FONTE: COMEDONCHISCIOTTE.ORG
… Stiamo subendo una lenta, e progressiva opera di penetrazione da parte di imprese, lavoratori ed artigiani cinesi proprio all’interno di casa nostra: all’inizio si limitavano a comprare la tabaccheria e la pizzeria del nostro quartiere, adesso con il sostegno di Pechino stanno acquistando partecipazioni in aziende strategiche italiane, marchi, know how e brevetti italiani, oltre a detenere una parte consistente del nostro debito pubblico (superiore al 4%). Di fatto in Italia si stanno già creando le condizioni esogene per una devolution del mercato del lavoro non più soggetto alla contrattazione sindacale come un tempo. Stando alla mentalità classista italiana che ingessa il paese e non lo porta a difendersi o a studiare manovre di contenimento (al di là della ormai occulta compiacenza politica italiana) è quasi certo che i vostri figli e nipoti saranno condannati nella maggior parte dei casi a fare gli sguatteri e i manovali a chiamata dei cinesi.
Eugenio Benetazzo
Fonte: www.eugeniobenetazzo.com
27.03.2012
Sempre perché naturalmente noi dovevamo fare l’euro per difenderci dalla Cina, ve lo ricordate? Il mondo è grande, loro sono grandi, noi siamo piccoli, uniti si vince, e via luogocomunando, di scemenza in scemenza…
Ora invece, messi come siamo, la Cina può allegramente partecipare alla svendita. Se ne sono accorti anche su Repubblica, ma non so se ne traggano le conclusioni, che poi sono le solite: l’euro evidentemente non ci ha difeso dalle crisi finanziarie (le ha anzi provocate favorendo enormi squilibri finanziari esteri) e non ci ha difeso dai cinesi “cattivi” (li ha anzi favoriti mettendo le economie periferiche dell’Europa in ginocchio, con un crollo dei prezzi dei loro asset e un disperato bisogno di ulteriori finanziamenti esteri). Favoriti, aggiungo, come ha favorito qualsiasi economia in surplus, che ha disponibilità da investire. Fra cui, ovviamente, quella che ha tanto spinto perché le cose si mettessero così, ma che ora comincia a subire le conseguenze della sua strategia fratricida (ammantata di afflato “europeista”)…
Alberto Bagnai
Fonte: goofynomics.blogspot.it
28.03.2012
L’ITALIAN JOB PIACE ALLA CINA: SI PUO’ INVESTIRE
Hu Jintao auspica più investimenti cinesi in Italia ed esprime «grande apprezzamento» per le misure economiche varate dal governo di Mario Monti. Così il presidente della Repubblica popolare ha incoraggiato – secondo quanto riferito dalla delegazione italiana – il presidente del consiglio, a margine della Conferenza internazionale sulla sicurezza nucleare che si è chiusa ieri a Seoul, in Corea del Sud.
Il capo del governo italiano – il cui gradimento popolare crolla in patria (dal 62% al 44% in pochi giorni secondo gli ultimi sondaggi) ma che ha ricevuto l’elogio del Wall Street Journal («Monti fa la Thatcher») – incassa, alla vigilia della visita ufficiale a Pechino (dove sabato incontrerà il premier Wen Jiabao) e si schermisce: a Seoul «ho colto i primi segni» di possibili maggiori investimenti, ma c’è bisogno «di tempo e di consolidare i risultati ottenuti finora».
Sia come sia, è evidente che i leader cinesi giudicano positivamente le riforme strutturali messe in moto dall’esecutivo «tecnico» sostenuto da Pd, Pdl e Terzo polo. Del resto, ogni volta che nelle scorse settimane la stabilità della moneta comune veniva messa a dura prova, Pechino ha sempre ripetuto la sua ricetta per uscire dalla cosiddetta «crisi dei debiti sovrani»: tagli alla spesa pubblica e mercato del lavoro più flessibile. Misure in linea con i diktat della cancelliera tedesca Angela Merkel agli Stati della periferia dell’euro e con la propaganda dei media della Repubblica Popolare, che dipingono «un’Europa che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità» per la quale è arrivato il momento di stringere la cinghia. Provvedimenti che la Cina ha invocato come conditio sine qua non per rimpinguare il fondo «salva Stati» (meglio se attraverso il Fondo monetario internazionale, ritenuto nella gestione delle crisi più affidabile degli organismi Ue) con una parte delle sue riserve di valuta estera, pari a circa 3200 miliardi di dollari.
E comunque le autorità cinesi, a partire dal China investment corporation (di cui Monti incontrerà il presidente, Lou Jiwei), il fondo sovrano che amministra una parte di quel tesoro, hanno indicato la loro preferenza per le acquisizioni di aziende e il finanziamento di progetti infrastrutturali piuttosto che per un meccanismo di «salvataggio» che – nonostante i compromessi politici degli ultimi giorni – stenta a decollare e a convincere gli investitori.
I capitali cinesi si stanno indirizzando soprattutto in quei paesi europei in cui salari bassi e flessibilità rappresentano realtà consolidate. Un mese fa la Greatwall ha iniziato l’assemblaggio di automobili (con pezzi che arrivano dal porto cinese di Tianjin) nel villaggio di Bahovitsa, nel nord della Bulgaria: investimento massimo previsto 300 milioni di euro, 120 operai per produrre 50.000 auto all’anno e tre modelli – tra cui un Suv a basso costo – da destinare prevalentemente ai mercati dell’Europa dell’Est.
Nel giugno scorso il premier Wen ha annunciato investimenti per 400 milioni di euro in Ungheria: strade, un aeroporto per facilitare l’accesso delle merci cinesi e una grossa fabbrica di batterie per auto elettriche. Ed è in corso l’assalto – in Germania e Polonia – al settore strategico delle macchine utensili.
L’interscambio commerciale tra la Cina e i paesi dell’Europa centrale e orientale dal 2001 è cresciuto a una media del 32% annuo, decuplicandosi.
Se il governo «tecnico» riuscirà a estendere i contratti di apprendistato (flessibilità in entrata) e a cancellare l’articolo 18 (in uscita) vincendo le resistenze dei sindacati («Monti fa la Thatcher») c’è da scommettere che i capitali cinesi accorreranno molto volentieri anche in Italia.
Michelangelo Cocco
Fonte: www.ilmanifesto.it
28.03.2012