DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero
Sono in buona compagnia, e ne sono orgoglioso, come persona e come blogger attivo.
Anche perchè sono stato l’unico nell’intero web italiano ad aver tenuto duro.
Da oggi, siamo in due a difendere e sostenere pubblicamente Francois Hollande.
Dopo cinque articoli molto ben argomentati, complessi, variegati, spesso molto tecnici, il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, da ieri mattina è ufficialmente sceso in campo -a livello politico internazionale- per sostenere che “la Repubblica di Francia e monsieur Hollande sono vittime di un complotto del mondo della finanza e delle oligarchie politiche europee perchè la Francia è l’unica nazione d’Europa che sta diminuendo il proprio disavanzo pubblico, sta migliorando i propri conti, è perfettamente in linea con i parametri europei, ma ha un difetto grave che nessuno gli perdona: ha salvato e sta salvando e intende salvare lo Stato Sociale della sua nazione”.
Forse, grazie a Paul Krugman, da oggi, sarà possibile parlare di Hollande anche in Italia, (anche se ci credo poco) essendo il francese il leader europeo più censurato in assoluto nell’intero continente. Di lui, in Italia, non si può mai parlarne bene, neppure (e soprattutto) in rete. Potete scrivere di tutto, esaltare Adolf Hitler, Josif Stalin, essere nostalgici delle brigate rosse, incitare la gente alla violenza, ma non potete scrivere mai che la Francia -dopo dieci giorni che Hollande era entrato all’Eliseo- ha iniziato a cambiare rotta in Europa.
Questo è vietato, non si può neppure proporne il dibattito.
Quando nell’estate del 2012 (e il sottoscritto era davvero una persona modesta che contava poco o niente) scrissi un post esaltando l’attività di Hollande in Francia, spiegando che cosa stava facendo, che impatto avrebbero avuto le sue decisioni sul popolo francese, e quindi anche per noi italiani, raccontando come -pur nelle mille difficoltà- l’attività del premier francese stava dimostrando che il taglio alla spesa pubblica e le manovre di austerità non necessariamente passavano attraverso il massacro degli investimenti nel campo dell’istruzione, della sanità e della cultura (come stava e sta avvenendo in Italia) venni attaccato con una tale virulenza da lasciarmi sconcertato. Venne scomodato perfino un tecnocrate che lavora per la Banca Mondiale e che risiede in Svizzera perchè “denunciasse” questo blog come produttore di falsità. Ricevetti una valanga di lettere e di insulti, addirittura di minacce, e sulla rete si scatenò una impressionante catena di post finalizzati alla delegittimazione di ciò che affermavo, sostenendo la negazione di ciò che Hollande stava facendo nella vicina (e per tanti aspetti a noi simile) Francia.
La mia sorpresa fu tale che non mi resi conto subito, lì per lì, di che cosa si trattasse, anche perchè il mio post di allora era davvero all’acqua di rosa. Strada facendo, però, mi resi conto del significato di “vivere sotto una totale dittatura mediatica”.
In Italia, non era possibile neppure parlare di ciò che stava accadendo in Francia.
Nessuno, in questo paese, negli ultimi quindici mesi ha mai neppure scritto un rigo sul modello francese.
E così, in Italia si è sorvolato sull’incontro tra Hollande e la troika nel corso del quale il premier francese ha chiesto (e ottenuto) il permesso di sforare il 3% “fino alla cifra che riterremo opportuna per gli interessi della Francia” rimandando il pareggio di bilancio al 2015.
L’ha fatto Hollande, lo potevano fare Mario Monti ed Enrico Letta.
Sarebbe stato sufficiente convocare la troika, un mese fa, -invece che farsi convocare- pretendere di rimandare la scadenza europea al 2015 avvalendosi del precedente francese e sostenere “o ci date una deroga e ci consentite quindi di investire 100 miliardi di euro per pagare i debiti alle piccole e medie imprese immediatamente oppure noi usciamo dall’euro domattina”. La troika si sarebbe arresa.
Ma per poter dire questa frase era necessario avere attributi solidi, non quelli di plastica di cui è fornita la nostra classe dirigente politica, voleva dire avere a cuore il destino della nazione.
Ieri mattina, in una conversazione pubblica e aperta all’università di New York, il Nobel Paul Krugman ha raccontato con dovizia di particolari un tragico incontro tra Van Rompuy, Olli Rehn e Hollande circa due mesi fa quando la Francia presentò i propri conti e bilancio alla commissione europea: erano tutti a posto e in linea con le richieste. Ma sia Van Rompuy che Olli Rehn contestarono le misure “per come erano state fatte”. Perchè Hollande aveva alzato le tasse ai super-ricchi, perchè aveva alzato le tasse sulle rendite finanziarie, perchè aveva dimezzato i costi della politica, aveva aggredito decurtandoli gli stipendi dei grossi manager pubblici, e il risparmio così ottenuto invece di investirlo per rifinanziare le proprie banche lo aveva dirottato nell’istruzione pubblica, nella ricerca scientifica, nella salvaguardia e cura del patrimonio artistico nazionale, avviando un piano di recupero del territorio e di sostegno per la disoccupazione intellettuale, quest’ultima (per la Francia) una priorità assoluta di cui occuparsi.
Cercate di comprendere bene la sottigliezza dell’argomentazione della troika: NON vennero contestati i conti che erano a posto, ma venne contestato il principio sulle modalità usate per ottenere il beneplacito della commissione europea: per la troika non era accettabile l’idea che lo stato sociale venisse salvaguardato, addirittura implementato, quindi in realtà ciò che conta non è che i conti siano a posto: ciò che davvero conta è che i conti siano a posto solo e soltanto se contemporaneamente aumenta la disoccupazione e le risorse non vengono investite nei campi dell’istruzione pubblica, della sanità pubblica, della ricerca scientifica.
Questo è il punto.
Esistono alternative se uno le vuole trovare.
Così come esisterebbero -domani mattina- le risorse finanziarie per poter varare immediatamente una legge sul reddito minimo di cittadinanza per 600 euro a testa, come richiesto ufficialmente dal M5s.
La proposta dei parlamentari pentastellati spiega, nel dettaglio, come e dove trovare i soldi. Subito, se uno lo vuole fare.
L’articolo di Paul Krugman, che trovate qui nella sua integrità, pubblicato questa mattina sul New York Times (1) ha avuto un impatto politico esplosivo in tutto l’occidente (Italia esclusa, visto che da noi prosegue l’attività censoria nei confronti di tutto ciò che accade in Francia).
Krugman, infatti, sostiene che “French fiscal prospects (2) look distinctly nonalarming. The budget deficit has fallen sharply since 2010, and the International Monetary Fund expects the ratio of debt to G.D.P. to be roughly stable over the next five years”.
Tradotto, conti alla mano, vuol dire che la situazione contabile della Francia è a posto.
Ma Standard & Poor’s ha declassato il rating della Francia.
E Krugman l’ha denunciato come “manovra politica destabilizzante”.
E’ stata punita per aver “osato” salvaguardare lo stato sociale.
E’ la prima volta che un economista di punta americano, nonchè consulente della Casa Bianca, e professore e maestro di colei che tra trentadue giorni andrà a guidare la Federal Reserve Usa, sbugiarda i ratings americani denunciandone l’uso politico.
La vera guerra in corso è tra gli oligarchi del privilegio e la cittadinanza che lavora.
I due fronti bellici sono molto chiari e netti e la scelta è molto semplice.
Il mondo, ormai, si divide tra chi fa la guerra contro i poveri e chi fa la guerra contro la povertà.
In Francia hanno scelto di schierarsi contro la povertà.
E per loro (come li invidio) il primo step passa attraverso la valorizzazione della propria Cultura.
Perchè l’Italia non lo ha fatto?
Perchè l’Italia non ha aperto il dibattito?
Perchè in Italia non se ne parla?
Perchè, nel nostro paese, è vietato parlare del modello francese?
Pensateci su.
Ci dovrà pur essere una ragione!.
Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/11/krugman-denuncia-il-complotto-europeo.html
11.11.2013
1) http://www.nytimes.com/2013/11/11/opinion/krugman-the-plot-against-france.html?_r=1&
2) http://www.imf.org/external/pubs/ft/fm/2013/02/pdf/fm1302.pdf