DI DAVID WALSH
World Socialist Web Site
Nella foto: Il villaggio di Khiam nel Sud Del Libano colpito dalle bombe israeliane
25.07.06 (Reuters)
Il 25 luglio, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno lanciato un forte attacco contro un avamposto delle Nazioni Unite nel Libano meridionale. In cinque ore, la postazione dell’UNTSO (Organizzazione delle Nazioni Unite per la Supervisione dell’armistizio – creata nel 1948) è stata colpita almeno 16 volte, secondo le agenzie di stampa, compresi 5 colpi diretti alla base. Il personale disarmato, affermano ufficiali dell’Onu, ha ripetutamente contattato l’esercito israeliano e li ha implorati di fermarsi.
Il Los Angeles Times riporta: “Ufficiali Onu che hanno riunito qui i giornalisti hanno detto che l’attacco è iniziato intorno alle 13:20. Si è perso il contatto radio con la postazione intorno alle 19:30 quella sera. Durante quelle ore, gli ufficiali Onu hanno chiamato almeno una mezza dozzina di volte la missione israeliana all’Onu per cercare di far smettere l’attacco, ha detto un ufficiale anziano. Altre chiamate vennero fatte all’esercito israeliano da parte di generali Onu sul campo chiedendo ad Israele di cessare il fuoco.”
Le chiamate sono state ignorate e alla fine l’IDF è riuscita a centrare con un colpo diretto l’edificio ben segnalato, radendolo al suolo e uccidendo quattro osservatori, provenienti da Canada, Finlandia, Austria e Cina. I corpi di tre degli osservatori di Khiam sono stati recuperati, ma il quarto è sepolto sotto le macerie. L’equipaggiamento pesante non può raggiungere il luogo a causa dei continui bombardamenti israeliani, ha detto la UNIFIL (Forza Provvisoria in Libano delle Nazioni Unite – creata nel 1978), che di solito lavora con l’UNTSO.
In seguito alle uccisioni, e all’ovvia affermazione del Segretario Generale dell’Onu Kofi Annan che l’attacco può soltanto essere stato voluto, il governo israeliano, insieme alle scuse di rito, si è ipocritamente difeso dalle accuse di Annan. Yigal Palmor, portavoce del ministro degli esteri israeliano ha suonato la solita musica: “Per qual mai motivo dovremmo attaccare deliberatamente gli osservatori Onu? Quale vantaggio ci sarebbe sia a livello militare che a livello politico, perché è ovvio che ciò sarebbe dannoso.”
Il Jerusalem Post, uno dei perniciosi megafoni dell’establishment politico israeliano, ha fatto eco ai commenti di Palmor: “E perché, di grazia, Israele prenderebbe di mira la UNIFIL (in realtà UNTSO)? Forse che Annan sta suggerendo una sorta di sadismo anti-Onu israeliano, o che Israele ha qualche ragione per prendere di mira la UNIFIL nella sua guerra contro Hezbollah?”
L’argomento che un tale attacco “non porterebbe alcun vantaggio” ad Israele è evidentemente assurdo. Nemmeno l’attacco al Libano, la morte di centinaia di civili, il ferimento di migliaia, l’esodo di quasi un milione di persone e la distruzione delle infrastrutture di quel Paese “ha portato alcun vantaggio a Israele” agli occhi dell’opinione pubblica, ma questo non ha fermato il regime di Tel Aviv e la sua IDF assassina.
Per qual mai motivo l’esercito israeliano attaccherebbe l’UNTSO o l’UNIFIL? Si potrebbe pensare a un gran numero di eccellenti ragioni.
Gli apologi del regime sionista rischiano sempre troppo per le carte che hanno in mano, quando commentano la questione. Rifiutando persino la possibilità che Israele possa essere colpevole di un tale orrendo crimine, loro continuano invariabilmente a mostrare la loro totale ostilità alla forza Onu, contestando il fatto che gli osservatori internazionali sono stati più o meno uno scudo, se non un complice diretto, delle attività di Hezbollah.
Così, gli editori del Jerusalem Post, nel pezzo citato, chiedono un’inchiesta che determini come sia stato possibile che “l’UNIFIL non abbia aperto bocca mentre un’organizzazione terrorista ammassava migliaia di razzi il cui uso non provocato ha ucciso e ferito decine di israeliani e scatenato questa guerra… Ci spetta di più: una inchiesta indipendente e di alto profilo che spieghi come le forze UNIFIL siano divenute scudi umani per l’esercito terrorista che avrebbero dovuto smantellare.”
Dan Gillerman, ambasciatore israeliano all’Onu, è andato oltre, affermando – secondo la Associated Press – che le strutture della forza di pace Onu “a volte sono state usate come coperture dai miliziani Hezbollah”. “Non è mai stata in grado di prevenire alcun bombardamento contro Israele, alcun attacco terrorista, alcun rapimento” ha commentato a New York. “O non vedevano o non sapevano o non volevano vedere, comunque sono stati inadeguati”, ha detto Gillerman.
Dato che un importante diplomatico israeliano accusa gli osservatori Onu di collaborazione, voluta o meno, con Hezbollah, perché ci si dovrebbe stupire di un deliberato assalto della IDF contro l’avamposto Onu? Secondo la logica di Gillerman, un assalto del genere sarebbe assolutamente legittimo. C’è una lunga storia di tali attacchi. Nel 1996 gli Israeliani hanno massacrato più di 1000 civili che tentavano di trovare rifugio in una struttura UNIFIL di Qana, a sud-est di Tiro. Anche in quel caso la IDF ha dichiarato che fu un errore.
In ogni caso, gli Israeliani hanno buoni motivi pratici per attaccare gli osservatori Onu. Primo, rimuovere testimoni della loro invasione del Libano e dei crimini di guerra che stanno compiendo contro la popolazione civile del Libano. Secondo, rendere chiaro il loro atteggiamento nei confronti di qualunque interferenza internazionale nelle loro operazioni. Gli Israeliani hanno negato all’Onu, la vittima, di avere alcun ruolo nell’inchiesta sulla distruzione dell’avamposto UNTSO. Con tutto ciò, stanno inviando il messaggio che qualunque forza “di mantenimento della pace” inviata nella regione deve stare del tutto sotto il tallone di Tel Aviv.
Questo atteggiamento non è per niente nuovo. La fedina penale israeliana rappresenta una sfida da gangster non solo alle Nazioni Unite ma, più in generale, alla legge internazionale. I sionisti hanno coerentemente rifiutato qualsiasi possibilità che lo stato di Israele debba essere vincolato nella sua scelta dei metodi, non importa quanto violenti, di ottenimento del proprio interesse. Nel suo sito web ufficiale, la Missione Permanente di Israele all’Onu ha un documento, “Israele e l’Onu – Una non facile relazione”, che accusa l’Assemblea Generale di “una lunga tradizione di additare Israele” per i suoi abusi dei diritti umani contro i Palestinesi. Certamente, i vari regimi arabi hanno un passato di esibizionismo all’Onu, denunciando ad alta voce i crimini del regime sionista, mentre cedevano su tutta la linea alla continua oppressione del popolo palestinese.
Sebbene la Dichiarazione di Indipendenza israeliana del maggio 1948 sia stata ufficialmente resa possibile da una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’Onu del novembre precedente, i leader sionisti entrarono in conflitto con i loro sponsor internazionali sin dall’inizio. Erano insoddisfatti della spartizione proposta dell’Onu ed erano spinti da una ambizione molto più grande, che il mondo ha visto svelarsi nel corso degli ultimi 60 anni.
L’uccisione del Conte Bernadotte
Quando i piani e le preoccupazioni delle Nazioni Unite si scontrarono con le ambizioni dei sionsti, quest’ultimi erano preparati a ricorrere alla violenza ed al terrorismo per ottenere i loro scopi. Uno dei primi atti criminali commessi contro l’Onu da parte dei movimento sionista è stato l’assassinio del Conte Folke Bernadotte, il 17 settembre 1948.
Bernadotte (nato nel 1895) era un diplomatico svedese, nipote del re Gustavo V, che si è distinto a capo della Croce Rossa svedese durante la seconda guerra mondiale. Ha usato quella posizione per negoziare con il gerarca nazista Heinrich Himmler e salvare 15-20.000 ebrei e non solo, soprattutto scandinavi, dai campi di concentramento. Verso la fine della guerra, Bernadotte ha ricevuto da parte di Himmler l’offerta della resa della Germania a Usa e Inghilterra a condizione di poter continuare la sua guerra contro l’Urss.
Il 20 maggio 1948 (sei giorni dopo la dichiarazione di indipendenza di Israele), Bernadotte prese l’incarico di mediatore delle Nazioni Unite in Palestina. Il suo mandato era di “promuovere un pacifico aggiustamento della futura situazione in Palestina” e permettere un negoziato oltre i termini del Piano di Spartizione.
Nell’estate del 1948 fu inviato dall’Onu a trattare un cessate il fuoco tra Israele e gli Stati arabi che lo avevano attaccato. L’11 giugno, riuscì a organizzare un cessate il fuoco di 30 giorni. Durante la tregua dei combattimenti, Bernadotte “mise sul tavolo la sua prima proposta per risolvere il conflitto. In realtà, stava per segnare il proprio destino. La colpa di Bernadotte, dal punto di vista degli zeloti ebrei, fu includere nella sua proposta del 28 giugno la possibilità che Gerusalemme fosse posta sotto il controllo della Giordania, poiché tutta l’aerea intorno alla città era stata destinata allo Stato arabo.” (Donald Neff, Washington Report on Middle East Affairs WRMEA).
Altre ulteriori proposte di Bernadotte, pubblicate dopo la sua morte, includevano la garanzia che il deserto del Negev sarebbe andato al progettato Stato arabo e la Galilea allo Stato ebraico; la garanzia che il controllo sulle sezioni arabe della Palestina sarebbe andato agli Stati arabi (in pratica, la Transgiordania); la sicurezza che il porto di Haifa e l’aeroporto di Lydda avrebbero servito le porzioni sia araba che ebraica del Paese, come anche i confinanti Stati arabi; il ritorno dei rifugiati arabi alle loro case; la nomina di un Comitato di Riconciliazione come primo passo verso il raggiungimento di una pace duratura nella regione.
Dato il carattere reazionario del piano di spartizione e la determinazione delle potenze imperialiste occidentali di stabilire in Israele un avamposto per i loro interessi geopolitici, ed anche un baluardo contro la rivoluzione anti-colonialista nel Medio Oriente, senza dubbio il piano di Bernadotte era utopistico. Tentava, senza possibilità, di democratizzare un’impresa profondamente anti-democratica.
Nondimeno, alla luce di sei decadi di occupazione del territorio e di continua aggressione da parte di Israele, e le attuali posizioni delle grandi potenze, le proposte sembrano nettamente progressiste.
La reazione delle organizzazioni sioniste al piano di Bernadotte su Gerusalemme era prevedibile.
“Il piano di spartizione dell’Onu aveva dichiarato Gerusalemme una città internazionale, che non sarebbe stata né degli Arabi né degli Ebrei. Ma i terroristi ebrei, compreso il futuro primo ministro israeliano Yitzhak Shamir membro del LEHI, conosciuto col nome di Banda Stern, e Menachem Begin, il leader del più grande gruppo terrorista, Irgun Zvai Leumi – Organizzazione Militare Nazionale, noto anche con l’acronimo ebraico ‘Etzel’ – avevano rifiutato la spartizione e rivendicato tutta la Palestina e la Giordania per lo stato ebraico. Questi estremisti ebrei provarono orrore di fronte alla proposta di Bernadotte.
“Prima di luglio gli Sternisti stavano già minacciando l’assassinio di Bernadotte. L’editorialista del New York Times C.L. Sulzberger ha scritto di un incontro con due membri della Banda Stern il 24 luglio, che affermarono: ‘Intendiamo uccidere Bernadotte e qualsiasi altro osservatore in divisa delle Nazioni Unite che venga a Gerusalemme.’ Interrogati sul motivo, ‘Risposero che la loro organizzazione era determinata a prendere possesso di tutta Gerusalemme per lo stato di Israele e che non avrebbe tollerato alcuna interferenza da parte di entità nazionali o internazionali’” (Neff, WRMEA).
Il LEHI (Lohamei Herut Yisrael – Combattenti per la Libertà di Israele), la Banda Stern (così chiamata da Avraham “Yair” Stern), era un gruppo nazionalista-fascista, che voleva la fondazione di un “regno ebraico dal Nilo all’Eufrate.” Dopo la morte di Stern in mano alla polizia britannica nel febbraio 1942, il gruppo creò una nuova struttura di comando, ma “il terrorismo continuò ad essere la linea guida dell’organizzazione” (www.jewishvirtuallibrary.org). Entrò in conflitto con altre organizzazioni maggioritarie, compresa Haganah, il gruppo sionista militare clandestino dal 1920 al 1948.
Il 6 novembre 1944, due membri della Banda Stern assassinarono al Cairo Lord Moyne, il Ministro Britannico per gli Affari nel Medio Oriente. Anche il LEHI mise una bomba nelle officine della ferrovia di Haifa, nel giugno 1946. Nel dicembre 1947, il movimento di Begin, Etzel, lanciò delle bombe da una macchina in mezzo ad una folla di alcune centinaia di arabi, uccidendone sei e ferendone 42. Emulando Etzel, il giorno dopo Haganah portò a termine un attacco simile in una città dove vivevano i lavoratori arabi di una raffineria, uccidendo 60 tra uomini, donne e bambini.
L’assassinio di Bernadotte venne deciso e pianificato da tre capi della Banda Stern, compreso Shamir, che sarebbe divenuto primo ministro di Israele nel 1983. Sebbene il LEHI ufficialmente fosse stato sciolto e fosse confluito nelle Forze di Difesa Israeliane alla fine del maggio 1948, il gruppo di Gerusalemme della Banda Stern rimase una organizzazione indipendente, convinto che il destino di quella città non era ancora stato deciso.
Il LEHI definì Bernadotte un agente britannico e un collaborazionista dei nazisti. (Apparentemente gettava un velo sul fatto che le organizzazioni sioniste ebbero estese relazioni con i nazisti, anche con il gerarca Adolf Eichmann, durante la seconda guerra mondiale). “L’organizzazione considerava il suo piano una minaccia al suo obiettivo, un Israele indipendente con un territorio allargato a entrambe le sponde del fiume Giordano” (www.palestinefacts.org).
Il 17 settembre 1948, il convoglio di Bernadotte, composto di tre auto, venne fermato ad un piccolo blocco stradale a Gerusalemme Ovest, controllato dagli ebrei. Due uomini spararono alle gomme delle automobili e un terzo fece fuoco con una pistola attraverso il lunotto posteriore aperto della macchina di Bernadotte. Il mediatore Onu fu colpito da sei proiettili e morì sul colpo, insieme ad un ufficiale francese seduto al suo fianco.
Nessuno è mai stato accusato degli omicidi, benché i mandanti fossero ben noti. Natan Yellin-Mor e Mattityahu Shmuelevitz, capi della Banda Stern, furono accusati di appartenenza ad una organizzazione terrorista. Giudicati colpevoli, furono immediatamente rilasciati e graziati – Yellin-Mor nel frattempo era stato eletto al parlamento israeliano. Shamir non è mai stato processato per il suo ruolo nell’uccisione.
L’assassino materiale di Bernadotte, Yeoshua Cohenm, divenne la guardia del corpo del Primo Ministro David Ben-Gurion. La prima ammissione pubblica del ruolo della Banda Stern nell’omicidio non fu fatta prima del 1977.
L’attacco all’avamposto Onu di questa settimana, in altre parole, è stato interamente una continuazione delle origini e della tradizione dello stato sionista, la cui nascita comprendeva terrorismo e disprezzo per la legge internazionale.
David Walsh
Fonte: http://www.wsws.org/
Link: http://www.wsws.org/articles/2006/jul2006/bern-j29.shtml
29.07.06
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PAUSANIA