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La Redazione

 

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LA CAMPAGNA ELETTORALE IN GRECIA

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A cura di Davide
Il 12 Maggio 2014
61 Views


DI PANAGIOTIS GRIGORIOU

greekcrisis.fr

Pare che la campagna elettorale stia diventando l’argomento del giorno. O, almeno, lo è per quanto riguarda i media. E, al fine di proporre una visione se possibile dall’interno, greekcrisis presenta l’intervista di una candidata alle elezioni regionali (per la regione dell’Attica, lista di Rena Dourou). Ho incontrato Catherina Thanopoulou lo scorso Aprile, nella sede del partito della Sinistra Radicale.

Non è proprio l’ultima arrivata… e non è neanche dell’ultima Sinistra, anche all’interno della stessa SYRIZA (Coalizione della Sinistra Radicale). Il suo posizionamento a sinistra del suo partito contiene, in sostanza, tutti gli ingredienti di frattura, attuali e potenziali, circa la ristrutturazione del panorama politico greco (e non solo) intorno alla sola vera domanda: disfare, o no, l’Unione Europea.

Ed è qui che risiede la sola e unica (possibile?) “imprevedibilità” sulla possibile pratica di governo del partito di Alexis Tsipras. Per il resto – e senza commentare l’intervista – direi che in questo modo i lettori assidui di questo blog possono farsi un’idea più precisa del dibattito attuale in Grecia.

C.Th. – Sono Catherina Thanopoulou, e il mio mestiere è l’insegnamento specializzato a studenti portatori di handicap, essendo di base un’insegnante di matematica di liceo. Faccio parte del SYRIZA e, oltre al lavoro che svolgo riguardante la politica generale, sono responsabile e relatore su temi fondamentali per l’Educazione, sia a livello di regione, ad Atene, sia presso il Comitato centrale di SYRIZA, del quale sono anche membro.

Considero l’Educazione un tema chiave per chi governa a sinistra. Questo perché l’insegnamento, la cultura, la “Paideia”, possono generare anzitempo il cambiamento sociale, che è in continua gestazione. Perché per i giovani questa formazione tramite l’Educazione avverrà, da una parte a livello di sistema, dall’altra se possibile in maniera alternativa, ma comunque da un sistema di valori… da un modello differente, pertinente al nostro modello, quello della Sinistra.

P.G. – Devo dunque supporre che in questo momento è l’esatto opposto che sta avvenendo.

C.Th. – Certamente in questo momento va tutto male, molto male!

P.G. – Riguardo a questo, quale sarebbe la tua proposta?

C.Th. – Perché la situazione cambi, bisogna agire seguendo tre strade parallele. Come prima cosa bisogna cambiare nel governo la maggioranza, formarne una nuova che inverta la rotta a sinistra e modifichi la politica attuale, seguendo sempre ovviamente la scelta indicata dai cittadini. Bisognerà iniziare un cambiamento culturale, di sviluppo civile direi, anche tra gli stessi educatori, oltre che tra i genitori e tra gli alunni. Il compito sarà difficile perché tutto questo impone un reset del sistema. Tutto ciò è una previsione sul lungo termine. Inizieremo tuttavia subito cominciando da cambiamenti piccoli e lenti, introdotti dalla ridefinizione stessa delle istituzioni: questo sarebbe l’opera di un futuro governo di sinistra.

Innanzitutto adottando misure con effetti a brevissimo termine e che arresteranno in primo luogo la catastrofe sociale attuale, ovvero il completo sgretolarsi della società. Passando ad esempio dalla riapertura delle scuole che hanno chiuso, delle classi soppresse, passando dalla realizzazione del libero accesso alla conoscenza fino ad arrivare, qualora fosse necessario, all’organizzazione di distribuzione di pasti nelle scuole. Ecco alcune azioni che possono essere intraprese già da ora.

P.G. – Si può avere un’idea diciamo quantitativa del problema dei bambini malnutriti in Grecia in questo momento, magari da una tua esperienza diretta sul campo?

C.Th. – I casi numerati, censiti, sono poco numerosi se si considera la gravità tangibile della situazione. I bambini coinvolti non vogliono parlarne, non si esprimono, hanno paura e, come noto, in questi casi un sentimento di vergogna prende il sopravvento. Così, coloro i quali, genitori o figli, sono riconosciuti per così dire “ufficialmente” in questa condizione sono poco numerosi, …. nonostante questo, sono molti i bambini che ne sono coinvolti e questo si percepisce da alcuni fatti e gesti osservabili qui e là nelle scuole.

P.G. – Puoi essere più precisa?

C.Th. – Effettivamente ci sono esempi concreti, a cominciare dall’abbandono degli studi sempre più frequente nei licei, e addirittura prima per alcuni bambini. O, ancora più evidenti, ci sono dei disagi che si moltiplicano tra gli alunni. Per i ragazzi c’è un vero e proprio “crollo” in classe e allora l’insegnante, l’educatore, per quanto poco considerato ora in questa società, deve agire con urgenza. Non è più solo insegnante, perché è costretto dalla natura delle cose a diventare anche psicologo, infermiere, consigliere, incarna in sé tutto un ventaglio di competenze che il ministero fa mancare terribilmente in questo momento alla scuola greca.

E così ultimamente l’educatore ricopre sia il ruolo di insegnante sia di nutrice, a ogni malessere l’insegnante deve prima occuparsi del bambino che ha ceduto, per poi prendere contatto con i genitori. Ed è allora che si scopre .. quanti genitori si ritrovano disoccupati, o che la famiglia, bambini compresi, non sono coperti dalla Previdenza Sociale, e che si tratta di una popolazione emarginata, discriminata. E’ proprio in casi come questi che si dovrà bloccare l’emorragia sociale.

P.G. – E per quanto riguarda la cultura?

C.Th. – La cultura rappresenta una delle tre strade che indicavo prima. Più in generale dovrebbe essere la vera e propria base civile di una società. Per esempio, passando dalla riscoperta (e ri-attualizzazione) della memoria storica attraverso l’insegnamento, e direi che questo bisogno è ormai urgente, dovendo ri-acculturare la scuola e la società, a partire dai nostri quartieri con pratiche quotidiane. Bisogna, se possibile, far rinascere quello che un tempo riconoscevamo nella cultura popolare, quell’espressione dei bisogni e la rappresentazione della gente, piuttosto che riprodurre le forme culturali imposte dell’élite. Perché in fin dei conti il sapere, quando è messo in pratica, è sia modo di agire, sia modo di esprimersi, di aprirsi all’altro e, in definitiva, modo di relazionarsi.

Per esempio, è grazie alla mia iniziativa, e allo scopo di “coniugare” cultura e azione politica, che già da un mese nel centro di Atene gli attori della compagnia “Peiragma” hanno aderito alla mia idea con entusiasmo. L’iniziativa era di mostrare il Ploutos (dio della ricchezza) di Aristofane visto da una prospettiva più prossima a noi. Due estratti di quest’opera acclamata sono stati incarnati dagli attori, quello della Pénia, la personificazione della povertà, l’impoverimento attuale, vero e proprio “processo educativo”, e l’altra scena celebre del Sicofante, il delatore di professione nell’antica Atene, incarnato qui dalla figura del fascista.

Abbiamo già rappresentato cinque volte questo spettacolo riadattato. E alla fine dei trenta minuti di rappresentazione, la sua durata, un dibattito e allo stesso tempo una discussione aperta prendono forma tra il pubblico, noi i … politici, e gli attori. Inutile dire quanto ogni volta si genera una vasta ma essenziale tematica.

Si parla di educazione e “fascizzazione” poiché quest’ultima fa parte ormai del quotidiano nelle scuole. Il fascismo quotidiano veicola i suoi propri modelli educativi, se così posso dire, la sua propria “Paideia”, e quindi non bisogna ignorare questo fenomeno. Ecco allora che la problematica che esce da questi incontri è come evitarlo, come combatterlo in maniera indissociabile dall’impoverimento crescente, compreso l’impoverimento concettuale e, va detto, del sistema educativo stesso.

Questa esperienza ha da subito funzionato molto bene nei quartieri centrali di Atene; questo spettacolo non è più un modo di fare teatro o di fare politica in modo convenzionale, in altre parole dall’alto, senza la partecipazione effettiva dei diretti interessati. Attraverso il nostro Aristofane il pubblico partecipa come creatore stesso dell’evento, del dibattito, e quindi del suo significato vero e proprio. Un vero, autentico “teatro di strada” come ogni tanto si sente dire.

P.G. – E poi?

C.Th. – Continueremo questa esperienza. Bisogna sottolineare anche che, in generale, le manifestazioni politiche.. “chiavi in mano” create dai partiti politici e quindi .. messe in scena, non funzionano più. Per esempio, far venire un “esperto” tra virgolette – il che non vuol dire che l’esperto in questione non abbia competenze, anche gli specialisti hanno un’indubbia utilità – però far intervenire uno specialista davanti a un pubblico per predicare la buona parola, e alla fine chiudere sempre il dibattito al momento delle domande, poco prima della fine, ebbene questo modo di fare non porta da nessuna parte, anche perché si rivela essere.. nella migliore delle ipotesi, e velocemente, priva di significato. E, dunque, ha sempre meno successo. E’ per questo che altre forme di interazione con i cittadini devono essere ricercate e praticate.

Da qui parte una, per così dire, “interferenza” nelle espressioni della cultura attiva, attraverso il teatro e non solo, ad esempio abbiamo articolato alcuni dibattiti politici intorno ad esposizioni di arti plastiche, in particolare di sculture. Prima di un dibattito del genere, degli alunni avevano esposto le loro sculture sul tema (o quanto complesso!) della scuola dei loro sogni. La discussione che ne è seguita è stata appassionante, a tratti commovente. Tutto questo deve far riflettere.

P.G. – E riguardo al contesto politico attuale?

C.Th. – Innanzitutto le elezioni di questo mese rendono evidente questa fase importante, di transizione direi. In primo luogo lo scrutinio è triplo: elezioni europee, municipali e regionali. Bisogna sperare che già per quelle europee ci sia un barlume di cambio di direzione. In Grecia, le elezioni europee possono, infatti, introdurre un nuovo “varco” critico per quanto riguarda i politici in carica nella gestione catastrofica attuale, poiché per noi lo scrutinio europeo è un’elezione chiaramente politica e politicizzata, senza tuttavia sottostimare l’importanza degli scrutini a livello locale.

Certo, c’è una questione che si presenta: quella della programma di SYRIZA a ogni livello.. e questa proposta esiste e ha forza, e si è arricchita, come è doveroso, continuamente. Poiché la situazione è sempre così dinamica e le aggressioni al corpo sociale così violente e veloci, senza tregua, come le leggi del Memorandum ognuna di cinquecento pagine solamente su due o tre articoli.. ebbene, questa velocità, questa corsa verso l’abisso indica quanto le posizioni e le proposte di SYRIZA devono tener conto di questa pesante realtà, anche e soprattutto attraverso un continuo aggiornamento.

Questo non vuol dire che le nostre posizioni di base debbano essere dimenticate, soprattutto quella che consiste nel mettere in atto la pura e semplice cancellazione del Memorandum o l’annullamento di buona parte del debito e, infine, dell’organizzazione di una conferenza europea sul debito perché questa è fondamentalmente una questione europea. Allo stesso tempo, bisognerà ricostruire l’economia greca, restituirle i suoi propri mezzi di produzione ed evidentemente ricostruire il nostro substrato culturale.

Qui ritorno al nuovo modello di educazione, che si deve riferire ad altri valori, a un’altra filosofia in pratica. E, prima che sia troppo tardi, la pagina deve essere voltata.

P.G. – Ho sentito dire di recente (Aprile 2014) sull’emittente 105,5 (radio SYRIZA), che se si dovesse precisare l’eventualità di un prossimo governo SYRIZA (anche tramite una coalizione), i governanti attuali hanno fatto capire che partirebbero.. lasciandosi alle spalle le casse vuote, e che poi un tale governo, principalmente di sinistra, sarebbe subito e duramente osteggiato dall’esterno, ovvero da chi muove gli scacchi attualmente in Europa. Se fosse così, in che modo quindi premunirsi da un tale eventualità?

C.Th. – Come prima cosa c’è la priorità assoluta di cacciare i governanti attuali. Perché con il passare dei giorni e dei mesi la catastrofe sociale ha sempre maggiore impatto e così anche il rischio, sia per il paese sia per la sua politica, di diventare vassalli dei potenti internazionali. E poiché le casse si svuotano comunque ogni giorno, questo governo, che agisce sotto ordine dei creditori, e tra l’altro con una brutalità estrema, ebbene questo governo deve essere cacciato.

E sul secondo punto della tua domanda si, tutto questo sarà difficile, molto difficile, in altre parole mettere in atto una diversa politica. Perché non facciamoci ingannare, l’architettura, la struttura dell’UE al momento non lasciano spazio a una politica che prenda in considerazione gli interessi collettivi, o, per dirla in altri termini, dei popoli, in Grecia come altrove. E’ per questo motivo che SYRIZA deve porsi e agire tenendo conto degli interessi della società, dell’interesse comune. E certamente partendo da qui bisognerà portare il messaggio a destinazione dell’UE nel suo insieme: la struttura stessa della zona Euro deve essere rivista, così come quella dell’UE. Il problema, il muro a questo livello è tanto di natura istituzionale quanto politica. Questo problema è fondamentale, e direi molto grave.

E’ quindi un elemento decisivo, il fatto che tutto dipenda dalla nostra azione in Grecia e soprattutto che ogni cosa sarà deciso dagli altri popoli. Da qui l’importanza di questo terzo parametro cruciale che entra in gioco, ossia il popolo e la sua coscienza, la sua determinazione, i modi un cui si rappresenta. Queste persone dovrebbero prendere il loro destino in mano, capire in sostanza che senza la loro partecipazione non ci saranno cambiamenti, e che la soluzione cosiddetta “individuale” è solo un’illusione. La soluzione quindi dovrà essere prima di tutto comune, o non ci sarà proprio. Aggiungo a tal proposito che la cultura malata di clientelismo, sia dei partiti sia dello Stato, dovrà cessare.

Ogni popolo dovrebbe esercitare un controllo effettivo sul proprio governo, a maggior ragione in un governo di sinistra, poiché senza l’implicazione di ognuno i migliori intenti di governo possono alla fine fallire, e anche rapidamente. Non è più tempo per restare passivi, è necessario che sia detto e soprattutto fatto in modo che tutto questo sia messo in pratica a tutti i livelli, nei quartieri, tra le altre cose attraverso il tessuto associativo.

P.G. – E se questo non dovesse accadere?

C.Th. – non risponderò in maniera ipotetica. Considero che le crudeli esigenze attuali lo impongano.. se tutto ciò non accadesse, sarebbe possibile ogni scenario, perché si sente spesso che sarebbero da temere violenti scivoloni verso un’altra situazione..

Ebbene, queste evocate “supposizioni” sono invece spesso delle fobie orchestrate al fine di controllare i cittadini nelle loro reazioni. Non entrerò quindi in questo processo di amplificazione del sentimento di paura. Proprio all’opposto, un uomo o una donna che partecipano nell’ambito politico e sociale del proprio paese, dovranno amplificare la speranza. Un’aspirazione in questo caso attiva, attraverso la partecipazione e la praxis, lontana, molto lontana dalla paura.

Panagiotis Grigoriou

Fonte: www.greekcrisis.fr/2

Link: http://www.greekcrisis.fr/2014/05/Fr0346.html#deb

5.05.2014

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da AGARTHI

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