DI PEPE ESCOBAR
atimes.com
Visto che non si può andare a spasso su Marte con Curiosity, non c’è nessun posto dove si possa nascondere l’isteria da “Bombardiamo l’Iran” che implacabile si sente arrivare da Tel Aviv e dai suoi avamposti a Washington. Ora che anche il più scarso degli scribacchini suggerisce al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama di andare di persona in Israele per placare il duo guerrafondaio Bibi-Barak [1]
E allora è arrivato il momento per qualcosa di completamente diverso – e totalmente assente dai media dell’Occidente; I cervelli degli iraniani sembrano pensare razionalmente quando analizzano quello che sta veramente avvenendo dietro i tamburi di guerra – per quanto riguarda l’Iran, la Turchia, il mondo arabo e in tutta l’Eurasia.
Cominciamo con l’ambasciatore Hossein Mousavian, ricercatore alla Princeton University Woodrow Wilson School of Public and International Affairs, ex portavoce della commissione per il nucleare iraniano che ha negoziato dal 2003 al 2005, e autore di “La crisi nucleare iraniana: Una Memoria”.
Scrivendo sul sito Arms Control Association [2], Mousavian va dritto al punto: “La storia del programma nucleare iraniano rivela che l’Occidente sta inavvertitamente spingendo verso l’Iran le armi nucleari.”
Riassume in sette passi quello che è successo – a partire dall’entrata ” in campo nucleare” dell’Iran, causato in gran parte, tra l’altro, da Washington: “Nel 1970 lo Scià [dell’Iran] aveva dei piani ambiziosi per sviluppare un programma nucleare, immaginando di costruire 23 centrali nucleari entro il 1994, con il sostegno degli Stati Uniti. “
Mousavian sottolinea come, dal 2003 al 2005, durante la prima amministrazione Bush, l’Iran ha presentato diverse proposte [nucleari], che comprendevano una dichiarazione per arricchire uranio al 5% ed esportare tutto l’ uranio a basso arricchimento (LEU) o fabbricato a barre di combustibile; si impegnava a firmare un protocollo aggiuntivo all’accordo di salvaguardie dell’AIEA e del Codice 3.1 dei progetti sussidiari dell’accordo, ed offrivano il massimo livello di trasparenza per consentire all’AIEA di effettuare ispezioni non programmate agli impianti non dichiarati.
Questa offerta aveva lo scopo di prevenire le preoccupazioni dell’Occidente sulla natura del programma nucleare iraniano, assicurando che nessun uranio arricchito sarebbero stato destinato ad un programma di armi nucleari. Inoltre avrebbe facilitato il riconoscimento del diritto dell’Iran di procedere all’arricchimento nel quadro del TNP. In cambio di questi impegni iraniani, il dossier nucleare dell’Iran presso l’AIEA doveva essere normalizzato, e l’Iran avrebbe avuto una politica economica più ampia , e l’aiuto dell’Unione europea per la sua sicurezza. Inoltre, l’Iran era interessato a garantirsi il combustibile per il reattore di ricerca di Teheran ed era pronto ad inviare il suo uranio arricchito in un altro paese per la trasformazione in barre di combustibile.
L’amministrazione Bush ha rifiutato tutto. Mousavian ricorda “un incontro che ho avuto a suo tempo con l’ambasciatore francese in Iran Francois Nicoullaud, che mi ha detto,” Per gli Stati Uniti, l’arricchimento dell’uranio in Iran è una linea rossa che l’Unione europea non può attraversare. “
Quindi, l’Occidente non era interessato a risolvere la questione nucleare. Piuttosto, l’Occidente voleva costringere l’Iran a rinunciare del tutto al suo programma di arricchimento.” Questo atteggiamento potrebbe solo portare Teheran a “cambiare la sua diplomazia nucleare e ad accelerare il suo programma di arricchimento, in quanto lo porterebbe ad una autosufficienza di combustibile nucleare.”
‘Zero scorte’ per tutti?
Tornando indietro a febbraio 2010, Teheran propose di, “mantenere le sue attività di arricchimento di sotto del 5% e in cambio l’Occidente avrebbe fornito le barre di combustibile per il reattore di Teheran. L’Occidente ha rifiutato questa offerta.”
Poi a maggio 2010, “l’Iran ha raggiunto un accordo con il Brasile e la Turchia, per scambiare le sue riserve di uranio con il carburante per il reattore di ricerca. L’accordo si basava su una prima proposta elaborata dall’amministrazione Obama con i funzionari brasiliani e turchi sotto l’impressione che avere la benedizione di Washington per negoziare con l’Iran. Purtroppo, gli Stati Uniti hanno calpestato il successo dell’accordo ed hanno rigettato il programma conseguentemente il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha inasprito le sanzioni contro l’Iran “.
Ogni osservatore imparziale seguendo il dossier nucleare iraniano conosce già questi eventi.
Passiamo a settembre 2011, “quando l’Iran aveva completato il progetto per un arricchimento al 20% e la sua scorta era in crescita, propose l’arresto delle sue attività di arricchimento al 20% per accettare che l’occidente inviasse le barre di combustibile per il reattore di Teheran. Ancora una volta, l’Occidente ha rifiutato e ha reso necessario per gli iraniani doversi muovere verso la produzione diretta delle barre di combustibile. “
Passando ai colloqui di quest’anno a Istanbul e Baghdad, Mousavian sottolinea che “ogni blocco e ogni azione punitiva dell’occidente, provoca un ulteriore avanzamento del programma nucleare iraniano.”
E c’è di peggio: “Un confronto tra la dichiarazione di Catherine Ashton, capo della politica estera dell’Unione europea e capo negoziatore per i “P5 più 1”del 19 giugno a Mosca, con la sua dichiarazione fatta a Istanbul il 14 aprile mostra una grande differenza. I “P5 +1” adesso stanno dando maggior enfasi al controllo sul rispetto dell’Iran per suoi obblighi internazionali, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU, piuttosto che se l’Iran rispetti gli obblighi previsti dal TNP.
Questa è stata chiaramente una battuta d’arresto dalla precedente posizione e mette a fuoco che la sospensione delle attività iraniane di arricchimento dell’uranio, continui ad essere una richiesta che non passa dal 2003. “
Il risultato è che “non solo l’Occidente ha spinto l’Iran a cercare l’autosufficienza ma, in ogni frangente, ha cercato di privare l’Iran del suo diritto inalienabile di arricchimento. Ciò ha semplicemente spinto l’Iran a procedere più in fretta verso la tecnologia di masterizzazione nucleare. “
La conclusione è inevitabile: “Lo stato di avanzamento del programma nucleare iraniano è il prodotto degli sforzi occidentali di pressione e di isolamento dell’Iran, mentre continua a rifiutare di riconoscere i suoi diritti”.
Washington e i suoi seguaci europei semplicemente non riescono a capire che “le sanzioni, l’isolamento, e le minacce non metteranno l’Iran in ginocchio. Al contrario, queste politiche hanno provocato solo un avanzamento del programma nucleare iraniano”. Con sanzioni ancora più devastanti e la febbre da “Bombardiamo l’ Iran” , che si trasformano in un attacco diretto, – è sicura una sola conseguenza – dice Mousavian: ” l’Iran probabilmente si ritirerà dal TNP e costruirà le armi nucleari.”
Quello che rende tutto questo ancora più assurdo è che c’è una soluzione a questa follia:
Per soddisfare le preoccupazioni dell’Occidente sul 20% delle scorte iraniane, potrebbe essere una soluzione reciprocamente accettabile una “scorta a zero” per il lungo termine.
In questo modo, una commissione mista dei “ P5 +1” e l’Iran potrebbero calcolare le esigenze interne dell’Iran per l’uso del 20% di uranio arricchito, e qualsiasi quantità che superi il 20% dovrebbe essere venduta nel mercato internazionale o immediatamente riconvertito ad un livello di arricchimento del 3,5%.
Ciò garantirebbe che le scorte di uranio arricchito dell’Iran non supererebbero mai il 20% e rassicurerebbero le preoccupazioni internazionali sulla produzione di armi nucleari. Sarebbe una soluzione per salvare la faccia a tutte le parti, riconoscendo all’Iran il diritto ad arricchire l’uranio e contribuirebbe a togliere le preoccupazioni sulla sua rincorsa alle armi nucleari.
Ci riusciranno mai Washington e Tel Aviv ad accettare? Certo che no. I cani della guerra continueranno ad abbaiare.
Un nuovo gioco sulla sicurezza
Da proprio un senso di frescura sentire come la pensano gli analisti iraniani sulla Siria:
Mehdi Mohammadi, sul sito IranNuc.IR [3] nota “il timore che la maggioranza sunnita ha di una minoranza salafita è una realtà molto importante, e spesso censurata, sulla situazione siriana. È la stessa realtà che ha impedito all’opposizione di accettare qualsiasi forma di negoziato e addirittura le elezioni libere “. Questo fatto è assolutamente una bestemmia per i media corporativi occidentali che commentano la situazione della Siria.
Mohammadi valuta correttamente le discrepanze tra le fazioni dei diversi Fratelli Musulmani (MB) all’interno della Siria, una fazione della linea dura vuole la sharia, un’altra è convinta che il futuro della regione sarà essenzialmente in mano ai MB, in ogni caso mandati da Dio, ma la maggior parte vuole tirare fuori quanti più soldi possibile dall’Arabia Saudita, mentre si è alleata con la Francia, gli Stati Uniti, i sunniti del Libano e la Giordania: “questa è la spina dorsale dell’opposizione armata in Siria”.
Il risultato è che anche nel migliore dei casi, i Fratelli Musulmani “stanno facendo un errore strategico terribile … Anche se il governo di Assad cadrà, gli americani non permetteranno al governo siriano di passare nelle mani di quella parte della Fratellanza Musulmana che cerca di continuare e di intensificare il conflitto con Israele “.
Mohammadi osserva inoltre, proprio per parlare di soldi, come Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita e Turchia “siano arrivati alla conclusione che il modo migliore per prevenire gli sviluppi della primavera araba, che aumenterebbe l’influenza dell’Iran nella regione, sia quella di trasformare l’intera situazione in un conflitto tra sciiti e sunniti “.
In sostanza, come la vedono a Teheran?
Secondo Mohammadi, “c’è un alto grado di fiducia che il governo siriano non cadrà nel medio termine.” Inoltre, “è molto improbabile che Russia e Cina raggiungeranno un accordo con l’Occidente sulla Siria”, e “anche sul dossier nucleare iraniano”. Così Teheran sta scommettendo sulla realizzazione strategica di un “affidabile blocco anti-occidentale costituito da Russia e Cina”. La sua conclusione: “L’equazione strategica della regione a seguito degli sviluppi in corso in Siria non ha in nessun modo portato maggior discapito all’Iran.”
In un’intervista sul sito web della diplomazia iraniana (IRD) [4], l’ex ambasciatore e analista strategico Mohammad Farhad Koleini commenta su come “alcuni paesi arabi, che detengono record molto tristi nel campo dei diritti umani, si sono uniti con gli Stati Uniti per definire le regole di una nuova partita di sicurezza da giocare in Siria. Questo gioco di sicurezza, tuttavia, è stato gestito così malamente che sarà di certo una macchia per l’immagine internazionale degli Stati Uniti. “
Koleini osserva che l’Occidente cerca un nuovo accordo di sicurezza nel Mediterraneo e Mosca sta cercando di non permettere all’Occidente di imporre il suo monopolio geopolitico. Quindi l’approccio russo alla Siria non è necessariamente concentrato su quello che sta realmente accadendo all’interno del paese, ma deriva da un pacchetto regionale con lo scopo per Mosca di usarlo a seconda di come si evolveranno i suoi interessi con l’Occidente”.
Questo spiega perché la Russia “non permetterà mai che gli stati occidentali impongano una no-fly zone sulla regione della Siria”. Questo sembra un faccia a faccia? Non direi proprio. ” La Russia sta facendo del suo meglio per evitare con ogni mezzo un confronto definitivo. E anche la Cina ha dimostrato finora di seguire la stessa politica.».
Mehdi Sanaei, direttore del Russia Studies Group dell’Università di Teheran e direttore del the Iran and Eurasia Research Center (IRAS), scrivendo sul Tabnak News website [5] scava ancora di più : Mosca sta lavorando con un “sospetto, differente dal passato, sugli obiettivi e sulle intenzioni reali degli Stati Uniti in Medio Oriente e in Eurasia “.
Così dimentichiamo il famoso “reset” tra Washington e Mosca.
Sanaei si riferisce al famoso articolo di politica estera [6] pubblicato da Putin alla vigilia delle elezioni presidenziali russe: “Putin ha tirato un colpo diretto contro gli Stati Uniti, accusando Washington di inganno e abuso della struttura delle Nazioni Unite e del modo in cui si applicano le sue risoluzioni, con due pesi e due misure, su varie questioni globali a seconda del paese coinvolto per cercare di curare i propri interessi sotto l’ombrello del sostegno alla democrazia. “
Sanaei inoltre descrive correttamente come gli analisti russi vedano la politica estera dell’amministrazione Obama “sulla base di due teorie: ‘realismo finale’, e ‘nuovo liberalismo.’ Di conseguenza, gli americani in realtà credono che i paesi del mondo siano semplicemente divisi in amici e nemici degli Stati Uniti. I paesi ostili, quindi, dovrebbero essere indeboliti e la loro presenza nelle arene strategici globali e regionali dovrebbe essere limitata e persino soppressa la loro indipendenza politica, economica e culturale. “
Quindi, per Mosca, “una nuova ondata di ordine del mondo è stata avviata dagli Stati Uniti, per creare una nuova versione del vecchio sistema di mondo unipolare. Gli obiettivi principali di questa ondata – sostiene Mosca – sonol Nord Africa, Medio Oriente, Iran, Eurasia e, infine, Cina e Russia. “
Koleini, sul quotidiano Emrooz Teheran [7], introduce il tema “ Pipelineistan” nell’affare Iran-Russia: “Nonostante la sua collaborazione con il programma di energia nucleare iraniano, la Russia è stata sempre pronta a tagliare la mano dell’Iran sul mercato europeo del gas naturale . Infatti la Russia ha interagito con la Turchia e alcuni paesi dell’Europa orientale per il progetto Blue Stream. Ciò dimostra al di là di ogni dubbio che la Russia sta cercando di assumere un ruolo guida nella struttura di sicurezza in ingegneria in Europa con la sua politica energetica per ridurre la dipendenza dell’Europa dalle energie proveniente da altre fonti. “
Tutto questo mentre “sta cercando di giocare un ruolo di perno sul caso nucleare iraniano”.
Koleini delinea anche la sfida principale per la “politica eurasiatica” tracciata da Putin prima della sua elezione: “Il punto è che l’Occidente sta progettando nuovi giochi politici, in particolare in Asia centrale per dare nuovi problemi alla Russia e distogliere l’attenzione di Mosca dalle tradizionali sfere di influenza della ex Unione Sovietica in Eurasia. “
Egitto e Iran : si corteggiano
Gli intellettuali iraniani stanno monitorando attentamente la vicina Turchia. La Turchia e l’esperto di strategie caucasiche Elyas Vahedi osservano come il governo turco abbia presentato programmi come – Né religione di Stato, né stato religioso- Governo laico’, non uomo laico – Civilizzare la Costituzione – Apertura democratica – Apertura ai Curdi – Apertura agli Alawiti – Controllo e vigilanza dei civili sull’esercito.
Ed ha usato tutti questi principi per rafforzare e mantenere il peso politico del Partito Giustizia e Sviluppo “. E, naturalmente, prima della primavera araba, tutti parlavano di “zero problemi” con i vicini e della profonda dottrina strategica della Turchia.
Ma ora che la Turchia è bloccata in Siria, il governo dell’AKP sta “cercando di giustificare le sue mancanze sostenendo che la politica di minimizzazione dei problemi con i paesi vicini, è appena entrata in una seconda fase … La Turchia ritiene che la caratteristica principale della seconda versione di questa politica sia l’interazione con le popolazioni dei paesi vicini, piuttosto che l’interazione con i loro governi. “
Ma questo ‘semplicemente non regge, dice Vahedi: “Questo punto di vista, nonostante alcune carenze, era in qualche modo giustificabile in alcuni paesi come Libia, Egitto e Tunisia, ma questo non è il caso della Siria.” Inoltre, Ankara “rimase in silenzio sulla situazione delle rivolte in Bahrain, con il pretesto che le proteste politiche in Bahrain non sono popolari.”
Inoltre, la politica estera della Turchia “, ha anche alimentato speculazioni perché Ankara è intervenuta al conflitto sciiti-sunniti, favorito dall’Occidente. I danni che questi fatti possono creare alla posizione regionale e internazionale e al prestigio della Turchia saranno troppo cari per Ankara . “
Vahedi vede la Turchia, così come l’Arabia Saudita e il Qatar, come appena dopo l’Occidente, che le sta spingendo da dietro, “Obama-style”. La Turchia “ha apparentemente letto nella mente del mondo occidentale e sta cercando di accettare il suo ruolo per conto dell’Occidente in cambio di qualche concessione.” Ma non funzionerà – come, ad esempio, dare una mano per l’adesione della Turchia all’Unione europea di fronte alle immense obiezioni francesi e tedesche.
Senza contare che Ankara “si trova ad affrontare critiche feroci dalle sue figure nazionaliste che sostengono che, mentre i diritti dei turchi sono ignorati a Karabakh ( NdT. : Repubblica indipendente non riconosciuta da nessuno stato straniero) e nei Balcani con il beneplacito delle potenze occidentali, il governo della Turchia ha fatto della difesa dei diritti del popolo siriano la sua priorità assoluta. “
Ali Akbar Asadi, del Dipartimento di Relazioni Internazionali dell’Università di Allameh Tabatabaei, proietta la sua visione per le prossime settimane: il rinnovato rapporto diplomatica tra l’Iran e l’Egitto – che sta attirando l’ira implacabile di Washington – il Dipartimento di Stato, in modo infantile, è arrivato a dire che l’Iran “nemmeno si merita” di ospitare il vertice del Movimento degli Stati Non Allineati (NAM) a Teheran, dove sarà presente il presidente egiziano Mohamed Morsi. [8]
Asadi azzanna alla giugulare – il Gulf Cooperation Council (GCC) Le petro-monarchie sono terrorizzate che “L’Egitto possa riprendere le relazioni con la Repubblica islamica dell’Iran o persino entrare in relazioni strategiche con la Turchia, con il rischio di minare l’influenza e il peso del GCC nel nuovo equilibrio del potere nella regione. “
Così il GCC sta facendo quello che fa di solito, comincia a sperperare contanti ovunque. “Vogliono mantenere l’Egitto, come un grande e importante attore politico arabo dalla loro parte.”
Inoltre, chiedono a Morsi e ai Fratelli Mussulmani di”non darsi troppo da fare per esportare la loro rivoluzione e non fare proseliti” nei paesi del GCC. E si “aspettano che Cairo eviti di ‘adottare nuovi approcci per rafforzare Hamas contro Fatah, aiutando Gaza e la popolazione palestinese, e prendendo una posizione irremovibile contro il regime israeliano.”
La politica del GCC, sostenuta dall’Occidente e da Israele, è quella di “mantenere l’Egitto imbrigliato nelle sue sfide interne” e quindi incapace di esercitare “ il suo diritto storico alla leadership del mondo arabo.”
Questo è solo un esempio del livello di discussione intellettuale in corso in Iran. Rispetto all’isteria da bombardamento che hanno a Tel Aviv e a Washington, sembra quasi che vengano da Marte.
Note:
Pepe Escobar è l’autore di: Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007) e Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge. Il suo ultimo libro è Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009).
Fonte: http://www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/NH22Ak07.html 22.08.2012
Tradotto per www.ComeDonChisciotte.org da ERNESTO CELESTINI
1. An Obama Visit to Israel Could Stall Iran Attack, Bloomberg, August 21.
2. See armscontrol.org/
3. See www.irannuc.ir/
4. See www.irdiplomacy.ir/
5. See www.tabnak.ir/
6. See Russia and the changing world, RIANOVOSTI
7. See www.tehrooz.com
8. US says Iran doesn’t deserve to host summit of Non Aligned Movement, Washington Post, August 21.