DI LUCIANO FUSCHINI
movimentozero.org
La notizia dell’impiccagione di una ragazza di 23 anni (nella foto, ndr) non può che
suscitare una reazione di dolore e indignazione. Tuttavia bisogna
sempre evitare che l’emotività offuschi la ragione.
I fatti sono questi: una ragazza iraniana che all’epoca del delitto
aveva 17 anni, età nella quale per le leggi di quel Paese una donna è
già maggiorenne, è stata giudicata colpevole di omicidio e condannata a
morte. L’insistenza con cui i nostri media sottolineano che era
pittrice è irrilevante sia sul piano umano sia su quello giuridico. Se
fosse stata una sguattera i termini della questione sarebbero
invariati. Qui si discute non il dolore per l’esecuzione della sentenza
ma le accuse di inciviltà e di barbarie che vengono rivolte all’Iran.
Nell’esercizio della giustizia la barbarie è la vendetta privata. I parenti e gli amici della vittima provvedono a vendicarsi sui colpevoli innescando una spirale potenzialmente infinita di ritorsioni. Per uscire da questa prassi primitiva e selvaggia, si è affermato il principio secondo cui la vendetta viene esercitata non dai privati ma dalla comunità, attraverso la legge. Questa è la forma basilare di civiltà giuridica, che non esclude dunque il concetto di vendetta (la legge del taglione codificata anche dalla Bibbia) ma ne attribuisce l’esecuzione alla comunità, allo Stato.
Il cristianesimo ha raccomandato il perdono ma non ha proposto alternative di diritto positivo. Invece con l’Illuminismo si è affermata in Occidente una concezione del diritto per cui la pena è finalizzata alla rieducazione del colpevole. Si tratta di un’altra forma di civiltà giuridica, che a nessun titolo può accusare di barbarie chi segue l’altra logica. Questo sarebbe colonialismo culturale.
Nell’Iran islamista vige la legge coranica, che ha saldi fondamenti giuridici e non è affatto barbara. Secondo questo diritto la pena deve essere proporzionata al danno subìto, quindi l’omicidio deve essere punito con la morte. Gli unici che possono concedere la grazia sono i parenti della vittima, con una semplice dichiarazione in cui affermano di perdonare il colpevole, accogliendo così una raccomandazione divina (“Allah preferisce il perdono”). Nel caso specifico i parenti della vittima hanno rifiutato il denaro come risarcimento e hanno negato il perdono. Il tribunale ha confermato il giudizio di colpevolezza e la legge è stata applicata. Dura, spietata, ma non barbara né incivile, non peggiore del nostro orientamento permissivo ma semplicemente diversa.
Non sarà che queste campagne sono alimentate ad arte per preparare il terreno a una resa dei conti con l’Iran? Proprio in questi giorni la Clinton, ministro degli esteri di Messia Obama, ha lamentato che Cina e Iran stanno instaurando buoni rapporti con molti Paesi dell’America latina. Non basta accusare l’Iran di terrorismo, ora diventa una colpa anche avere buoni rapporti economici e politici con alcuni governi. Allora la sorte di una povera giovane può servire alla campagna di demonizzazione del nemico.
Luciano Fuschini
Fonte: http://www.movimentozero.org/mz/
5.05.2009