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''ISLAMICI RAPITI, L'ORDINE DELLA CASA BIANCA''

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A cura di Davide
Il 9 Marzo 2005
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Bush autorizzò la Cia a «trasferire» i possibili terroristi verso Paesi dove si usava la tortura La direttiva è ancora «riservata» e sarebbe stata firmata dal presidente poco dopo l’ 11 settembre 2001.
Rivelazioni del «New York Times» sulle operazioni all’ estero, che in Italia hanno portato al rapimento di Abu Omar

DI ENNIO CARETTO

La Cia confessa: una direttiva segreta del presidente Bush del settembre 2001, pochi giorni dopo la strage delle Torri gemelle, le permette di far finire nelle carceri di paesi dove vige la tortura quanti sospettati di terrorismo, sottraendosi a ogni controllo. Lo svela il New York Times, citando un anonimo «alto funzionario dell’ amministrazione» e precisando che in tre anni e mezzo tra 100 e 150 detenuti sono finiti nelle prigioni egiziane, giordane, pakistane, saudite, persino siriane e seviziati. Alcuni di loro sarebbero stati rilasciati, perché innocenti, dopo mesi o anni, altri si troverebbero ancora in carcere, s’ ignora in che condizioni. La prassi, la «rendition» (interpretazione) dura tuttora: l’ alto funzionario l’ ha difesa affermando che ha contribuito a indurre molti terroristi a parlare e «a salvare pertanto vite umane». L’ ammissione della Cia interessa anche l’ Italia, dove – come rivelato dal Corriere della Sera – nel febbraio del 2003 un imam egiziano, Abu Omar, fu sequestrato a Milano, si presume da 007 americani, portato ad Aviano e di là trasferito segretamente all’ estero. Abu Omar telefonò quasi un anno dopo alla moglie dall’ Egitto, dicendo di esservi stato imprigionato e torturato. Il New York Times cita tre casi identici: quello di Maher Arar, un canadese di origine siriana, trasportato in Siria; quello di Khaled el Masri, un libanese naturalizzato tedesco, internato in Afghanistan; e quello di Mahomud Habib, un egiziano residente in Australia che passò dall’ Egitto all’ Afghanistan a Guantanamo a Cuba. I tre sono oggi in libertà. Nell’ intervista al New York Times, l’ alto funzionario ha respinto le accuse delle associazioni dei diritti umani che la Cia viola i trattati internazionali contro le torture. Ha assicurato che si è fatto il possibile perché i detenuti nei paesi terzi non vengano seviziati. L’ alto funzionario ha sottolineato che la Cia agisce «in base alla legge», ma il New York Times ha ricordato che a gennaio il ministro della giustizia Alberto Gonzales, allora consigliere legale della Casa Bianca, negò che la prassi della «rendition» esistesse: «Scrisse al Congresso che non è nostra politica mandare delle persone in paesi dove potrebbero essere torturate, e che non era al corrente che ciò fosse avvenuto».

Per la Cia, la «rendition» non è una novità. Il suo ex direttore George Tenet testimoniò che negli anni precedenti la strage delle Torri gemelle fu applicata a 70 terroristi circa. Ma allora esisteva un organismo di controllo formato dalla Casa Bianca, il Dipartimento di stato e il Ministero della giustizia. Il New York Times fa inoltre osservare che dal settembre 2001 anche il Pentagono ha trasferito altrove prigionieri, in paesi che figurano nell’ elenco di quelli che praticano la tortura compilato dallo stesso Dipartimento di stato. Le polemiche sulla Cia sono destinate ad aggravarsi in seguito a una nuova direttiva del presidente Bush per «azioni preventive contro i servizi segreti stranieri che potrebbero minacciare la sicurezza nazionale americana». Secondo il Washington Post La Cia userebbe contro gli agenti potenzialmente «ostili», non solo nord coreani, iraniani, cubani, ma anche cinesi, e persino russi. La strategia usata contro il terrorismo, dall’ infiltrazione alla eliminazione. L’ obiettivo: impedire che i James Bond stranieri possano impadronirsi dei segreti militari Usa.

Ennio Caretto
Fonte:www.corriere.it
7.03.05

TUTTE LE FINZIONI DELLA “SQUADRA SPECIALE RIMOZIONI”

Il ruolo dei governi europei: in Svezia le autorità appoggiarono la missione segreta Usa
Quando la Cia vuol far sparire qualcuno fa intervenire la «Special removal unit», unità speciale di rimozione. Un team di intervento rapido con il sostegno di agenti nel paese dove avviene il sequestro del presunto terrorista. Anche a Milano, quando nel febbraio 2003 è sparito l’ imam egiziano Abu Omar, si sono mossi gli 007 della Sru. Lo hanno impacchettato, trasferito nella base di Aviano e successivamente in Egitto. Alcuni agenti sono d’ origine mediorientale e parlano perfettamente l’ arabo. Tocca a loro fare i primi interrogatori al rapito facendo magari credere di essere membri della polizia segreta egiziana o algerina. Un trucco che spesso ammorbidisce il sospetto: i cittadini nordafricani che vivono in esilio vivono nella paura di finire nelle mani dei loro compatrioti. Sono sempre gli agenti Cia «arabi» che stabiliscono il contatto con i colleghi degli stati dove trasferiscono il prigioniero. Il siriano Maher Arar, uscito vivo dall’ inferno ha raccontato, che gli 007 quando parlavano via radio si presentavano in questo modo: «Siamo della Special removal unit… ». Il modus operandi a seconda del teatro operativo. A Milano hanno agito in semiclandestinità, bloccando Abu Omar in mezzo alla strada. Ma la «Sru» – forse perché convinta di godere di una certa impunità – ha adottato scarse misure di protezione.

Le auto sono state noleggiate (prima traccia lasciata), i telefonini sono stati usati ripetutamente e senza precauzioni (secondo traccia), il sequestrato è stato bendato malamente (terza traccia) dandogli modo di vedere molto. Così quando il giudice Armando Sparato ha aperto l’ inchiesta ha raccolto prove interessanti su una quindicina di agenti. In occasione di una operazione in Svezia la «Sru» ha trovato sponda nelle autorità di Stoccolma. Il rapito ha raccontato che gli 007 americani si sarebbero travestiti da poliziotti svedesi e lo avrebbero interrogato all’ interno di un commissariato. In zone dove l’ ambiente politico e sociale (come l’ Asia) può non essere favorevole la «Sru» aumenta la componente militare. Non solo uomini ombra, ma anche elementi armati che possano fare da scudo ad eventuali reazioni. Per i trasferimenti – conosciuti anche come «extraordinary rendition», consegna speciale – l’ unità dispone della sua mini-flotta aerea. Società di copertura della Cia gestiscono alcuni jet Gulfstream V (19-20 posti) e un Boeing 737. Sigle di identificazione e livrea vengono cambiati spesso nel tentativo di nascondere la loro missione. Anche se in realtà questi aerei hanno l’ autorizzazione a utilizzare le basi militari americane sparse per il mondo. Ma in qualche occasione i velivoli – in particolare il Gulfstream – hanno fatto scalo in aeroporti civili. Non esistono prove ma alcuni dei sequestri all’ estero potrebbero essere stati condotti non dalla Cia, bensì da unità speciali che operano agli ordini del Pentagono. In particolare lo «Joint Special Operations Command», basato a Fort Bragg (Nord Carolina) e incaricato di missioni oltre confine. Altrettanto importante quanto discreto il lavoro dello «Strategic Support Operations Group». Sono i cosiddetti Rambo-spie perfetti interpreti della filosofia d’ attacco del segretario alla Difesa Donald Rumsfeld.

Paolo Biondani Guido Olimpio
Fonte:www.corriere.it
7.03.05

LEGGI ANCHE:LA CIA INDAGATA IN ITALIA

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