LA CASA IN FIAMME

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DI MIKE WHITNEY
Counterpunch

E’ giusto incolpare un solo uomo per la distruzione dell’economia americana?

Probabilmente no. Ma Alan Greenspan è comunque in cima alla nostra lista. Dopo tutto, Greenspan “ha presieduto la più grande espansione della finanza speculativa mai avvenuta nella storia, compresa un’industria degli “hedge fund” da un trilione di dollari, bilanci gonfiati da parte di aziende quotate a Wall Street per un totale prossimo ai 2 trilioni di dollari e un mercato globale dei derivati con valori stimati superiori all’incommensurabile cifra di 220 trilioni di dollari” ((Henry Liu, “Why the Subprime Bust will Spread” [Perché la rovina dei Subprime è destinata a estendersi] , Asia Times). Greenspan è anche colpevole di aver tagliato il tasso reale dei fondi della Fed, così che esso è rimasto negativo per 31 mesi, dal 2001 al 2005. Questa decisione ha inondato il mercato immobiliare di trilioni di dollari in crediti a basso interesse, creando la più grande bolla sugli “equity” della storia. Ora che la bolla è esplosa, Greenspan è finito sulla strada. Passa il tempo a saltare di città in città come una rana spacciando memorie revisioniste di come riuscì a tenere il timone della nave dello Stato attraverso acque tempestose, mentre scansava i colpi dei liberali protezionisti. Cercatelo nella sezione “fiction” della libreria più vicina a voi.

Comunque, possiamo davvero incolpare il “Maestro” di ciò che sembra essere stato un diluvio spontaneo di speculazioni da “libero mercato” sugli immobili?

In larga parte sì. A parte il tacito appoggio offerto da Greenspan a tutti i prestiti rischiosi (subprime, ARMs, ecc.) che sono fioriti durante il suo regno, e nonostante egli abbia bruscamente rinnegato il ruolo di regolamentazione svolto dalla Fed, sono gli stessi documenti della Federal Reserve (“Prezzi degli immobili e politica monetaria: uno studio internazionale”) a indicare che il mercato della casa è stato “specificamente preso di mira”, riconoscendo che sarebbe servito come “importante canale della politica di trasmissione monetaria”. Non si tratta più di un’affermazione particolarmente controversa. Infatti, possiamo constatare che lo stesso espediente è stato utilizzato in Inghilterra, Spagna e Irlanda… tutti paesi che soffrono ora degli effetti nefasti di una massiccia inflazione immobiliare. I bassi tassi d’interesse continuano a essere il sistema più efficace per spostare subdolamente ricchezza da una classe all’altra, decimando nel contempo i fondamenti di un’economia sana.

I banchieri comprendono perfettamente gli effetti del credito a basso costo sull’economia. Ce li hanno impressi nel DNA.

GLI IMMOBILI CALIFORNIANI GIU’ DAL PRECIPIZIO

Oggi iniziamo a vedere i primi segnali che nella pigra bolla immobiliare si è aperta una falla che la sta facendo precipitare verso terra. Le notizie di questa settimana provenienti dalla California meridionale confermano che le vendite di case sono crollate di un pauroso 48,5% rispetto all’anno scorso. Questa cifra rappresenta il più grave calo nelle vendite di immobili da quando l’industria immobiliare iniziò a fare rilevamenti, più di 20 anni fa. Le vendite ristagnano e costruttori e proprietari hanno iniziato a tagliare i prezzi per la disperazione (vedere su YouTube “Central California Housing Crash”).

Le notizie sono di poco migliori nella zona della Baia, dove DataQuick riferisce: “Crollano le vendite di case nella zona della Baia a causa dell’affanno dei mutui”.

“A settembre le vendite immobiliari nella Baia sono crollate al loro livello più basso da più di due decenni a questa parte come risultato di un progressivo rallentamento del mercato e delle maggiori difficoltà incontrate dai mutuatari nell’ottenere prestiti di grossa entità.

A settembre, nelle nove contee che compongono la Baia, sono stati venduti un totale di 5.014 case e appartamenti, sia di vecchia che di nuova costruzione. Un calo del 31,3% rispetto alle 7.299 di agosto e del 40,1% rispetto alle 8.374 del settembre di un anno fa”.

Il 40,1% in meno all’anno. Questa è la definizione di un collasso del mercato.

“Gli espropri salgono a livelli record”.

Le cifre di settembre relative alle vendite nel resto del paese non sono ancora disponibili, ma ciò che sta accadendo in California è ciò che avevamo anticipato dopo il “congelamento” del mercato azionario avvenuto il 16 agosto. Molte persone non capiscono che quel giorno il mercato è quasi crollato e che le scosse di quel cataclisma hanno modificato il modo in cui le banche fanno affari. Molti dei prestiti che erano disponibili fino a pochi mesi fa (subprime, piggyback, ARMs, “niente documenti”, Alt-A, ammortizzazione inversa, ecc.) sono ora molto più difficili da ottenere o sono addirittura stati soppressi. In più, le banche non possono più impacchettare i prestiti in obbligazioni da rivendere agli investitori. In effetti, il futuro della “securitizzazione” dei debiti da mutuo è, allo stato attuale delle cose, molto a rischio. Un articolo del Financial Times mostra come questo fenomeno sia rallentato fin quasi a inaridirsi:

Solo 9,9 miliardi di dollari di “security” derivanti da prestiti immobiliari sono stati immessi sul mercato dal 1 luglio… UN CALO DEL 95% RISPETTO AI 200,9 MILIARDI DELLA PRIMA META’ DI QUEST’ANNO E UN DRASTICO DECREMENTO DEL 92% RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DELL’ANNO SCORSO”.

Inoltre – e forse cosa ancor più importante – molti potenziali acquirenti stanno scoprendo di non soddisfare più i più rigidi standard che le banche utilizzano adesso per valutare la solvibilità del cliente. Ciò vale soprattutto per i prestiti di grossa entità, cioè per ogni prestito per la casa che superi i 417.000 dollari. Le banche stanno diventando sempre più scettiche (alcuni dicono che stiano mettendo da parte il capitale per far fronte ai cattivi investimenti sui derivati dei prestiti da mutuo) nel valutare chi sia qualificato per la concessione di un prestito. Com’è facile da capire, ciò ha mandato a picco le vendite e ha tagliato della metà il numero degli esiti positivi di settembre.

In altre parole, la crisi creditizia del 16 agosto ha modificato le dinamiche di base della concessione di mutui per la casa. Il calo della domanda e la proliferazione dell’offerta sono solo una parte di un problema molto più ampio; il meccanismo di finanziamento è completamente cambiato. Le banche non vogliono più prestare denaro. E quando le banche non prestano più denaro accadono brutte cose. L’economia entra in caduta libera. Nonostante i valorosi sforzi del Plunge Protection Team nel pianificare un tardivo rimedio al disastro di agosto, il danno ormai è fatto. La restrizione del credito eserciterà un’ulteriore pressione verso il basso su un mercato immobiliare già in difficoltà, accelerando un’inevitabile recessione. Le nubi della tempesta economica sono già visibili sull’orizzonte.

Il Segretario del Tesoro Henry Paulson ha finalmente ammesso che la crisi del mercato immobiliare è ormai “il rischio più significativo per l’economia”. Il capo della Fed Ben Bernanke è d’accordo e aggiunge che secondo lui l’immobiliare rappresenterà una “significativa riduzione” del PIL. I guai delle banche e le notizie dalla California hanno messo il “divino terrore” in entrambi i personaggi. Ma non c’è molto che essi possano fare. Milioni di persone sono indebitate fino ai capelli per case che non possono più permettersi. Saranno costrette a traslocare entro il prossimo anno o giù di lì. Gli espropri si moltiplicheranno. Non possono essere evitati. In più, l’industria ha un arretrato di 10 mesi di case già costruite che deve essere ridotto prima che le nuove vendite abbiano una possibilità di ripartire. Ciò richiede tempo. L’industria edilizia e tutte le industrie correlate subiranno perdite sostanziose.

Il problema che le banche hanno di fronte è molto più serio di quanto si osi dire apertamente. Il sistema bancario è iper-esteso e sotto-capitalizzato. La Fed ha dato alle banche più di 400 miliardi di dollari dalla crisi di agosto, eppure i problemi persistono. Il Dipartimento del Tesoro si è unito alla Citibank, alla Bank of America e alla JP Morgan nel tentativo di “reimpacchettare” i debiti non onorati per poi rivenderli a diffidenti investitori attraverso il mega fondo denominato “Super-Conduit”. La disperazione è palpabile e questi estremi tentativi di truffa non fanno altro che incrementare il nervosismo dei mercati azionari.

Esiste un mito secondo il quale la Fed sarebbe in grado di agitare la bacchetta magica e mettere a posto le cose. Ma non è questo il caso. La decisione presa da Bernanke il mese scorso di tagliare il tasso dei fondi Fed non ha effetto sui tassi a lungo termine e dunque non rende più economico acquistare (o rifinanziare) una casa. Il taglio dei tassi è stato in realtà un mero regalo alle banche che sono oggi sepolte sotto 500 miliardi di dollari di debiti da mutuo e di letame delle CDO (Collateralized Debt Obligations). L’incremento di liquidità non ha reso queste obbligazioni perniciose più vendibili o solvibili. Né ha incrementato la volontà delle banche di fornire nuovi finanziamenti per la casa a chi richiede un mutuo. Questo processo è rallentato fino a strisciare. Tutto ciò che hanno fatto le iniezioni di liquidità della Fed è stato dare più tempo alle banche di contorcersi per evitare di rivelare l’entità delle loro perdite effettive.

Le banche servono da canale principale per il trasferimento del credito ai consumatori. Quel canale si è trasformato in una strettoia a causa del crollo dell’industria dei mutui e del mostruoso carico debitorio delle banche. La Fed non può più fornire denaro alle persone che ne hanno bisogno e che potrebbero far crescere l’economia (la quale dipende al 70% dalla spesa dei consumatori). Questo è un problema strutturale e non sarà risolto con un semplice taglio dei tassi.

Vi sono già segnali di un rallentamento dei consumi alla Target, alla Lowes e alla Walmart. Se questa decelerazione continua, l’economia scivolerà rapidamente nella recessione.

Negli ultimi 7 anni, i consumatori americani hanno ottenuto più di 9 trilioni di dollari dai loro prestiti per il mutuo. Questo allegro sperpero ha fatto girare l’economia di buon passo. Ora che i prezzi delle case si sono stabilizzati – e in molti casi abbassati – quel denaro facile non è più disponibile, il che prepara la scena a una riduzione della crescita economica, a un rallentamento delle vendite immobiliari e a una domanda in calo. La deflazione è il peggiore incubo della Fed e sarà combattuta con ogni arma del suo arsenale.

Purtroppo, Bernanke non ha gli strumenti per rimediare a questo problema ed è probabile che finisca per distruggere la valuta se continua a tagliare i tassi. I tagli recenti hanno già portato il petrolio e l’oro verso nuove vette, mentre il dollaro continua ad inabissarsi (l’Euro è valutato 1,42 dollari, con una crescita del 63% dall’inizio della presidenza Bush). Il dollaro debole e i persistenti problemi nel credito hanno fatto fuggire gli investitori stranieri verso l’uscita. Agosto è stato il mese in cui si è registrato il più massiccio ritiro di capitali stranieri dalle security e dai buoni del tesoro americani: 163 miliardi di dollari di capitale volatilizzati (con Giappone e Cina a guidare la fuga). La fiducia nei mercati, nella leadership e nell’integrità americana non è mai stata così bassa. Gli investitori danno il voto coi loro piedi. Ne hanno avuto abbastanza.

Se i capitali continuano a uscire dal paese al ritmo attuale, gli USA non saranno più in grado di mantenere il Current Account Deficit a 800 miliardi di dollari, il che comporterà l’aumento dei prezzi, la caduta del dollaro e il prosciugamento dei consumi. Nessuna pezza messa dalla Federal Reserve farà un briciolo di dannata differenza. Se si esclude la possibilità di un drastico cambiamento nella politica economica, che sembra improbabile, ci stiamo dirigendo a tutta velocità verso un collasso sistemico che manderà in rovina il mercato.

IL DISASTRO CREATO DA GREENSPAN

I rovinosi effetti della bolla immobiliare di Greenspan non possono essere apprezzati appieno se non si passa un po’ di tempo a studiare le carte e i grafici ora disponibili. Questi grafici sono il modo migliore di dissipare i velati sospetti che la bolla immobiliare possa essere una specie di teoria complottista escogitata dalla sinistra. Non lo è, e questi link dovrebbero bastare a fornire ampia prova del contrario:

http://www.bubbleinfo.com/statistics-2007/2007/3/15/arm-reset-schedule.html

http://static.seekingalpha.com/uploads/2007/9/7/amortization_1.jpg

http://static.seekingalpha.com/uploads/2007/9/7/amortization_2.jpg

Il primo grafico è quello del programma di revisione degli ARM (Adjustable Rate Mortgages [cioè mutui a tasso variabile, NdT]), che ammonta ad un totale di centinaia di miliardi di dollari nei prossimi due anni. Gli altri due grafici riguardano i soli interessi e la percentuale di ammortizzazioni negative sul totale dei mutui sottoscritti tra il 2000 e il 2006. Tenete a mente, quando studiate il grafico della revisione dei mutui a tasso variabile, che “un’indagine realizzata dalla AFL-CIO [una delle principali organizzazioni sindacali americane, NdT] mostra che quasi metà dei sottoscrittori di mutuo a tasso variabile non sanno in che modo verranno rivisti i loro prestiti e tre quarti di essi non sanno di quanto aumenterà il loro debito in caso di revisione. Il 73% dei sottoscrittori non sa nemmeno di quanto aumenterà la loro rata mensile al prossimo incremento” (Calculated risk).

Lo sgonfiarsi della bolla immobiliare inizia ad avere effetti anche su altri settori dell’economia. Il debito da carte di credito si è impennato del 17% annuo ora che i proprietari di case non possono più attingere ai loro equity in dissoluzione. Gli americani hanno già un debito di oltre 500 miliardi di dollari con le loro carte di credito. Ora quel debito sta crescendo più velocemente delle vendite al dettaglio, il che fa pensare che molte persone siano così indebitate da utilizzare ormai le carte di credito per necessità elementari e per le spese mediche. Gli analisti si aspettano un’ondata senza precedenti di inadempienze sulle carte di credito nei prossimi 6-12 mesi. Sfortunatamente, per il consumatore col cappio alla gola, la carta di credito rappresenta l’ultima possibilità di accesso ad un prestito senza garanzie.

Dobbiamo anche aspettarci che l’inversione di tendenza del mercato immobiliare faccia ingrossare le file dei disoccupati. Stranamente, benché le vendite immobiliari siano calate del 40% rispetto al picco del 2005, gli impieghi legati all’edilizia sono diminuiti solo del 5%. Ciò è davvero stupefacente. Forse il BLS [Bureau of Labor Statitics, Centro di Statistiche sul Lavoro, NdT] sta inventandosi le cifre utilizzando il suo modello Nascite-Morti (che produce magicamente milioni di lavori fittizi). Ma noi sappiamo che l’edilizia ha dato lavoro a 2 nuovi occupati su 5 negli ultimi 6 anni, perciò siamo certi che assisteremo a un significativo incremento della disoccupazione via via che la bolla si sgonfia. L’industria finanziaria e quella dei mutui hanno già subìto ridimensionamenti significativi.

Allo stesso modo dobbiamo aspettarci di vedere ritocchi sostanziosi ai prezzi delle case. Di solito i prezzi delle case restano fermi per circa 6 mesi dopo un picco delle vendite e un incremento della disponibilità immobiliare. Finora i prezzi sono scesi solo del 3,5%, mentre l’offerta è ai massimi storici e le vendite sono calate del 40%. E’ impossibile sapere fino a che punto i prezzi scenderanno (alcuni esperti come Robert Schiller prevedono un calo del 50% sui principali mercati) ma la spinta verso il basso sui prezzi degli immobili sarà senz’altro enorme. Disoccupazione in crescita, zero risparmi personali, espropri sempre più numerosi, dollaro che si indebolisce e una prevalente attitudine al pessimismo (un recente sondaggio mostra che la maggioranza degli americani è convinta che siamo GIA’ in recessione!) fanno pensare che il crollo dei prezzi delle case sarà precipitoso.

LA SPIRALE DEFLAZIONISTICA

Sui blog economici infuria il dibattito se il paese sia diretto verso l’iperinflazione o verso un ciclo deflazionistico. Le argomentazioni relative all’iperinflazione sono incontrovertibili, visto che la Fed ha già dimostrato di essere pronta a fare a pezzi il dollaro pur di mantenere in vita l’economia. Come risultato abbiamo visto crescere l’inflazione ad un tasso mai visto in oltre un decennio (nonostante le false cifre fornite dal governo). A settembre il prezzo del gasolio è aumentato del 4%, il petrolio da riscaldamento è salito del 9%, i generi alimentari del 5% e i prodotti caseari si sono impennati del 7,5%. Tutto aumenta, tranne il dollaro che sembra in mortale agonia.

Nonostante ciò, vi sono segnali che l’economia americana, alimentata dall’indebitamento dei consumatori, sia giunta al suo ultimo stadio e che acquirenti e proprietari di case saranno sempre più costretti ad accettare di aver dato fondo ad ogni possibilità di credito disponibile. Dovranno tagliare le spese e vivere entro i limiti dei mezzi a loro disposizione. Ciò significa meno crescita, un continuo declino del mercato immobiliare e la netta caduta dei prezzi del mercato azionario. Tutti questi elementi sono l’avanguardia della deflazione.

Il cosiddetto M-LEC (Master Liquidity Enhancement Conduit) escogitato dal Ministro del Tesoro Paulson – che permette alle banche investitrici di dilazionare la notificazione delle loro perdite – è particolarmente inquietante sotto questo punto di vista, poiché fu proprio la mancata disponibilità delle banche giapponesi a dichiarare l’entità della propria esposizione a provocare una recessione deflazionistica durata 15 anni. Potrebbe accadere la stessa cosa anche da noi?

Probabilmente sì. Un’interessante intervista è stata fatta il mese scorso da Mike Shedlock, noto e autorevole blogger economico, (“Mish’s Global Economic Trend Analysis”) all’economista Paul L. Kasriel. L’intervista contiene i dettagli della crisi giapponese che presenta alcune impressionanti similitudini con la nostra situazione attuale. Trascrivo di seguito un ampio stralcio di quella discussione:

Paul L. Kasriel: “Il Giappone ha attraversato una deflazione negli anni recenti perché l’esplosione della bolla dei prezzi obbligazionari nei primi anni ’90 provocò enormi perdite nel sistema bancario. Le banche giapponesi avevano finanziato la bolla dei prezzi. Quando essa esplose, i debitori non riuscirono più a far fronte ai loro debiti e furono costretti a restituire i collaterali alle banche. Il valore di mercato dei collaterali, ovviamente, era inferiore all’ammontare dei prestiti erogati, il che inflisse alle banche giapponesi enormi perdite di capitali. Con il venir meno del capitale bancario, le banche giapponesi non poterono aprire nuovi crediti al settore privato, e questo nonostante la Banca del Giappone offrisse credito alle singole banche a tassi nominali d’interesse molto bassi.

Le banche sono un importante meccanismo di trasmissione tra la banca centrale e l’economia privata. Se le banche non vogliono o non possono estendere il credito a basso costo che viene loro offerto dalla banca centrale, allora l’economia cresce molto lentamente, o cessa di crescere. Ciò avvenne anche negli Stati Uniti nei primi anni ’30.

Le banche americane hanno attualmente enormi quantità di beni obbligazionari legati ai mutui nei loro registri contabili. Se il mercato immobiliare dovesse entrare in grave recessione e ciò provocasse una massiccia inadempienza dei mutui, il sistema bancario americano potrebbe subire enormi perdite simili a quelle che subirono le banche giapponesi negli anni ’90. Se ciò dovesse accadere, la Fed potrebbe anche tagliare i tassi d’interesse fino allo zero, ma ciò avrebbe scarsi effetti positivi sull’attività economica o sull’inflazione.

Salvo che la Fed non inietti denaro di nuova creazione direttamente nel settore privato, temo che in questo caso assisteremo ad una deflazione. Ancora una volta, i sistemi bancari indeboliti tendono a generare deflazione. E l’indebolimento dei sistemi bancari ha origine dall’esplosione di bolle obbligazionarie provocata dal drastico calo di valore dei collaterali che sostengono i prestiti bancari”.

Mish: Che accadrebbe se Bernanke tagliasse i tassi d’interesse fino all’1 per cento?

Kasriel: In un crollo immobiliare di grosse dimensioni che spinga le banche ad aggrapparsi al proprio capitale, semplicemente non avrebbe alcun effetto. E’ essenzialmente ciò che è accaduto recentemente in Giappone e anche negli USA durante la grande depressione.

Mish: Può essere più preciso?

Kasriel: Molte persone non sono a conoscenza delle azioni che la Fed intraprese durante la Grande Depressione. Bernanke sostiene che la Fed non agì in modo abbastanza incisivo durante la Grande Depressione. Questo non è vero. La Fed tagliò i tassi d’interesse ed iniettò enormi somme di denaro, ma questo non servì a nulla. Più recentemente, il Giappone ha fatto la stessa cosa. Anche in questo caso non è servito a niente. Se la percentuale di inadempimenti raggiunge livelli sufficienti, le banche semplicemente non vorranno più prestare denaro, il che limiterà in modo drammatico la creazione di moneta e di credito.

Mish: Come ha inizio e come ha fine l’inflazione?

Kasriel: L’inflazione inizia con l’espansione della quantità di denaro in circolazione e del credito. L’inflazione finisce quando la banca centrale non può più o non vuole più estendere il credito e/o quando i consumatori e le aziende non chiedono più denaro in prestito perché ulteriori espansioni e/o speculazioni non hanno più alcun senso economico.

Mish: Insomma, quand’è che finisce tutto?

Kasriel: E’ una cosa estremamente difficile da prevedere. Se l’attuale recessione immobiliare dovesse trasformarsi in depressione immobiliare e portasse a una massiccia inadempienza dei mutui, potrebbe finire tutto. Alternativamente, se avvenisse una fuga dal dollaro nei mercati esteri, l’inflazione si acuirebbe e la Fed non avrebbe altra scelta che alzare aggressivamente i tassi d’interesse. Visto che l’economia USA è sottoposta a una pressione senza precedenti, l’incremento dei tassi d’interesse darebbe il via a una serie di fallimenti su larga scala. Sono questi i due scenari da “scacco matto” che vengono in mente. (“Mish’s Global Economic Trend Analysis”).

Bella esposizione. Grazie, Mish.

Versione originale:

Mike Whitney
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/whitney10202007.html
20/21.10.07

Versione italiana:

Fonte:http://blogghete.blog.dada.net/
Link: http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2007-10
23.10.07

Traduzione italiana acura di GIANLUCA FREDA

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