DI MICHAEL HUDSON
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Mentre le organizzazioni sindacali festeggiano la Giornata Anti-Austerità in Europa, i neoliberisti europei alzano la posta:
La maggior parte della stampa ha descritto le dimostrazioni e gli scioperi dei lavoratori in tutta Europa di mercoledì in termini del solito esercizio da parte dei lavoratori del settore dei trasporti di irritare i viaggiatori rallentando i convogli e con grandi moltitudini di persone a sfogare la propria rabbia appiccando incendi. Ma la vicenda non è solo una reazione contro la situazione di disoccupazione e recessione economica. In gioco ci sono le proposte di modificare radicalmente le leggi e le strutture del funzionamento della società europea nella prossima generazione. Se le forze anti-lavoratori avranno successo, manderanno in rovina l’Europa, distruggeranno il mercato interno e renderanno il continente una mera zona depressa. Questa la gravità che ha raggiunto il coup d’état finanziario. E le cose peggioreranno soltanto – rapidamente. Come ha detto John Monks, responsabile della Confederazione Europea dei Sindacati: “Questo è l’inizio della battaglia, e non la fine”.
La Spagna ha ricevuto la maggiore attenzione forte della sua partecipazione di dieci milioni di lavoratori (a quanto pare, metà dell’intera forza lavoro). Tenendo il primo sciopero generale dal 2002, i lavoratori spagnoli hanno protestato contro il governo socialista che sta utilizzando la crisi bancaria (derivata da prestiti immobiliari negativi ed equity negativi sui mutui, e non dall’alto costo del lavoro) come un’opportunità per cambiare le leggi per consentire alle aziende e agli enti governativi di licenziare i lavoratori a piacimento, e di ridurre gradualmente le spese per le pensioni e le attività sociali per pagare di più le banche. Il Portogallo sta facendo lo stesso, e sembra che l’Irlanda farà altrettanto – tutto questo nei paesi le cui banche sono state prestatrici irresponsabili di denaro. I banchieri stanno chiedendo di ricostruire le loro riserve di prestito a spese dei lavoratori, come nel programma del Presidente Obama qui negli Stati Uniti, ma senza tante scuse ipocrite.
Il problema è esteso a tutta l’Europa e ha sicuramente il suo nucleo nella capitale dell’Unione Europea, Bruxelles. Questo è il motivo per cui le maggiori proteste hanno avuto luogo qui. Nello stessa giornata in cui gli scioperanti hanno manifestato, la Commissione Europea neoliberista ha delineato una guerra a tutto campo contro i lavoratori. Dai cinquanta ai centomila lavoratori si sono radunati per protestare contro la proposta di trasformazione delle norme sociali della più grande campagna anti-lavoratori dagli anni Trenta – ancora più estrema dei piani di austerità imposti in passato al Terzo Mondo dal FMI e dalla Banca Mondiale.
I neoliberisti controllano in toto la burocrazia e stanno rivisitando lo slogan di Margaret Thatcher: NCA (Non C’è Alternativa). Ma, naturalmente, un’altra alternativa esiste. Nelle piccole economie baltiche, i partiti che sostengono i lavoratori hanno detto chiaramente che l’alternativa ai tagli di governo è semplicemente quella di annullare il debito, ritirarsi dall’Euro e far saltare le banche. O le banche o i lavoratori – e l’Europa si è appena resa conto si tratta davvero uno scontro alla morte (economica). E la prima prova arriverà il prossimo sabato, quando si terranno le elezioni parlamentari in Lettonia.
La Commissione Europea sta utilizzando la crisi bancaria dei mutui – e l’inutile divieto alle banche centrali di monetizzare i deficit di bilancio dei governi – come un’opportunità per sanzionare i governi e addirittura spingerli al fallimento se non sono d’accordo nel ridurre i salari del settore pubblico. Ai governi è stato detto di prendere soldi a prestito ad interesse dalle banche anziché incamerare introiti tassandole come hanno fatto per cinquant’anni dopo la Seconda Guerra Mondiale. E se i governi non sono in grado di incamerare i soldi per pagare gli interessi, devono chiudere i loro programmi sociali. E se queste chiusure contraggono ancor di più l’economia – e pertanto, le entrate fiscali del governo – allora il governo deve tagliare ancora di più la spesa sociale.
Da Bruxelles alla Lettonia, i pianificatori neoliberisti hanno espresso la speranza che i salari pubblici più bassi si diffondano anche al settore privato. L’obiettivo è quello di contrarre le loro economie decurtando i livelli dei salari del 30 per cento o anche più – a livelli in stile depressione – nella convinzione che questo lascerà un “avanzo maggiore” a disposizione per pagare i servizi di debito. I governi tasseranno i lavoratori – non la finanza, le assicurazioni o l’immobiliare – imponendo nuove tasse sulla nuova occupazione e sulle vendite tagliando nel contempo le pensioni e la spesa pubblica. L’Europa sarà trasformata in una repubblica delle banane.
Questo richiede una dittatura e la Banca Centrale Europea ha assunto questo potere dal governo eletto. Essa è “indipendente” dal controllo politico – celebrata come il “marchio della democrazia” dalla nuova oligarchia finanziaria. Ma come spiega Platone nei suoi dialoghi, che cos’è l’oligarchia se non la fase politica che segue la democrazia? Possiamo solamente aspettarci che la nuova élite al potere si renda ereditaria – abolendo le tasse sulle proprietà terriere, tanto per cominciare – e si trasformi in un’aristocrazia assoluta. “Unitevi alla lotta contro i lavoratori o vi distruggeremo”, è questo che la Commissione Europea sta dicendo ai governi.
Si possono quindi dimenticare le economie di Adam Smith, di John Stuart Mill e dell’Epoca Progressista, dimenticare Keynes e le tradizioni socialdemocratiche del ventesimo secolo. L’Europa sta entrando in un periodo di dominio neoliberista totalitario. Questo è stato inevitable dopo le prove generali compiute in Cile nel 1973. Dopotutto, non si possono avere “liberi mercati” in stile neoliberista senza un controllo totalitario. E dopotutto, in questo consistevano gli scioperi e le dimostrazioni di mercoledì. La guerra di classe è ritornata in Europa – per vendicarsi!
Si tratta di un suicidio economico, ma l’UE si attiene alla sua richiesta che i governi dell’Eurozona debbano mantenere i propri deficit di bilancio sotto il 3% del PIL – e il loro debito complessivo sotto il 60% del PIL. Non devono innalzare tasse sulla ricchezza ma solo sui lavoratori e sui consumi (attraverso imposte sulle vendite). E, allo stesso tempo, devono tagliare drasticamente salari e pensioni, tagliare la spesa pubblica e l’occupazione, e contrarre l’economia.
Quando un problema economico è economicamente distruttivo come in questo caso, può essere solamente imposto come ricatto economico. Mercoledì l’UE ha approvato una legge per sanzionare i governi fino allo 0,2% del PIL se non “correggono” i loro deficit di bilancio imponendo un’austerità fiscale. Le nazioni che prendono soldi a prestito per dedicarsi ad una spesa anticiclica “in stile keynesiano” che fa aumentare il livello del debito pubblico al 60% del PIL dovranno ridurre le eccedenze del 5% ogni anno – oppure dovranno subire una dura punizione. E, a differenza delle banche centrali di tutto il mondo, alla Banca Centrale Europea è vietato monetizzare dai governi del settore pubblico. Questi governi devono prendere denaro a prestito dalle banche, consentendo a questi istituti di creare il loro debito a interesse sulle proprie tastiere invece di farlo fare, senza alcun costo, alla loro banca centrale. La privatizzazione finanziaria e il monopolio nella creazione del credito che i governi ceduto alle banche ora vengono fatti pagare – al prezzo di spaccare l’Europa.
I membri non eletti della Banca Centrale Europa (BCE, indipendente dalla politica democratica ma non dal controllo delle sue banche commerciali membre) ha assunto i poteri di pianificazione dal governo eletto. Grata al suo gruppo di sostenitori, ossia il settore finanziario, la BCE ha avuto ben poche difficoltà a convincere la Commissione Europea a sostenere la nuova morsa del potere oligarchico. Minaccia di sanzionare gli stati dell’Eurozona fino allo 0,1% del loro PIL se non obbediscono ai suoi consigli neoliberisti – apparentemente per “correggere” questi squilibri. Ma la realtà, ovviamente, è che ogni “cura” neoliberista peggiora soltanto le cose.
Invece di aumentare i livelli dei salari e del tenore di vita come requisiti indispensabili per una maggiore produttività dei lavoratori, la Commissione Europea “monitorerà” i costi del lavoro sul presupposto che l’aumento dei salari possa pregiudicare la competività anziché aumentarla. L’ampio spettro di spazzatura economica neoliberista è stato messo in azione. Se i membri dell’euro non riescono a deprezzare le loro valute, allora devono combattere i lavoratori – ma non tassare le proprietà immobiliari, la finanza e gli altri settori che vivono sulle rendite, non regolamentare i monopoli e non fornire servizi pubblici che possono poi essere privatizzati a costi molto maggiori. La privatizzazione non viene considerata un intralcio alla competititività – solo l’aumento dei salari, indipendentemente da considerazioni di produttività.
Questa politica economicamente distruttiva è stata testata soprattutto nei paesi baltici, utilizzando paesi come la Lettonia come cavie per vedere quanto possono essere schiacciati i lavoratori prima di reagire politicamente. La Lettonia ha dato carta bianca alle politiche neoliberiste imponendo tasse con un’unica aliquota del 51% ai lavoratori, mentre le proprietà immobiliari vengono tassate solamente all’1%. Gli stipendi del settore pubblico sono stati ridotti del 30%. I lavoratori nella fascia d’età dai 20 ai 35 anni stanno emigrando a frotte. Le aspettative di vita si stanno riducendo. I livelli di malattie sono in aumento. Il mercato interno interno si è contratto, così come la popolazione europea – come accadde negli anni Trenta quando il “problema popolazione” costituì una forte riduzione nella fertilità e nei livelli delle nascite (soprattutto in Francia). Ed è ciò che avviene nelle depressioni economiche.
Prima è arrivato il saccheggio dell’Islanda da parte dei suoi stessi banchieri, ma la grande notizia è stata la Grecia. Quando il paese è entrato nell’attuale crisi fiscale, i funzionari dell’Unione Europea avevano suggerito di emulare la Lettonia, che è come il bambino menomato dalla devastazione economica neoliberista. La teoria alla base è che nella misura in cui i membri dell’euro non possono svalutare la propria valuta, devono affidarsi ad una “svalutazione interna”: taglio degli stipendi, delle pensioni e della spesa sociale. E’ riducendo gli stipendi, apparentemente per “liberare” maggiori entrate per pagare i debiti enormi che gli europei si sono sobbarcati per pagare le proprie abitaziuoni, per pagare l’istruzione (fino ad ora fornita gratuitamente in molti paesi come la Stockholm School of Economics lettone), i trasporti ed altri servizi pubblici che sono stati privatizzati (ad un ritmo davvero sostenuto – che i privatizzatori giustificano sottolineando le cifre enormemente sproporzionate che hanno dovuto pagare ai banchieri e ai finanziatori per acquistare le infrastrutture svendute dai governi, e verso cui neoliberisti hanno imposto di bloccare la tassazione della ricchezza).
Il risultato è la contrazione economica. L’Europa sta compiendo un suicidio economico – oltre che un suicidio demografico e fiscale. Ogni tentativo di “risolvere” il problema di questa contrazione in stile neoliberista, peggiora soltanto le cose.
I dipendenti pubblici della Lettonia hanno visto una decurtazione del 30 per cento dei loro stipendi nell’ultimo anno, e i banchieri centrali mi hanno detto che stanno cercando di tagliare ulteriormente, nella speranza che vengano abbassati anche gli stipendi nel settore privato. Quello che stanno provocando questi tagli, e non c’è da meravigliarsi, è uno stimolo all’emigrazione – e la distruzione del mercato immobiliare, portando ad insolvenze, pignoramenti e un flusso di debitori dal paese. L’emigrazione è guidata da giovani lavoratori in cerca di occupazione nell’economia contratta. Si da il caso che le condizioni di lavoro in Lettonia siano le più neoliberiste d’Europa, vale a dire, pericolose, sgradevoli e quasi neofeudali.
Tanto per cominciare, nell’Action Day di ieri c’è stato il solito blocco dei trasporti e alle 13:00 un concerto di clacson di accompagnamento nella capitale della Lettonia, Riga, per 10 minuti, per fare sapere all’opinione pubblica che qualcosa stava davvero avvenendo. La cosa più importante che è che le elezioni parlamentari si terranno questo sabato 2 ottobre (*), e alla coalizione di opposizione, Centro dell’Armonia, viene chiesto di portare avanti un un sistema fiscale e una politica economica alternativi alle politiche neoliberiste che hanno ridotto così duramente i salari dei lavoratori e le condizioni nei luoghi di lavoro – oltre alle condizioni delle infrastrutture pubbliche – negli ultimi dieci anni.
All’incirca 10.000 lettoni hanno partecipato ai comizi di protesta, dalla capitale Riga alle città più piccole come parte del “viaggio all’interno della crisi”. Sei organizzazioni sindacali indipendenti e il Centro dell’Armonia hanno organizzato un comizio al parco Esplanade di Riga che ha attirato dai 700 agli 800 dimostranti, cifra relativamente importante per una città così piccola. Un’altra protesta sindacale ha visto all’incirca 400 dimostranti riuniti davanti al Gabinetto dei Ministri, dove il programma di austerità lettone è stato pianificato e portato avanti.
Per sottolineare il problema economico, un giro organizzato in autobus ha portato i giornalisti a vedere le vittime – scuole e ospedali chiusi, edifici governativi i cui dipendenti si erano visti decurtare gli stipendi e la forza lavoro ridimensionata. Folle di persone si sono radunate riaccendendo la rabbia manifestata nel freddo periodo di metà gennaio dello scorso anno quando i lettoni erano scesi in strada per protestare contro l’inizio di questi tagli.
Queste dimostrazioni sembrano aver dato un maggior consenso ai sempre più presenti sindacati militanti, guidati da centinaia di sindacati individuali che appartengono all’Associazione Sindacati Indipendenti. L’altra organizzazione sindacale – la Free Trade Unions (LBAS) nel giugno 2009 ha perso la faccia avallando i tagli del 10% sulle pensioni proposti dal governo (e per la verità, anche il taglio del 70% per i pensionati lavoratori). La corte costituzionale lettone è stata sufficientemente indipendente da annullare queste misure lo scorso dicembre. E se il governo cambierà davvero sabato, il conflitto tra la Rivoluzione Neoliberista e la riforma progressiva classica degli ultimi secoli verrebbe alla luce.
La Rivoluzione Neoliberista cerca di ottenere in Europa ciò che è stato raggiunto negli Stati Uniti fin dal 1979, quando i salari reali hanno cessato di aumentare. Lo scopo è quello di raddoppiare la quota relativa di ricchezza goduta dall’1% più ricco e questo comporta ridurre in povertà la popolazione, spaccare le forze sindacali, distruggere il mercato interno come requisito indispensabile per poi dare la colpa di tutto al “Signor Mercato”, forze inesorabili che si celano dietro la politica, puramente “obiettivo” invece che la morsa del potere politico.
In realtà, non è esattamente il “mercato” che sta favorendo questa distruttiva austerità economica. Il Centro dell’Armonia della Lettonia dimostra che esiste un modo molto più semplice per dimezzare i costi del lavoratori piuttosto che a ridurne i salari: spostare semplicemente il peso fiscale dal lavoro alle proprietà immobiliari e ai monopoli (soprattutto le infrastrutture privatizzate). Questo lascia un minore avanzo economico da capitalizzare in prestiti bancari, abbassando di conseguenza i prezzi dell’immobiliare (l’elemento più importante delle spese dei lavoratori), e i prezzi dei servizi pubblici (con i proprietari che ottengono i propri rendimenti sotto forma di rendimenti sul patrimonio anziché fattorizzare oneri di interesse nel loro costo di attività). La deducibilità fiscale dell’interessa verrà abrogata – non c’è nulla di intrinsecamente “dettato dal mercato” con questo sussidio fiscale per la leva del debito.
Non c’è alcun dubbio sul fatto che molte econonomie post-sovietiche si troveranno costrette a doversi ritirare dall’Eurozona anziché assistere ad un flusso di lavoro e di capitali. Esse rimangono l’esempio più estremo dell’Esperimento Neoliberista di vedere quanto una popolazione può sopportare la drastica riduzione del proprio tenore di vita prima di ribellarsi.
Michael Hudson
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=21263
30.09.2010
Traduzione a cura di JJULES per www.comedonchisciotte.org