Gli “avamposti della tirannia” rimpiazzano “l’Asse del male”.
DI SOLIDAIRE
Condoleezza Rice, il nuovo ministro degli affari esteri, nomina sei paesi come “avamposti della tirannia”. La sua lista rivela che in realtà la prima preoccupazione degli Stati Uniti non è la democrazia, ma bensì i loro propri interessi economici e geostrategici.
Iran
Il vice presidente Dick Cheney fa dell’Iran “il primo sulla lista dei punti problematici nel mondo”. Il regime di Teheran si urta con gli USA su parecchi punti. Si oppone soprattutto al Grande Progetto di Bush per il Medio Oriente. Ma le riserve petrolifere e il miglioramento delle relazioni economiche tra l’Iran e la Cina sono ugualmente dei problemi preoccupanti.Fino a quando gli Stati Uniti dovranno ingaggiare 150.000 uomini in Iraq, non potranno iniziare una guerra aperta contro l’Iran. Anche Blair riallaccia il campo europeo che rifiuta di lasciarsi coinvolgere in una “avventura (militare) iraniana”. Dall’estate scorsa, gli USA inviano comunque delle missioni segrete militari in Iran al fine di raccogliere delle informazioni e di localizzare le zone nucleari, chimiche e militari iraniane. Recentemente, Cheney si è lasciato scappare che Israele “potrebbe forse decidere di passare all’azione” al fine di distruggere il programma nucleare iraniano. Ha lasciato intendere che gli Stati Uniti potrebbero essere in una situazione tale da non potere impedire questo attacco. “Gli USA lascerebbero quindi al resto del mondo il compito di rimettere in ordine questo caos diplomatico”, ha aggiunto. Il Ministro della difesa israeliano ha già rifiutato di escludere degli attacchi preventivi contro l’Iran.
Myanmar (Birmania)
Il Myanmar è una pedina importante nella lotta contro la Cina. Quest’ultima intreccia dei legami con dei paesi situati in una zona che va dal Medio-oriente fino al sud della Cina, di cui fa parte il Myanmar. Il 60% del petrolio della Cina deve passare attualmente attraverso lo stretto di Malacca, dominato dagli USA e dal Giappone. Il blocco di questo stretto avrebbe delle conseguenze drammatiche per la Cina. I progetti di un oleodotto petrolifero tra la Cina e il Myanmar dovrebbero accorciare il percorso del petrolio in mare di 3372 Km ed evitare soprattutto il passaggio attraverso lo stretto di Malacca.
Cuba
Da 45 anni Cuba, la socialista, è una spina nel piede per ciascuno dei governi americani. Malgrado il blocco economico e il ricatto politico ed economico permanente, i cubani tengono duro. La mortalità infantile di quel paese è inferiore a quella degli Stati Uniti, le cure sanitarie e l’insegnamento sono gratuite e di buona qualità. Questo paese manda 18000 medici in altri paesi del terzo mondo. Gli Stati Uniti temono soprattutto che l’esempio cubano contamini altri paesi. Gli stretti legami tra Cuba e il Venezuela ricco di petrolio rendono Bush molto nervoso. L’America latina deve rimettersi al passo e la resistenza contro l’ALCA, una zona di libero scambio che copre tutto il continente americano a profitto delle multinazionali USA, deve cessare.
L’aumento degli investimenti cinesi in America latina è altrettanto insopportabile per Washington. Esiste un importante accordo tra la Cina, il Venezuela e Cuba che riguarda il petrolio, l’industria ed i giacimenti minerali. Il Venezuela si fa anche consigliare dagli iraniani per aiutare la propria compagnia petrolifera nazionale ad entrare nel mercato asiatico.
Corea del Nord
Con il Myanmar, la Corea è un punto strategico per l’accerchiamento militare della Cina. “Gli Stati Uniti hanno fatto sapere molto chiaramente che vorrebbero intervenire militarmente nel Nord-Corea ed in Myanmar” spiega il deputato nordcoreano Roh Hoe-chan.
In un articolo intitolato “Finire con la tirannia”, il neo-conservatore Eberstadt elabora una strategia in sei punti per mandare via il presidente nordcoreano Kim Jong dal potere. Uno dei punti consiste nel bloccare le relazioni tra la Corea del nord e i suoi vicini (Cina e Corea del sud). Ma questa strategia non ha funzionato fino ad ora. Malgrado la sua implicazione in Iraq al fianco degli USA, la Corea del sud si sta ingaggiando attivamente nell’avvicinamento economico con il suo vicino del nord.
Bielorussia
Una buona parte dei gasdotti e degli oleodotti dal Caucaso verso l’Europa occidentale attraversano la Bielorussia. Al contrario delle altre ex-repubbliche sovietiche, il Presidente Lukatchenko difende la protezione sociale della popolazione, la stabilità economica e politica del paese e la lotta contro la corruzione. Ha conservato dei grandi pilastri dell’economia di Stato e le aziende agricole collettive, anche se in una economia globalmente capitalista. In Bielorussia non c’è che 1,7% di disoccupati e 2,6% d’impieghi vacanti. Il livello di vita è basso, come del resto le pensioni, ma la gente è tutta ben nutrita e ben vestita. L’insegnamento resta gratuito, anche per l’università. Gli studenti ricevono delle borse di studio. Lukatchenko vuole anche consolidare l’unione con la Russia e si oppone all’espansione della Nato.
Prendendosela con la Bielorussia, gli USA vogliono avvertire tutti gli altri paesi dell’ex-Unione Sovietica di non opporsi alla loro dominazione.
Zimbabwe
Nel 1998-99, lo Zimbabwe ha sostenuto militarmente la lotta del presidente Kabila per l’indipendenza nazionale del Congo, contro l’intervento del Rwanda e dell’Uganda, sostenuto invece dagli USA. Da allora, lo Zimbabwe è stato schiacciato dall’occidente. Il FMI ha chiuso il rubinetto dei crediti e nel 1999 gli Stati Uniti hanno cessato tutti gli aiuti, in ragione di “problemi di diritto umano”.
E’ stato allora che Mugabe ha intrapreso la riforma agraria, da tempo riportata. Dopo l’indipendenza, nel 1975, molte terre erano rimaste proprietà di un piccolo gruppo di coloni, grossi latifondisti. I proprietari agricoli bianchi in Sudafrica ed in Namibia temono per le loro terre dopo questo esempio. Un gruppo di pressione, lo “Zimbabwe Democracy Trust”, ha lanciato una campagna nei giornali britannici. Questo “Trust” conta dei membri come Chester Crocker, Segretario di Stato Aggiunto sotto Reagan e Bush padre, e la baronessa Lynda
Chalker, un vecchio ministro britannico per lo sviluppo d’oltremare. Hanno ottenuto l’appoggio di Lord Carrington, l’anziano segretario generale della Nato. Nel 2002, tutta l’Unione Europea ha seguito quest’attitudine aggressiva nei riguardi di Mugabe. La pressione è diventata enorme. “Blair vuole un cambiamento di regime”, titolava il giornale New African nel febbraio 2004.
Mugabe è anche criticato in ragione delle sue relazioni con la Cina. I paesi africani beneficiano del libero accesso doganale ai mercati cinesi. In giugno 2004, non meno di 670 imprese cinesi erano attive in 49 paesi africani. La Cina ha dei progetti petroliferi nel Sudan e dei progetti minerali nello Zimbabwe. Ha investito nelle telecomunicazioni in Kenya, nello Zimbabwe ed in Nigeria. Questi paesi apprezzano fortemente questo contrappeso alla dominazione occidentale, poiché questa situazione offre loro una migliore posizione per negoziare. Alla faccia di Bush e di Blair.
Solidaire
Fonte:www.stopusa.be/scripts/texte.php?section=BN&langue=1&id=23509
16.02.05
Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Italofranc