LA BATTAGLIA DI ISRAELE A FALLUJA

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DI RASHID KHASHANA

E’ ormai chiaro che Israele ha giocato un ruolo importante nella battaglia per Falluja, nonostante che gli Americani si siano preoccupati di nascondere questo fatto. Ciò che è trapelato da parte di ufficiali, soldati e perfino rabbini con la doppia cittadinanza che hanno preso parte alle battaglie, alcuni dei quali sono stati uccisi dalla resistenza, è solamente la punta dell’iceberg.

L’uccisione di un ufficiale israeliano a Falluja ha messo in evidenza l’esistenza di un gran numero di ufficiali, cecchini e paramilitari in Irak. Sulla base di statistiche pubblicate dalla stampa israeliana, Israele al momento ha non meno di 1000 ufficiali e soldati sparsi intorno alle unità americane che lavorano in Irak. Per di più 37 rabbini operano all’interno delle truppe americane, fatto che ci fa pensare che il numero effettivo sia ancora più alto, dal momento che Ha’aretz ha ammesso che altri sono presenti ma non rivelano la loro identità ebraica, il che fa di loro dei cittadini israeliani autonomi. Al momento è in corso una campagna di reclutamento in concomitanza con l’escalation delle operazioni in Irak, allo scopo di poter inviare là ulteriori sostegni.Tra queste campagne possiamo collocare l’appello del rabbino Irving Elson nell’ultimo discorso fatto a New York per assegnare altri “Rabbini Combattenti” e incoraggiarli a arruolarsi tra le forze americane, da aggiungere al richiamo di un altro rabbino secondo il quale coloro che sono stati uccisi a Falluja sono “martiri”.

L’America ha bisogno dell’esperienza israeliana nelle guerre tra bande per poter gestire i combattimenti nelle città irachene, soprattutto se si pensa che due generazioni di forze armate non hanno affrontato questo tipo di esperienza dai tempi della fine della guerra del Vietnam.

Comunque il ruolo degli israeliani non è né tecnico né complementare al piano americano, ma è piuttosto parte della visione elaborata dalla leadership politica e militare israeliana prima dell’inizio della guerra, che mira ad annullare qualsiasi ruolo per l’Irak nella regione, ed intende eliminare la minaccia che un ruolo iracheno potrebbe creare al futuro di Israele. Il piano israeliano è divenuto evidente a causa di vari titoli di giornali: il più significativo tra questi afferma che operativi del Mossad vengono inviati per stabilire uffici e reti nel nord e nel sud del paese, per eliminare scienziati e intensificare la compravendita di beni immobili e terreni nel nord, in particolare a Arbil, Kirkuk e Mosul. Tutto questo va a completare un precedente progetto, lanciato 10 anni prima della caduta di Baghdad tramite gli ebrei turchi.

Israele incoraggia la classe dirigente curda ad allontanarsi da Baghdad per l’amministrazione delle loro regioni, ma allo stesso tempo il suo scopo è che i partiti curdi giochino un ruolo chiave nell’Irak del dopo guerra, dati rapporti tenuti da sempre con i curdi.

Più probabilmente Israele ha proseguito nello sviluppo del piano annunciato precedentemente dal ministro dell’infrastruttura Joseph Paritzky, che mirava ad impiantare oleodotti dall’Irak fino in Israele passando attraverso la Giordania. Infatti una relazione della sicurezza turca pubblicata di recente da Jumhuriyet ha confermato i tentativi di Israele di attivare la linea dell’oleodotto verso Haifa il più presto possibile. Sulla base di questa visione, gli israeliani credono che le forze americane siano incapaci di imporre sicurezza e stabilità in Irak. Questo ha obbligato gli Israeliani a sviluppare rapporti autonomi con i poteri locali, a cominciare dal punto chiave nel nord, e avanzare nell’attuazione del loro piano, che era stato preparato prima della caduta del precedente regime.

Comunque gli israeliani stanno ora evitando un confronto con la Turchia, che è preoccupata dalla loro espansione nel nord.

In questa fase, Israele sprona gli ebrei iracheni a stare in prima linea allo scopo di guidare il ponte di comunicazione con il nuovo governo, e soprattutto intensificare le iniziative commerciali con l’Irak attraverso la Giordania.
Israele vuole anche avere voce in capitolo sul destino dell’Irak attraverso l’influenza esercitata in maniera indiretta al summit di Sharm El-Sheikh, che ha fatto infuriare sia la Siria che la Turchia. L’ampia e inaspettata espansione del ruolo di Israele in Irak, sotto vari aspetti conferma che Israele è il maggiore beneficiario della continuazione della guerra, allo stesso modo in cui è il principale beneficiario dell’escalation americana riguardo la questione del nucleare in Iran. L’Irak non è la Russia, e l’Iran non è la Cina, perciò esse non rappresentano una minaccia per gli Stati Uniti, non di meno entrambe rappresentano una minaccia per lo Stato Ebraico. In conclusione, è possibile dire che i Likudniks (militanti del Likud), che in America controllano posizioni decisionali, stanno usando la campagna di Bush contro il terrorismo come copertura per raggiungere gli obiettivi di Israele in Irak. Perciò, lo scopo della battaglia di Falluja è di spezzare la spina dorsale della resistenza e spianare la strada al completamento del piano di Israele.

Rashid Khashana
Da: Dar Al-Hayat
http://english.daralhayat.com/opinion/OPED – 22 novembre 2004

Fonte:www.peacelink.it
Tradotto da Paola Merciai

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