DI JAMES PETRAS
Rebelion
La costruzione dell’impero economico costituisce la forza motrice dell’economia degli Stati Uniti e ha preso un ruolo preponderante negli ultimi cinque anni. Più che mai nella storia economica degli Stati Uniti, le principali banche statunitensi, le imprese petrolifere, le industrie, le società d’investimento e i fondi pensione dipendono dallo sfruttamento delle altre nazioni e popoli per continuare ad ottenere alti tassi di beneficio. Ogni volta di più, la maggior parte degli utili bancari e corporativi proviene dal saccheggio di altri paesi.
Mano a mano che la costruzione dell’impero economico assume un ruolo centrale nella capacità di tutta l’economia degli Stati Uniti di far fronte agli impegni internazionali, s’intensifica la competizione con l’Europa e Asia per i lucrativi tassi d’investimento e per le risorse economiche. Per la crescente competizione e la cruciale importanza dei profitti realizzati all’estero, la corruzione corporativa è diventata un fattore decisivo nel determinare quali imprese multinazionali e quali banche dell’impero centrale avranno attività, risorse e posizioni finanziarie capaci di generare profitti altamente lucrativi.
La centralità della corruzione nell’espansione imperiale e nell’assicurare posizioni di privilegio nel mercato mondiale esemplifica la crescente importanza della politica, in particolare nelle relazioni tra gli stati nella nuova divisione imperiale del mondo. La cosiddetta globalizzazione è un eufemismo per designare la crescente importanza delle intenzioni degli imperi in competizione per conseguire una nuova divisione del mondo. La corruzione dei governi stranieri è un elemento centrale per garantire un accesso privilegiato a risorse, mercati e imprese lucrative.
La centralità della costruzione dell’impero economico
In qualsiasi direzione guardiamo, il dato fondamentale delle informative annuali delle corporazioni e delle banche è la necessità di una strategia d’espansione internazionale con il fine di mantenere i profitti. Citicorp, la maggiore banca del mondo, ha annunciato un ampio programma d’espansione internazionale con l’obiettivo di aumentare i profitti del 75%. “Gli investitori istituzionali e privati degli Stati Uniti si dirigono all’estero alla ricerca di profitti più alti”, scrive il Financial Times. Durante l’anno precedente il 4 Ottobre 2006, su 124 miliardi di dollari registrati dai fondi di investimento statunitensi, 110 sono stati investiti in imprese straniere. Nei primi otto mesi del 2006, l’87% dei flussi totali di capitali si sono diretti oltre oceano.
La ricerca di profitti all’estero non è una preferenza momentanea bensì una tendenza secolare. Questa tendenza continuerà a lungo a causa dei tassi più alti di interesse e alla convinzione che il dollaro continuerà a svalutarsi per il deficit fiscale e commerciale degli Stati Uniti.
Le imprese petrolifere ed energetiche registrano profitti record.
La Esso Mobil ha raggiunto una crescita del 26% nel 2006 rispetto l’anno scorso, per la maggior parte proveniente dai suoi sfruttamenti all’estero.
L’IBM ha delocalizzato una parte sostanziale dei suoi centri di ricerca e sviluppo da New York in Cina, conservando sempre il controllo finanziario e le decisioni strategiche negli Stati Uniti. Più del 60% delle esportazioni della Cina le realizzano imprese statunitensi o loro appaltate.
La Ford e la General Motors compensano in parte le loro perdite multimiliardarie negli Stati Uniti grazie ai loro profitti all’estero, specialmente in America Latina e Asia.
La vittoria dello stato imperiale statunitense durante la Guerra Fredda e la successiva ascesa dei governi satelliti nella vecchia Unione Sovietica, nell’Europa dell’Est e negli stati baltici e balcanici, così come la conversione della Cina e Indocina al capitalismo, hanno raddoppiato il numero di lavoratori nell’economia capitalistica mondiale, che sono passati da 1.500 a 3.000 milioni. Questa crescita di una risorsa di oltre un miliardo di contadini cacciati dalla loro terra e lavoratori industriali ha portato a un declino senza precedenti del 40% nel rapporto capitale-lavoro. La crescita imponente di salariati nel mondo (in particolare nei paesi ex comunisti) è stata sfruttata in pieno dalle compagnie multinazionali, da una parte per incrementare i loro profitti all’estero e dall’altra per determinare immigrazione nel proprio mercato nazionale.
Adam Smith stimava che l’eccedenza di mano d’opera dei paesi poveri a recente capitalismo sarebbe stata assorbita e che la competizione per assumere lavoratori avrebbe spinto verso l’alto il livello di vita. L’attuale tendenza presenta una crescita delle retribuzioni e una riduzione dei salari sociali nei paesi chiamati emergenti, e una riduzione sia delle retribuzioni che dei salari sociali nei centri dell’impero. Nella misura in cui il numero dei posti di lavoro, compresi i lavoratori altamente qualificati, è soggetto a una competizione mondiale, perfino i lavoratori pagati meglio devono far fronte a una riduzione del loro livello di vita.
Il fatto significativo riguardo il flusso di capitale statunitense all’estero è che questa uscita avviene nonostante una fase di ripresa dell’economia interna. In altre parole, i migliori risultati del mercato azionario e dell’economia interna degli Stati Uniti non sono riusciti a invertire l’espansione dell’impero americano, sotto la spinta dei profitti.
I principali nuovi obiettivi delle multinazionali, delle banche, dei fondi pensioni e degli investitori istituzionali sono i Paesi “BRIC” (Brasile, Russia, India e Cina).
L’attrattiva della Russia risiede nelle enormi risorse di petrolio e gas, e nel suo mercato dei trasporti e dei beni di lusso, e tutto ciò fa prospettare alti tassi di profitto.
Il Brasile è il paradiso dell’investitore per i suoi tassi d’interesse – un record mondiale -, per le sue materie prime e per il basso costo del lavoro nell’industria, in particolare nel settore dell’automobile.
La Cina attrae gli investimenti nei settori della manifattura e del consumo dovuto al basso costo del lavoro; inoltre, la Cina serve come centro intermedio di assemblaggio ed elaborazione delle esportazioni provenienti da altri paesi asiatici, prima dell’esportazione verso l’Occidente tramite le multinazionali statunitensi ed europee.
L’India, da parte sua, attrae capitali per il basso costo delle sue industrie sussidiarie specializzate nelle tecnologie dell’informazione, servizi e attività connesse.
Ciò che più sorprende dei paesi BRIC e della loro crescente attrattiva per le multinazionali statunitensi ed europee è l’attenzione molto scarsa rivolta ai livelli di corruzione. C’è una correlazione importante fra l’attrattiva dei paesi BRIC e la facilità di fare affari e accedere a imprese e settori economici altamente lucrativi, ungendo dovutamente i loro leader politici.
La costruzione dell’impero va oltre le tradizionali conquiste di materie prime e dello sfruttamento di mano d’opera. I costruttori dell’impero stanno sfruttando al massimo i nuovi settori, estremamente lucrativi, della finanza, delle assicurazioni, e delle costruzioni. Il settore più dinamico d’investimento in Cina e Russia è quello immobiliare, con prezzi che aumentano del 40% ogni anno nella maggior parte dei centri metropolitani a più alta crescita. I settori delle assicurazioni e della finanza in Cina e delle banche e della finanza in Brasile hanno reso miliardi di dollari nei passati quattro anni. Le banche e le multinazionali statunitensi hanno sub-appaltato miliardi di dollari in contratti di tecnologie dell’informazione e servizi ai nuovi magnati imprenditoriali indigeni, che a loro volta sub-appaltano ad altri imprenditori locali minori.
Oggi, più della metà delle 500 multinazionali più grandi degli Stati Uniti ottengono una percentuale superiore al 50% dei loro profitti da operazioni all’estero. Di queste, una minoranza sostanziale ottiene più del 75% dei loro profitti nei loro imperi al di là dell’oceano. Questa tendenza si accentuerà man mano che le multinazionali statunitensi delocalizzeranno quasi tutte le loro operazioni, fra cui la fabbricazione, la progettazione e l’esecuzione. Per conseguire vantaggi competitivi e alti tassi di profitti, utilizzeranno impiegati sia con un alto livello di qualifica che con un basso livello.
La centralità della corruzione
Mentre gli economisti ortodossi del libero mercato enfatizzano il ruolo dell’innovazione, della professionalizzazione della gestione, della leadership e dell’organizzazione al fine di ottenere vantaggi competitivi e maggiori tassi di profitto (forze di mercato), nella vita reale questi fattori occupano un posto secondario dietro ai fattori politici, cioè, dietro le molteplici forme di corruzione che permettono di ottenere vantaggi economici.
Con riferimento a un’inchiesta realizzata su 150 grandi imprese, pubblicata dallo studio di avvocati Control Risk e Simmons and Simmons, un terzo delle imprese internazionali ritiene di aver perso nuovi affari nel corso dell’ultimo anno a causa delle tangenti da parte dei competitori (Financial Times, 9.10.2006).
Inoltre, gran parte delle multinazionali e delle banche praticano la corruzione con l’aiuto di intermediari.
Se sommiamo la forme dirette e indirette di corruzione, il risultato è che in alcuni paesi nove imprese su dieci realizzano pratiche di corruzione. Secondo tale inchiesta, circa tre quarti delle imprese, incluso il 94% in Germania e il 90% in Gran Bretagna, stimano che nei loro paesi le imprese utilizzano agenti con il fine di superare le barriere anti-corruzione (Financial Times, 9.10.2006, p.15)
Il potere del mercato dipende in gran misura dalle relazioni politiche con lo Stato, attraverso una serie di complesse reti di intermediari che negoziano tangenti in moneta e di altro tipo in cambio di una serie di concessioni altamente vantaggiose.
Le multinazionali costituiscono l’unità base di affari e di investimento nell’economia mondiale. Ingrassando i meccanismi delle transazioni economiche attraverso la corruzione politica, convertono in una pantomima tutto ciò che gli economisti ortodossi ci raccontano sull’espansione globale.
È la corruzione politica e non l’efficienza economica, la forza motrice della costruzione dell’impero economico. Il suo successo è evidente visto gli enormi trasferimenti di ricchezza – dell’ordine di miliardi di dollari – provenienti dalle imprese e dalle risorse del settore statale della Russia, dell’Europa Orientale, dei Balcani, dei paesi baltici e del Caucaso a partire dalla caduta del socialismo.
Il grado del saccheggio da parte dell’Occidente ai danni dell’Oriente è senza precedenti nella recente storia mondiale. Nella loro conquista dell’Europa, né Stalin né Hitler si sono impadroniti o si sono approfittati di tante imprese come le multinazionali occidentali nelle ultime due decade.
Peggio ancora, la spinta iniziale ha messo in marcia un sistema politico che si basa su un “libero mercato” “pro occidentale” cleptocratico che ha creato un’impronta legislativa che facilita alti tassi di profitto. Per esempio, la legislazione relativa alla riduzione dei salari, delle pensioni, della stabilità di impiego, della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, così come quella relativa alle politiche di ordinamento del territorio nei paesi ex comunisti, è stata elaborata con l’obiettivo di massimizzare i profitti per le multinazionali statunitensi ed europee. La corruzione politica ha provocato una massa di lavoratori mal pagati, precari, sotto impiegati e disoccupati che sono disponibili a farsi sfruttare dalle corporazioni multinazionali statunitensi e i loro soci e investitori istituzionali stranieri alla ricerca di alti tassi di profitto.
La corruzione è particolarmente predominante in alcuni settori delle operazioni delle multinazionali all’estero. La vendita di armi, per la cifra di miliardi di dollari annui, è un settore completamente corrotto nel quale le imprese del complesso militare-industriale comprano funzionari statali perché acquistino l’armamento. Le acquisizioni militari, di cui la maggior parte non apportano nessuna sicurezza reale, svuotano le aziende locali nello stesso tempo in cui elevano i margini di profitto delle industrie di armi e degli investitori istituzionali che partecipano agli investimenti all’estero.
Le imprese petrolifere ed energetiche riuscirono, negli anni 90, ad ottenere, attraverso la corruzione, diritti di sfruttamento mediante l’acquisto di interi ministeri in Russia, Nigeria, Angola, Bolivia e Venezuela.
Per riuscire a mettere piede in qualsiasi settore economico della Cina e così sfruttare la poco costosa forza lavoro, una multinazionale deve comprare un piccolo esercito di funzionari governativi. Questo investimento è più che compensato dal regime di forza lavoro economica che mette a sua disposizione il governo cinese, la repressione dello scontento lavorativo e l’imposizione di sindacati favorevoli alle imprese e controllati dal governo.
Le compagnie multinazionali corrompono in diversi modi: mediante tangenti dirette a cariche politiche, incarichi dirigenziali offerti a funzionari, ai membri delle loro famiglie e agli amici o conoscenti; viaggi pagati, partenariati, inviti nelle università di prestigio e borse di studio per i loro figli, etc… E’ evidente che queste tangenti funzionano, perché altrimenti non le utilizzerebbero con tanta ampiezza e così ripetutamente.
Inoltre, le corruzioni effettuate dalle imprese multinazionali hanno quasi sempre effetti pregiudiziali per i paesi che le ricevono. Da una parte riduce la legittimità e la confidenza del governo agli occhi del suo popolo. Nello stesso tempo, rappresentano un travaso di ricchezza a scapito del suo impiego pubblico e nazionale e in beneficio degli interessi stranieri, diminuisce la capacità di manovra delle autorità pubbliche nelle differenti politiche e incrementa il potere di decisione delle compagnie multinazionali.
Trasferisce succulenti risorse in mani straniere e amplia e approfondisce le disuguaglianze delle classi interne nello stesso tempo che indebolisce il buon governo.
In fine, crea una cultura della corruzione che assorbe le risorse pubbliche destinate ai servizi sociali e agli investimenti produttivi in beneficio delle fortune individuali.
Questa persistente corruzione delle multinazionali non avrebbe luogo senza la conoscenza dello stato imperiale. Nonostante la legislazione anti-corruzione, la corruzione è endemica e si trasforma in norma nella espansione delle multinazionali che competono fra di loro. Sempre di più, la corruzione viene considerata, da parte delle élite corporative, il lubrificante che mantiene in funzione le ruote della globalizzazione.
Se l’annessione degli ex paesi comunisti ha aperto nuove opportunità alla ri-divisione imperiale del mondo, e il taccheggio dei paesi post- comunisti ha prodotto enormi fonti di accumuli di capitali, l’attuale e crescente corruzione è diventata il meccanismo mediante il quale capitali rivali competono per il dominio mondiale. La costruzione dell’impero economico non si può intendere solamente come il risultato del funzionamento delle forze del mercato, perché le transazioni sul mercato sono precedute dalla corruzione politica, e quindi sono accompagnate dall’influenza politica e culminano in un nuovo allineamento politico del potere.
Conclusione
Chi si imbarca oggi nello studio dell’economia mondiale, necessariamente deve tenere conto dell’aspetto più evidente di questa realtà: l’accelerazione della costruzione di imperi economici. Una rete di imprese multinazionali copre il mondo e crea insiemi politici ed economici attraverso leader politici corrotti, costituendo così la base degli imperi economici contemporanei.
Il processo generale di costruzione imperiale è iniziato con la privatizzazione della proprietà pubblica e delle sue risorse, banche e imprese produttive. Continua con la deregolarizzazione dei mercati finanziari, si legittima mediante l’elezione (e rielezione) di politici compiacenti, e tutto ciò dà come risultato la creazione di enormi riserve di forza lavoro poco costosa e l’eliminazione della legislazione lavorativa e sociale di protezione. Questo insieme nella sua totalità si basa sulla corruzione politica in ognuno dei suoi livelli, in tutti e ognuno dei Paesi, incluso gli stati imperiali.
Le politiche elettorali, la moralizzante retorica anti-corruzione, le lezioni di etica e responsabilità corporativa non impediscono che la corruzione si espanda attraverso le frontiere e in tutte le scale della struttura sociale, subordinando le nazioni e i lavoratori agli imperi economici emergenti.
I laburisti inglesi, i democratico-cristiani tedeschi, i comunisti cinesi, i funzionari del Partito del Lavoro del Brasile, i democratici e i repubblicani degli Stati Uniti, provengono apparentemente da tradizioni ideologiche differenti; ciò nonostante, tutti sono implicati nell’espansione a lungo termine delle multinazionali mediante la corruzione. Pretendono che le loro multinazionali ottengano mercati e ricchezze mediante tutti i mezzi necessari, inclusa la corruzione sistematica.
Nonostante i mercati lavorativi rigidi, i grandi profitti, la produttività crescente e la crescita economica, il livello di vita dei lavoratori dei paesi occidentali continua a ridursi, contro quanto affermato dalla teoria economica classica. Questo è dovuto in gran parte a un intervento politico basato sui rapporti corrotti tra il capitale delle corporazioni e lo Stato, sia nei Paesi imperiali come in quelli oltre oceano. L’offerta e la domanda di lavoro non ha avuto praticamente nessun effetto sul prezzo di questo, visto che è stata disattivata, da uno Stato interventista corrotto, dalla repressione del mondo del lavoro, dalla cooptazione dei dirigenti sindacali e dalla definizione di salari inferiori a quelli che si potevano ottenere tramite un movimento sindacale libero.
La corruzione corporativa fa parte integrante della costruzione dell’impero in forma di investimenti esteri, acquisizioni e penetrazione del mercato. Non si tratta di un fattore fortuito e isolato che ha che fare con falle nel sistema di etica corporativa. Si tratta di un fattore sistemico incorporato nelle condizioni di competizione estremamente rigorosa dell’attuale costruzione di imperi. Man mano che si assorbiranno nuovi mercati, e si ridurranno le riserve di mano d’opera e le risorse energetiche inizieranno a declinare, la competizione imperiale e la corruzione si intensificheranno.
La riforme parziali non hanno funzionato e non lo faranno mai. L’Accordo anti-corruzione della OCDE, che è entrato in vigore nel 1999, non ha avuto nessun effetto. Praticamente più della metà delle imprese multinazionali assicurano di ignorare totalmente la legislazione anti-corruzione all’estero (Financial Times 9.10.2006, p.15). L’altra metà semplicemente “la aggira mediante l’utilizzo di agenti o intermediari” (Ibid.).
Solo la sconfitta degli stati imperiali e la fine della competizione imperiale e della nuova divisione del mondo possono essere la base sulla quale creare un mondo senza corruzione, saccheggio e sfruttamento.
James Petras
Fonte: http://www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=42089
28.11.2006
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CAROLINA CORRADINI