DI DON CURZIO NITOGLIA
doncurzionitoglia.com
Introduzione
Eric salerno,
giornalista e inviato speciale del Messaggero, esperto di questioni
mediorientali, ha scritto nel 2010 un interessante e documentato libro
intitolato Mossad base Italia. Le azioni, gli intrighi, le verità
nascoste (Milano, Il Saggiatore, 258 pagine, 19 euro). L’Autore cerca di
far luce sulla cronaca italiana degli ultimi sessant’anni, durante i quali
gli agenti del Mossad hanno iniziato le loro attività, con la complicità
almeno implicita dei governi italiani, a partire dal 1945 con l’immigrazione
clandestina degli ebrei europei in Italia per farli poi espatriare in
Palestina. Egli descrive con l’aiuto di colloqui avuti con
Mike Harari, un agente o meglio
l’ex capo delle operazioni clandestine del Mossad incaricato da Golda Meir
di vendicare gli atleti israeliani uccisi Monaco nel 1972, e del giudice
Claudio Mastelloni, che ha
indagato per molti anni sulle vicende dei servizi segreti italiani e
israeliani ed infine delle cronache giudiziario-giornalistiche[1],
le varie vicende che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese, e
sulle quali non è stata fatta ancora completa chiarezza: a partire
dall’immigrazione clandestina di migliaia di ebrei diretti in Palestina, dal
traffico internazionale con scalo in Italia di armi dirette verso la futura
Israele, sino ai vari sabotaggi delle industrie belliche italiane che
rifornivano gli Arabi e specialmente l’Egitto, passando per diversi
attentati che hanno insanguinato la nostra Patria (l’aereo Argo 16,
l’uccisione del giornalista palestinese Wail Zwaiter assassinato a Roma per
rappresaglia dopo Monaco 1972 e il caso Moro). Il pregio del libro, ben
studiato e condotto su fatti e documenti, è quello di non presumere di saper
tutto, soprattutto in un campo misterioso e pieno di depistaggi e
doppiogiochismi come quello dei servizi segreti, ma di fermarsi a
congetture, possibilità o probabilità ove manchi la prova certa, senza voler
fare un passaggio indebito dal possibile al reale o al certamente evidente.
Solo in caso di prove chiare ed esplicite l’Autore ci mette di fronte
all’evidenza del fatto. Ne risulta un quadro che getta una luce nuova sulle
vicende che oramai hanno preso una piega ben definita non solo in Medio
Oriente, ma anche in Italia e nel resto del mondo. Il ruolo giocato da
Israele sin dal primo dopoguerra in Italia è enorme. Non prenderne atto
significherebbe non voler vedere la realtà. Ma il prenderne atto non
significa sapere tutto di ogni cosa. “Nescire qaedam magna pars
sapientiae”. Del resto le sorti delle due guerre mondiali sono state
decise in gran parte dal ruolo dei servizi segreti dei Paesi belligeranti;
come in ogni guerra che è stata fatta su questa terra, non ci si è serviti
solo delle armi, ma anche dell’Intelligence.
De Gasperi, Ada Sereni e Israele
Dopo la seconda guerra mondiale migliaia di ebrei volevano
allontanarsi dall’Europa semidistrutta per recarsi in Usa o Australia, ma
«gli inviati della ‘Palestina ebraica’ riuscirono a convincere decine di
migliaia di persone a trovare rifugio in Medio Oriente, dove presto, anche
grazie a loro, sarebbe nato uno Stato ebraico»[2].
Nel giro di tre anni almeno ventiseimila ebrei furono fatti espatriare
clandestinamente in Palestina. La Gran Bretagna, che, avendo il ‘Mandato’
sulla Terra Santa, si opponeva ad una immigrazione in massa degli ebrei in
Palestina e cercava perciò di arginare il flusso migratorio, entrò, quindi,
nel mirino del terrorismo ebraico, che per primo insanguinò la
Terra Santa. Frattanto «in
Italia i campi d’accoglienza si riempivano e si svuotavano rapidamente»[3].
●Ada Sereni,
ebrea romana, nata Ascarelli,
era il capo italiano del Mossad per le operazioni di espatrio verso la
Palestina. Lei stessa nel suo libro I clandestini del mare (Milano,
Mursia, 1973), racconta dell’incontro che ebbe con
Alcide De Gasperi per ottenere
una tacita copertura da parte del governo e dei servizi segreti italiani
sulle attività che il Mossad avrebbe dovuto svolgere in Italia per farvi
giungere e poi espatriare verso la Terra Santa i propri connazionali
dell’Europa del nord. La Sereni chiese a De Gasperi di «chiudere un occhio,
e possibilmente due sulle nostre attività in Italia»[4].
Eric Salerno commenta: «Gli italiani si accorsero sin dall’inizio
dell’immigrazione clandestina e dei campi provvisori dove venivano ospitati
gli ebrei arrivati dal resto dell’Europa, ma non soltanto chiusero un
occhio, aiutarono quando e come poterono. Aiutarono anche nella fase
successiva, quando il Mossad, parallelamente all’immigrazione clandestina,
si impegnò nell’addestramento militare dei rifugiati, nell’acquisizione
d’armi e nel loro trasporto in Palestina, nella lotta per impedire agli
Arabi di armarsi anche quando questo significava il sabotaggio di industrie
e impianti italiani e di loro prodotti. […] A parte i rapporti ambigui,
costruiti ad arte, per non precludere i potenzialmente ricchi mercati arabi
[…], l’Italia non sarebbe stata ostile nemmeno a Israele»[5].
I primi viaggi marittimi dall’Italia in Palestina
La prima nave clandestina a salpare dall’Italia verso il
futuro Stato d’Israele partì dal porto di Bari il 21 agosto 1945 e riuscì a
raggiungere il porto di Tel Aviv il 25, senza farsi intercettare dagli
inglesi i quali si attenevano alle disposizioni del ‘Libro Bianco’ del 1939,
che limitavano l’immigrazione ebraica e l’acquisto delle terre dei
palestinesi. Le cose andarono diversamente per quanto riguarda il viaggio da
La Spezia verso la Palestina del 4 aprile 1946 quando 1014 profughi ebrei
cercarono di imbarcarsi su tre navi, che furono bloccate a La Spezia dagli
inglesi. Soltanto l’8 maggio del 1946 le tre navi partirono, ma mentre le
prime due riuscirono ad arrivare in Palestina, la terza chiamata Exodus
fu bloccata dagli inglesi. Tuttavia, nonostante la decisione di
“chiudere un occhio”, l’ingresso sempre crescente e divenuto massiccio nel
1947 di ebrei in Italia «turbava non poco le autorità italiane, tanto che il
23 gennaio […] il Ministero degli Interni fece arrivare alla Presidenza del
Consiglio un appunto dettagliato sulla situazione: “Trattasi di gente che,
in grande maggioranza, si dedica ad attività improduttive ed illegali […]
senza vantaggio e anzi con detrimento del Paese che li ospita”»[6].
In effetti, dopo aver preso parte alla guerra partigiana nell’Italia
settentrionale, la ‘Brigata ebraica dell’Esercito britannico’ trasportò
«rifugiati e armi destinate all’addestramento nei campi di transito e ai
combattenti ebrei in Palestina» e facilitò «le azioni di sabotaggio contro
le industrie italiane sospettate di commerciare con i nemici arabi»[7].
Ma l’Italia si trovava in un certo senso con le mani legate, poiché «i
rappresentanti delle organizzazioni ebraiche internazionali “fanno
apertamente comprendere – secondo il funzionario del Viminale autore della
segnalazione – di poter influire, a seconda del nostro atteggiamento,
sull’opinione pubblica americana nei riguardi dell’Italia”»[8].
Inoltre, nei primi anni successivi alla fondazione dello Stato d’Israele (14
maggio 1948), il movimento sionista ebbe come alleati sia gli Usa che l’Urss[9].
Soltanto l’Inghilterra aveva rappresentato un pericolo sino al 1947, quando,
dopo una serie di attentati terroristici ebraici contro di essa, aveva
rinunciato al ‘Mandato’ e solo nel 1948 gli arabi si schierarono apertamente
ed effettivamente contro Israele appena nato[10].
Verso la fine del 1947 e l’inizio del 1948 tre agenti del Mossad
«acquistarono sei navi con cui trasportare le armi [in Israele]. Navi in
gran parte italiane, con bandiera italiana ed equipaggi italiani»[11].
I primi attentati in suolo italiano
Nel 1948 l’obiettivo principale del Mossad non erano più i
profughi, oramai già giunti in Palestina, ma le armi per Israele ed impedire
che gli arabi ne ottenessero in egual misura[12].
Il problema presente era costituito dalla nave Lino battente bandiera
italiana, che conteneva un grosso carico di armi per i siriani. «Dopo
la fine della Seconda guerra mondiale l’Italia era divenuta la base
operativa dei terroristi ebrei dell’Irgun e della Banda Stern
in lotta contro Sua Maestà britannica, e dell’organizzazione
dell’immigrazione ebraica clandestina, madre di uno dei più potenti servizi
segreti del mondo, il Mossad»[13].
La nave partì dal porto di Fiume, raggiunse Molfetta ove dovette fermarsi a
causa del maltempo che imperversava. L’11 aprile del 1948 i quotidiani
italiani davano la notizia di una misteriosa esplosione sulla Lino,
che era stata affondata, ma non distrutta e il cui carico di armi giaceva
sul fondo del porto di Bari verso il quale la nave si era diretta dopo aver
lasciato Molfetta. Damasco, che aveva acquistato legalmente le armi
reclamava, la sua proprietà e l’Italia non poté fare a meno di autorizzare
il recupero delle casse di materiale bellico. Allora «Ada Sereni, oramai
rappresentante ufficiale in Italia dato dai servizi segreti del nuovo Stato
[d’Israele], decise di impedire ai siriani di impossessarsi delle armi
legittimamente acquistate e custodite a Bari»[14].
Grazie al sostegno tacito e occulto dato dai servizi segreti italiani al
Mossad, quando le armi furono ripescate e riposte nel deposito del porto di
Bari e poi caricate nel battello Argiro per essere trasportate verso
la fine di agosto del 1948 in Siria via Beirut, due marinai israeliani
presero il posto di due italiani, che si erano dati per ammalati. Fu allora
che avvenne «un piccolo sabotaggio compiuto da uno dei due militari
israeliani.
Alla richiesta di aiuto del comandante risponde un peschereccio,
casualmente nei dintorni. È un battello del Mossad. Due marinai del
peschereccio salgono a bordo della nave italiana e con l’aiuto di altri
agenti imbarcati non hanno difficoltà ad assumere il controllo e puntare su
Israele»[15].
L’attentato all’Ambasciata britannica i Roma
L’Italia è stata teatro di azioni ancora più eclatanti. Il
30 settembre 1946 a Roma vicino alla Breccia di Porta Pia, in via XX
settembre, venne fatta esplodere una bomba presso l’Ambasciata britannica,
che cercava di far rispettare i patti del ‘Libro Bianco’ del 1939. Tre
uomini del Mossad sistemano due valigie davanti all’ingresso
dell’Ambasciata, contenenti cinquanta chili di tritolo che esplodono la
notte del 30 alle 2 e 34; «l’esplosione è violentissima e distrugge buona
parte dell’edificio»[16],
inoltre «danneggia tutti gli stabili vicini all’Ambasciata […], il portiere
di uno degli stabili è leggermente contuso»[17].
Il 4 novembre l’Irgun rivendica l’attentato, richiamandosi a
Garibaldi, Mazzini e Cavour, “apostoli della guerra per la libertà”. L’Irgun
dopo aver fatto entrare in Palestina migliaia di ebrei, come l’Haganah
e il Mossad aliyah bet, andò oltre e, contro la volontà di Ben
Gurion, «riprese, con estrema durezza, la lotta armata contro le truppe
britanniche presenti sul territorio. Vittime delle azioni in Palestina –
terrorismo, come sarebbe stato subito battezzato dagli inglesi e dallo
Stesso Ben Gurion – sono soldati e civili inglesi, arabi e anche ebrei»[18].
Questa volta in Italia polizia e carabinieri non possono “chiudere un
occhio” e devono andare sino in fondo. Arrestano vari esponenti del Betar
e un militante dell’Irgun. Ma «il 27 novembre un certo professor
Smertenko, vicepresidente della ‘Lega americana per una libera Palestina’,
si rivolge a trentasei corrispondenti della stampa italiana e straniera in
una sala del Grand Hotel di Roma. La conferenza, convocata per
parlare delle condizioni di detenzione di una decina di ebrei all’interno
delle indagini sull’attentato all’Ambasciata britannica, si trasforma
rapidamente in una requisitoria contro le autorità italiane e in una difesa
della libertà di opinione. “La Gran Bretagna ha dichiarato guerra al
popolo ebraico”. E dunque, anche se compiere attentati, come riconosce
l’esponente ebraico, è reato per la legge italiana, non dovrebbe costituire
reato appartenere a un’organizzazione clandestina, come l’Irgun,
soltanto perché minaccia altri attentati contro interessi britannici in
Italia e altrove»[19].
Eric Salerno conclude citando un incontro avuto col professor Yehezkel Dror
dell’Università ebraica di Gerusalemme, studioso dei cosiddetti “regimi
canaglia”, il quale gli disse che «se Gheddafi non fosse esistito,
toccava inventarlo. Era così comodo addossare a lui tutto ciò che di
nefasto succedeva tra il Mediterraneo e l’Africa. Egli non poteva costituire
una vera minaccia per l’Occidente. Così è stato con l’Irgun in
Europa, incolpato di tutte le azioni terroristiche di matrice ebraica. Ma
sia prima della fondazione dello Stato d’Israele sia subito dopo erano
ben altri militanti ebrei e agenti segreti israeliani a colpire nel
cuore dell’Italia»
[20].
I sabotaggi delle industrie di armamenti militari
italiane
Il capitolo VI del libro di Eric Salerno (pp. 83-96) è
dedicato al sabotaggio delle industrie italiane che rifornivano i Paesi
arabi. Il 14 agosto 1948 vi fu all’aeroporto di Venezia un attentato, per
fortuna sventato, contro due aerei destinati all’Egitto (p. 87). Subito dopo
gli egiziani avevano acquistato regolarmente cinque vecchi Dc-3 da una
società di Firenze e il Mossad avrebbe voluto distruggerli prima della loro
partenza, ma per timore che le autorità italiane, onde non perdere un
prezioso acquirente come l’Egitto, non potesse “chiudere un occhio” su tale
vicenda, non se ne fece nulla (p. 88). Il terzo attentato contro la nave
Rosalyn, che caricava regolarmente armi per l’Egitto nel porto di
Genova, abortì poiché uno degli attentatori, Gideon Rosen, si fece scoppiare
in mano l’ordigno che stava preparando (p. 88). Qualche settimana dopo
nell’agosto del 1948 all’aeroporto di Vengono presso Varese, l’Aeronautica
Macchi finì nel mirino dei sabotatori del Mossad. Il Cairo aveva acquistato
dalla Macchi una ventina di caccia modello 205. Si decise di intervenire. Le
basi del Mossad a Nemi e a Milano vennero allertate; l’esplosivo venne
trasferito da Nemi a Milano e il 18 settembre avvenne l’attentato (p. 89),
che “solo per un caso fortunato non ha provocato, oltre ad ingenti danni,
vittime umane” (Corriere della Sera, 19 settembre 1948). Inoltre il
Mossad ebbe contatti con vari esponenti del Msi, la cui nascita fu favorita
dagli Stati Uniti[21],
specialmente con Pino Romualdi,
«che, per sua stessa ammissione, fornì l’esplosivo usato dai terroristi
ebrei per devastare l’Ambasciata britannica a Roma»[22].
Nell’ottica anti-sovietica altri ex repubblichini collaborarono con gli Usa
e Israele, ad esempio Junio Valerio
Borghese[23].
Nel capitolo IX (pp. 117-124) Eric Salerno parla dei rapporti tra il Mossad
e la ‘X Mas’ per affondare le navi della flotta egiziana tramite la tecnica,
sperimentata durante la Rsi, dei “maiali” o piccoli motosiluranti su cui un
incursore sommozzatore sedeva a cavalcioni e lo dirigeva contro una nave
nemica, per lasciarlo a pochi metri dall’impatto. È Ada Sereni a prendere
contatti con alcuni reduci della ‘X Mas’ e uno di essi (Fiorenzo
Capriotti) si occupa di far spedire in Israele sei motosiluranti Mas,
acquistati dal Mossad presso la ‘Cabi Cattaneo’ di Milano (pp. 121-122).
«Sul lago di Tiberiade […], il marò addestra le nuove reclute che avrebbero
sferrato l’attacco all’ammiraglia egiziana Emir Farouk, alla fonda
del porto di Gaza. […] Il successo degli uomini addestrati da Capriotti e
dei ‘maiali’ importati dall’Italia è totale. L’ammiraglia egiziana, con a
bordo reparti scelti pronti a dar man forte alle truppe impegnate nel Negev
per cercare di bloccare il nemico, va a fondo e viene danneggiata anche una
dragamine di scorta» (p. 123).
La nascita dell’aviazione israeliana a Roma
Il capitolo XI (pp. 131-147) tratta della nascita
dell’aviazione da guerra israeliana a Roma, ove nel 1948 presso
l’aeroporto dell’Urbe sulla via Salaria venivano addestrati in segreto, da
piloti italiani e americani, volontari e anche mercenari ebrei, che si
sarebbero ingaggiati nell’aviazione da guerra dello Stato d’Israele. Lì
«aerei da trasporto e altri velivoli più o meno grandi con poche modifiche
venivano trasformati in caccia e bombardieri diretti in Israele» (p. 136).
Inoltre anche l’Urss riforniva di armi Israele, via Roma, servendosi delle
acciaierie Skoda della Cecoslovacchia (Il Messaggero, 6 novembre
1948). I piloti israeliani erano allenati anche in territorio sovietico (p.
137), ma l’Urss riforniva pure i Paesi arabi. «Nel 1992, il pilota
istruttore Guerrini raccontava dalle pagine del Mensile di aeronautica
la storia della scuola da dove uscirono, nel giro di appena nove mesi,
una sessantina di piloti. Nella pratica, all’Urbe nacque l’Aviazione
israeliana» (p. 138).
●Anche i cadetti della Marina militare israeliana
furono addestrati dalla Marina militare italiana. L’Italia voleva aiutare
Israele ma non voleva rompere con gli arabi: «in questo clima fu deciso di
accogliere i cadetti “a condizione tuttavia che da parte israeliana ci si
impegni formalmente a non dare alla cosa pubblicità alcuna”» (p. 154).
Rappresaglia a Roma
Per quanto riguarda la rappresaglia ordinata da
Golda Meir dopo la strage di Monaco nel settembre 1972, si sa
con certezza che il giornalista giordano
Wail Zwaiter, ucciso con dodici
rivoltellate il 16 ottobre del ‘72 a Roma in via Annibaliano n° 4 vicino
piazza Sant’Emerenziana dal commando del Mossad diretto da
Mike Harari, non faceva parte
di ‘Settembre nero’ né si era mai occupato di guerriglia, anzi le era
completamente ostile. Però «il gruppo operativo comandato da Mike Harari,
non aveva il compito di distinguere tra colpevoli o innocenti. L’ordine
arrivato dalla bocca di Golda Meir era di colpire un certo numero di
militanti palestinesi. Che fosse una rappresaglia era chiaro a tutti»[24].
Il risultato ottenuto dal Mossad fu di far cessare ogni altra azione di
‘Settembre nero’.
Validità del principio di causalità
Eric Salerno fa una considerazione che mi sembra non priva
di fondamento: «Separare la causa dall’effetto significa mantenere
nel buio ciò che è molto chiaro e semplice. Non si può fingere di credere
che a Monaco, per esempio, vi sia stata un’esplosione di violenza in una
situazione di pace: la violenza in Medio Oriente è endemica da più di
sessant’anni, precisamente da quando l’Occidente intese assicurare i propri
interessi imperialistici a spese di un popolo i cui interessi non furono,
allora come oggi, tenuti in considerazione»[25].
Vale a dire: senza l’invasione della Palestina nel 1948, non vi sarebbe
stata Monaco 1972, “sine causa nullo effectu” direbbe Aristotele.
‘Argo 16’ e ‘Lodo Moro’
Nel capitolo XVI del suo libro (pp. 191-198) l’Autore parla
dei casi Argo 16 (23 novembre 1973) e Aldo Moro (1973-1978). Argo
16 è il nome dell’aereo italiano con il quale due terroristi, che a
Ciampino si accingevano ad abbattere con missili terra-aria l’aereo El Al
con a bordo Golda Meir, dopo essere stati rimessi in libertà provvisoria,
furono accompagnati il 30 ottobre 1973, clandestinamente, in Libia. Tre
settimane dopo, il 23 novembre 1973 alle sette del mattino Argo 16 si
schiantò al suolo con i suoi quattro componenti dell’equipaggio. «Lo
stesso equipaggio che aveva condotto i palestinesi a Tripoli. Incidente
o attentato? […]. Il generale Gianadelio Maletti […], in presenza del
generale Vito Miceli e di altri ufficiali, si disse convinto che si era
trattato di un atto di sabotaggio compiuto da agenti del Mossad[26].
Anni dopo il generale Ambrogio Viviani, capo del controspionaggio dal 1970
al 1974, sembrava condividere l’ipotesi […]. Sulle pagine del Giornale
Miceli afferma: “Fu fatto esplodere”. Su Panorama Viviani è
ancora più esplicito: “si è trattato di un avvertimento un po’ cruento dei
Servizi d’Israele al governo italiano”» (pp. 192-193). Il giudice della
Procura di Venezia Carlo Mastelloni,
cui fu affidato il caso, ritiene che l’Argo 16 sia stato sabotato e
lega tale attentato oltre al trasporto dei due palestinesi in Libia al patto
o “Lodo Moro”, ossia all’intesa tra il governo italiano, di cui Moro
era allora Ministro degli Esteri, e l’Olp. L’Italia si garantiva l’immunità
da attacchi terroristici palestinesi e in cambio chiudeva un occhio sul
trasporto attraverso il suo suolo di armi ed esplosivi diretti altrove. «Il
patto, ovviamente, non stava bene a Israele. E il sabotaggio di Argo 16
a giudizio di Mastelloni , sarebbe una
ritorsione non soltanto per la liberazione dei due palestinesi
[…], ma un avvertimento legato al complesso delle “concessioni” italiane
ai nemici di Tel Aviv» (p. 194). Inoltre per quanto riguarda il
rapimento e l’uccisione di Aldo Moro nel 1978, secondo ciò che ha rivelato
nel 2005 l’ex vice segretario della DC
Giovanni Galloni, il Mossad e la Cia si erano infiltrati nelle BR in
vista di una «destabilizzazione dell’Italia […] al fine di indurre
l’America a vedere Israele come l’unico punto di riferimento alleato nel
Mediterraneo per averne in tal modo maggiore sostegno in termini
politici e militari» (p. 197).
Conclusione
1°) Se qualcuno vuol saperne
di più, può acquistare il libro di Eric Salerno ed anche gli altri citati.
Ma attenzione a non presumere di poter conoscer tutto delle vicende storiche
che hanno agitato l’Italia dal 1945 ad oggi, come del resto tutta la storia
dell’umanità della quale molti elementi li conosceremo solo al Giudizio
Universale. 2°) Il primo terrorismo non è stato quello degli
integralisti arabi, ma quello dell’estremismo sionista (Irgun),
dietro il quale si è celato spesso il Mossad, che ha colpito in Palestina
sin dal 1937 e anche in Italia e a Roma nel 1946, circa trent’anni prima di
‘Settembre Nero’. 3°) I governi e i Servizi segreti italiani hanno
sempre (e non solo nel ‘dopo-Craxi’) giocato la doppia carta di aiutare
Israele e di non ostacolare apertamente il mondo arabo. 4°) Il
terrorismo israeliano si rifaceva a Mazzini e Garibaldi per giustificare
l’azione armata in vista della libertà di opinione e di possesso della
Patria dei loro antichi antenati, che nel 135 avevano lasciato la
Syria-Palestina: “La Gran Bretagna ha dichiarato guerra a Israele col ‘Libro
Bianco’ del 1939 e Israele si difende con azioni di guerra di liberazione”.
5°) A Roma vi fu una rappresaglia “democratica” nel 1972 contro un
giornalista non terrorista, colpevole di perorare la causa palestinese, ma
l’unica rappresaglia condannata è quella tedesca del 1944 dopo l’attentato
di via Rasella. Tuttavia il “principio di causalità” è universale, quindi
dovrebbe valere anche per la “Cave Ardeatine”: senza via Rasella
(causa) non ci sarebbero state le Ardeatine (effetto). Invece Harari
è un eroe e Priebke un criminale. 6°) Gli anni Settanta o anni di
piombo in Italia sono stati telecomandati dai servizi segreti israeliani,
americani e italiani, che si son serviti anche di bassa manovalanza italiana
di sinistra e di destra per destabilizzare l’Italia in modo che gli Usa non
la considerassero più utile come punto d’appoggio per la politica estera e
la guerra fredda, ma si rivolgessero a Israele e lo finanziassero contro il
terrorismo comunista e arabo quale unico baluardo dell’occidente contro il
pericolo bolscevico (ieri) e arabo (oggi). 7°) Alla larga da servizi
segreti, anche non deviati! Sono quelli più pericolosi.
Don Curzio Nitoglia
Fonte: www.doncurzionitoglia.com
Link: www.doncurzionitoglia.com/italia_israele_mossad.htm
13.03.2010
[1] Ha potuto consultare
anche L’ “Archivio centrale dello Stato” a Roma; la “National
Library” di Sydney; “Museo del Palmach” e dell’ “Hganah”
di Tel Aviv; infine il “Museo dell’immigrazione e della storia navale
israeliana” ad Haifa.