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“RIVOLUZIONE” – Il film documentario

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L 'IMPERATORE DEI NUOVI EQUILIBRI

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A cura di Davide
Il 12 Agosto 2010
72 Views

DI FRANCO CARDINI
ilsole24ore.com

«Auguro all’Italia un tiranno», scriveva ai primi del Novecento «l’omo salvatico» Domenico Giuliotti, nauseato dell’Italietta del suo tempo. Ma che cosa sarebbe necessario nell’Italia odierna, dove spadroneggia non un “tiranno”, bensì un padre-padrone-manager che paradossalmente unisce un potere pressoché illimitato e un vasto consenso a una reputazione sempre più in declino. Può aiutarci, la storia, a individuare nel passato personaggi che siano usciti da impasse del genere? Ohimè: la storia – come dice Altan – non solo non ha nulla da insegnare a nessuno, ma sarebbe lei a dover imparare. Tuttavia, in modo del tutto ludico e ucronico, potremmo provarci.

Prendiamo un personaggio chiacchierato e perfino calunniato, Federico I di Svevia detto “il Barbarossa”: tiranno straniero nella memoria del Berchet e del Carducci, accentratore spregiudicato e conculcatore delle libertà in un film di Renzo Martinelli. La Lega Lombarda lo sconfisse nella battaglia di Legnano del maggio 1176, il papa e i comuni lo costrinsero alla pace ed egli finì col morire miseramente annegato nel 1190 sulle montagne tra Anatolia e Siria, mentre si dirigeva in Palestina per quell’evento che i manuali chiamano “la terza crociata”.

Raccontata così, la sua storia sembra una sequenza di sconfitte e di fallimenti: ma la realtà fu diversa. Esistono analogie tra allora e oggi? Una crisi; una discordia radicata tra gli abitanti della penisola e tra i diversi ceti sociali; un potere centrale oggetto di critiche e di forme varie di disaffezione; una Chiesa potente, ma screditata per motivi morali profondi; la sensazione diffusa che un sistema invecchiato sia arrivato alla fine e che qualcosa di nuovo sia alle porte; un senso di diffuso disorientamento a proposito del domani. In questo quadro è senza dubbio riconoscibile l’Italia tra primo e secondo decennio del XXI secolo; ma anche quella tra ottavo e nono decennio del XII.

Un dato soprattutto colpisce: la necessità, in entrambi i casi, di una svolta politica e della ricerca originale e spregiudicata di nuovi equilibri. È quel che Federico I riuscì a concepire e a realizzare in modo originale ed energico, dopo che la batosta militare del 1176 a Legnano aveva pesantemente compromesso la sua immagine. Il paragone tra l’imperatore e il “cavaliere” è in sé ovviamente grottesco: tuttavia il Berlusconi che insiste sul suo diritto elettoralmente acquisito – e rafforzato da quel che a suo avviso sarebbe un crescente consenso popolare – a proseguire la sua esperienza di governo a dispetto del minaccioso scricchiolare della sua maggioranza e della raffica di scandali che colpisce l’équipe dei suoi collaboratori, mentre d’altra parte i suoi avversari non riescono a trovar un punto d’accordo né ad esprimere un’alternativa convincente rispetto a lui, ricorda obiettivamente e sotto molti aspetti la condizione dell’imperatore: dato addirittura per disperso e per morto all’indomani della battaglia di Legnano e costretto a tornare in Germania anche per affrontarvi il tradimento o comunque l’opposizione di uno dei suoi principali collaboratori, il cugino Enrico il Leone duca di Sassonia (ognuno ha i Gianfranco Fini che si merita).

Chissà se Berlusconi uscirà dalla crisi, e se ciò comporterà un rinnovato equilibrio politico e sociale del paese. Come Federico riuscì nel suo intento, ci è invece noto: con il prestigio carismatico della sua personalità e della corona imperiale e grazie a una tempestiva e convincente ridefinizione della sua linea politico-diplomatica. Negli anni precedenti, il sovrano aveva commesso un grosso errore: le sue scelte autoritarie e accentratrici avevano provocato la concorde reazione dei comuni norditalici che per molto tempo erano stati tra di loro nemici. Milano era riuscita a imporre la sua leadership nella lotta contro di lui.

Federico capì che era inutile cercar di dividere il fronte nemico. Poteva soltanto colpire Milano nell’ipotesi che umiliare la città leader dei coalizzati li avrebbe scompaginati, oppure al contrario farsela amica e prevalere di nuovo grazie all’inattesa alleanza con essa. Scelse questa seconda via, più difficile ma anche più originale. Ma, già da prima, si era rappacificato col papa, l’alleanza col quale aveva permesso fino ad allora ai suoi nemici di considerare la loro causa come spiritualmente giusta e il loro contrasto con l’imperatore come una “guerra santa”. Ulteriore elemento di forza dei comuni era l’appoggio esterno del regno di Sicilia.

L’imperatore mise quindi a segno due colpi magistrali: nel 1177 si accordò con il pontefice, ponendo fine a una tensione che aveva provocato uno scisma e gli era valsa una scomunica. Quindi procedette anche a un’intesa con il sovrano della grande isola mediterranea. Rispetto ai comuni, Federico evitò di cercar l’appoggio di quelli ch’erano stati un tempo i suoi due alleati più sicuri, Pavia e Cremona, ma che negli ultimi tempi lo avevano abbandonato. Con un abilissimo “rovesciamento delle alleanze” si collegò a Milano, sfruttandone l’ascendente sulle altre città.

Nella pace stipulata nel 1183 in terra imperiale, a Costanza, riconobbe sì alle città padane gran parte di quei diritti e di quelle prerogative ch’esse gli avevano già strappato con la forza militare, ma obbligandole praticamente ad ammettere che quegli accordi erano il risultato della sua graziosa benevolenza e della sua generosità di sovrano. Aveva perduto la guerra: seppe vincere alla grande la pace. Federico era quindi entrato in crisi anche perché costretto a sopportare un handicap morale: l’ostilità della Santa Sede. Rifondò la sua credibilità etica rappacificandosi con essa. La società italiana di oggi è in crisi morale in quanto le sue istituzioni, la classe politica, la stessa magistratura hanno perduto prestigio e credibilità: una rifondazione morale e civile si profila necessaria.

Essa dovrebbe partire dall’uscita dalla scena politica di personaggi sui quali gravano forti e non ingiustificati dubbi morali e dalla riforma di un sistema elettorale che ha esautorato le prerogative di controllo degli elettori sulla selezione della classe politica, affidandoli all’arbitrio delle segreterie dei partiti e trasformando obiettivamente la democrazia parlamentare in oligarchia, le scelte elettorali in designazioni legittimate da un consenso plebiscitario.

L’imperatore seppe recuperare prestigio attraverso un accordo con i comuni che riconosceva i reali di forza. La necessità di un rinnovato equilibrio politico nell’Italia odierna passa attraverso la fine dell'”eccezione berlusconiana”: caratterizzata da fatti quali le leggi ad personam, il governo della maggioranza attraverso l’uso continuo e indiscriminato del ricorso alla fiducia, il sistematico abuso da parte del premier delle sue risorse imprenditoriali e mediatiche, l’affermazione di “partiti di plastica” all’interno dei quali non si discute e non si elaborano più idee, il silenzio-assenza di un’opinione pubblica anestetizzata che non sa reagire nemmeno a situazioni scandalose come i casi di corruzione o di collusione con la malavita di alcuni ministri.

Il ritorno al primato della politica e la riconquista delle sue funzioni da parte dell’opinione pubblica appaiono le condizioni urgenti, primarie e necessarie per un ritorno a una sicura legittimità costituzionale e per un recupero della credibilità del nostro assetto civile. Il Barbarossa seppe uscire dalla crisi considerando realisticamente la situazione che gli si era presentata in seguito alla sconfitta militare e individuando le condizioni di un nuovo equilibrio.

L’Italia minacciata dall’impoverimento e dalla disoccupazione, sull’orlo della disgregazione causata dalle spinte secessionistiche e dall’aggravarsi dell’endemica questione meridionale, narcotizzata dallo scollamento fra una classe politica trasformata in “comitato d’affari” oligarchico e un’opinione pubblica demotivata, deve uscire dalla logica distruttiva della lotta per l’appropriazione del potere da parte di lobby incontrollabili e recuperare fiducia e trasparenza. Queste sono le condizioni per l’apertura di una fase nuova nella nostra vita civile.

Franco Cardini
Fonte: www.ilsole24ore.com/
Link: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2010-08-11/limperatore-nuovi-equilibri-080346.shtml?uuid=AYYTErFC
11.08.2010

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