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La Redazione

 

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LA CORSA AL QUIRINALE – I MANOVRATORI

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A cura di Davide
Il 18 Aprile 2013
96 Views

DI RITA PENNAROLA
lavocedellevoci.it

C’è la Trilateral e c’è Bruegel, ci sono Aspen, Astrid e, in primo piano, c’è la Fondazione Italianieuropei.
E’ su questi tavoli che si sta giocando la partita per la guida del Paese, tanto a Palazzo Chigi quanto al Quirinale. Qui ricostruiamo la fitta ragnatela di interessi e personaggi collocati in ruoli apicali dentro sigle e fondazioni che da tempo reggono le sorti dei Paesi occidentali.
Un intreccio che riconduce immancabilmente ai nomi dei “papabilissimi” per guidare l’Italia secondo direttive già scritte, come accaduto per il governo Monti finora. A sorpresa, dentro gli organigrammi dei prestigiosi istituti politici ricorre anche il nome di Giulio Napolitano, figlio del capo dello Stato in procinto di lasciare il Colle. Partite che, alla luce di questi scenari, appaiono dall’esito scontato. Proprio come ai tempi del Britannia.
Tutto era andato, fino a gennaio, secondo le previsioni. E qualche lieve incidente di percorso – il Pdl che a dicembre decide di sfiduciare il governo Monti, anticipando d’un paio di mesi la già fissata tornata elettorale – non sembrava, tutto sommato, aver modificato di molto quanto già pianificato a tavolino sulle sorti dell’Italia. L’esecutivo guidato da Pierluigi Bersani con l’apporto sostanziale dell’alleato Mario Monti all’inizio del 2013 appariva quasi una certezza assoluta a quei poteri che da tempo tirano i fili della nostra economia, potendo contare su uomini ed apparati fidatissimi.

Poi qualcosa è andato storto. Nel corso di una campagna elettorale lampo, la prima tutta invernale nella storia della repubblica, Silvio Berlusconi sfodera le sue armi di sempre: presenzialismo massiccio in tv e piazze ma, soprattutto, attacco frontale ai padroni dell’euro e a quei governi che, a partire dall’esecutivo Monti, puntano a spogliare il nostro Paese della residua sovranità nazionale. Detto, fatto e centrato: contro ogni previsione dei sondaggisti, anche quelli di fiducia del Cavaliere, il Popolo della Libertà rimonta di giorno in giorno quel misero 14-16% assegnato al partito tra fine dicembre e inizio gennaio.

Di pari passo l’exploit di Beppe Grillo, che sa cogliere le lacrime e il sangue di un Paese allo stremo per aggiudicarsi un risultato definito incredibile dai bookmaker alla vigilia del voto.

25 e 26 febbraio: il tavolo è sparigliato. Il voto consegna un Paese spaccato in tre minoranze. Monti riporta una sonora bocciatura. E il “Piano A” sembra andare gambe all’aria. Eppure, quella risicata maggioranza dello 0,3% del Pd permette al capo dello Stato Giorgio Napolitano di assegnare comunque l’incarico a Bersani. Poco importa se è già chiaro che il Movimento 5 Stelle non abboccherà, e se ad un Paese agonizzante resta ben poco tempo, con una media di mille imprese che ogni giorno chiudono i battenti. Bersani prova a oltranza. E fallisce.

Nell’uovo di Pasqua gli italiani trovano il “Piano B”, ovvero: creare le condizioni per attuare con ogni mezzo il “Piano A”, mettendo in campo dieci “saggi” prelevati dalle fila di Trilateral, Aspen, Italianieuropei ed altre “creature” tanto care a quella finanza internazionale che sta definitivamente espropriando gli italiani della loro terra e del proprio futuro.

GLI AMICI DEL GIAGUARO

Cominciamo da un uomo che rappresenta, come vedremo, la stella polare della commissione di saggi chiamati a decidere sul destino dell’Italia. Lui è Valerio Onida, costituzionalista di gran fama, docente alla Statale di Milano nonché ex presidente della Corte Costituzionale e nel 2010 candidato alle primarie del centrosinistra per le elezioni del sindaco di Milano (fu terzo con il 13,41% dei voti dietro Giuliano Pisapia e Stefano Boeri). Meno nota è la comune presenza del professor Onida e di Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica Giorgio, nel comitato scientifico di Astrid, a sua volta costola primaria della Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema.

Ma procediamo con ordine e partiamo proprio da Astrid, la “Fondazione per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche” che ha sede a Roma in corso Vittorio Emanuele 142. Fondata nel 2009, Astrid «si finanzia con i proventi degli abbonamenti agli studi, ricerche e documenti di Astrid sottoscritti da imprese private, amministrazioni pubbliche, dipartimenti universitari e studi professionali e con i proventi derivanti da convenzioni o contributi per progetti di ricerca». Di sicuro interesse economico le convenzioni con gli enti locali. Per fare un solo esempio, ad aprile 2012 la Provincia di Siena ha rinnovato l’abbonamento annuo ai servizi informativi di Astrid, spendendo circa 1.800 euro.

Presieduta da Franco Bassanini, marito della montiana Linda Lanzillotta, la fondazione vede al vertice del comitato scientifico Giuliano Amato e fra i componenti, oltre ad Onida e Napolitano, personalità come Stefano Rodotà, altro “papabilissimo” per Palazzo Chigi o per il Quirinale. A marzo 2011 Bassanini fu ascoltato dalla Commissione Bilancio della Camera nella sua doppia veste di numero uno Astrid e presidente della Cassa Depositi e Prestiti.

Nel gruppo dei cinque “saggi” incaricati di sbrogliare la matassa istituzionale, accanto al professor Onida troviamo Luciano Violante. Anche questo non è un caso. Perché Violante – al di là dei fiumi d’inchiostro scorsi in questi giorni sulle sue rassicurazioni in aula a Berlusconi, nel 2003, a proposito dell’intoccabile conflitto d’interessi, che poi di fatto non fu mai “toccato” – è ovviamente da sempre un membro di primo piano dell’advisory board di Italianieuropei. Alla cui presidenza c’è lui, Giuliano Amato, altro presidente in pectore, del Consiglio o della Repubblica non si sa ancora. Nello stesso “board”, con Violante, ritroviamo Giulio Napolitano, e poi vip di casa Pd come Enrico Letta, come l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, o il titolare del governo Monti Francesco Profumo, o persone come Marta Dassù. È chiaro che sta tutto qui dentro – o in altre proliferazioni che vedremo di qui a poco – il famoso “rovello istituzionale” dal quale dovrà uscire il binomio che guiderà il Paese.

Viceministro degli Esteri nel governo Monti – con deleghe oggi appesantite dalle dimissioni di Giulio Terzi di Sant’Agata – Marta Dassù ci conduce dalle stanze della potente creatura dalemiana ad un’ancor più lobbistica compagine internazionale, Aspen, nel cui organigramma Dassù riveste ruoli di vertice. Non meno rilevante la presenza della politologa italiana all’interno della Trilateral, quel “cuore nero” della massoneria internazionale da cui dipendono i destini del mondo.

TRILATERAL E COSI’ SIA

È stato reso noto appena pochi giorni fa l’elenco dei componenti ufficiali della Trilateral aggiornato ad aprile 2013. Ecco i nomi di maggior significato per l’attuale situazione politica italiana. Presidente del Comitato esecutivo Trilateral è Jean Paul Trichet, commissario europeo e predecessore di Mario Draghi alla guida della Bce. Un ottimo amico di Mario Monti, Trichet: basti pensare che ha da poco dato il cambio all’attuale premier italiano come numero uno di Bruegel, la creatura montiana di cui si era occupata la Voce nel febbraio scorso, rivelandone l’esistenza e la potenza economica. Del resto, lo stesso Mario Monti è tuttora indicato nell’organigramma Trilateral e compreso fra gli ex componenti di spicco attualmente impegnati in cariche governative.

Altro influente membro italiano della Trilateral è poi Enrico Letta, di cui viene ricordato l’incarico di sottosegretario durante il governo guidato da Romano Prodi. Circostanza, evidentemente, tutt’altro che trascurabile per il plenipotenziario Pd. Né manca, al tavolo dei potenti della Trilateral, Carlo Secchi, rettore della Bocconi e già per questo riconducibile sul piano culturale sempre allo stesso Monti.

In una intervista rilasciata al Fatto Quotidiano lo scorso anno, il professor Secchi aveva ricordato, fra l’altro, che componente della Trilateral era stato lo stesso Romano Prodi, oggi in pole position per il Quirinale secondo i desiderata dei montian-bersaniani. Nel medagliere del rettore Secchi spicca fra l’altro la presenza al vertice di un organismo chiamato “Centrale finanziaria spa” fondato e presieduto dal massone Giancarlo Elia Valori.

Nessuna meraviglia, perciò, che nella nomenklatura 2013 di Trilateral ci sia anche, fra gli italiani, il patron della Techint, Gianfelice Rocca, da sempre collegato a Valori e alle sue potentissime trame internazionali, nonché uomo assai vicino all’Opus Dei. Nel 2010 “Centrale Finanziaria spa” di Valori e Secchi dichiarava di amministrare patrimoni per oltre 1 miliardo e mezzo di euro, avendo un capitale sociale da appena 10mila euro.

Andiamo avanti lungo la piramide Trilateral per incontrare Stefano Silvestri, che con il suo IAI (Istituto Affari Internazionali) è strettamente collegato, anche attraverso appositi link, alla Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema e C.

Del giornalista Silvestri si occupano Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nel libro “Attentato al Papa” (Chiarelettere), in cui si legge, fra l’altro: «(…) nel Rapporto Impedian 14, data di emissione 23 marzo 1995, con oggetto “Nino”, è scritto: “[Nino è] contatto confidenziale del Kgb. Nino è stato vicedirettore dell’Istituto per gli affari internazionali (Iai), che era in stretto contatto con i ministeri italiani degli Affari esteri e della Difesa. Era un contatto confidenziale della Residentura del Kgb di Roma”». Ma «il vicedirettore dello Iai, nome in codice “Nino”, altri non era se non il professor Stefano Silvestri, esperto in relazioni internazionali, uno dei componenti del comitato di crisi nominato da Francesco Cossiga nei giorni del sequestro di Aldo Moro». E a tal proposito, nel libro “Doveva Morire”, Imposimato e Provvisionato aggiungono: «Un ruolo importante ebbe Stefano Silvestri, vice presidente dello Iai. Il Colonnello dei Carabinieri Domenico Faraone, capo del contro spionaggio competente per i Paesi del Patto di Varsavia, identificò nel Silvestri colui che, con il nome in codice Nino, nel Dossier Mitrokhin, era un contatto confidenziale della residentura del Kgb a Roma. (…)».

Da ex giudice istruttore, nel libro Imposimato analizza lungamente la relazione del componente del comitato di crisi Silvestri. E così ne sintetizza il messaggio: «la forza delle BR è solo nel fatto di avere tra le mani Moro vivo. Se Moro muore, finisce il ricatto brigatista. L’altra soluzione sarebbe la liberazione di Moro. Il Silvestri liquida subito questa ultima ipotesi, ritenendola impraticabile e aggiunge che lo Stato faceva male a voler evitare il peggio. E cioè? Semplice: lo Stato sbaglia a curarsi della vita di Moro e a cercare di salvarlo».

Sempre nella compagine di Trilateral, infine, siede Enrico Tomaso Cucchiani, numero uno di Banca Intesa, nonché membro di Aspen Institute.

ASPEN UBER ALLES

Il think tank euroatlantico Aspen Institute ha come presidenti onorari Giuliano Amato, Gianni De Michelis, Cesare Romiti e Carlo Scognamiglio. Attualmente il numero uno è Giulio Tremonti. Tra i suoi vice, Enrico Letta e John Elkann, entrambi anche in Trilateral. Nel board, l’immancabile Marta Dassù (direttore della rivista Aspenia) e la giornalista Rai Lucia Annunziata, ai vertici anche di Italianieuropei. Va ricordato che nella sua lunga attività di conferenziere in giro per il mondo, restano memorabili gli interventi di Giorgio Napolitano ad Aspen Colorado.

Il piddino Letta, insieme allo zio Gianni (altro possibile nome per il Colle), figura anche nel Comitato esecutivo di Aspen, insieme agli stessi Mario Monti, Enrico Tomaso Cucchiani, Romano Prodi e Gianfelice Rocca. Tutti insieme, tutti lì.

Sulla opacità dell’Istituto, che rappresenterebbe un autentico buco nero della democrazia europea ed italiana, si sono espressi molti commentatori. La miccia è stata accesa dalle stesse dichiarazioni d’intenti della “creatura”, nel cui sito si legge, alla voce “valori e leadership”: «Il “metodo Aspen” privilegia il confronto ed il dibattito “a porte chiuse”, favorisce le relazioni interpersonali e consente un effettivo aggiornamento dei temi in discussione. Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva». I fantasmi di queste compagini “riservate” aleggiano sull’Europa per stabilirne i destini. Compresi quelli di Bilderberg, il blindatissimo vertice annuale dei potenti, cui nel 2012 avevano preso parte, fra gli italiani, gli stessi Enrico Letta e John Elkann, oltre alla giornalista Lilli Gruber e al manager Telecom Franco Bernabè. Bilderberg 2013, secondo fonti attendibili, si terrà ai primi di giugno nei pressi di Londra.

LA SERA ANDAVAMO DA D’ALEMA

Sintesi “massima” delle nomenklature fin qui tratteggiate, nonché delle linee-guida che porteranno alla nomina dei nuovi presidenti della Repubblica e del Consiglio, la Fondazione Italianieuropei si staglia come il bunker degli affari italiani nel cui crogiolo matureranno le scelte. Riassumiamo, perciò, nomi e ruoli dell’organigramma.
Presidente di Italianieuropei è lo stesso “padre fondatore” Massimo D’Alema. Nel Comitato di indirizzo, a lungo presieduto da Alfredo Reichlin (padre di Lucrezia Reichlin, ricercatrice di spicco nella montiana Bruegel), troviamo anche il presidente PD della Toscana Enrico Rossi e il “saggio” di Napolitano Luciano Violante. Marta Dassù e Giulio Napolitano sono, come già detto, nell’advisory board.

Inutile ricordare, infine, la stretta vicinanza di Italianieuropei e soprattutto dell’omonima rivista con gli esponenti di Magistratura Democratica. Decine i convegni organizzati congiuntamente negli ultimi anni e non meno numerosi gli interventi dei vertici MD sul magazine dalemiano promosso dalla Fondazione. Vedi, per fare un solo esempio, l’articolo di Claudio Castelli, presidente MD, su Italianieuropei numero 1 del 2010. Titolo: “Oltre la crisi: un approccio diverso per il settore penale”.

SAGGI PER CASO ?

Concludiamo con qualche notizia inedita su alcuni fra gli altri “saggi” di Napolitano, per completare il quadro di uno scenario che, alla luce di quanto abbiamo visto fin qui, appare già delineato nelle sue linee essenziali. Solo un esercizio di stile, insomma, chiedersi come andrà a finire. «A meno che non cambi qualcosa – commentano alcuni osservatori dentro il Palazzo – gli unici dubbi riguardano al massimo la scelta fra Amato e Prodi, o giù di lì».

Sul saggio Filippo Bubbico molti particolari interessanti ce li fornisce in questi giorni il giornalista materano Nicola Piccenna che, attraverso il suo frequentatissimo blog “Toghe Lucane”, ricostruisce la storia recente dell’ex sottosegretario.

Architetto, a capo dei consorzi Seta Italia e Seta Basilicata (che in questi anni hanno ricevuto consistenti fondi dall’Unione Europea «per realizzare gelseti, allevare bachi e produrre seta», ma «tranne qualche piantagione di gelsi e qualche capannone vuoto ed in disuso, nulla sembra giustificare l’enorme esborso di fondi pubblici», scrive Piccenna), Bubbico è stato a lungo presidente della Regione Basilicata. Da commissario ad acta autorizza la costruzione del Villaggio Marinagri alla foce del fiume Agri. Nel 2009 quel villaggio finisce nel mirino delle roventi inchieste targate Luigi de Magistris. Poi sappiamo come è andata a finire. Tre anni prima Bubbico era nel registro degli indagati di un altro pubblico ministero d’assalto: si trattava di Henry John Woodcock, che nel 2006 a Potenza indagava su un «diffuso e metodico rapporto collusivo» tra un clan mafioso lucano e ambienti politici, amministrativi e imprenditoriali della Basilicata.

Nessun problema anche quella volta per Bubbico, che ha continuato al fianco di Bersani e D’Alema – dei quali è notoriamente un fedelissimo – la sua escalation politica, oggi giunta ai massimi livelli con l’investitura da parte di Napolitano.

Dulcis in fundo, l’avvocato siciliano Giovanni Pitruzzella e il senatore berlusconiano Gaetano Quagliariello. Un tandem che si compatta nel 2011, quando una ventata di polemiche accompagna l’investitura di Pitruzzella al vertice dell’Antitrust per volontà del nuovo primo ministro Mario Monti (sarà questo uno dei primissimi atti del suo insediamento).
Se infatti da Sel Claudio Fava insorge, ricordando come Pitruzzella, oltre che amico personale di Renato Schifani, è stato autore di libri insieme a Totò Cuffaro, condannato definitivamente per mafia, Quagliariello (altro saggio di Napolitano) scende subito in campo e tuona: «i presidenti del Senato e della Camera hanno nominato un valente giurista alla guida dell’Antitrust. Il fatto paradossale è che appena qualche settimana fa i colleghi della sinistra, per sostenere che la bocciatura del rendiconto avrebbe imposto le dimissioni del governo, evocavano nelle aule parlamentari il manuale Pitruzzella di diritto costituzionale quale fonte dottrinaria di indiscutibile autorevolezza. Ora, improvvisamente, lo si accusa quasi di indegnità…».

Chiude il cerchio Massimo D’Alema, che in quella stessa circostanza si butta a corpo morto in sostegno di Monti e delle sue scelte, rivendicando «la collaborazione di molti esponenti del nuovo esecutivo con la Fondazione Italianieuropei». Basta.

Rita Pennarola
Fonte: www.lavocedellevoci.it
Link: http://www.lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=597
17.04.2013

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