ISRAELE, IL PETROLIO E LA ‘DISTRUZIONE PIANIFICATA’ DEL LIBANO

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DI MIKE WHITNEY
Uruknet

“Il mondo ha ormai familiarizzato con l’idea delle migrazioni di massa e ne è diventato un amante appassionato…. Hitler — per quanto sia detestabile — diede a questo concetto una giusta definizione”.
Ze’ve Jabotinsky, fondatore ideologico del Partito Likud, “Una Palestina compiuta”, p. 407

“La cruda logica di Israele e delle dottrine razziste è emersa dal caos e si è svelata in una dura realtà: le macerie da paesaggio lunare dei villaggi libanesi un tempo così piacevoli; un milione di persone disperate che cercano di sopravvivere agli attacchi aerei israeliani mentre trasportano bambini e conducono anziani disabili attraverso strade bombardate; corpi accasciati di bambini tirati fuori dalle macerie polverose di edifici bombardati. Questa è la realtà della dottrina nazionale israeliana, il risultato diretto della sua visione razzista”.
Virginia Tilley, “I motivi per boicottare Israele”.

Bombardando le autostrade ed i principali ponti di Beirut, Israele ha tagliato fuori la capitale dal mondo circostante e posto l’intera nazione sotto assedio. Ora Israele, libera da qualsiasi accordo di intervento straniero, può portare a termine il suo piano di ridurre il Libano in macerie.Il nord del paese è stato effettivamente separato dal sud, permettendo così alla IDF (Israel Defence Force) di continuare sia le sue operazioni di pulizia etnica sia le missioni di eliminazione dei combattenti Hezbollah. Essa ha meticolosamente distrutto tutti i principali punti di ingresso dal confine siriano ed assediato la linea costiera.

Israele crede infatti che la sua precedente occupazione (terminata nel 2000) fallì a causa del mancato blocco delle importazioni di rifornimenti ed armi dalla Siria e dall’Iran. L’amministrazione Bush ha contribuito a questo sforzo fornendo informazioni cruciali della NSA (National Security Agency) riguardo ai movimenti di materiale proveniente dall’esterno.

A questo punto dovrebbe essere chiaro che la campagna militare di Israele non ha niente a che vedere con la cattura dei due soldati israeliani da parte di Hezbollah lo scorso 14 luglio. Il piano attuale, che era stato redatto più di un anno fa (e di cui gli alti ranghi dell’amministrazione Bush erano stati pienamente informati) è concepito per disegnare un nuovo confine settentrionale di Israele sulle rive del fiume Litani ed insediare a Beirut un regime pro-Israele.

Il piano di annessione dei territori a sud del fiume Litani risale all’epoca di fondazione della stato ebraico, quando il premier israeliano, David Ben Gurion, descrisse i futuri confini del Paese in questi termimi: “A nord il fiume Litani, a sud i confini saranno spinti verso il Sinai, e ad est verso il deserto Siriano, compreso l’estremo confine del Transgiordano (Vedi la cartina WW1 Zionist plan for region ).

Nel 1978 la IDF diede il via all’operazione Litani con l’obiettivo di annettere la parte meridionale del Libano e poter così insediare un regime cristiano a Beirut che sarebbe dipeso direttamente da Tel Aviv. Israele dichiarò che era necessaria una zona-cuscinetto per la sua sicurezza, praticamente lo stesso pretesto che adopera oggi. L’invasione del 1982 si trasformò in un assedio della durata di 18 anni in cui l’economia libanese fu devastata e più di 20.000 civili persero la vità. Nel 2000 Israele fu cacciata grazie ai continui attacchi dell’organizzazione della resistenza libanese, Hezbollah.

Il ritratto che ci forniscono i media dell’attuale conflitto è sfacciatamente assurdo. Non ha niente a che fare con i “soldati rapiti” o con il “diritto di Israele a difendersi”. Questa è una guerra tradizionale con obiettivi politici e territoriali ben chiari. La controversia sul confine è un’assurdità. Israele sta provando ad annettere ulteriori territori al fine di realizzare il sogno di un “Grande Israele” riducendo i paesi arabi adiacenti ad un perenne stato di dipendenza coloniale.

Questo spiega l’ampia e deliberata distruzione delle infrastrutture civili libanesi.

La dominazione israeliana prevede che i suoi vicini sopportino una povertà ed una oppressione degradanti. Distruggendo le infrastrutture ed i sistemi di supporto vitale, Israele spera infatti tanto di eliminare il rafforzamento di un potenziale rivale quanto di ridurre la capacità della resistenza libanese di ingaggiare una guerra contro lo stato ebraico. Una volta che il Libano sarà decimato, sarà affidata ai Sionisti ed alla Banca Mondiale (Paul Wolfowitz) la decisione su chi applicherà il giogo dei costi per la ricostruzione, che trasformerà il Libano in un servo alle dipendenze della classe dirigente bancaria mondiale. Questo modello di servitù economica è stato usato da un capo all’altro degli stati in via di sviluppo ottenendo vari gradi di successo. Esso prevede l’influenza regionale di Israele e, contemporaneamente, la garanzia della limitata sovranità libanese per i decenni a seguire.

Gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo mai visto nella guerra Israelo-Libanese. Nei suoi 230 anni di storia gli Usa non hanno mai deliberatamente appoggiato un attacco contro un alleato. Questo primato termina oggi con il Libano.

Il Libano ha avuto un governo palesemente “filo-statunitense”, ossia in accordo con Washington. Infatti le organizzazioni non-governative Usa e la stessa intelligence lo aiutarono addirittura ad intraprendere la “Rivoluzione dei Cedri”, la quale rinvigorì il governo di Fouad Siniora e permise l’espulsione delle truppe siriane. Washington e Tel Aviv raggiunsero il loro obiettivo immischiandosi negli affari interni libanesi. Il paese fu scelto come esempio della “Rivoluzione Democratica Globale” di Bush, che era l’obiettivo dichiarato dell’intervento Usa in Medio-Oriente.

Oggi il Libano è stato ricompensato per la sua collaborazione con la totale cancellazione della sua economia e delle sue infrastrutture. L’amministrazione Bush, abbandonando ogni falsa apparenza di “onesto intermediatore”, sta adesso fornendo Israele di missili guidati ad alta precisione per perseguire una guerra contro (principalmente) una popolazione di civili. Essa sta inoltre collaborando attivamente con il regime di Olmert al fine di sventare tutti i piani per un immediato cessate-il-fuoco. Gli Stati Uniti sono ormai un alleato pienamente coinvolto in questa distruzione premeditata di un paese democratico; sono parte integrante dell’aggressione israeliana al pari degli stessi carri armati della IDF che rimbombano verso Beirut.

Le Nazioni Unite sono state messe da parte dall’ostruzionismo dell’amministrazione al Consiglio di Sicurezza. Gli sforzi della coppia Bolton-Rice equivalgono ad una “dichiarazione di guerra”. Ad oggi l’offensiva israeliana ha sradicato circa 1 milione di persone dal sud; ha trasformato circa il 25% della popolazione libanese in rifugiati. L’ONU non ha mosso un dito per fermare questo disastro. La sua incapacità proietta ombre e dubbi su chi sopravviverà all’attuale crisi. Nel nuovo secolo la sicurezza dipenderà in ultima istanza dalle alleanze individuali tra gli stati. Il modello delle Nazioni Unite di una monolitica istituzione internazionale deputata a “preservare la pace” si è dimostrato un deprimente fallimento.

Lo scenario del sud del Libano è incredibilmente simile alla pulizia etnica dei Palestinesi nel 1948. Ancora una volta Israele spinge la popolazione musulmana via dalle loro case nel tentativo di espandere i propri territori. Il “deliberato” attacco a Cana, che ha provocato 57 vittime tra i civili, come d’altronde i bombardamenti delle ambulanze e dei mini-bus con bandiera bianca pieni zeppi di cittadini, mostra che l’alto comando israeliano conosce alla perfezione l’importanza della strategia del terrore come strumento per il controllo del comportamento delle masse. Le atrocità preparate con cura hanno ottenuto l’effetto desiderato; scatenare l’esodo di massa di centinaia di migliaia di civili terrorizzati e lasciare i guerriglieri Hezbollah da soli a vedersela con la IDF.

L’amministrazione Bush sta ora provando a placare le critiche premendo per una risoluzione che invochi una “piena cessazione delle ostilità”. La risoluzione non prevede l’arresto degli attacchi israeliani a Hezbollah, e neanche il ritiro della IDF dal Libano. Lo spirito di Monaco aleggia di nuovo nell’aria; un miserevole “vendersi” da parte del Consiglio di Sicurezza che scatena una nuova escalation della violenza e un intensificarsi della rabbia in tutto il mondo musulmano. Le Nazioni Unite hanno maldestramente appoggiato l’occupazione israeliana del Libano meridionale, gettando così il seme per la nascita di una nuova generazione di terroristi. La risoluzione mostra come le Nazioni Unite siano nient’altro che una “zampa di gatto” per le ambizioni geopolitiche israelo-statunitense e che gli alleati europei “post-coloniali” non riescano a far altro che soccombere al disegno di un “Nuovo Medio Oriente” dei neo-conservarori.

L’ONU non è un semplice ed imparziale mediatore; i suoi maldestri tentativi di pace hanno solamente fornito una legittimazione internazionale all’azione violenta di Israele. Tel Aviv può così continuare la sua libera crociata; installare i suoi avamposti lungo tutto il sud, spingere gli sciiti fuori dai suoi territori; attaccare Hezbollah ed insediare uno stato-satellite a Beirut.

Israele non rientrerà mai nei suoi confini settentrionali “riconosciuti internazionalmente” fino a che la resistenza nazionale Libanese, Hezbollah, non sarà sconfitta.

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La linea tratteggiata indica i confini nazionali riconosciuti dalle Nazioni Unite

L’area verde indica la “Palestina” rivendicata dall’Organizzazione Mondiale Sionista nel 1918.

Cosa vuole Israele ?

Il solo modo in cui Israele può mantenere il suo dominio nella regione è diventare il principale attore nel commercio del petrolio. Altrimenti continuerà ad essere sempre dipendente dagli Stati Uniti sia per la sua forza militare sia per la difesa dei propri interessi. La sua determinazione a “reggersi con le proprie forze” è sottolineata nel piano neoconservatore della “Ricostruzione Sionista” del XXI secolo “Un taglio netto: Una Nuova Strategia per Assicurarsi il Reame” (“A Clean Break: A New Strategy for Securing the Realm”); Il documento è un progetto per ridisegnare la mappa del Medio-Oriente ed eliminare ogni rivale alla potenza di Israele. Gran parte dell’attenzione è stata posta sui brani del documento che presagivano gli attacchi all’Iraq, al Libano ed alla Siria; eccone un inquietante passaggio:

Assicurarsi il confine settentrionale:

La Siria sfida Israele sul suolo libanese. Un approccio efficace, che sarebbe condiviso dagli stessi Stati Uniti, sarebbe quello in cui Israele cogliesse l’opportunità di un’iniziativa strategica lungo i suoi confini settentrionali impegnandosi in battaglia contro Hezbollah, Siria ed Iran in quanto principali responsabili dell’aggressione in Libano, quindi:

*Provocare la reazione siriana dando come pretesto il fatto che la Siria non è immune agli attacchi sferrati in Libano ad opera delle forze israeliane.

*Colpire obiettivi militari siriani in Libano, e se questo dovesse essere insufficiente, puntare a bersagli nella Siria vera e propria.(“A Clean Break”; Richard Perle, Douglas Feith, David Wurmser)

Chiaramente questo è proprio lo schema basilare dell’aggressione israelo-statunitense nella regione. Ciò che è stato trascurato è comunque la volontà di Israele di chiudere con la tradizionale dipendenza dal supporto statunitense.

Come è affermato nel testo:

(Israele intende) “forgiare delle nuove basi nelle relazioni con gli Stati Uniti — ponendo in rilievo la fiducia reciproca, la maturità e la cooperazione strategica nelle aree di reciproco interesse, e promuovendo i valori fondanti dell’Occidente. Ciò può essere portato a termine solo se Israele prende le misure necessarie per mettere fine agli aiuti stranieri, i quali impediscono ogni riforma economica. Israele può troncare ogni legame con il passato e fondare una nuova visione dei rapporti con gli USA basata su fiducia, maturità e reciprocità — al posto di una troppo limitata basata su dispute territoriali. (Israele) non ha alcun bisogno di truppe statunitensi… e può sbrigare da sola i suoi affari. Questa autonomia conferirà ad Israele una maggiore libertà di azione e annullerà le enormi pressioni usate in passato contro di essa… Non saranno le grandi quantità di armi o di vittorie a garantire ad Israele la pace di cui è in cerca. Quando Israele sarà libera, potente e robusta internamente, non gestirà più il conflitto arabo-israeliano, ma lo trascenderà”

La “libertà economica” di Israele dipende in gran parte dalla sua abilità nel diventare un deposito centrale per il commercio mondiale di petrolio. Nel recente articolo di Michel Chossudovsky “Triple Alliance: US, Turkey, Israel and the War on Lebanon” l’autore fornisce un dettagliato resoconto delle alleanze e dei trattati che sottostanno all’attuale guerra.

Come afferma Chossudovsky, “Non ci troviamo di fronte ad un limitato conflitto tra Hezbollah e le forze armate israeliane come i media occidentali vorrebbero farci credere. Il teatro di guerra libanese è parte di una più ampia agenda militare statunitense, che racchiude una regione che si estende dal Mediterraneo Orientale fino al cuore dell’Asia Centrale. La guerra al Libano deve essere vista come un semplice “passaggio” in questa “road map militare”.

Chossudovsky ci mostra come l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan completato di recente abbia rafforzato l’alleanza turco-israeliana e come questo presagisca l’obiettivo di stabilire un “controllo militare sul corridoio costiero che va dal confine israelo-libanese al confine orientale del mediterraneo tra la Siria e la Turchia”.

La sovranità libanese è solo una delle sfortunate conseguenze della strategia israelo-turca.

La maggior parte del petrolio che scorre attraverso l’oleodotto di Baku-Tblisi-Ceyhan sarà esportato nei mercati occidentali ma ciò che non tutti sanno è che una parte di questo petrolio sarà deviato attraverso un apposito oleodotto tra Ceyhan e Ashkelon che connetterà Israele direttamente ai ricchi depositi del Mar Caspio. Ciò permetterà ad Israele di fornire i mercati dell’Est asiatico dai suoi porti a Eilat nel Mar Rosso. E’ un piano ambizioso che permetterà ad Israele di diventare un punto nodale del sistema globale di distribuzione energetica. (Vedi Michel Chossudovsky, La Guerra al Libano e la battaglia per il petrolio, luglio 2006)

Il petrolio è inoltre un fattore chiave celato nei richiami alla Siria per un “cambio di regime”. Un articolo del britannico Observer, “Israele chiede oleodotti per il petrolio iracheno”, afferma che Washington e Tel Aviv stanno elaborando i dettagli per un oleodotto che percorrerà la Siria e “creerà una fonte enorme e facilmente accessibile di petrolio a basso costo per gli Stati Uniti, il tutto garantito da fidati alleati oltre che dai Sauditi”. L’oleodotto “trasformerebbe l’assetto economico di tutta la regione, portando grandi entrate economiche al nuovo Iraq filo-statunitense, tagliando fuori la Siria e risolvendo d’un sol colpo la crisi energetica israeliana”.

Il Mossad israeliano sta già operando nel nord dell’Iraq, da dove il nuovo oleodotto partirà, ed ha già sviluppato buone relazioni con i Curdi. L’unico ostacolo rimasto è l’attuale regime siriano che intralcia i piani di USA e Israele. L’Observer cita un ufficiale CIA che dice: “E’ stato a lungo un sogno di una buona parte delle persone che guidano questa amministrazione e la guerra in Iraq quello di salvaguardare la fornitura di energia a Israele tanto quanto quella degli Stati Uniti. L’oleodotto di Haifa era qualcosa che esisteva, è stato riportato in vita ed ora è un progetto realizzabile — sebbene con molte infrastrutture ancora da costruire”.

Il precedente ambasciatore James Atkins aggiunse: “C’è un nuovo ordine mondiale ora. Questo è ciò che accadrà se cancelliamo la Siria. Gli eventi dimostrano come gira tutto intorno al petrolio, per gli Stati Uniti ed i suoi alleati.”

Il Medio Oriente sta per assumere una nuova forma conforme con le aspirazioni ideologiche sioniste e le esigenze di un mercato energetico immoralmente competitivo. Dietro le macerie di Cana e le infinite sortite aeree che lasciano il Libano nella distruzione, ci sono le macchinazioni senza sosta dei giganti dell’energia, dei grandi media, della classe dirigente bancaria e di Israele.

Non sperate in un rapido ritorno della pace. Questa guerra è appena iniziata.

Mike Whitney vive nello Stato di Washington. Può essere contattato a questo indirizzo: [email protected].

Fonte: http://uruknet.info
Link: http://www.uruknet.info/?p=25528
07.08.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FABIO MAURIZI

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