IN IRAK, TRIONFO E TRAGEDIA

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La scarsa partecipazione dei Sunniti al voto getta un’ombra sul successo del grande afflusso di partecipanti alla consultazione.

DI ROBERT FISK

Baghdad – Malgrado le esplosioni si sentissero in tutta Baghdad, la partecipazione al voto, che è iniziata con centinaia di votanti, è poi proseguita con migliaia di votanti. Si sono viste intere famiglie, coi vecchi malfermi sostenuti dai figli, i bambini accanto, le creature in braccio alle madri.

I Mussulmani Shiiti di Baghdad ieri si sono diretti con calma alle urne, nella scuola del martire Bakr Hakim in Jadriya, in silenzio, hanno attraversato le strade prive di macchine, sotto lo spostamento d’aria provocato dai colpi di mortaio che cadevano sulla zona delle ambasciate USA e britannica, mentre il primo kamikaze immolava se stesso e altri sciiti a non più di 3 km.

I Curdi hanno votato a decine di migliaia, mentre i Sunniti, che rappresentano il 20% della popolazione, la cui resistenza armata è stata la ragione principale di queste elezioni, non partecipavano per boicottaggio o per paura delle minacce.
La grande affluenza al voto, circa il 72% dei 15 milioni di iracheni iscritti a votare, è allo stesso tempo sia una vittoria che una tragedia. Ciò è dovuto al fatto che, mentre gli Shiiti hanno votato a milioni con immenso coraggio, la voce Sunnita è rimasta silenziosa, rendendo semi illegittima la Assemblea Nazionale, la cui costituzione dovrebbe fornire agli USA la scusa per riuscire districarsi dal loro piccolo Vietnam nel Medio Oriente.Eh, si, c’è stata anche la violenza che tutti ci aspettavamo. In Baghdad ci sono stati nove attacchi suicidi, il più alto numero di suicidi in una sola giornata in tutto il Medio Oriente.

I primi a morire sono stati un mercenario e un soldato americani a causa dei colpi di mortaio diretti contro gli uffici dell’amministrazione designata dagli americani, in pieno centro. Venti elettori sono stati abbattuti. Verso sera è arrivata la notizia di un Hercules della Royal Air Force che è precipitato nei pressi della città di Balad, piena di insorti. In tutto fanno 50 morti.

Ciò che ha colpito di più però è stato lo spettacolo della partecipazione al voto di migliaia di Sunniti, donne con i lunghi vestiti neri, le hejab, uomini con le giacche di pelle o i vestiti lunghi, e i bambini attorno a loro.
Se Bin Laden ha definito queste elezioni una apostasia nessuna di queste persone, che rappresentano il 60 per cento della popolazione, ha dato retta alle sue minacce.

Si sono presentati per esercitare il loro diritto nella loro terra, ecco perché l’Ayatollah Ali al-Sistani, la grande guida spirituale degli Shiiti in Irak, ha detto loro di votare, augurando la disgrazia degli americani e degli inglesi se non glielo avessero permesso.

Però se da questa elezione esce una coalizione parlamentare divisa, con all’opposizione la maggior parte dei Shiiti, allora la resistenza armata Sunnita si trasforma in una sollevazione nazionale.

“Sono venuta qui” – ha affermato una giovane donna mentre votava a Jadriya, “ perché la nostra guida spirituale ci ha detto che oggi era più importante votare che pregare o digiunare.” Un anziano sprizzava gioia. “Mi chiamo Abdul-Ruda Abu Mohamed e oggi sono felice. In questo modo si può eleggere un presidente, dobbiamo essere uniti con tutti gli iracheni, e avere giustizia.”

Anche il rappresentante locale era vicino alle lacrime. Taleb Ibrahim ha ammesso di avere partecipato alle elezioni, a candidato unico, di Saddam, ma questo giorno segnava il momento in cui gli Shiiti dell’Irak, dopo essersi rifiutati di vendicarsi contro gli antichi oppressori Bahatisti, avrebbero mostrato la loro magnanimità.

Secondo Taleb, anche se i Sunniti hanno boicottato la consultazione, non bisogna disperare.“C’è un vecchio detto secondo il quale anche se il padre si arrabbia, non avremo problemi con i figli. Siamo sicuri che questi figli, i Sunniti, hanno gli stessi nostri diritti..”

Attorno a Baghdad era la stessa storia, intere famiglie si dirigevano verso i seggi mentre l’aria risuonava di esplosioni. Appena aperti i seggi, ci sono state 30 detonazioni in meno di due minuti, però le famiglie continuavano a andare come se fosse una giornata di pic-nic.

Le bombe in Irak ormai sono come i battiti del cuore, i loro boati sovrastano anche il rumore degli elicotteri Apache mentre volano a bassa quota. Lungo le strade vuote, la gente si fermava per chiacchierare e mostrare le macchie di inchiostro indelebile sulle loro dita, utilizzate per impedire che si potesse votare più volte.

E’ stato allo stesso tempo il giorno più sicuro e il più pericoloso di tutti.

A un seggio ho chiesto a uno dei soldati di guardia che ci dovevano controllare, tutti con una sciarpa nera sul viso per non essere identificati, se era spaventato.
“Non ha importanza”, ha risposto, “Per un giorno come questo sono pronto a morire. Bisogna votare.”

Sette ore dopo ho parlato di nuovo con lui e, questa volta, anche lui aveva il dito segnato dall’inchiostro. “E’ come se stessimo cambiando il futuro o la fede. Finora abbiamo avuto solo colpi militari e rivoluzioni. Votavamo “si” oppure “si”. Adesso votiamo per noi stessi.”

E’ stato facile spargere il falso ottimismo delle televisioni occidentali sul vuoto significato “storico” della giornata, vuoto perché la giornata sarà storica solo se riuscirà a cambiare il paese, e molti temono di no.

Nessuno di quelli che ho incontrato ieri credevano che la ribellione armata finirà, anzi molti pensavano che diventerà ancora più feroce. Tutti però erano d’accordo su un fatto, che essi stavano votando per mandare via gli americani, non per legittimare la loro presenza.

Gli americani e gli Inglesi, a loro rischio, sicuramente ignoreranno questo messaggio.

Ieri, nelle strade di Baghdad, gli americani hanno dispiegato migliaia di soldati, per lo più rispettosi della gente, osservando piuttosto che minacciando con le armi, come è loro abitudine in questa pericolosa capitale.

Un certo Capitano Buchanan, dell’Arkansas, si è anche avventurato in una osservazione politica: “E’ un peccato che i Sunniti non abbiano votato, è peggio per loro.”

Ma è anche peggio anche per l’Irak e per gli Shiiti, e probabilmente anche per gli americani. Perché senza la partecipazione di questa minoranza vitale, quale credito potrà avere il nuovo parlamento e la costituzione che ne dovrebbe derivare, assieme al nuovo governo?

Ho chiesto a una guardia di sicurezza di fede Sunnita cosa pensasse sul futuro del suo paese.
Lui non ha votato, in molte città sunnite è stato aperto solo un terzo dei seggi, ma ha riflettuto a lungo sulla domanda.
“Non ci potete dare la ‘democrazia’ in questo modo. Questa è un sogno di voi occidentali. Prima avevamo Saddam, che era un uomo crudele e che ci trattava in modo crudele. Ma dopo queste elezioni ci avrete dato tanti piccoli Saddam.”

Robert Fisk
Fonte:www.thestar.com
31.01.05

Taduzione per Comedonchisciotte.net a cura di Vichi

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