LA BOTTEGA DELL'INTELLIGENCE DI DONALD RUMSFELD

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Un editoriale dal “New York Times”: nei piani del Pentagono c’è un’espansione delle funzioni dei servizi segreti

DI BOB HERBERT

Si potrebbe pensare che la débâcle irachena sia sufficiente per il Pentagono, o che quantomeno basti per togliergli la voglia di far combattere agli Stati Uniti altre guerre inutili. Ma con Donald Rumsfeld ai vertici della Difesa, non è mai abbastanza.

È in questo spirito che, come ha scritto il New York Times il 19 dicembre scorso, i seguaci di Rumsfeld stanno architettando un ennesimo piano, imponente e potenzialmente catastrofico. Gli ufficiali del Pentagono stanno predisponendo un programma volto a conferire all’esercito un ruolo più incisivo nelle operazioni di intelligence tradizionalmente gestite dalla Cia. Il piano prevede che l’esercito si faccia carico di maggiori attività di spionaggio svolte da esseri umani, anziché, ad esempio, da satelliti di sorveglianza.

La notizia di ulteriori intrusioni dell’esercito in materia di intelligence civile è già di per sé pessima: ma non finisce qui. Stando all’articolo, «tra le idee proposte dagli ufficiali del Dipartimento della Difesa, figura anche quella di ‘combattere per l’intelligence’ ovvero di avviare operazioni di combattimento allo scopo principale di ottenere informazioni di intelligence». Si tratta di follia bella e buona. Questi geni di Washington hanno già ingaggiato una guerra basata sulla menzogna, che finora ha stroncato decine di migliaia di vite umane e provocato sofferenze impossibili da quantificare. Non c’è dunque alcun bisogno di programmare altre guerre al solo scopo di raccogliere informazioni di intelligence.

Questo piano, volto ad ampliare i poteri di Rumsfeld, nasce in parte sotto l’egida del generale William Boykin, un sottosegretario alla Difesa che ha già dato ampia prova di non essere all’altezza di occuparsi delle più serie problematiche legate alla sicurezza nazionale. Il generale Boykin, già responsabile dei piani per la cattura di Osama bin Laden, è un cristiano evangelico convinto che sia stato Dio a far sì che il presidente Bush si insediasse alla Casa Bianca. Boykin ha paragonato la lotta contro le milizie islamiche a una guerra contro Satana, dichiarando che «solo affrontandoli nel nome di Gesù» si potrà vincere.

Il generale ha esposto queste posizioni indossando la divisa e prendendo la parola nel corso di diverse funzioni religiose in tutti gli Stati Uniti. Durante un discorso, parlando di un combattente musulmano in Somalia, ha commentato: «Io lo sapevo e anche voi lo sapete: il mio Dio era più grande del suo. Sapevo che il mio era un vero Dio, mentre il suo non era altro che un idolo».

Il generale Boykin è stato costretto a scusarsi in seguito ad aspre polemiche nate sui media, ma l’amministrazione Bush continua a tenerselo stretto. È forse così difficile capire che questo signore non dovrebbe detenere alcun potere decisionale in relazione al conflitto armato con i musulmani?

Ma anche lo stesso Rumsfeld va tenuto a freno. Come ha scritto recentemente il New York Times in un editoriale, «L’ultima volta che Rumsfeld ha tentato di occuparsi di raccolta e analisi delle informazioni di intelligence, ha creato un piccolo ufficio nei meandri del Pentagono, una sorta di “bottega dell’intelligence” diretta da Douglas Feith, sottosegretario alla Difesa per gli affari politici. Compito dell’ufficio, di fatto, è stato quello di inventare un collegamento tra Saddam Hussein e Osama bin Laden – collegamento che Rumsfeld non era riuscito a ottenere dalla Cia, e che avrebbe poi sfruttato per legittimare l’invasione dell’Iraq».

Ecco l’intelligence secondo Rumsfeld: se i professionisti non ti danno ciò che vuoi, rivolgiti a qualcun altro. Dalle fonti di intelligence, l’amministrazione Bush voleva una motivazione valida per andare in guerra, e la “bottega” di Rumsfeld è stata ben lieta di servire il cliente.

La guerra in Iraq è stata provocata da potenti personaggi governativi che hanno costretto il mondo intero ad accettare le loro pericolose fantasie: tra le più note, figurano le armi di distruzione di massa, i collegamenti tra Al Qaeda e Saddam Hussein, le frotte di iracheni che lanciavano baci e ghirlande agli invasori americani e la diffusione della democrazia anglosassone in tutto il Medio Oriente. Tutti gli inviti alla cautela sono stati ignorati, permettendo a queste fantasie di avere la meglio.

Ma il mondo non è un videogame, anche se talvolta ne assume le sembianze agli occhi di chi, a Washington, detiene un potere sfrontato ed ermeticamente chiuso, manipolando le forze che condizionano la vita di molti milioni di persone in ogni regione della Terra. Eppure, tanto potere chiamerebbe all’umiltà, non all’arroganza, e andrebbe amministrato con saggezza, non avventatamente e con impulsività.

Quest’ultima esternazione di Donald Rumsfeld dimostra che l’amministrazione, come un adolescente cocciuto, ha imparato poco o nulla dalle tragiche conseguenze delle sue dissennate politiche. Comincia il secondo mandato, ed è bene allacciarsi le cinture: tutto lascia pensare che saranno quattro anni all’insegna del pericolo.

Bob Herbert
Fonte:www.liberazione.it
28.12.04
(Traduzione di Sabrina Fusari)   

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