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La Redazione

 

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INTERVISTA SU MALCOM X

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A cura di Davide
Il 13 Marzo 2005
233 Views
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DI MANNING MARABLE E AMY GOODMAN

(trasmesso su Democracy Now! il 24 febbraio 2005)

AMY GOODMAN: Il professor Marable sarà con noi tra un attimo, ma cominciamo prima con le parole di Malcom X in persona, registrate appena un mese prima del suo assassinio. Pronunciò questo discorso nel gennaio del 1965. Era intitolato “Prospettive per la Libertà”.

MALCOM X: All’inizio della storia di questo paese, c’erano tredici colonie. Erano i bianchi a essere oppressi. E non ne potevano più di tassazione senza rappresentanza. Così alcuni di loro si fecero avanti e dissero: libertà o morte. Io sono andato a una scuola di bianchi, su a Mason, nel Michigan. L’uomo bianco ha commesso l’errore di farmi leggere i suoi libri di storia. Ha fatto l’errore di insegnarmi che Patrick Henry e George Washington erano patrioti, e non c’era niente di non violento nel vecchio Pat e in George Washington. Libertà o morte: questo ha liberato i bianchi di questo paese dal dominio inglese. Se ne sono fregati dei rischi. Hanno affrontato la furia dell’intero Impero Britannico. E a quei tempi si diceva che l’Impero Britannico era così grande e potente che su di esso non tramontava mai il sole. Era davvero enorme, eppure quei tredici staterelli morti di fame, stanchi di tassazione senza rappresentanza, stanchi di essere oppressi sfruttati e umiliati, dissero a quell’enorme Impero Britannico: libertà o morte. Ed oggi, ecco 22 milioni di afroamericani passarsela molto peggio di quanto Patrick Henry potesse immaginare. E sono qui per dirvi, casomai non lo sappiate, che c’è una nuova generazione di neri in questo paese, e anche loro se ne fregano dei rischi. E non vogliono sentire qualche vecchio zio Tom parlare di rischi. No. E’ una nuova generazione. Questi giovani neri vengono arruolati e mandati in Corea o in Vietnam ad affrontare 800 milioni di cinesi: se questi rischi non gli fanno paura, figuriamoci gli altri.

AMY GOODMAN: Malcolm X, un mese prima di essere assassinato. Era un discorso tenuto a New York nel gennaio del 1965, promosso dal Militant Labor Forum [Assemblea Operaia Militante] Qui è Democracy Now! Abbiamo con noi il professor Manning Marable, uno dei più influenti e letti studiosi d’America, insegnante di storia e di Studi Africani Americani alla Columbia University, fondatore e curatore dell’Istituto di Ricerca e Studi Africani Americani, e attualmente al lavoro su una nuova biografia di Malcolm X. Benvenuto a Democracy Now!

MANNING MARABLE: Grazie. Essere qui è sempre un piacere.

AMY GOODMAN: Ed è un piacere averla con noi. Visto che ha studiato Malcolm X per più di dieci anni, che ne dice di farci un quadro delle più grosse novità al riguardo, così ne parleremo nel corso della trasmissione?

MANNING MARABLE: Ritengo che Malcolm X sia la figura storica più importante prodotta dall’America Nera durante il XX Secolo. E’ una dichiarazione impegnativa, ma penso che nei suoi brevi 39 anni di vita Malcolm X divenne il simbolo dell’America Nera urbana, della sua cultura, la sua politica, la sua militanza, la sua indignazione contro il razzismo strutturale della società, e nei suoi ultimi anni di vita il portatore di una visione di azione emancipatoria ampia e internazionalista, più efficace di qualunque altra, condivisa con DuBois e Paul Robeson, una prospettiva di internazionalismo panafricano. Condivise con Marcus Garvey l’impegno per la costruzione di solide istituzioni nere. E con il Dr. Martin Luther King Jr. l’impegno per la pace e la libertà delle minoranze razziali. Fu il primo personaggio di rilievo ad attaccare il ruolo degli Stati Uniti nel sud-est asiatico, e si oppose fermamente alla guerra del Vietnam già nel 1964, molto prima della maggior parte degli americani. Dunque Malcolm X rappresenta una discriminante, per un certo tipo di critica alla globalizzazione nel XXI Secolo. Difatti, Malcolm era in anticipo sul suo tempo sotto molti aspetti.

AMY GOODMAN: Ora ci sarà una breve pausa, poi torneremo in onda a parlare dell’autobiografia di Malcolm X, dei capitoli scomparsi, di dove potrebbero essere, e degli estratti che hai potuto leggere.

MANNING MARABLE: D’accordo.

AMY GOODMAN: Parleremo di come fu scritta l’autobiografia, dell’FBI e dei suoi rapporti con Alex Haley. Parleremo di questo e molto altro tra appena un minuto.

PAUSA

AMY GOODMAN: La trasmissione di oggi è dedicata a Malcolm X, dato che oggi è il quarantesimo anniversario del suo assassinio. Nostro ospite il professor Manning Marable della Columbia University, che sta scrivendo una biografia di Malcolm X ed è anche curatore della rivista Souls – Diario Critico della Politica, Cultura e Società Nere. Il numero inverno-2005 ha una foto di Malcolm X in copertina, ed è quasi tutto dedicato a lui, con l’articolo principale scritto dal professor Marable. Ora parliamo dell’autobiografia di Malcolm X.

MANNING MARABLE: Molto bene. Per lo più, chi legge quest’autobiografia la percepisce come la storia che ormai milioni di persone conoscono, la storia di un mutamento esistenziale, una grande rivelazione, il viaggio di Malcolm alla Mecca, il superamento del separatismo razziale della Nation of Islam, la scelta di un umanesimo universale, un umanesimo sviluppato attraverso l’islam sunnita. Questa è la storia che tutti conoscono. Ma ce n’è un’altra, rimasta nascosta. Vede, Malcolm e Haley collaborarono alla grandiosa narrazione della vita di Malcolm X, ma le loro motivazioni erano molto diverse. Quello che Malcolm non sapeva è che nel 1962 un collaboratore di Alex Aley, un giornalista di nome Alfred Balk, aveva contattato l’FBI parlando di un articolo che lui e Haley stavano scrivendo per il Saturday Evening Post. L’FBI desiderava danneggiare la Nation of Islam e isolarla dal grosso del movimento per i diritti civili dei neri. Di conseguenza Balk, Haley e l’FBI strinsero un accordo. L’FBI avrebbe fornito informazioni utili all’estensione dell’articolo… Balk era il collegamento tra l’FBI e i due scrittori, e avrebbe provveduto a influenzare l’impostazione dell’articolo. E l’FBI fu molto soddisfatta del risultato, intitolato “I Mercanti d’Odio Neri” e uscito all’inizio del 1963. E’ significativo che questo pezzo sia divenuto il paradigma che ha portato alla struttura narrativa di base dell’Autobiografia di malcolm X.

AMY GOODMAN: Alex Haley sapeva di questi collegamenti?

MANNING MARBLE: Non ci sono prove dirette che Haley si sia seduto a un tavolo con l’FBI. E tuttavia, visto che Balk era co-autore del pezzo, e che era lui a parlare direttamente con l’FBI…

AMY GOODMAN: Forse Haley sapeva…

MANNING MARABLE: E’ presumibile che Haley fosse coinvolto.

AMY GOODMAN: Parlò almeno con Balk della cosa? Sapeva dei contatti di Balk con l’FBI?

MANNING MARABLE: Si può presumere di sì, perché Haley e Balk scrissero il pezzo insieme, insieme viaggiarono per tutti gli Stati Uniti per raccogliere il materiale per un articolo che scrissero a quattro mani. Sarebbe davvero inverosimile che Haley non ne sapesse nulla.

AMY GOODMAN: E la collaborazione tra Alex Haley e Malcolm X per la realizzazione dell’autobiografia? Come andarono le cose? E come mai Malcolm X scelse proprio lui?

L’accordo di collaborazione tra Malcolm e Haley coprì circa un anno e mezzo. In genere si incontravano al termine di giornate di intenso lavoro che lasciavano Malcolm esausto. Si incontravano a casa di Haley, o in un hotel vicino l’aeroporto di Idlewild, e Haley lo intervistava. Malcolm parlava, Haley prendeva appunti. Malcolm aveva anche l’abitudine di mettere giù annotazioni su piccoli pezzi di carta, che Haley raccoglieva surrettiziamente al termine delle loro discussioni. In realtà l’obbiettivo di Malcolm era di rientrare nella Nation of Islam, anche perché nei primi anni 60 si era rivelato come importante personalità al di fuori della N.O.I., e c’era nell’organizzazione chi andava dicendo al patriarca della N.O.I., l’Onorevole Elijiah Mohammad, che Malcolm intendeva prenderne il comando. Ma nonostante questo, Malcolm pensava che se avesse fatto una pubblica dichiarazione di fedeltà nei confronti dell’Onorevole Elijah Mohammad, questo avrebbe potuto farlo rientrare nelle grazie dell’organizzazione.
All’interno c’erano forti critiche e opposizioni contro di lui, da parte di alcuni membri della famiglia di Mohammad, come Herbert Mohammad e Raymond Shareef, che era a capo del Fruit of Islam, e genero di Elijah Mohammad. Isolarono Malcolm X, tenendolo fuori dal giornale dell’organizzazione (Mohammad Speaks) per oltre un anno, il che è abbastanza curioso. Era il portavoce nazionale della N.O.I., e il loro giornale non parlò di lui per più di un anno. L’obbiettivo di Haley, invece, era piuttosto diverso. Haley era repubblicano. Era a favore dell’integrazione. Era estremamente contrario al nazionalismo nero. Il suo scopo era dimostrare che il separatismo razziale della N.O.I. fosse qualcosa di patologico, la logica estremizzazione di esclusione e isolazionismo razziali. Voleva mostrare i tratti negativi dell’ideologia della N.O.I., la storia di Yacub (1), e tutte quelle ramificazioni del separatismo razziale che riteneva negative. E Malcolm, carismatico com’era, una figura molto affascinante, nondimeno riassumeva in sé questi tratti negativi. Haley sentiva di poter creare un forte argomento a favore dell’integrazione razziale, mostrando all’America bianca quali fossero le conseguenze del suo appoggio al separatismo razziale, che avrebbe finito di produrre solo odio, l’odio che crea odio, per citare la frase usata da Mike Wallace nel suo documentario del 1959 sulla Nation of Islam. Così, i due uomini si ritrovarono insieme per ragioni molto diverse. Quello che colpisce è che sin dall’inizio del lavoro sul libro, certamente tra il settembre e l’ottobre del 1963, Haley si consultò spesso con l’editore e il suo avvocato riguardo molte delle cose che Malcolm gli diceva. Era preoccupato che il libro finisse per non avere il tipo di mordente che desiderava. Era anche preoccupato, per usare il linguaggio di Haley, del presunto antisemitismo di Malcolm X, e così cominciò a riscrivere parole o passaggi del libro, all’insaputa di Malcolm. E Haley, da parte sua (questo prima dell’avvento delle e-mail), aveva la tendenza a scrivere ad agenti e curatori editoriali più abbondantemente di quanto non facesse per i suoi stessi libri. Così, nei suoi archivi, o negli archivi di Anne Romaine (che sarebbe stata la sua biografa sino alla di lei tragica scomparsa nel 1995), si trova un grandissimo numero di appunti inviati da Haley a curatori e avvocati riguardo il lavoro in corso sull’autobiografia. Voleva pilotare il libro per conseguire i propri obbiettivi politici, tanto quanto quelli di Malcolm.

AMY GOODMAN: Ora, professor Marable, lei ha posto la questione degli archivi di Haley.

MANNING MARABLE: Esatto.

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AMY GOODMAN: Può descriverci la sua esperienza, e quanto in realtà sia difficile ottenere informazioni originali su Malcolm X, e quello di Haley è solo un esempio.

MANNING MARABLE: E’ così. Una delle cose che mi ha più colpito durante le ricerche su Malcolm X, e credo che molti ricercatori avrebbero le loro storie da raccontare, sia la paradossale assenza di informazione critica. Malcolm X ha ispirato, è stato la musa di molte generazioni di uomini di cultura neri, artisti, poeti, drammaturghi. Ci sono letteralmente migliaia di opere con Malcolm X nel titolo. Ci sono più di 350 film e più di 320 fonti web intitolati a Malcolm X, eppure la stragrande maggioranza di essi è basata su letteratura secondaria, cioè non su materiale di prima mano. Nel caso di Alex Haley, il suo materiale è depositato principalmente presso la University of Tennessee, a Knoxville. Ma c’è un’intera serie di passi piuttosto complicati da fare, ancora prima di cominciare con la ricerca vera e propria. C’è un avvocato. E per fotocopiare materiale dagli archivi, bisogna avere prima il suo permesso. Bisogna fare una lista esatta delle pagine che si vogliono fotocopiare. Bisogna usare la matita, non la penna, per trascrivere il materiale, eccetera. E’ un processo laborioso, e richiede molto tempo per la realizzazione anche di una piccola parte del lavoro. Fortunatamente, Anne Romaine, che fu designata da Haley poco prima di morire come sua biografa…

AMY GOODMAN: Era una cantante folk, vero?

MANNING MARABLE: Esatto. Cantante folk e storica di talento, anche se non aveva una formazione specialistica. Ha messo insieme l’archivio parallelamente a quello di Haley, e se non fosse per l’archivio di Anne Romaine, anch’esso alla University of Tennessee… Be’, guardiamola dal lato positivo: grazie a quest’archivio abbiamo acquisito notevoli conoscenze sul reale metodo di lavoro di Haley e Malcolm, e su come il libro, l’autobiografia, prese forma. Cosa interessante, le prime stesure del capitolo 16, una quantità di materiale, si trova in effetti nell’archivio della Romaine, non in quello di Haley.

AMY GOODMAN: Capisco.

MANNING MARABLE: E’ così. Ancora più interessante è il fatto che, leggendo e rileggendo il libro nel corso degli anni, ho pensato che qualcosa non quadrasse. Vede, Malcolm entrò in rotta con la N.O.I. nel marzo del 1964, e nei successivi 11 caotici mesi trascorse la maggior parte del tempo fuori dagli Stati Uniti. E nonostante ciò, nella primavera del 1964 fondò due organizzazioni. La prima, la Muslim Mosque Incorporated, aveva un carattere religioso ed era formata soprattutto da membri che avevano abbandonato la N.O.I. insieme a lui. La seconda era la Organization of Afro-American Unity, che era invece un gruppo laico.
Comprendeva forti elementi che più in là avremmo chiamato Potere Nero, nazionalismo Nero, progressisti provenienti dalle lotte per la libertà dei neri, il movimento studentesco del nord, insomma studenti, giovani, professionisti, operai che si dedicavano all’attivismo e alla militanza nera, ma fuori dal contesto dell’islam. Tra queste due organizzazioni non mancavano i dissapori, che toccava a Malcolm mitigare, il che gli era molto difficile, visto che passava tanto tempo fuori dal paese. Mi sembrava piuttosto strano che ci fosse solo un accenno fuggevole alla O.A.A.U., in un libro che dovrebbe essere il suo testamento spirituale. Cominciai a pormi delle domande. Sembrava che mancasse qualcosa. E in effetti qualcosa mancava. Tre capitoli. Tre capitoli che costituiscono lo schema di un testamento politico delineato da Malcolm X. Per farla breve, sono custoditi da Greg Reed, un avvocato di Detroit. Ha acquistato questi capitoli a un’asta di beni di Alex Haley, alla fine del 1992, per la somma di 100.000 dollari. Da allora nessuno storico (io devo essere un’eccezione) o comunque pochissime persone hanno potuto accedere al materiale che doveva dar forma a questi tre capitoli. E’ il testamento politico scomparso che avrebbe dovuto figurare nell’autobiografia, ma che invece non vi appare.

AMY GOODMAN: E cosa ne farà l’avvocato?

MANNING MARABLE: Li tiene in cassaforte. Anche se non mi intendo di queste cose, per quel che ne so il busillis è questo: il signor Reed ha la proprietà materiale di questi testi, ma non ha la proprietà intellettuale del loro contenuto, quindi non può pubblicarli.

Non è lo stesso avvocato Reed della causa riguardante Rosa Parks?

Esatto, è lo stesso. Si tratta della causa che coinvolge quel gruppo hip hop di Atlanta…

AMY GOODMAN: Gli Outkast?

MANNING MARABLE: Esatto, gli Outkast. Reed mi ha anche invitato a testimoniare, ma ho detto subito no, grazie.

AMY GOODMAN: Forse perché gli Outkast hanno usato nella loro musica le parole di Rosa Parks, voglio dire, la sua voce? (2)

MANNING MARABLE: Infatti.

AMY GOODMAN: Che ne pensa la famiglia di Rosa Parks?

MANNING MARABLE: Questo non posso saperlo, ma da quello che ho letto sui giornali, non devono esserne molto contenti.

AMY GOODMAN: Contenti di…?

MANNING MARABLE: Del patrocinio di Reed, ma…

AMY GOODMAN: Dunque non li rappresenta più…

MANNING MARABLE: Lo ripeto, non posso dare un’opinione articolata su una causa in cui non sono coinvolto praticamente per nulla.

AMY GOODMAN: Lei quindi è l’unico storico ad avere letto estratti dei tre capitoli chiusi nella cassaforte dell’avvocato Reed…

MANNING MARABLE: Questo non posso affermarlo con certezza.

AMY GOODMAN: Diciamo uno dei pochi.

MANNING MARABLE: Diciamo uno dei pochi che li abbiano visti. Dopo una serie di colloqui, Reed me l’ha concesso. E’ stato circa due anni fa. Sono volato a Detroit, chiedendogli quando sarei potuto andare nel suo ufficio. E lui mi rispose no, vediamoci al ristorante, il che mi parve piuttosto strano. Al ristorante, si presentò con una valigetta, l’aprì e mi mostrò i manoscritti. Glieli farò esaminare per 15 minuti, mi disse. Non era granché, ero deluso, ma nonostante tutto, in quei 15 minuti esaminai il contenuto dei documenti, e data la mia familiarità con gli scritti di Malcolm X in certe fasi della sua vita ed evoluzione, mi fu molto chiaro che era molto probabile che Malcolm avesse scritto quel materiale in un periodo compreso tra agosto-settembre 1963 e il gennaio del 1964. Questo è un periodo critico nella sua evoluzione. Nel novembre del 1963 ci fu il suo celebre messaggio di Detroit, che segna un vero punto di svolta nella sua evoluzione politica. Ma vorrei suggerire che altrettanta importanza ebbe il brillante discorso che tenne ad Harlem nell’agosto del ’63, uno dei suoi migliori secondo me, anche rispetto a quello di Detroit. Qui Malcolm valuta criticamente ciò che allora si stava organizzando, la marcia su Washington, il culmine del movimento per i diritti civili. Malcolm delineava un fronte unito, pluralistico, allargato, con la Nation of Islam a fare da apripista, certo, ma che coinvolgesse le organizzazioni integrazioniste, quelle senza carattere politico, le associazioni civiche, tutte sotto lo stendardo del conseguimento del progresso dei neri, della dignità umana, dello sviluppo economico, dell’impegno politico. Prospettava già un ruolo della N.O.I. di cooperazione con le organizzazioni integrazioniste. Credo che se potessimo leggere i capitoli mancanti del libro, capiremmo meglio perché forse, sottolineo forse, l’FBI, la CIA, la polizia di New York e altri componenti delle forze dell’ordine, temessero fortemente i progetti di Malcolm X, dato che stava tessendo una inedita, trasversale e larghissima coalizione nera, tra nazionalisti e integrazionisti. In un certo modo, preconizzava con trent’anni di anticipo la Million Man March.

AMY GOODMAN: Professor Marable, dobbiamo fare un’altra pausa. Tornati in onda, vorrei farle altre domande sui capitoli mancanti, e anche sull’assassinio di Malcolm X, avvenuto a quarant’anni da oggi.

[pausa]

AMY GOODMAN: Abbiamo come nostro ospite il professor Manning Marable della Columbia University, da tempo al lavoro sulla biografia di Malcolm X, che dovrebbe vedere la luce entro pochi anni.

MANNING MARABLE: Esatto, con la Viking Penguin.

AMY GOODMAN: Ci parli ancora dei capitoli che esaminò al ristorante, poi passeremo all’assassinio di Malcolm X.

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AMY GOODMAN: Può spiegarci gli eventi che portarono, quarant’anni fa, all’assassinio di Malcolm X?

MANNING MARABLE: Credo che alla fine si dimostrerà che non c’è stata una vera e propria cospirazione, quanto una convergenza di interessi nell’eliminazione della voce e della visione di Malcolm X. Il primo elemento, ovviamente, è il Dipartimento di Polizia di New York (NYPD). Avevano una propria sezione politica, chiamata BOSS, Bureau of Special Services. Avevano infiltrati sia nell’organizzazione di Malcolm sia nella Nation of Islam. Poi c’era l’FBI. Esistono più di 40.000 pagine di documenti federali, delle quali solo una metà circa è al momento accessibile a studiosi e ricercatori. Penso che il quarantesimo anniversario dell’assassinio sarebbe l’occasione adatta per declassificare tutto il materiale dell’FBI su Malcolm X. Dobbiamo combattere contro il rifiuto del governo di aprire gli archivi perfino dopo quarant’anni. Quel materiale dovrebbe essere accessibile a studiosi e ricercatori, e anche alla famiglia di Malcolm X. L’FBI era preoccupata, e voleva togliere di mezzo Malcolm il più presto possibile. Gene Roberts, uno dei responsabili della sicurezza di Malcolm, era un poliziotto del NYPD sotto copertura. Ecco un elemento. Un altro riguarda la Nation of Islam. Lynwood X, uno dei leader del New Jersey della N.O.I., sedeva in prima fila alla Audubon Ballroom. Era arrivato presto, per assistere alla manifestazione del 21 febbraio. Fu preso da parte da Benjamin 2X, stretto collaboratore di Malcolm, e da Ruben X Francis, il capo della sicurezza. Lynwood dice che si parlò soltanto dell’imminente discorso di Malcolm. Ma ho la sensazione che il suo ruolo sia stato un po’ più complicato di quello di un semplice spettatore. Sappiamo, da Talmadge Hayer, uno degli uomini che portarono a termine l’assassinio, e che fu colpito da Ruben X mentre cercava di fuggire dopo aver sparato a Malcolm X, sappiamo che anni dopo confessò al suo Imam, in prigione, che c’era stata una preparazione di una settimana, prima di arrivare al 21 febbraio della Audubon Ballroom. Per cui, parte dei membri della Nation of Islam aveva una profonda conoscenza dei preparativi delle organizzazioni di Malcolm (O.A.A.U. e Muslim Mosque Incorporated) per la manifestazione alla Audubon. Sapevano che sarebbero stati lì, conoscevano il programma e gli orari. Come? Ee’, in parte perché avevano informatori all’interno, e in parte perché avevano accesso a informazioni precluse a molti altri. E sapevano anche qualcos’altro. E qui arriviamo al terzo elemento, il gruppo costituito da membri dello stesso entourage di Malcolm. Alcuni di loro erano estremamente contrariati dai cambiamenti introdotti da Malcolm. Curiosamente, uno dei motivi di tanto astio era costituito dalle tensioni tra O.A.A.U. e Muslim Mosque Incorporated. Erano uomini e donne che avevano lasciato la Nation of Islam per fedeltà nei confronti di Malcolm, ma l’evoluzione politica di Malcom continuò rapidamente. Certo, lui non rinunciò mai a un forte impegno sul fronte del nazionalismo nero e dell’autodeterminazione, e se si esaminano i suoi discorsi questo è assolutamente chiaro. Ma all’interno del contesto di nazionalismo nero, incorporava anche una prospettiva pan-africana e internazionalista. Nel farlo, cominciò a rivedere le precedenti posizioni di radicale sessismo di stampo patriarcale. Rompendo con le posizioni sessiste che aveva sostenuto come mebro della N.O.I., promosse l’avanzamento delle donne nella leadership della O.A.A.U. I fratelli della Muslim Mosque non gradivano affatto donne come Lynn Shifle e altre arrivate ai vertici della O.A.A.U., per cui il conflitto derivava dall’eguaglianza tra i sessi tra i dirigenti dell’entourage di Malcolm.

AMY GOODMAN: Inoltre quel giorno ci fu la presenza, o l’assenza, del NYPD.

MANNING MARABLE: Esatto. Il NYPD era ubiquo. Sempre intorno a Malcolm. Dovunque parlasse, c’erano una o due dozzine di poliziotti sparsi in giro. Ma quel giorno, nessun segno di piedipiatti. In seguito spiegarono di essersi dovuti trasferire dall’altra parte della strada. Normalmente avevano un posto di comando al secondo piano adiacente alla sala da ballo. Quel giorno, invece, al momento della sparatoria, c’erano solo due poliziotti nell’edificio, piazzati ben lontano dalla sala da ballo. L’uomo che arrestò Talmadge Hayer, l’unico attentatore cui avessero sparato, era passato di lì per caso. Insomma, è chiaro che la polizia se ne tenne fuori.

AMY GOODMAN: Si trattava di un poliziotto fuori servizio.

MANNING MARABLE: Esatto. Perché i piedipiatti sono letteralmente spariti? E ci sono altre circostanze curiose. Il completo fallimento nella protezione del cosiddetto obbiettivo principale. I fratelli della Muslim Mosque che si occupavano della sicurezza di Malcolm, erano stati istruiti da lui sul fatto che, qualunque sia la diversione, bisogna proteggere l’obbiettivo principale. Che in questo caso era Malcolm, ma chiaramente non fu protetto, quel 21 febbraio. Per cominciare, non ci fu nessuna perquisizione all’entrata, per la ricerca di armi. Certo, si sa che in quegli ultimi mesi sia la O.A.A.U. sia la M.M.I. tendevano ad abbandonare la pratica delle perquisizioni all’entrata. Volevano far sentire la gente più a suo agio. Ma perfino le guardie del corpo non portavano armi. Ora, teniamo conto che la casa di Malcolm era stata distrutta da una bomba incendiaria soltanto una settimana prima. E le guardie del corpo non avevano armi. Malcolm insistette che quel giorno non ne portassero. Ho chiesto a James Shabazz, ho chiesto a membri della O.A.A.U., Heman Ferguson e altri, cosa avesse condotto a questa disastrosa decisione. James Shabazz ha scrollato le spalle, dicendomi: “Non sai proprio che tipo era Malcolm. Era irremovibile, se Malcolm voleva una cosa, noi la facevamo.” Ma, gli ho risposto, non fu davvero irresponsabile, viste le costanti minacce di morte, la sorveglianza e i sabotaggi dell’FBI, che nessuno di voi portasse armi?… Be’, a dire la verità questo non è del tutto esatto. In seguito abbiamo appreso, leggendo documenti dell’FBI che abbiamo scoperto e poi depositato negli archivi municipali di New York, che secondo il procuratore distrettuale quel giorno erano presenti nella sala da ballo almeno tre poliziotti in incognito. Di uno ne conosciamo anche il nome.

AMY GOODMAN: E chi è?MANNING MARABLE: Be’ sappiamo che Gene Roberts, che ci viene descritto mentre fa la respirazione bocca a bocca a Malcolm…

AMY GOODMAN: Ci resta solo un minuto.

MANNING MARABLE: …era un poliziotto in incognito, ma chi erano gli altri? Due degli uomini che furono presi e poi condannati all’ergastolo, Norman Butler e Robert Johnson, sono sicuramente innocenti, ne sono convinto. I veri assassini di Malcolm X non sono stati nè catturati nè tantomeno condannati. Credo sia giunto il momento di rimetterci al lavoro per scoprire la verità sui fatti di quel 21 febbraio. Si deve cominciare dal rendere pubbliche tutte le prove, quindi si deve cominciare dal governo federale e dall’FBI.

AMY GOODMAN: Dottor Manning Marable, voglio ringraziarla per essere stato con noi.

MANNING MARABLE: Prego.

AMY GOODMAN: Il professor Marable sta scrivendo una biografia di Malcolm X, che vedrà la luce tra qualche anno, e ha scritto il pezzo principale, sempre su Malcolm X, sulla rivista Souls, che tratta di politica, cultura e società nere. Questa sera ci ritroveremo alla Columbia University, per parlare ancora delle sue ricerche. Mille grazie.

MANNING MARABLE: Grazie a lei, Amy.

Fonte:www.zmag.org
24.02.05

Link: http://www.zmag.org/content/print_article.cfm?itemID=7302§ionID=30

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO

Note del traduttore

(1) Mitico uomo primordiale, che secondo la dottrina della Nation of Islam avrebbe letteralmente fabbricato un Diavolo (cioè l’uomo bianco) attraverso una spietata tecnica di selezione razziale, dall’uomo nero originale, e dandogli il potere di dominare la Terra per seimila anni. Con le parole dello stesso Elijah Mohammad in http://www.thenationofislam.org/muslimlessontwo.html

(2) Rosa Parks è la donna nera che nel 1955, a Montgomery (Alabama) si rifiutò di lasciare il suo posto in autobus a un bianco. Dato che sui mezzi pubblici era in vigore la segregazione razziale, fu arrestata. Come da questo derivò un boicottaggio dei mezzi pubblici da parte dei neri, durato 381 giorni, fino ad arrivare all’abolizione (a livello nazionale) di quel tipo di segregazione, fa parte della storia. Nel 1998 il celebre gruppo degli Outkast pubblicò una canzone intitolata, appunto, Rosa Parks, nella quale ci si riferisce alla sua vicenda. La Parks sostenne che l’uso del suo nome violava le leggi sul copyright (il suo nome infatti è un marchio registrato), e che i riferimenti del testo della canzone erano offensivi nei suoi confronti. Dopo anni di alti e bassi, la causa ormai non riguarda più né la novantaduenne eroina (ormai affetta da demenza), né il duo degli Outkast (che hanno lasciato il posto alla casa discografica), ma gli avvocati vanno avanti. Ultime notizie: http://rap.about.com/od/hiphopartistslp/a/rosaparks.htm

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