DI ALEX
Francesco Gesualdi, allievo di Don Milani, è l’autore Di “Sobrietà” e “Manuale per il consumo critico”.
Uno dei principali esponenti del “Centro Nuovo Modello di Sviluppo” di Vecchiano (PI), centro di documentazione che si prefigge l’obiettivo di analizzare le cause profonde che generano emarginazione e impoverimento.
D Come mai le multinazionali, nonostante siano in molti a conoscere i loro misfatti, procedono indisturbate nel loro cammino, continuando a crescere?
Quali responsabilità hanno i governi? E che cosa potrebbero fare gli stati e gli organismi internazionali per controllare e correggere il comportamento scorretto delle multinazionali?
R Le imprese si comportano in modo scorretto perché sanno di avere di fronte a sé dei consumatori menefreghisti.
E la risposta più efficace è che cambi il nostro modo di vivere.
Da un lato si sta creando un ordine economico mondiale in cui l’interesse delle imprese è l’obiettivo principale.
Dall’altro lato in risposta a questa politica ci deve essere da parte nostra l’interesse sociale, l’interesse per la cura dell’ambiente; bisogna invogliare i governi a cambiare politica, e tali governi non faranno mai certe scelte se non si partirà dal basso, dal volere del singolo cittadino.
D In che modo raccogliete le informazioni sul comportamento delle multinazionali?
Come siete in grado di distinguere una fonte attendibile da una che non lo è?
Se una ditta o una società hanno superato i controlli e i suoi prodotti sono considerati affidabili come possiamo essere sicuri del suo comportamento futuro?
I controlli continuano?
R A fare le ricerche siamo in pochi e nonostante ciò abbiamo messo in difficoltà le grandi imprese, questo significa che non serve essere grandi e potenti per fare ciò. L’aspetto fondamentale è essere convinti di ciò che facciamo.
I nostri primi lavori di documentazione si sono basati sul cercare quali fossero gli altri gruppi in Italia che si prefiggevano il nostro stesso obiettivo.
La prima cosa da sapere è un aspetto che dà sicurezza su una certa notizia: se si fa una denuncia ad una società ed essa non reagisce, allora significa che la denuncia ha basi solide.
Da non sottovalutare è anche l’aspetto della stampa, soltanto il fatto d’informare dà e ha dato a noi molte informazioni particolari che ci sono servite nelle denuncie.
Rispondendo all’altra domanda dico che non possiamo essere sicuri che, se una determinata società cambi atteggiamento, questo comportamento migliore sarà anche in futuro.
Un aspetto fondamentale da considerare è che le imprese si comporteranno bene soltanto se avranno la costante pressione dei consumatori.
D Nella “Guida al boicottaggio e al consumo critico” del movimento Gocce di Giustizia l’unica azienda produttrice di scarpe accusata di violazioni dei diritti umani è la Nike.
Ci sono altre aziende che hanno ceduto alla pressione dell’opinione pubblica ed eliminato o ridotto le politiche di sfruttamento?
R Sicuramente non è soltanto Nike che viola i diritti umani.
Gli stessi comportamenti saranno seguiti certamente anche da altre aziende, ma non abbiamo le forze per dimostrarli tutti.
Anzi forse dato che è stata per tanto tempo nell’occhio del ciclone, sta iniziando a modificare il suo atteggiamento.
Vi faccio un esempio.
La Geox sta smantellando i suoi stabilimenti in Italia e in questi giorni ci sono state delle proteste dell’apparato tessile, perché si sta servendo di aziende dell’Europa dell’Est.
Addirittura sta chiudendo una fabbrica in Romania perché ha trovato contratti più vantaggiosi in Moldavia.
Mi si chiede di solito come facciamo a superare questa situazione e io rispondo sempre che si dovrebbe creare un’alleanza tra lavoratori di qua e lavoratori di là.
Esiste già un movimento che tenta di contrastare questo tipo di operato.
E ciò può iniziare a darci speranze per il futuro.
D E’ mai andato incontro a proteste o querele da parte di aziende che negano l’autenticità delle sue ricerche?
E’ mai stato ostacolato nella divulgazione delle informazioni da lei raccolte?
R Qualche raro caso c’è stato.
Ed è con la preoccupazione che non accadano queste cose che stiamo bene attenti a ciò che scriviamo.
Vogliamo essere dei militari dell’informazione vivi e non dei martiri.
Vi faccio un esempio.
Nel 99 iniziò la campagna che invogliava le persone a scrivere a Cragnotti per denunciare i misfatti della Del Monte.
La Del Monte ci minacciò più volte di querela.
Addirittura inviò due società di certificazione per accertare quello che avevamo scritto.
Certificarono la realtà dei fatti.
Mi ricordo che qualche anno fa due disoccupati che avevano fatto una denuncia sulle violazioni dei diritti umani da parte della McDonald’s vennero processati.
La McDonald’s fece una gran brutta figura perché perse molte cause.
D Come mai le multinazionali, nonostante siano in molti a conoscere i loro misfatti, procedono indisturbate nel loro cammino, continuando a crescere?
Quali responsabilità hanno i governi? E che cosa potrebbero fare gli stati e gli organismi internazionali per controllare e correggere il comportamento scorretto delle multinazionali?
R Le imprese si comportano in modo scorretto perché sanno di avere di fronte a sé dei consumatori menefreghisti.
E la risposta più efficace è che cambi il nostro modo di vivere.
Da un lato si sta creando un ordine economico mondiale in cui l’interesse delle imprese è l’obiettivo principale.
Dall’altro lato in risposta a questa politica ci deve essere da parte nostra l’interesse sociale , l’interesse per la cura dell’ambiente; bisogna invogliare i governi a cambiare politica, e tali governi non faranno mai certe scelte se non si partirà dal basso, dal volere del singolo cittadino.
D Qualche anno fa in TV, nel programma Le Iene, sarebbe dovuto comparire un servizio sui crimini che la multinazionale Nestlè commette nei paesi del Sud del mondo.
Il servizio fu censurato.
Naturalmente in TV tali informazioni non possono comparire, perché altrimenti le reti televisive perderebbero i finanziamenti pubblicitari delle aziende come Nestlè.
Quindi come facciamo a diffondere il consumo critico tra quei cittadini che hanno la TV come loro unica fonte d’informazione?
R Di certo noi non abbiamo la forza per creare una televisione alternativa a Mediaset.
L’unica nostra forza si basa sulla partecipazione dei cittadini.
Dobbiamo creare piccoli percorsi che messi assieme possano diventare una grande forza alternativa.
D Lei ritiene che sia giusto attuare il consumo critico anche se può danneggiare più i negozianti e le cooperative commerciali che le multinazionali come la Nestlè?
R Questa è una domanda che mi viene fatta frequentemente.
Noi tutti facciamo le nostre scelte d’acquisto e non compriamo tutti i prodotti.
Ci basiamo sul prezzo di un prodotto ed altri rimangono esclusi dai nostri acquisti.
E partendo da questo fattore, dato inoltre che sul mercato ci stanno tutti i caratteri di comportamento delle aziende, facciamo sì che i prodotti più acquistati siano quelli che abbiamo un atteggiamento migliore rispetto ad altri.
D Che cosa risponde a chi pensa che eccessive limitazioni alla produzione delle multinazionali ostacolino il progresso industriale tanto da diminuire il livello di benessere dell’umanità?
R Non bisogna configurare il benessere con il consumo.
Ma dobbiamo porci la domanda: che cos’è il benessere?
Le persone sono entità complicate, siamo affettivi, intelligenti e il benessere è quella condizione che possa permettere a tutti di sviluppare queste condizioni.
Dovremo riflettere anche sul progresso tecnologico.
Esso è al servizio delle imprese, e dato che anche in questo campo esistono tale condizione, abbiamo un motivo in più per tentare un cammino per provare a gestire la tecnologia più in maniera collettiva.
D Con il concetto “sobrietà”, che è il titolo del suo ultimo libro, intende il ritorno a i bisogni semplici?
Considera la società sobria, così come è stata descritta alla fine del manuale, un futuro possibile?
R Le risorse del pianeta stanno iniziando a scarseggiare e dobbiamo iniziare a creare una condizione di ripartizione possibile per tutti.
Si pensa, statistica dell’OPEC, che tra pochi anni il petrolio diverrà talmente scarso che potrà arrivare a costare 80 dollari al barile.
Voi ragazzi non siete sicuri se quando avrete 40 anni potrete guidare l’auto.
Quello che voglio dirvi è che quando si parla di sobrietà non si deve pensare ad una rinuncia.
Noi ragioniamo con un vocabolario che ci è imposto dal potere.
La sobrietà è una riconquista di uno spazio di autonomia, è l’atteggiamento che non mi rende succube alla pubblicità.
Il non bere la Coca-Cola è una liberazione non una rinuncia.
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