DI GIANNI PETROSILLO
conflittiestrategie.it
Tutto iniziò con la solita reductio ad hitlerum. Milosevic, presidente della Serbia, era Hitler in persona ed andava eliminato per il bene dell’umanità. Correva l’anno 1999. Ogni volta che gli Usa devono far fuori qualcuno di grosso fanno resuscitare il capo dei nazisti travestito da nemico, mentre col vero imbianchino gli americani non furono mai così severi nonostante la propaganda. Se non fosse stato per il sacrifico dell’armata rossa in Europa ci sarebbero ancora molti più nipotini del Fuhrer di quanto si creda.
Oggi ci sono ancora un po’ di questi sosia fantasmagorici di Adolf sparsi per il mondo, da Putin ad Erdogan, passando per Assad e Kim Jong-Un, ma i ghostbusters statunitensi fanno fatica a sbarazzarsene, anche perché l’impero del male, nel frattempo, è diventato un posto troppo affollato e loro sono rimasti quasi soli a combattere la guerra contro le forze oscure che vorrebbero conquistare il pianeta e insidiare l’american way of life. Milosevic fu apripista, suo malgrado, di certe accuse false e infamanti giunte sino ai nostri giorni per denigrare e far fuori i leader scomodi.
In pratica, il serbo fu accusato di tre pulizie etniche, in Croazia, in Bosnia ed, infine, in Kosovo. Doveva essere fermato e sostituito con un emissario dei buoni scelto tra i soliti traditori autoctoni ma con ottimi rapporti oltre Atlantico. Un burattino che eseguisse gli ordini come in ogni area sotto l’influenza di Washington. In realtà, non si perdonava a Slobodan di aver resistito allo smembramento dei Balcani e al loro progetto di riconfigurazione secondo le geometrie della Nato e dello strapotere a stelle e strisce.
Per bombardare nuovamente in Europa, dopo più di 50 anni dalla conclusione del secondo conflitto mondiale, gli Usa avevano bisogno della complicità degli europei e di quella italiana in particolare, in quanto la Penisola, per la sua posizione geografica, rappresenta un’efficiente “portaerei” naturale nel Mediterraneo. Gli statunitensi pretesero anche un cambio al vertice dell’Esecutivo nostrano perché non si fidavano di Prodi e volevano essere sicuri che a nessuno venisse in mente di metter i bastoni tra le ruote alla loro iniziativa salvifica. In proposito raccontava l’ex PdR Cossiga: “Per mandare Massimo D’Alema a Palazzo Chigi, da dove poi ordinò gli attacchi aerei e terrestri contro i serbi, in Kosovo, non ci furono complotti, tra il medesimo D’ Alema, Franco Marini e il sottoscritto…caduto Prodi, per mano rifondarola, l’ambasciatore britannico e il consigliere militare statunitense vennero da me, che all’ epoca guidavo un modesto partito di transizione…e mi spiegarono lo scenario…La regione dei Balcani sta per esplodere…erano venuti da me, anche perché io, con i voti del mio partitino, potevo sostituire Rifondazione. E decidere. Così, a quel punto, decisi pure che Massimo D’ Alema sarebbe stato il premier giusto. Perciò salii al Quirinale e, in un colloquio di due ore e mezza, lo spiegai al mio successore, Oscar Luigi Scalfaro”.
D’Alema fu fatto Premier per questo scopo e come tale si comportò partecipando alla “guerra umanitaria” e diffondendo menzogne sul genocidio dei Kosovari, da parte dei serbi, al fine di legittimare l’interventismo italiano. Pochi mesi dopo però un rapporto dell’Osce svelò l’imbroglio e dichiarò inesistenti i fatti che avevano portato l’Italia in prima linea. D’Alema, che riteneva questa pagina della sua vita politica qualcosa di cui andar fiero, a più riprese ricordava alla stampa l’impegno del suo governo nelle operazioni militari, quale “terzo Paese, dopo gli USA e la Francia, e prima della Gran Bretagna”. Non ci risulta si sia mai pentito per il gran spiegamento di mezzi militari e di bugie di cui fu artefice avendo continuato imperterritamente a blaterare di pulizia etnica dei serbi contro i kosovari, nonostante le smentite degli organi internazionali. E siamo convinti che nessuna resipiscenza mostreranno i sicari americani adesso che il tribunale internazionale dell’Aia ha mandato assolto Milosevic (notizia fresca passata in sordina sui media asserviti, cioè tutti), scagionandolo dalle accuse di aver perpetrato crimini di guerra. Ma Milosevic è ormai morto, ucciso dallo stesso tribunale che lo teneva prigioniero e permetteva che gli si somministrassero farmaci impropri. Difatti, tre giorni prima della sua morte il Presidente serbo scrisse, in una lettera indirizzata al ministero degli Esteri Russo, queste parole: “Il fatto che il mio sangue contenga rifampicin, un antibiotico che è usato normalmente per trattare la lebbra e la tubercolosi, dimostra che nessuno di questi medici ha diritto a curarlo… Ho difeso il paese contro di loro ed ora vogliono che taccia per sempre”. I “bei” sistemi della democrazia assassina di matrice statunitense…
Sergio Romano ha spiegato bene a chi e a cosa servì quella sporca guerra che era la continuazione di quelle precedenti (e di quelle successive) alimentate volontariamente nell’area ex socialista dall’Occidente in espansione per assecondare ”la frammentazione dell’Urss e della Jugoslavia. Lo hanno fatto nella convinzione che i nuovi Stati sarebbero diventati amici dell’America e le avrebbero permesso di estendere la sua influenza nei territori occidentali della vecchia Unione Sovietica, nei Balcani, nel Caucaso e nel Caspio. Per ottenere lo scopo hanno offerto a questi Paesi l’ingresso nella Nato e hanno esortato l’Unione europea ad accoglierli nel suo seno. Con un doppio risultato: irritare la Russia, colpita nel suoi interessi, e diluire l’Ue sino a rendere sempre più difficile l’espressione di una politica estera europea. Capisco che l’indipendenza del Kosovo possa piacere agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna. Mi è difficile capire perché piaccia alla Francia, alla Germania e all’Italia”.
Ma la farsa continua e con essa le tragedie: in Siria, in Iraq, in Afghanistan, in Ucraina e chissà ancora dove. E’ questo, amici miei, un gioco da banditi che si chiama democrazia. (cit. E. L. Masters)
Gianni Petrosillo
Fonte: www.conflittiestrategie.it
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10.08.2016