DI AMBROSE EVANS PRITCHARD
telegraph.co.uk
L’Arabia Saudita affronta una pericolosa contrazione della liquidità dal momento che i capitali fuoriescono dal paese, in una fase di forte contrazione dell’offerta monetaria e aumento dello stress del sistema bancario.
Il tasso di sconto a tre mesi in Riyadh ha improvvisamente iniziato una spirale di crescita, raggiungendo il massimo dai tempi della crisi Lehman del 2008.
Arrivano notizie che il governo saudita sta concludendo contratti di pagamento con delle clausole aperte a rinegoziazioni, il che mostra quanto stia diventando grave la situazione. Il gruppo Bin Laden, in affanno di debito, sta dimettendo 50.000 lavoratori del settore edilizio a causa dei morsi dell’austerità.
Il gruppo di esperti monetari di Société Generale ha avvertito di vendere i Riyal sauditi, scommettendo che il paese sarà costretto ad abbandonare l’aggancio al dollaro, un gesto che può avviare una spietata battaglia per la spartizione del mercato petrolifero mondiale.
Francisco Blanch, di Bank of America, ha detto che una rottura dell’allacciamento al dollaro in quest’anno sarebbe un “evento cigno nero” (evento difficile da prevedere, ndt) e causerebbe un collasso dei prezzi petroliferi fino a 25$ al barile. Le riserve estere dell’Arabia Saudita stanno ancora diminuendo di 10 miliardi di dollari al mese, nonostante una rinegoziazione dei bond e dei “prestiti sindacati” (I prestiti sindacati, conosciuti anche come “finanziamenti in pool”, sono erogati da un consorzio di banche (il pool) a favore di un’impresa. ndt, fonte: wikipedia ) per aiutare a tamponare il grave deficit di spesa.
Le riserve rimaste nel paese ammontano a 582miliardi di dollari, sono in teoria ampie, se fossero davvero liquidabili, ma questo non è il nocciolo della questione. Il problema per la banca centrale saudita (SAMA) è che questo svuotamento delle riserve innescherebbe una politica monetaria restrittiva.
I depositi bancari si stanno contraendo e anche la disponibilità di massa monetaria M2. La vendita di titoli di stato non aiuta poichè riduce i già sottilissimi mercati di capitale dell’Arabia Saudita e fa schizzare la liquidità. Riyad sta pianificando un’emissione di titoli sui mercati internazionali.
La discesa del prezzo del greggio a quasi 50$ al barile a metà febbraio non ha agevolato la contrazione finanziaria saudita.
Il rimbalzo del prezzo del greggio è molto fragile, oltretutto la Federal Reserve fa una politica di rafforzamento del dollaro e il Canada si prepara a ripristinare 1,2 milioni di barili al giorno di produzione perduta. “Sentiamo che i mercati si sono mossi troppo al rialzo, troppo in là troppo in fretta. Stiamo ancora affrontando un eccesso di giacenze e i tagli alla produzione sono reversibili” ha detto BNP Paribas.
Il capo della Total Patrick Pouyanne la scorsa settimana ha dichiarato al senato francese che i prezzi possono tornare a scendere tanto velocemente quanto sono risaliti. Ha detto “Il mercato non tornerà in equilibrio prima della fine dell’anno”.
Secondo Pouyanne il collasso degli investimenti annuali in petrolio e gas da 700 a 400 miliardi di dollari nel 2014 porterà ad una diminuzione di 5 milioni di barili entro il 2020 e ci sarà un’altra impennata dei prezzi, ma prima il surplus deve essere riassorbito.
L’andamento del prezzo del petrolio ora é in un punto incerto, può salire o scendere. Un crescente numero di investitori avvisa che l’acquisto speculativo di “petrolio di carta” da parte di fondi spazzatura ha incrinato i principi fondamentali del mercato. D’estate di solito c’è uno slittamento stagionale della domanda.
Per Adam Longson di Moran Stanley, se la tendenza si inverte, può essere un catalizzatore per la vendita. I fondi quantitativi hanno occupato importanti posizioni nel greggio Brent. Avvisa che: “se la tendenza si inverte, può essere un catalizzatore per la vendita”.
Per Longson le interruzioni delle forniture (principalmente in Nigeria e Canada) hanno trattenuto 2 milioni di barili al giorno e bilanciato temporaneamente il mercato, ma questo potrebbe non durare. Il Canada dovrebbe riprendere il flusso in giugno.
Le giacenze statunitensi sono ancora attorno a livelli record. I dati del Dipartimento dell’Energia USA mostravano una crescita di 1,31 milioni di barili alla settimana al 13 marzo. “L’eccesso di produzione sembra persistere. Il petrolio può ben cadere ad un nuovo minimo entro l’anno” dice Ben Combes di Llewellyn Consulting.
Casomai la prossima impennata del petrolio arriverá in aiuto. La domanda è se i sauditi possono tamponare le perdite e farlo durante una tempesta finanziaria in una barca che fa acqua da tutte le parti.
Ambrose Evans Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
22.05.2016
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da PAOLOG