DI AMBROSE EVANS PRITCHARD
telegraph.co.uk
La diga politica europea è crollata. Il Cancelliere tedesco Angela Merkel non ha più abbastanza alleati nel club dei primi ministri dell’UE per poter continuare a imporre il suo programma quaresimale. Le sue strategie si stanno disintegrando su tutti i fronti.
Il destino imminente della Grecia – e dell’euro – è nelle mani di un marxista “della motocicletta” dalla faccia da ragazzo. Alexis Tsipras, leader della coalizione Syriza, ha giurato di stracciare il deprecato Memorandum (così viene chiamato il pacchetto di aiuti della “troika” UE-FMI [-BCE]).
Tsipras non ha mostrato nessun ripensamento nell’incontro con il presidente del suo paese e nei colloqui per la formazione di un irrealistico Fronte della Sinistra. “Il verdetto popolare rende chiaramente il pacchetto di aiuti nullo e inefficace,” ha detto.
A quelli che vedono in questa sfida provocatoria il pericolo di una caduta verso un default conclamato, una catastrofe bancaria e l’espulsione dal Sistema Monetario Europeo, egli ribatte che la Grecia ha nelle sue mani “l’arma definitiva”. Se i leader dell’Unione si rifiutano di ammorbidire i termini [del rientro greco], la Grecia ha la capacità di far crollare l’intero sistema comunitario.
Qualcuno potrebbe venire a vedere il bluff. “Tra le nazioni creditrici la pazienza ormai è agli sgoccioli,” ha detto Blanka Kolenikova, del gruppo di analisi finanziaria IHS Global Insight. I media tedeschi riferiscono che il ministro delle finanze Wolfgang Schauble sarebbe impaziente di cacciar fuori la Grecia dall’euro, facendone un esempio salutare, nella certezza che l’Europa sia abbastanza forte da sopportare il contraccolpo. Anche questa, di converso, è un’illusione in attesa di una doccia fredda.
Arnaud Mares della Morgan Stanley ha detto che una fuoriuscita greca darebbe il via a “una massiccia emorragia di capitali” da tutti gli stati vulnerabili dell’Unione Monetaria. “Potrebbe causare il completo disfacimento dell’euro.”
È un momento pericoloso sia per l’Europa sia per i mercati globali. La Grecia non ha un governo che governi. Deve prendere una decisione su una serie di titoli da rimborsare, a cominciare da questa settimana. E le decisioni difficili non possono aspettare le nuove elezioni di giugno, sempre ammesso che si tengano.
I titoli di nuova emissione, dopo che gli investitori privati hanno subito un haircut [1] del 75% in marzo, vengono già scambiati in un clima di estrema difficoltà, raggiungendo un interesse del 21% su dieci anni. L’accordo europeo che avrebbe messo fine a tutti gli accordi è fallito in appena un paio di mesi.
Questa disastrosa catena di avvenimenti ha essenzialmente screditato la politica di gestione della crisi imposta in Europa dalla Germania. La stretta monetaria e fiscale ha spinto quasi tutta l’Europa meridionale nella “spirale mortale” della deflazione, con la prospettiva di trascinarsi dietro a breve il resto dei paesi. Perfino l’Olanda vive attualmente una grave recessione.
Una ribellione era inevitabile. E alla fine è arrivata. Giovedì la Commissione Europea ha richiesto un pacchetto rapido di investimenti per fermare la spirale discendente. Tutto questo segue a strettissimo giro la richiesta del presidente della BCE Mario Draghi di un “pacchetto per la crescita”. Le istituzioni dell’Unione Europea stanno sfuggendo al controllo della Germania.
L’elezione di François Hollande in Francia ha radicalmente modificato l’equilibrio dei poteri in Europa, e il furore popolare ha fatto il resto in tutta una serie di democrazie.
Ci sono segnali che indicano come l’Italia possa mettersi a tavola con la Francia, e scartare quello che non gli piace del Fiscal Compact europeo. Il PDL di Silvio Berlusconi ha detto che non appoggerà alcuna ratifica che non includa l’emissione di eurobond e la trasformazione della BCE in prestatore di ultima istanza. Il partito ha rimproverato al premier italiano Mario Monti di comportarsi come un “rappresentante politico della Germania”.
La brusca svolta del PDL fa seguito alla sconfitta elettorale subita in Italia settentrionale la scorsa settimana, in cui il cane sciolto Beppe Grillo ha ottenuto il 20% dei voti a Parma e il 15% a Genova.
Il signor Monti non può far passare l’accordo senza l’approvazione di Berlusconi. I piani, tanto ben congegnati, per ottenerne la ratificazione contemporaneamente in Germani e in Italia, sono ormai carta straccia.
La signora Merkel ha detto che accoglierà il signor Hollande a braccia aperte, ma per quel che riguarda la gestione della crisi ha tirato avanti come se la ribellione non ci fosse stata affatto. “Il Fiscal Pact non è negoziabile,” ha detto, insistendo sul fatto che i trattati europei non possono essere ridiscussi, una volta che i parlamenti hanno cominciato a ratificarli.
Questo è falso. La Costituzione Europea venne abbandonata dopo che Francia e Olanda votarono “No” ai referendum del 2005.
Berlino spera di ammansire Parigi con un ruolo più sostanzioso nella Banca Europea per gli Investimenti e un pacchetto per la crescita, forse aggiunto come appendice al trattato fiscale. I funzionari della cancelleria tedesca pensano che i discorsi di Hollande fossero solo aria fritta elettorale, e che cambierà tattica come fece una decina di anni fa il socialdemocratico Gerhard Schroeder, una volta in carica.
Questo potrebbe essere un errore di valutazione, che non riesce a percepire la profonda irritazione diffusa in Europa. Nel suo discorso dopo la vittoria elettorale, il signor Hollande è stato categorico. “Ora la mia missione è quella di donare all’Europa crescita, posti di lavoro, prosperità e un futuro. L’austerity non è una condanna inappellabile,” ha detto. In Francia possono anche chiamarlo “Flanby” (come un tipo di creme-caramel), ma il suo aspetto mite nasconde una componente d’acciaio, e con la sua base socialista è meglio non scherzare.
Per la Germania è il momento della verità. Sin dall’inizio della crisi ha rimandato una serie di decisioni difficili. Ha detto di no a eurobond e [alle tasse sui] movimenti di capitali, arretrando di fronte al Rubicone dell’unione fiscale.
La signora Merkel ha continuato a puntare solo sull’austerity e le riforme, caricando tutto il peso del cambiamento sulle spalle dei paesi più deboli. Ha rifiutato le argomentazioni secondo cui la crisi dell’Unione Monetaria consiste essenzialmente in uno squilibrio degli scambi commerciali e finanziari tra nord e sud Europa che non può essere corretto, all’interno di un’unione [solo] monetaria, nella maniera corrente.
Il suo governo ha ignorato il fatto allarmante che una generale contrazione delle economie dell’Europa meridionale – senza la compensazione di uno stimolo monetario o un’espansione in Europa del nord – potrebbe solo portare a una replica degli errori fatti col Gold Standard nei primi anni 30 [2].
Questa fase della crisi si è conclusa. Ora è la Germania che deve adeguarsi.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
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9.05.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO
Note del traduttore
[1] Un titolo che viene usato come garanzia (collaterale) per l’acquisto o il prestito di un altro titolo non sempre viene valutato per il suo valore di facciata. Nel caso in questione, i titoli di stato greci possono essere usati come garanzia solo per il 25% del loro valore nominale, hanno cioè subito un haircut (“taglio di capelli”) del 75%. [ Wikipedia ]
[2] Probabilmente Pritchard si riferisce al fatto che l’aderenza al sistema aureo (che affascina tanto tutti gli estremisti della destra ultraliberista, a cominciare dai Tea Party), impedendo iniezioni di moneta nell’economia reale, avrebbero aggravato gli effetti della Grande Depressione.