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La Redazione

 

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ISRAELE, LIBANO E IL PROCESSO DI PACE

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A cura di Davide
Il 24 Febbraio 2005
83 Views

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DI NOAM CHOMSKY

Il Libano è stato la vittima del conflitto arabo-israeliano per oltre mezzo secolo. Nel 1948, e ancora nel 1967, è stato considerato la discarica dei palestinesi che fuggivano, o che venivano cacciati dall’esercito israeliano La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (10 dicembre 1948), ribadita in modo esplicito nella risoluzione dell’ONU n. 194, approvata all’unanimità il giorno successivo, e ribadita ogni anno, ha riconosciuto loro diritto di tornare nel proprio paese, o di ottenere in cambio un’adeguato indennizzo.

Questo diritto, naturalmente, trova il suo limite nelle decisioni degli USA. Gli USA controllano la regione sin dalla seconda guerra mondiale, avendo scoperto “una stupenda fonte di valore strategico, con materie prime fra le più preziose della storia.” Il riconoscimento americano del diritto al ritorno dei palestinesi era solo retorico, per essere poi ufficialmente abbandonato dalla amministrazione Clinton. Quindi, su decisione degli USA, i rifugiati divennero un problema del Libano e della Giordania, essendo stati privati dei diritti che la comunità internazionale aveva riconosciuto loro solo a parole. Dopo la guerra arabo-israeliana del 1967, fu proposto uno schema diplomatico in base al quale si sarebbe raggiunta la pace con il ritiro delle forze israeliane dai territori occupati, al massimo con qualche piccolo ritocco reciproco. (UN 242, ripetuto nelle intenzioni diplomatiche USA). Ma gli stati arabi respinsero il piano e così Israele rifiutò di ritirarsi, proponendo invece il “Piano Allon”, che gli lasciava il controllo di gran parte dei terrori occupati. L’impasse fu superata nel 1971, quando il presidente egiziano Sadat accettò il piano di pace in cambio del ritiro delle truppe israeliane dal territorio egiziano. Da quel momento la politica USA si schierò a fianco di Israele, sotto la formula di Kissinger dello “stallo”.

Vi fu un aumento dell’isolamento internazionale da parte degli USA e di Israele, quando, a metà degli anni ’70, praticamente tutto il mondo appoggiò la risoluzione UN 242 che creava uno stato palestinese a Gaza e nella West Bank. Nel gennaio 1976 Washington fu costretta a porre il veto all’interno del Consiglio di Sicurezza, e a votare regolarmente contro ogni iniziativa diplomatica che pervenisse dall’Europa, dagli stati arabi, dal OLP, e altri.

Agli inizi degli anni ’70 il Libano fu coinvolto nel conflitto a causa degli sconfinamenti dei terroristi dell’OLP e delle ritorsioni, molto più distruttive, degli israeliani in Libano, talvolta come rappresaglia, molto spesso no. Così nel febbraio 1973 gli israeliani, in un raid considerato preventivo, attaccarono a nord di Beirut, mietendo numerose vittime civili,. Nel dicembre 1975 un bombardamento israeliano uccise più di 50 civili libanesi in un altro attacco definito da Israele “preventivo, non punitivo.”; pare si sia trattato di una reazione ad un incontro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU dove si discuteva della proposta diplomatica, poi rifiutata da Israele e bloccata dal veto USA. Sono seguiti molti altri esempi simili.

Gli accordi del 1978-79 di Camp David avevano neutralizzato l’Egitto , lasciando Israele “libera sia di condurre operazioni militari contro l’OLP nel Libano sia di continuare a creare nuovi insediamenti nella West Bank” (Analista strategico israeliano Avner Yaniv.). Come è stato osservato da Yaniv e altri commentatori israeliani, l’invasione del Libano del 1982, dopo un anno di attacchi che non riuscirono ad eliminare le rappresaglie dell’OLP, era motivato dal timore che il tentativo dell’OLP di ottenere il consenso internazionale, attraverso l’esposizione pubblica del problema, minasse la politica di rifiuto di Israele e degli USA. L’invasione del Libano eliminò il problema del moderatismo dell’OLP smantellandone l’organizzazione in Libano, ma creò un altro problema: la nascita di un gruppo fondamentalista islamico chiamato Hezbollah, che aveva lo scopo dichiarato di cacciare Israele dal Libano. Malgrado un massiccio ricorso al terrore Israele fu costretta a ritirarsi dal territorio libanese, meno una parte a sud, dove viene mantenuta una “zona di sicurezza”, in violazione degli ordini del Consiglio di Sicurezza emessi nel marzo 1978.

La guerra del 1991 in Irak mise gli USA in condizione di applicare le proprie decisioni unilaterali, ratificate negli accordi di Oslo. L’ultima fase, Oslo II, garantisce a Israele il controllo di una parte molto maggiore dei territori che erano previsti nel Piano Allon., e gli conferma i diritti legali sui territori, rendendo quindi inutili le varie risoluzioni dell’ONU, in particolare la n. 242 oltre alle varie dichiarazioni ufficiali. Effettivamente la grande regione di Gerusalemme è incorporata in Israele, che mantiene anche il controllo della maggior parte delle risorse d’acqua della West Bank. I programmi di insediamento e di costruzione vengono aumentati con gli aiuti finanziari USA. Durante i primi tre anni del governo laburista Rabin-Peres, fino al luglio 1995, il numero dei coloni israeliani è aumentato del 30% (senza contare la grande Gerusalemme). Dopo Oslo II vengono aumentate le spese e gli incentivi del governo per i nuovi insediamenti. Lo scopo che si intende perseguire sembra quello di assicurare il controllo dei territori, con qualche sparsa isola di amministrazione palestinese. Se questo sarà lo “stato palestinese”, il risultato sarà simile alla politica sudafricana nel Bantustan, con la differenza che i Bantustan almeno ricevevano dei sussidi dal Sud Africa, mentre il piano USA-Israele consiste nel lasciare ai cantoni palestinesi il compito di vedersela con gli amari effetti di una occupazione militare, che impedisce ogni possibilità di sviluppo economico.

Intanto gli attacchi di Israele nel Libano continuavano, mietendo vittime fra la popolazione civile. Nel 1993 tali attacchi provocarono la reazione degli Hezbollah, dando occasione a Israele di invadere il Libano. Fu raggiunto un accordo in base al quale le azioni militari dovevano essere limitate, da ambo le parti, nella “zona di sicurezza” in Libano. Però Israele non ha osservato l’accordo attaccando dove voleva. Così il giorno in cui il primo ministro Simon Peres subentrò a Rabin, assassinato nel novembre 1995, il New York Times riportava la notizia, con approvazione, che gli aerei israeliani avevano colpito degli obiettivi presso Beirut, dimostrando che Peres avrebbe mantenuto la linea dura di Rabin. Le cose proseguirono in questo modo, con qualche notizia sui giornali ogni tanto, come nel 21 marzo 1996, quando Israele attaccò un villaggio mussulmano a nord della “zona di sicurezza”, come rappresaglia per degli attacchi al suo esercito. La versione standard negli USA era che “l’accordo ha tenuto fino (all’aprile 1996), quando gli Hezbollah hanno ripreso i loro attacchi.” La minima attenzione ai fatti veri dimostra la falsità della versione, che tuttavia domina incontrastata.

L’offensiva israeliana del 1996, allo stesso modo di quelle precedenti, aveva lo scopo apertamente confessato di punire la popolazione civile in modo che il governo del Libano fosse costretto ad accettare le richieste israelo-americane. Qualche anno fa il diplomatico Abba Eban ha dichiarato che “il motivo razionale” degli attacchi ai civili era proprio questo.

L’obiettivo a breve termine odierno (siamo nel 1996), ha annunciato Washington, è quello di modificare gli accordi del 1993 per ottenere che cessino gli attacchi contro le forze occupanti israeliane, e che gli Hezbollah vengano disarmati; il Libano rigettò la proposta insistendo sul diritto alla resistenza contro gli occupanti stranieri come è stato approvato dall’ONU nel 1987, con una votazione di 152 – 2 (Contrari USA e Israele, Honduras astenuto). L’obiettivo a lungo termine, non reso pubblico, è quello di integrare il Libano e la Siria nel complesso medio orientale di stati satelliti degli USA. I Palestinesi sotto i territori occupati diverranno un piccolo problema, con una amministrazione sotto controllo israeliano. Il problema dei rifugiati viene dimenticato.
E’ bene ricordare che le azioni di Israele, in qualunque modo le si vogliano giudicare, vengono condotte in perfetta impunità. In qualità di stato satellite principale degli USA Israele ha il diritto di fare come vuole. Un esempio drammatico di questo diritto, molto pertinente a proposito del Libano, è stato offerto proprio nel nostro paese. Il 19 aprile ci sono stati molti commenti addolorati a proposito dell’attentato di Oklahoma City di un anno fa, quando l’america “sembrava Beirut”, come titolavano i giornali.

Beirut, naturalmente, sembrava Beirut da molto tempo prima; per esempio 10 anni prima, quando fu commesso a Beirut il peggior atto terroristico del periodo, un’auto bomba fu regolata a tempo in modo da causare il maggior numero possibile di vittime, praticamente era la copia di Oklahoma. I fatti sono ben noti, ma non si possono riportare. L’attentato era stato organizzato dalla CIA, questo è sufficiente perché sparisca dalla storia, come tanti altri fatti simili. Le implicazioni non sono di scarso effetto sugli affari del mondo.

Noam Chomsky

Fonte:http://www.informationclearinghouse.info/
23/04/1996

Traduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Vichi

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