DI ANTONELLA RANDAZZO
Letteralmente il termine “Gatekeeping” significa “la custodia al cancello”, ovvero la possibilità di esercitare un controllo attraverso criteri che favoriscono alcune notizie su altre.
In termini professionali il gatekeeping comprenderebbe “tutte le forme di controllo dell’informazione che possono determinarsi nelle decisioni circa la codificazione dei messaggi, la diffusione, la programmazione, l’esclusione di tutto il messaggio o di sue componenti… le esigenze organizzativo-strutturali e le caratteristiche tecnico-espressive di ogni mezzo di comunicazione di massa (in quanto) elementi cruciali nel determinare la rappresentazione della realtà sociale fornita dai media”.(1)
Già negli anni Cinquanta lo psicologo Kurt Lewin sosteneva l’esistenza di giornalisti gatekeepers, che decidevano quali notizie dare e quali no.
Generalizzando possiamo considerare gatekeepers tutti coloro che, pur parlando ad un pubblico ampio attraverso i media, si astengono dal dire alcune verità importanti.
Si tratta, in parole semplici, di agire in modo tale da far rispettare i limiti informativi imposti dal sistema.
Il gatekeeper dunque è colui che subisce pressioni e condizionamenti che lo inducono a comportarsi in un certo modo, facendo prevalere logiche diverse rispetto alla vera informazione. Oppure colui che sceglie di sostenere il sistema evitando di parlare di alcune verità che potrebbero demolirlo.Si dice che il giornalismo attuale è come un “guardiano del potere”, ovvero esso sostiene il potere nel non far trapelare verità scomode e utilizza tecniche per impedire una vera presa di coscienza dei cittadini sulla realtà finanziaria, politica, economica e mediatica. Si cerca persino di addolcire tutto questo facendo diventare l’informazione uno spettacolo attraente, emozionante oppure raccapricciante, ma comunque sempre emotivamente “forte” e quanto possibile spettacolare.
Gli obiettivi principali sarebbero la disinformazione, la distrazione e il condizionamento necessario per non mettere in pericolo il sistema. Spiega il giornalista Ignacio Ramonet: (Il telegiornale) “è strutturato per distrarre, non per informare… la successione di notizie brevi e frammentate ha un duplice effetto di sovrinformazione e di disinformazione: troppe notizie e troppo brevi… pensare di informarsi senza sforzo è un’illusione vicina al mito della pubblicità più che all’impegno civico”.(2)
Oltre ai giornalisti, possono assumere il ruolo di gatekeepers anche scrittori, opinionisti, intellettuali, scienziati, politici, ecc.
Le persone comuni basano le loro conoscenze fondamentali su ciò che gli “esperti” dicono loro, e questo potrà intralciare una possibile futura conoscenza dei fatti veri. “Se non l’hanno detto in quella tal trasmissione televisiva allora vuol dire che potrebbe non essere vero”, oppure “Se non l’ha detto il professor tal dei tali, allora non può essere vero, sennò l’avrebbe detto”. Queste frasi riassumono il potere e l’influenza esercitata dai gatekeepers presentati dai media come “esperti” su ciò che le persone crederanno.
Potrebbero esistere tre tipi di gatekeepers: quelli del tutto inconsapevoli di esserlo, quelli che agiscono come tali per timore di perdere privilegi o il posto di lavoro, e quelli consapevoli di esserlo, avendolo scelto liberamente, ritenendo giusto esserlo.
Per quanto riguarda il primo caso, vi appartengono alcune persone che possono anche essere erudite, ma sono condizionate dal sistema a tal punto da non riuscire a ragionare fuori dalle sue logiche. Per uscire dal condizionamento del sistema occorre impegno e sforzo, che non tutti attuano.
Ad esempio, questi gatekeepers credono che le autorità statunitensi siano il male minore rispetto al “terrorismo”, che le autorità italiane non siano corrotte ma autorevoli, o che la corruzione politica costituisca un’eccezione. Evidentemente, queste persone rimangono ancorate all’idea che il sistema sia fondamentalmente “buono”, anche se ammettono che esso possa avere difetti o aspetti che generano problemi. Dunque, questi gatekeepers ammettono problemi come il precariato, la disoccupazione, la corruzione o i problemi economici, ma li attribuiscono a fattori non prevedibili e non controllabili, accettando dunque la difficoltà a risolverli, ma mantenendo, paradossalmente, un ottimismo di fondo, che deriva dal non ammettere il marciume che il sistema presenta alla radice.
In altre parole, queste persone conservano un’idealizzazione del sistema, e rimangono fataliste circa la vera origine dei problemi e la loro soluzione. Esse rimangono agli aspetti relativi alla punta dell’iceberg, ignorando o negando l’esistenza di alcune realtà fondamentali.
Dunque queste persone, immerse nella non-consapevolezza, esprimono opinioni e concetti che sono utili al sistema, e non svolgeranno mai un ruolo di contrasto o di disturbo. Per questo motivo esse potranno fare carriera nel loro settore e saranno ben accolte negli ambienti di regime. Tuttavia saranno sempre osservate con attenzione, poiché, qualora subodorassero la verità o capissero alcuni aspetti del sistema, potrebbero smettere di esercitare la funzione di gatekeeping, e in tal caso sarebbero messe ai margini, o comunque non potrebbero più ricoprire ruoli di rilievo nel panorama mediatico.
A questa categoria potrebbe appartenere, ad esempio, la docente universitaria Laura Boella, che nel suo libro “Neuroetica” sostiene che le tecniche eugenetiche siano state applicate soltanto dalla Germania nazista (3), ignorando che in realtà esse furono adottate dagli Stati Uniti e da altri paesi europei (a questo proposito si veda http://antonellarandazzo.blogspot.com/2007/10/lossessione-genetica-lo-sterminio-dei.html).
Evidentemente, la Boella fa le sue considerazioni sulla base di ciò che viene detto nei canali ufficiali, poiché delle tecniche eugenetiche praticate dalle autorità statunitensi o svedesi si parla quasi esclusivamente su pubblicazioni di piccole case editrici, che hanno una modesta diffusione, o su Internet. Inoltre, la Boella, nel suddetto libro, analizza casi di microcriminalità, affrontando il problema della morale, ma non fa alcun cenno agli impulsi criminali mostruosi degli attuali stegocrati. (4) Il criminale comune può uccidere poche persone, mentre gli stegocrati commettono veri e propri genocidi in molte parti del mondo, eppure non vengono mai considerati dai docenti universitari che si occupano di morale o criminalità. Nei testi accademici c’è spesso un illustre assente: il nucleo di potere centrale che crea il sistema e lo alimenta, difendendolo anche con le guerre e i massacri.
Evidentemente, questi studiosi si attengono al “territorio” all’interno del quale si sono mossi i loro insegnanti cattedratici, e dunque essi stessi continuano ad esaminare le questioni all’interno dei medesimi parametri, diventando “guardiani del potere”, ovvero gatekeepers, in quanto non considerano ciò che potrebbe mettere in pericolo il sistema di potere.
Questo tipo di gatekeepers potrebbe essere destinato a scomparire, poiché sarà sempre più difficile non capire i paradossi del sistema, dato che su Internet ormai da tempo circolano numerose notizie supportate dai fatti, sui crimini delle autorità occidentali e sui paradossi del sistema.
Nel secondo caso abbiamo persone che possono comprendere i crimini del sistema ma fanno ragionamenti opportunistici o motivati dalla paura di perdere il lavoro o altri vantaggi. In tal caso si tratta di persone che si adattano al sistema pur accorgendosi che esso presenta aspetti iniqui. Queste persone si autocensurano, e coltivano la capacità di escludere argomenti scomodi o non graditi ai “padroni”.
Lo stesso Montanelli denunciava l’autocensura dei giornalisti di regime. Negli anni Sessanta scriveva sull'”Europeo”:
“La maggior parte dei giornalisti, quando compongono un articolo, lo fanno interrogando la censura. Quale? Quella che hanno in corpo da secoli e di cui ormai non riescono a fare a meno”. (5)
Montanelli tralasciava di dire che esistono anche giornalisti che non intendono autocensurarsi, che vengono estromessi dai canali di regime, oppure messi nelle condizioni di non nuocere. Ovviamente i ruoli migliori e di prestigio vengono dati a coloro che si autocensurano e che hanno l’abilità di non darlo a vedere.
Nel terzo caso troviamo persone ben adattate al sistema consapevolmente, che ritengono necessario l’uso della forza per dirimere i problemi, oppure che accettano l’egemonia statunitense come “naturale”, avendo l’idea che la realtà debba sempre essere determinata dal più forte. Evidentemente, queste persone hanno tali “valori” impliciti nella loro mentalità, e li esprimono direttamente o indirettamente, rendendo le argomentazioni quanto più possibile accettabili. Di solito queste persone raggiungono una notevole popolarità, e i loro libri o articoli vengono il più possibile divulgati, in modo tale che esse possano influenzare quante più persone possibile.
Esse svolgono un ruolo importantissimo convincendo molti dell’impossibilità di cambiare sistema.
Da alcuni anni negli Usa e in Europa si parla di “left gatekeepers” ad intendere personaggi, scrittori, intellettuali e giornalisti anche di fama mondiale, che agirebbero per conto delle “sinistre” politiche, al fine di denunciare, in modo non pericoloso per il sistema, alcuni crimini delle corporations, senza però andare a smascherare completamente il gruppo di potere. Si tratterebbe di persone che devono apparire degne di fiducia per assolvere il compito di canalizzare il malcontento o i sospetti dei cittadini in modo non nocivo all’assetto di potere. Questi gatekeepers possono essere riconosciuti dal fatto che non sollevano, ad esempio, il problema del potere della Federal Reserve o della Bce, e non condannano l’intero sistema. Di solito questi personaggi trattano i problemi come se si trattasse semplicemente di schierarsi (pro o contro, a destra o a sinistra), anziché capire a fondo la realtà.
I “left gatekeepers” sarebbero indispensabili poiché è proprio il cittadino più critico a dover essere tenuto sotto controllo da personaggi che appaiono come lui, ma che di fatto propongono una percezione della realtà che non minaccia affatto l’assetto di potere. In altre parole, il sistema ha oggi bisogno di creare gli stessi dissidenti o intellettuali critici, affinché i cittadini più attenti non si rivolgano ai veri dissidenti, tenuti ai margini della realtà mediatica. Questi gatekeepers fungono da esche, per tenere ancorate al sistema persone che altrimenti se ne allontanerebbero pericolosamente.
I metodi dei gatekeepers possono essere sottili, anche se tali personaggi potrebbero facilmente essere riconosciuti dall’assenza nei loro discorsi di argomenti scottanti che smascherano il sistema, come la corruzione delle autorità o le repressioni degli eserciti occidentali.
Alcuni gatekeepers potrebbero trattare questi argomenti in modo marginale, mistificato o addirittura dicendo menzogne, come ad esempio che gli eserciti occidentali fanno “missioni” di pace o che il sistema partitico tutela la democrazia e quindi impedisce la dittatura.
Alcuni gatekeepers possono trattare argomenti che preoccupano i cittadini, ma lo faranno in modo parziale. E’ il caso del personaggio assai inquietante Berlusconi, che nel nostro paese si è posto in modo ambiguo e truffaldino, facendo credere di essersi arricchito perché capace nell’imprenditoria, mentre in realtà dietro la sua storia tutti sanno che ci sono aspetti poco chiari, che lo vedono legato ad ambienti mafiosi e massonici. La sua storia è stata raccontata da Marco Travaglio e da altri, che però non hanno messo in luce che egli aveva un ruolo preciso nel sistema, che era quello di evitare che in un paese come l’Italia, che da sempre preoccupa i colonizzatori anglo-americani, ci fosse il pericolo del mancato controllo della TV e di altri importanti media.
E’ ovvio che se un personaggio come Berlusconi poteva acquisire nel giro di pochi anni un potere talmente elevato da condizionare gli italiani con le sue TV, era perché il sistema glielo permetteva, anzi, traeva dal suo ruolo enormi vantaggi in fatto di controllo della popolazione.
L’Italia degli anni Settanta non era piaciuta affatto all’impero statunitense, che attraverso la strategia della tensione aveva fatto di tutto per piegare le lotte popolari che miravano ad ulteriori miglioramenti lavorativi ed economici, che gli stegocrati non erano disposti a concedere.
Occorre considerare che molti gatekeepers utilizzano tecniche emotive per generare fiducia e ottenere credibilità. Come scrivono gli studiosi Anthony R. Pratkanis e Elliot Aronson: “Un propagandista non si fa scrupolo di sfruttare il nostro senso di insicurezza, di evocare le nostre paure più profonde o di offrire false speranze… l’obiettivo diventa dimostrarsi superiori e giusti, non importa come”.(6)
Possono essere utilizzate critiche verso gli stessi personaggi di regime. Ad esempio, Berlusconi è stato utilizzato dai gatekeepers pagati dalla “sinistra” per diffondere lo spauracchio del “piccolo” despota.
Sono stati assoldati gatekeepers per fare in modo che il personaggio apparisse nei suoi peggiori aspetti (non era certo difficile trovarli). In questo caso si volevano far apparire migliori i politici di sinistra, rispetto ad un personaggio assai discutibile.
Questo metodo favorì la vittoria di Prodi nel 2006, e gli italiani ebbero modo di rendersi conto di quanto poco democratico fosse anche Prodi.
Anche oggi le sinistre usano lo spauracchio Berlusconi per non far vedere che il sistema partitico, essendo manipolato dall’alto, non può che produrre esiti antidemocratici, a prescindere dal personaggio che vincerà le elezioni. In altre parole, in tutti i casi, non saranno tenuti in gran conto gli interessi dei comuni cittadini, ma soltanto quelli delle banche, delle grandi corporation e delle autorità che controllano il nostro paese.
Per capire veramente il fenomeno Berlusconi bisognerebbe capire cosa accadde negli anni Settanta, periodo in cui molti lavoratori protestavano per l’uso autoritario del mezzo televisivo, essendo consapevoli del potere che esso dava.
Negli anni Settanta si parlò di “crisi della televisione”, ad intendere le numerose critiche e auspici di riforma avanzati alla TV di Stato. Si criticava l’uso autoritario del mezzo televisivo, che privava la società civile di prenderne parte e di avere potere decisionale sui programmi. Si denunciava la strumentalizzazione del mezzo da parte della classe egemone, che lo utilizzava per rafforzare il proprio potere e per passivizzare i cittadini. Molti autori, auspicando un uso “democratico” del mezzo, denunciarono l’uso verticale della TV, e che i cittadini comuni non potevano usarla per le loro esigenze, dovendo subire una programmazione fatta dalle autorità, a difesa del sistema di potere.
Ad esempio, scriveva il giornalista Giovanni Cesareo:
“L’accentramento (della TV) … è totale… sarebbe stato possibile instaurare collegamenti fissi con qualsiasi luogo… Le reti televisive sarebbero diventate… reti di comunità… Nei fatti, oggi, la ‘circolarità’ della comunicazione televisiva è una ‘circolarità’ interna, che, semmai, si apre ai centri di potere o ad alcuni luoghi ove si svolgono spettacoli e manifestazioni sportive… La televisione… è stata ridotta a mezzo di distribuzione a senso unico di messaggi ‘autoritari’… Sappiamo anche… che in questi ultimi anni in Italia si sono avite numerose manifestazioni operaie contro la RAI-TV; si sono avuti agitazioni e scioperi dei dipendenti dell’azienda radiotelevisiva; si è accentuata, in linea generale, la critica nei confronti della programmazione televisiva… le ‘idee dominanti’ permeano anche i programmi di evasione… le classi oppresse sono costrette a vivere e a muoversi in un sistema sociale che impone le sue leggi.”(7)
Anche i sindacati auspicavano una riforma della televisione. In un documento scrit
to da un gruppo di lavoro CGL-CISL-UIL, titolato “Appunti per la riforma della RAI-TV”, si legge:
“L’ente RAI-TV, pur mantenendo il suo carattere nazionale, deve prevedere ampie ed autonome articolazioni al fine di garantire la massima partecipazione dei lavoratori, delle loro organizzazioni, delle associazioni culturali e ricreative, nella fase di ideazione e di realizzazione dei prodotti formativi e informativi”.(8)
Per eliminare le proteste, occorreva creare un nuovo panorama televisivo, in cui il privato avrebbe avuto rilievo, e avrebbe abbassato il livello qualitativo dei programmi, spazzando via definitivamente la velleità popolare di poter avere voce in capitolo all’interno di un mass media così importante come la TV.
Prima che si imponesse Berlusconi in Italia, come racconta lo scrittore Lawrence K. Grossman, ci furono diversi altri casi di personaggi simili, alcuni dei quali raggiunsero il “successo” con mezzi analoghi. Ad esempio, negli Usa, dagli anni Ottanta, il miliardario Ross Perot utilizzò le stesse tecniche di Berlusconi, candidandosi e criticando la “vecchia” politica, facendo frequenti apparizioni in diversi programmi televisivi, e mostrandosi talvolta in comizi allegri come feste e in bagni di folla. Nonostante Perot non fosse riuscito ad avere una lunga carriera politica, il suo modello fu seguito da molti. Racconta Grossman: “Berlusconi… ebbe un enorme vantaggio rispetto a Perot, in quanto utilizzò per autopromuoversi, contemporaneamente e al massimo, le tre maggiori televisioni commerciali italiane, alcuni importanti quotidiani e periodici, nonché una grande concessionaria di pubblicità, tutti di sua proprietà”.(9)
Anche in Brasile si ebbe un caso analogo, il proprietario di un impero mediatico, Roberto Marinho, utilizzò il suo potere per condizionare politicamente addirittura attraverso un gruppo parlamentare.(10)
Concentrare i media nelle mani di pochi è utile per poterli meglio controllare, concedendoli a persone di “fiducia”, veri paladini nella difesa del sistema.
In sintesi, Berlusconi è come un tassello che andrebbe inserito nel puzzle per poterne comprendere appieno il significato. Rimanere nel dettaglio e continuare a dissertare sul personaggio dicendo “non sottovalutiamolo”, o “stiamo attenti a lui”, significa perlomeno trascurare quegli aspetti gravissimi del sistema che hanno creato tale personaggio e lo usano per determinati scopi. In altre parole, il gatekeeper vi potrà raccontare per filo e per segno tutte le magagne di Berlusconi o di altri infimi personaggi, ma eviterà accuratamente di estendere il discorso alla creazione di tali personaggi, affinché non comprendiate il marcio che c’è alla radice del sistema e non risaliate agli stegocrati.
Smascherare i gatekeepers può essere facile se non si è soggiogati ai meccanismi tipici della cultura di massa. Può essere difficile quando un determinato personaggio che svolge funzioni di gatekeeping raggiunge una notevole popolarità e ha i suoi “fans”, esercitando una certa suggestione e influenza.
In altre parole, se c’è l’effetto “interazione parasociale” (IPS) (si veda a questo proposito http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/07/intrallazzi-mediatici.html ), risulterà più difficile smascherare il gatekeeper.
L’effetto IPS crea un legame emotivo con il personaggio mediatico, basato sull’immagine creata dai media, e sulla fiducia suscitata dal gatekeeper.
E’ ovvio che la persona comune non sospetterà di un personaggio che, ad esempio, si propone come colui che svela gli inghippi del potere, e critica aspramente i politici. In tal caso si crea fiducia, e dato che il sistema potenzierà una notevole disinformazione, molti non si accorgeranno dell’inganno.
L’effetto IPS fa dimenticare che le persone che appaiono spesso sui media non possono essere veramente “nemici” del sistema, in quanto personaggi ospitati da chi regge le fila della realtà mediatica. In altre parole, sarebbe assurdo ritenere che coloro che spendono miliardi di euro per tenere sotto controllo l’opinione pubblica tramite i mass media, poi facciano l’errore grossolano di dare importanza mediatica a chi ostacola il loro potere. Essi sanno benissimo quanto è importante ciò che appare nei media. E’ chiaro che tutti i personaggi che hanno particolare rilievo positivo sui media di massa sono in realtà gatekeepers. Per verificarlo con certezza si deve semplicemente ascoltare attentamente quello che dicono e fare la “lista” di quello che non dicono o che mistificano. E’ chiaro che più si è informati correttamente e più si è capaci di smascherare i gatekeepers, e viceversa, meno si è al corrente dei fatti e più si dà fiducia ai gatekeepers.
Un metodo molto utilizzato dai gatekeepers è quello di trattare argomenti che fungeranno da distrazione rispetto alle vere questioni politiche o economiche. Ad esempio, possono parlare dell’amante di Berlusconi, o di argomenti che vedono polemiche e litigi fra “destra” e “sinistra”, ma non parleranno di ciò che il governo non sta facendo per tutelare la salute dei lavoratori, o i cittadini dall’aumento delle bollette e dei generi di prima necessità.
Parlando delle beghe politiche non parleranno, ad esempio, di come sta procedendo il piano degli stegocrati di creare una dittatura mondiale. I media occidentali non hanno mai parlato dell’accordo fatto nel 2005 dalle autorità statunitensi, canadesi e messicane per unificare politicamente, economicamente e finanziariamente i loro paesi, facendo nascere l’Unione Nordamericana. Ciò farebbe parte del cosiddetto “Nuovo ordine mondiale” che prevederebbe l’unificazione finale fra Unione Europea, Unione Africana, Unione Asiatica e Unione Nordamericana, sotto un unico governo. Ovviamente, nessun gatekeeper ve ne parlerà mai, anzi, essi cercheranno di negare o ridicolizzare ogni aspetto scomodo del sistema quando verrà a galla. Sarebbero capaci di negare persino l’evidenza, e accusare non chi crea il sistema criminale, ma chi lo svela. Fanno passare per fanatici o bizzarri tutti coloro che sollevano verità scomode.
Alcuni argomenti di cui i gatekeepers non parlano (e quando vengono rivolte loro domande su questi argomenti tendono a denigrare chi solleva tali problemi definendoli “complottisti”, “fanatici”, o facendoli passare per persone esageratamente diffidenti) sono:
– Progetto stegocratico di una dittatura globale con un unico centro di potere.
– Signoraggio.
– Verità sull’11 settembre.
– Repressioni attuate dagli eserciti occidentali nei paesi del Terzo Mondo.
– Vero significato del termine “terrorismo” (vedi a questo proposito http://www.disinformazione.it/significato_terrorismo.htm ).
– Scie chimiche.
– Sistemi dittatoriali creati e controllati dalle autorità statunitensi.
– Vero volto degli organismi internazionali (FMI, BM. ecc.).
– Verità sullo Stato d’Israele.
– Verità sulla condizione coloniale dell’Italia.
– Verità sui legami fra mafia e autorità statunitensi.
– Vera autodeterminazione dei popoli.
– Tecniche di controllo mentale per evitare che il sistema possa essere minacciato.
– Crimini dei cartelli farmaceutici.
– Uso criminale della Scienza e della produzione alimentare.
Se non vi dicono la verità su questi argomenti, per quanto possano sembrare onesti, si tratta senza dubbio di gatekeepers.
L’unico modo per difendersi da questo fenomeno è quello di cercare per quanto possibile di informarsi correttamente e di dubitare di qualsiasi personaggio che gode di un certo rilievo mediatico, potendo appurare che egli apparirà reticente sulle sopraelencate questioni.
Antonella Randazzo
Fonte: http://antonellarandazzo.blogspot.com/
Link: http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/08/insospettabili-gatekeepers.html
22.08.08
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http://www.disinformazione.it/manipolazione_opinione.htm
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/07/castronerie-varie.html
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/07/intrallazzi-mediatici.html
NOTE
1) Wolf Mauro, “Teorie delle comunicazioni di massa”, Bompiani, Milano 1995, p. 152.
2) Cit. Morresi Enrico, “Etica della notizia”, Edizioni Casagrande, Bellinzona 2003, p. 182.
3) Boella Laura, “Neuroetica”, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008, p. 17.
4) Per capire il termine “stegocrate” si veda http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-prima-il.html
5) Cit. Murialdi Paolo, “La stampa italiana dalla liberazione alla crisi di fine secolo”, Laterza, Bari 2003, p. 154.
6) Pratkanis Anthony R., Aronson Elliot, “L’età della propaganda”, Il Mulino, Bologna 2003, p.100.
7) Cesareo Giovanni, “La televisione sprecata”, Feltrinelli, Milano 1974, pp. 16-149.
8) Cesareo Giovanni, op. cit., p. 35.
9) Grossman Lawrence K., “La Repubblica elettronica”, Editori Riuniti, Roma 1997, pp. 26-27.
10) A questo proposito si veda: http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2001/pagina.php?cosa=0109lm26.01.html&titolo=Libertà%20di%20stampa,%20censura%20del%20denaro
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