DI JAMES PETRAS
Information Clearing House
Introduzione
Miliardi e miliardi di Euro continuano ad essere rubati dall’Europa alle nazioni serve e debitrici, Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda, per essere trasferiti alle banche creditrici, agli speculatori finanziari e ai truffatori della City di Londra, di Wall Street, di Ginevra e Francoforte.
Sotto la parola ‘austerity’ si nascondono moltissimi progetti di tassazione da parte dei regimi conservatori o socialdemocratici al potere, tagli selvaggi senza precedenti sui salari, sugli investimenti pubblici, sui progetti sociali e sul lavoro. Ne risulta un catastrofico aumento di disoccupazione, sotto occupazione e lavoro occasionale con tassi del 50 % tra i giovani lavoratori sotto i 25 anni e dal 15% al 32% sul totale della forza lavoro. Paghe, salari e pensioni sono stati drasticamente ridotti dal 20 al 40%. L’età pensionistica è aumentata da 3 a 5 anni. I contratti di lavoro (nonostante siano raddoppiate le “riforme”) concentrano il potere esclusivamente nelle mani del datore di lavoro e ai lavoratori sono imposte condizioni che ricordano quelle dell’inizio del 19° secolo.
Per comprendere pienamente la crisi del capitalismo e le risposte dei lavoratori, ho passato la maggior parte del mese di maggio in Irlanda e nel Paesi Baschi ed ho incontrato leader di sindacati, militanti appartenenti a gruppi politici, disoccupati, attivisti politici, intellettuali e giornalisti. Questo saggio nasce da un insieme di interviste, osservazioni, pubblicazioni, visite ai luoghi di lavoro e a nuclei familiari, sia in paesi che in città.
Irlanda e Paesi Baschi: crisi comune e risposte divergenti
In Spagna ed Irlanda, stato, società ed economia (incluso il referendum basco attualmente in sospeso) sono state vittime di una depressione capitalista prolungata e profonda, che ha devastato gli standard economici di milioni di persone. Disoccupazione e sottoccupazione in Irlanda raggiungono il 35% e nei Paesi Baschi il 40%, con la disoccupazione giovanile ad un tasso del 50%. Entrambe le economie hanno subito una contrazione di oltre il 20% e non ci sono segni di ripresa. I partiti al potere hanno tagliato la spesa pubblica per il welfare del 15-30%. Per pagare i creditori stranieri e assecondare i diktat dell’autocratica troika (Fondo Monetario Internazionale, BCE e Commissione europea) le classi dirigenti capitaliste in Irlanda e Paesi Baschi si sono giocate ogni possibile strumento di ripresa. La cosiddetta ‘austerity’ è stata imposta solamente ai lavoratori, ai dipendenti e alla piccola impresa ma non all’elite. La troika di Bruxelles ed i suoi collaboratori locali hanno abbassato, se non addirittura eliminato, le imposte sui redditi d’impresa e hanno elargito sostegni economici e monetari per attrarre multinazionali e capitali finanziari esteri.
I partiti politici borghesi in carica, già al potere all’inizio della crisi, sono stati sostituiti da nuovi regimi che hanno firmato accordi aggiuntivi con la troika e le banche. Tali accordi impongono tagli ancor più selvaggi e profondi al pubblico impiego e indeboliscono ulteriormente la tutela e i diritti dei lavoratori. I datori di lavoro hanno adesso potere arbitrario di assunzione o licenziamento dei lavoratori senza preavviso, anche senza indennità di licenziamento se non peggio. Alcuni contratti in Irlanda permettono al datore di lavoro di richiedere il rimborso parziale di stipendio nei casi in cui il lavoratore sia costretto a lasciare il suo posto prima della fine del contratto per abusi causati dal datore di lavoro stesso. L’economia spagnola, inclusi i Paesi Baschi, è soggetta ad una moderna forma di “pagamento dei tributi” dettata dall’oligarchia imperiale di Bruxelles. Tale oligarchia non viene eletta e non rappresenta i popoli che tassa e sfrutta. Rispondono esclusivamente alle banche internazionali. In altre parole, l’Unione europea è effettivamente diventata un impero, regolata da e per i banchieri della City of London, di Ginevra, di Francoforte, e di Wall Street. Irlanda e Paesi Baschi sono governati da regimi vassalli che collaborano con essi e che mettono in atto una deprivazione economica del loro elettorato e rinforzano i diktat dell’oligarchia dell’UE, inclusa la criminalizzazione delle proteste politiche di massa.
La similitudine delle condizioni socio-economiche di Irlanda e Paesi Baschi di fronte alla crisi, all’austerity e all’imperialismo, è però in contrasto con le risposte dei lavoratori nelle due regioni, che sono state profondamente diverse a causa di strutture politiche, sociali, economiche, storiche e pratiche profondamente diverse.
Affrontare la crisi: i baschi rispondono con la battaglia, gli irlandesi con l’emigrazione
Di fronte alla crisi a lungo termine e su larga scala l’Irlanda si è trasformata in un modello di paese vassallo per gli stati imperialisti creditori. La più importante confederazione sindacale irlandese e i principali partiti politici, incluso il Partito Laburista, attualmente coalizzato con il Fine Gael Party, hanno firmato una serie di accordi con gli oligarchi di Bruxelles per tagliare l’occupazione pubblica e la spesa. Al contrario, i militanti per l’indipendenza del LAB, il sindacato di base basco, hanno promosso 7 scioperi generali di successo con la partecipazione di oltre il 60 % dei lavoratori, l’ultimo dei quali il 30 maggio 2013.
Le politiche collaborazioniste di classe dei sindacati irlandesi hanno portato ad una forte spaccatura generazionale, con i lavoratori più anziani che firmavano accordi per preservare i loro posti di lavoro a spese della sicurezza del posto di lavoro dei giovani lavoratori. Lasciati soli, senza mezzi di lotta di massa organizzati, i giovani lavoratori irlandesi hanno lasciato il paese, come non accadeva dai tempi della Grande Carestia della metà del 19° secolo. Oltre 300mila persone sono emigrate negli scorsi 4 anni, e altri 75mila lasceranno il paese nel 2013, su una popolazione attiva di 2,16 milioni. Di fronte a questa catastrofe del 21° secolo, l’amarezza e la rottura generazionale dei lavoratori migranti si riflette nel bassissimo livello delle rimesse verso “casa”. Una delle ragioni per cui il livello di disoccupazione irlandese resta al 14% anziché raggiungere il 20-25% è la sorprendente fuga all’estero dei giovani lavoratori.
Al contrario, non si registra un’emigrazione di giovani lavoratori così forte dal Paesi Baschi. Invece di favorire l’emigrazione, si è rafforzata la lotta di classe.
La lotta per la liberazione nazionale ha guadagnato il sostegno della classe media e della piccola impresa che si è dovuta confrontare con il grande fallimento del governo di destra a Madrid (governato da un sedicente Partito popolare), l’inizio della spirale che ha portato gli eventi verso il basso. L’unione della lotta nazionale e di quella di classe nel Paesi Baschi si è opposta a qualsiasi accordo di vendita firmato dai sindacati “moderati” CCOO e UGT (Commissione dei Lavoratori e Sindacato Generale dei Lavoratori): Il LAB, il sindacato attivista dei lavoratori baschi, ha molta più influenza di quella che suggerirebbe il numero formale dei lavoratori aderenti. La capacità di mobilitazione del LAB è radicata nella sua influenza tra i delegati industriali, i quali sono eletti in tutti i luoghi di lavoro e che superano di gran lunga il totale degli iscritti al sindacato. Nelle assemblee dei delegati i lavoratori hanno la possibilità di discutere e votare per scioperi generali, spesso bypassando gli ordini dal quartier generale di Madrid. La democrazia diretta e le radici attiviste liberano i lavoratori militanti baschi da una struttura sindacale rallentata dalla burocrazia e centralizzata che, in Irlanda, ha imposto alle società multinazionali concessioni retrograde.
Nel Paesi Baschi c’è una forte tradizione di cooperative, specialmente nel complesso industriale del Mondragon, che ha dato vita ad un sistema di solidarietà per i lavoratori nelle comunità rurali ed urbane inesistente per i lavoratori irlandesi. I leader politici e i consulenti economici irlandesi si sono totalmente umiliati al cospetto delle multinazionali ed hanno loro offerto tasse più basse, sgravi fiscali maggiori e più duraturi e regolamenti molto più tolleranti per il lavoro rispetto a qualsiasi altro paese dell’UE.
Nel Paesi Baschi, il partito nazionalsocialista EH Bildu-Sortu, il quotidiano Gara e il LAB hanno assicurato totale supporto politico ed ideologico durante gli scioperi, le sfide elettorali e le mobilitazioni di massa basati sulla lotta di classe. Hanno affrontato insieme i programmi di “austerity” uniti in una sola forza.
In Irlanda, il Partito Laburista, che dovrebbe essere connesso ai sindacati, ha appoggiato la coalizione attualmente al governo. Hanno acconsentito ad una nuova ondata di tagli nella spesa pubblica, licenziamento dei dipendenti pubblici e ad una riduzione di paghe e salari del 20%. I vertici del sindacato potrebbero essere divisi su questi tagli drastici ma continuano a sostenere il partito laburista. La maggior parte dei singoli sindacati dei lavoratori è contraria ai tagli ma non ha alcuna alternativa politica. Oltre al supporto del repubblicano-nazionalista Sinn Féin e di partiti minori di sinistra, la classe politica non offre alcun programma chiaro e lungimirante né strategie. Il Sinn Féin ha fatto una “transizione” passando dalla lotta armata alla lotta elettorale. Stando agli ultimi sondaggi (marzo 2013) l’approvazione ricevuta dagli elettori è raddoppiata passando da meno del 10% al 20% a causa della crisi. Però il Sinn Féin è diviso al suo interno: l’ala “sinistra” pro-socialista tende a voler intensificare la lotta contro l’austerity mentre i leader parlamentari repubblicani lottano per l’unificazione e danno poca importanza alla lotta di classe. Come risultato della collaborazione con la troika e dell’adesione alle nuove leggi tributarie regressive, il partito laburista sta perdendo il sostegno degli elettori ed il partito di destra tradizionalista Fianna Fail, che ha presieduto la grande truffa, il boom speculativo e le concessioni alle aziende, potrebbe addirittura tornare al potere! Questo spiega perché i lavoratori irlandesi hanno perso le speranze di ogni cambiamento in positivo nella politica e stanno fuggendo in massa dall’insicurezza lavorativa impostagli dall’elite: “Meglio un biglietto aereo per l’Australia che una vita di debiti, leggi regressive sul fallimento e contratti decisi totalmente dagli imprenditori e approvati dai capi dei sindacati che percepiscono salari a 6 cifre”.
La rivoluzione del Paesi Baschi contro il controllo centrale di Madrid è in parte dovuta al fatto che è una delle regioni più produttive, tecnologicamente all’avanguardia e socialmente progressiste della Spagna. La disoccupazione basca è più bassa di quella del resto della Spagna. Livelli di scolarizzazione più alti, un servizio sanitario regionale valido, soprattutto nelle aree rurali ed una rete diffusa di assemblee elette localmente, senza contare il patrimonio culturale e linguistico, sono gli elementi che hanno portato la Nazione Basca verso una più grande autonomia politica Per molti questo è un segno evidente che i Paesi Baschi sono una avanguardia politica nella lotta per bloccare i diktat neo-liberali dell’UE e il vecchio regime imposto da Madrid.
Conclusione: Prospettive politiche
Se continuano le attuali politiche di austerity e le tendenze migratorie, l’Irlanda diventerà un paese vuoto, con monumenti storici, bar zeppi di turisti e chiese antiche, privo dei suoi lavoratori ambiziosi, formati ed innovatori. un paradiso di tasse de-industrializzato, le Isole Cayman del Nord dell’Atlantico. Nessun paese di queste dimensioni e di tale importanza può funzionare considerando le attuali e continue ondate migratorie dei giovani lavoratori. L’Irlanda verrà ricordata solo per le cartoline e le tasse sulle vacanze. Ma c’è ancora una speranza se i repubblicani di sinistra del Sinn Féin, socialisti, comunisti ed attivisti anti-imperialisti si uniscono ai lavoratori disoccupati o sottopagati per dare vita ad una nuova rete costruita su nuove basi. Ad un certo punto le porte girevoli che portano i politici irlandesi ad entrare ed uscire dalla scena potrebbero arrestarsi. I disoccupati, giovani laureati ed arrabbiati potrebbero decidere di stare a casa, sulla loro terra e mettere le energie in una rivolta popolare.
Un importante leader socialista ha riassunto come segue: “Nel movimento laburista sono molto importanti il profondo pessimismo, il fallimento della democrazia sociale e l’ideologia imperialista. Come si sa, non è possibile iniziare un viaggio se non da dove ci troviamo ora”.
La determinazione e l’impegno di molti attivisti dei sindacati irlandesi è certamente un motivo di speranza perché l’attuale esodo possa in futuro trasformarsi in battaglia.
Nel caso del Paesi Baschi la lotta di classe nazionale, connessa all’eredità delle potenti cooperative e delle assemblee dei lavoratori incentrate sulla solidarietà è una speranza per coloro che vorrebbero che l’attuale regime di Madrid fosse sconfitto. La giunta neo-fascista al potere (il partito attualmente incarica onora ancora la dittatura militare franchista) viene sempre più screditata e deve ricorrere ad una crescente repressione. Per quanto riguarda i movimenti militanti baschi, il regime ha preso provvedimenti violenti e provocatori: ha criminalizzato proteste di massa legali, arrestato coloro che lottavano per l’indipendenza sulla base di accuse false e ha proibito con la forza l’esibizione pubblica di fotografie che ritraggono prigionieri politici (quelli che Madrid chiama “terroristi”). E’ chiaro che il governo è preoccupato per la forza degli scioperi generali e per il crescente potere elettorale della sinistra indipendentista e sta tentando di provocare una “risposta violenta” come pretesto per censurare la stampa, i partiti ed i programmi del EH Bildu Sortu e del LAB.
Ho il presentimento che Madrid non ce la farà. La Spagna si sta disintegrando come paese centralizzato: le politiche neo-liberali hanno distrutto i collegamenti economici, spezzato i legami sociali e aperto le porte a movimenti sociali di massa. Il bipolarismo sta crollando e le politiche di collaborazione di classe dei sindacati tradizionali sono messe a dura prova dai movimenti autonomi delle nuove generazioni.
James Petras ha una lunga storia di impegno per la giustizia sociale ed ha in particolare lavorato con il Movimento Brasiliano dei Lavoratori Senza Terra per 11 anni. Dal 1973 al 1976 è stato membro del Tribunale Bertrand Russel per la Repressione in Sudamerica. Ha una colonna mensile per il giornale messicano, La Jornada e ha precedentemente scritto per lo Spanish Daily e per El Mundo. Si è laureato alla Boston University e ha proseguito gli studi con un dottorato alla University of California di Berkley.
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/austerity-mass-unemplyment-and-emigration-in-the-european-union-ireland-and-the-basque-country/5336922
31.05.2013
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA REYMONDET FOCHIRA