia improvvisa e inaspettata, andremo giù nelle acque gelide.
Gli ultimi giorni dell’impero sono un carnevale di follia. Siamo nel mezzo di noi stessi, spinti dai nostri leader di corte che si intestardiscono sull’economia e l’auto-distruzione. Sumeri e Romani caddero in questo modo, come pure gli Ottomani e l’impero Austro-Ungarico. Uomini e donne dalla sbalorditiva mediocrità e depravazione guidavano le monarchie d’Europa e della Russia alla vigilia della Prima guerra mondiale. E l’America, nel suo stesso declino, ha offerto una parte del suo essere rammollita, stolta e imbecille fino alla totale distruzione. Una nazione che era ancora radicata nella realtà non avrebbe mai glorificato ciarlatani come il senatore Ted Cruz, il portavoce della Casa Bianca John Boehner e l’ex-portavoce Newt Gingrich che hanno corrotto le onde radio.

Se avessimo avuto la minima idea di cosa realmente ci sarebbe accaduto ci saremmo rivoltati con furia contro Barack Obama, la cui eredità sarà la capitolazione totale alle esigenze di Wall Street, all’industria del combustibile fossile, al complesso dell’industria militare e allo stato di sicurezza e sorveglianza. Avremmo dovuto manifestare contro questi pochi, come Ralph Nader, il quale ha denunciato il sistema monetario basato sul gioco d’azzardo, l’interminabile stampa di denaro e ha condannato la distruzione ostinata dell’ecosistema. Dovevamo ammutinarci. Dovevamo far tornare indietro la nave.

Le popolazioni dell’impero in caduta sono passive perché spensierate. E’ in atto una narcotizzazione del sogno ad occhi aperti tra coloro che rotolano verso l’oblio. Si rifugiano nella sessualità, nelle cose scadenti e nell’insensatezza, rifugi che al momento sono piacevoli ma di sicura auto-distruzione. Credono ingenuamente che tutto funzionerà. Come specie umana, osserva Margaret Atwood nel suo romanzo distopico “Oryx and Crake”, siamo condannati alla speranza. E assurde promesse di speranza e gloria sono continuamente servite dall’industria dell’intrattenimento, dell’elite politica ed economica, dalla classe dei cortigiani che fingono di essere giornalisti, guru autodidatti come Oprah e sistemi di credo religiosi che assicurano ai seguaci che Dio li proteggerà sempre. E’ una auto-delusione collettiva, un ritirarsi nel pensiero magico.

“Il cittadino americano finora è vissuto in un mondo dove la fantasia è più reale della realtà stessa, dove l’immagine ha più dignità dell’originale”, scrisse Daniel J. Boorstin nel suo libro “The Image: A Guide to Pseudo-Events in America” (L’immagine: guida agli pseudo-eventi in America). “Difficilmente affrontiamo il nostro sconcerto, perché la nostra esperienza ambigua è piacevolmente iridescente, e il conforto nella fede della realtà artificiosa è completamente reale. Siamo diventati accessori desiderosi nella grande era delle bufale. Queste sono le bufale che giochiamo a noi stessi”.

Cultura e alfabetismo, nella fase finale del declino, sono sostituiti da rumori diversivi e stereotipi vuoti. Lo statista romano Cicerone inveiva contro il loro equivalente dell’epoca – l’arena. Cicerone, a causa della sua onestà, fu seguito e ucciso; le mani e la testa tagliate. La testa mozzata e la mano destra, con la quale aveva scritto le Filippiche, furono inchiodate sul palco dove parlavano al Forum. Mentre l’élite romana sputava sulla testa, dicevano allegramente alla folla inferocita che non avrebbe più parlato o scritto di nuovo. Nell’era moderna questa tossica cacofonia insensata, la nostra versione di spettacolo e di combattimenti di gladiatori, di “panem et circenses”, viene pompata ciclicamente ventiquattrore su ventiquattro dalle onde radio. La vita politica si è fusa con il culto della celebrità. L’educazione è principalmente professionale. Gli intellettuali sono scacciati e disprezzati. Gli artisti non possono vivere del proprio lavoro. Poche persone leggono libri. Il pensiero è stato bandito soprattutto nelle università e nei college, dove pedanti timidi e carrieristi sfornano banalità accademiche. “Anche se la tirannia, che non ha bisogno di consenso, può governare con successo sui popoli stranieri,”, scrisse Hannah Arendt nel suo libro “The Origins of Totalitarianism” (“Le origini del totalitarismo”) “si può restare al potere solo se si distruggono prima di tutto le istituzioni nazionali del popolo”. E le nostre sono state distrutte.

Le nostre ossessioni prioritarie sono il piacere sensuale e l’eterna giovinezza. L’imperatore romano Tiberio, si ritirò nell’isola di Capri e convertì il suo palazzo al mare in una casa di lussuria sfrenata e violenza. “Gruppi di ragazze e giovani uomini, che erano stati raccattati da ogni parte dell’impero come adepti a pratiche innaturali, conosciute come spintriae, avrebbero copulato prima di lui in gruppi di tre, per eccitare il suo desiderio scemante,” scrisse Svetonio ne “I dodici Cesari”. Tiberio addestrava ragazzini, che lui chiamava i suoi pesciolini, a folleggiare con lui in acqua e a fare sesso orale. E dopo aver osservato una tortura prolungata, li avrebbe poi obbligati a buttarsi da una scogliera vicino al suo palazzo. A Tiberio sarebbero seguiti Caligola e Nerone.

“A volte quando viene voltata la pagina,” scrisse Louis-Ferdinand Céline in “D’un château l’autre”, (Da un castello all’altro) quando la storia raggruppa insieme tutti i pazzi, apre le sue epiche sale da ballo! Cappelli e capi nel turbine! Mutandine in mare!”

Nel suo libro “The Collapse of Complex Societies” (Il collasso delle società complesse) l’antropologo Joseph Tainter osserva il collasso delle civiltà dai romani ai maia. Conclude dicendo che si disintegrarono perché alla fine non potevano sostenere le complessità burocratiche che avevano creato. Strati di burocrazia richiedono sempre maggiore sfruttamento, non solo dell’ambiente ma anche delle classi operaie. Diventano calcificati da sistemi che non sono in grado di rispondere ai cambiamenti che avvengono attorno a sé. Come succede nelle nostre università d’elite e nelle scuole aziendali, vengono prodotti in serie informatici gestionali, ai quali insegnano non a pensare, ma a far funzionare ciecamente il sistema. Questi informatici gestionali sanno solo come perpetuare sé stessi e il sistema al quale sono al servizio, anche se significa sventrare la nazione e il pianeta. Le nostre elite e i burocrati logorano il pianeta per sostenere un sistema che in passato ha funzionato, senza riconoscere che ora non funziona più. Le elite, invece di prendere in considerazione delle riforme che metterebbero a rischio i loro privilegi e il loro potere, si rifugiano nel crepuscolo dell’impero, nelle cinta murate, come nella città perduta o Versailles. Inventano la propria realtà. Coloro che continuano a ripetere questi comportamenti a Wall Street e nelle sale del consiglio. Gli stessi che insistono che la dipendenza dai combustibili fossili e le speculazioni sosterranno l’impero. Le risorse dello stato, come fa notare Tainter, alla fine sono sempre più sprecate in progetti insensati e stravaganti e in avventure imperiali. E poi tutto collasserà.

Il nostro collasso porterà con sé tutto il pianeta.

Ammetto che è più piacevole starsene ipnotizzati davanti alle nostre allucinazioni elettroniche. E’ più facile darci mentalmente un’occhiata. E’ più gratificante assorbire l’edonismo e la malattia del culto di sé stessi e del denaro. E’ più confortante chiacchierare del gossip delle celebrità e ignorare o respingere la realtà.

Thomas Mann in “The Magic Mountain” (La montagna magica) e Joseph Roth in “Hotel Savoy” raccontano brillantemente questo peculiare stato mentale. Nell’hotel di Roth i primi tre piani destinati alla lussuria ospitano i ricchi boriosi, i politici immorali, i banchieri e gli imprenditori. I piani superiori sono affollati da gente che lotta per pagare i propri debiti e che sta costantemente svendendo le sue proprietà; gente che in questo modo diventerà povera e verrà scacciata. Non c’è un’ ideologia politica tra la classe dominante deteriorata, nonostante dibattiti inscenati ed elaborati teatri politici. E’, e alla fine lo è sempre stato, una vasta cleptocrazia.

Appena prima della Seconda guerra mondiale, un amico chiese a Roth, intellettuale ebreo che era fuggito a Parigi dalla Germania nazista, “Perché bevi così tanto?”
Roth rispose: “Pensi che riuscirai a scappare? Anche tu sarai spazzato via.”

Chris Hedges scrive pezzi vari per Truthdig.com. Hedges si è laureato alla Harvard Divinity School ed è stato per quasi vent’anni corrispondente per il New York Times. E’ autore di molti libri quali: War Is A Force That Gives Us Meaning, What Every Person Should Know About War, and American Fascists: The Christian Right and the War on America. Il suo libro più recente è Empire of Illusion: The End of Literacy and the Triumph of Spectacle.

Chris Hedges
Fonte: www.truthdig.com
Link: http://www.truthdig.com/report/item/the_folly_of_empire_20131014

14.10.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Ale&Alo

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