I mezzi d’informazione mnimizzano i crimini di guerra in Iraq
DI GEORGE MONBIOT
Ci avevano detto che gli iracheni non si contano. Prima dell’inizio dell’invasione il generale Thomas Frank, capo della spedizione, aveva dichiarato “Non facciamo il conteggio dei morti.” Lo stesso aveva ripetuto Donald Rumsfeld nel novembre del 2003 (“ Non facciamo il conteggio dei morti altrui.”) e infine, a gennaio scorso, anche il Pentagono (“Teniamo la contabilità soltanto delle perdite, civili o militari, degli USA.”)
Però non è vero. Il Pentagono dichiara, quasi ogni settimana, che durante l’ultimo assalto contro l’ultima roccaforte dell’imprendibile zorro-Zarqawi sono stati uccisi 50, 70 o 100 insorti. A maggio il capo di stato maggiore aveva detto che i suoi soldati avevano eliminato 250 “dei più stretti collaboratori” di Zarqawi (o 500 dei suoi amici più stretti così gli avevano detto). Però la settimana scorsa il Pentagono ha fatto qualcosa di nuovo. Sepolto all’interno dell’ultimo rapporto sulla sicurezza presentato al Congresso c’è un grafico a barre intitolato “media giornaliera delle perdite, Irak e coalizione, dal 01 gennaio 2004 al 16 settembre 2005.”. Così le affermazioni secondo cui le perdite irachene non veniva contate risultano false.
Nel rapporto non si spiega il significato di “perdite”, né se le cifre si riferiscono a tutte le perdite o solo a quelle degli insorti o, come sembra di capire da un paragrafo successivo, se si tratta solo di civili uccisi dagli insorti. Le uniche parole che accompagnano il grafico sono: “Fonte: MNC-I”, e cioè Multi-National Corps – Iraq. Ci dobbiamo solo fidare.
Quello che si capisce dal grafico è che le perdite sono raddoppiate rispetto al periodo iniziale di rilevazione. Da gennaio a marzo del 2004 ci sono stati 26 avvenimenti al giorno, di quello che sanno loro, mentre nel settembre del 2005 ce ne sono stati 64. Qualunque cosa sia, ciò di cui stiamo parlando, comunque sta aumentando. Secondo la strana morale di questa guerra si tratterebbe di una buona notizia. Alcuni giornalisti hanno moltiplicato il numero giornaliero delle misteriose unità utilizzate per il numero dei giorni di guerra e hanno scoperto che il totale è inferiore a quanto precedentemente calcolato di vittime irachene, così hanno espresso i loro dubbi sulle cifre presentate. Come al solito sotto il fuoco è lo studio pubblicato dalla rivista Lancet nell’ottobre del 2004.
La rivista ha condotta un sondaggio presso varie famiglie, 988 famiglie in 33 località diverse scelte a caso, il risultato è stato, confrontando il tasso di mortalità prima e dopo la guerra , che il rischio di decessi è aumentato di 1,5 volte. Tradotto in numero ciò significa che ci sono stati fra gli 8.000 e i 194.000 morti in più, con la cifra più probabile attorno 98.000 morti. La metà dei decessi, se si conta Falluja, oppure il 15% se la si esclude, era dovuta ad atti di violenza, di cui la maggior parte causati dagli americani.
Negli USA e in GB la ricerca o è stata ignorata o minimizzata. Nei giornali la si è considerata “gonfiata”, “sovrastimata”. “politicizzata” e “sproporzionata”. Si sono trovati tutti i possibili cavilli statistici di cui il più notevole è stato quello dell’Observer: “Gli autori del rapporto ammettono che i loro conteggi dipendevano in larga parte dall’episodio di Falluja, dove ci sono stati forti combattimenti. Se togliamo Falluja, come viene riconosciuto dallo stesso rapporto, il tasso di mortalità si riduce grandemente.” Però, come è stato ben chiarito dagli autori nella prima pagina del rapporto, Falluja non è stata contata, altrimenti la stima di 98.000 decessi sarebbe stata molto più grande.
Però la stampa ha continuato nel denigrare il rapporto. Adesso, se da qualche parte si nomina il numero delle vittime civili irachene, radio, televisione o giornali lasciano perdere Lancet per affidarsi a numeri inferiori. Negli ultimi tre mesi i redattori e gli abbonati del sito Medialens hanno scritto a radio, televisione e giornali per sapere il perché. La risposta standard, esemplificata da una lettera del sito della BBC, è che la “tecnica di prendere degli esempi a caso e ricavarne delle conclusioni generali è stata sottoposta a varie critiche”. Effettivamente è vero, però se seguissimo questo esempio dovremmo concludere che la cifra di 6 milioni di morti dell’olocausto non è attendibile perché è stata criticata anch’essa, sia pure da alcuni skinheads. Il problema non è se il metodo è stato criticato ma se la critica è valida.
Medialens ha fatto notare che l’autore del rapporto di Lancet ha calcolato, con lo stesso metodo, anche che ci sono stati 1,7 milioni di morti in Congo a seguito della guerra. Questa cifra è stata citata da Blair, Colin Powell e da quasi tutte le grandi testate giornalistiche su ambedue le sponde dell’atlantico, e a nessuno è venuto in mente di non fidarsi del metodo o dei risultati. Le Nazioni Unite, dopo il rapporto di 1,7 milioni di morti, ha chiesto il ritiro di tutte le truppe straniere dal Congo e ha raddoppiato il budget a disposizione per il paese.
Un altro motivo per ignorare i risultati di Lancet è fornito dal fatto che non va d’accordo con altre stime più moderate. Alla pari di Jack Straw, che ha estrapolato le sue cifre in un documento ministeriale, la stampa confronta le statistiche presentate dal Ministero della Sanità iracheno e dal sito Iraq body count con quelle di Lancet.
L’Associated Press ha riferito, nel dicembre del 2003, che “Il ministero iracheno della Sanità ha ordinato di cessare il conteggio de civili morti durante la guerra.” Secondo il capo della sezione statistica del ministero, la richiesta era partita sia dalla Coalition Provisional Authority che dal governo fantoccio. Come ha riferito Naomi Klein in queste pagine, quando gli americani hanno assediato Falluja, la prima cosa che hanno fatto è stata quella di impadronirsi dell’ospedale e di arrestare tutti i dottori. Il New York Times ha detto che “come primo obiettivo delle azioni è stato scelto l’ospedale perché le autorità militari ritenevano che fosse una fonte di voci infondate sulla pesantezza delle perdite.” Dopo che la Coalizione ha cominciato a usare questi nuovi metodi statistici per migliorare la loro attendibilità Blair ha riferito al parlamento che “le cifre fornite dal ministero della sanità, che sono state prese negli ospedali esistenti, rappresentano, per noi, la ricerca più accurata che ci sia.”
Il sito Iraq Body Count , il cui totale è arrivato a 26.000-30.000, prende in considerazione soltanto i civili la cui morte sia da attribuire certamente all’invasione, riportati da almeno due agenzie stampa indipendenti. I redattori fanno notare: “E’ probabile che molti, se non quasi tutti, i morti civili non vengano riportati dalle agenzie di informazione… quello che è certo è che le nostre cifre sono sottostimate a causa della mancanza di informazioni complete.” Un istituto apposito, Overseas Development Institute, ha in elenco sette organizzazioni che contano i decessi civili, e fra queste Lancet risulta solo terza come cifra più elevata. Lo studio di Lancet rimane comunque quello più completo finora pubblicato. Anche se i suoi risultati sembrano eccessivi, molto probabilmente sono quelli più vicini alla realtà.
Cosa possiamo dire per quanto riguarda l’accusa che la maggior parte delle morti siano da attribuirsi alle azioni della coalizione? In questo caso sia la Houston Chronicle, che è la fonte preferita di Blair, sia il Ministero iracheno della sanità, sono concordi nel dire che le forze della coalizioni sono responsabili del doppio dei morti iracheni, quasi tutti civili, rispetto a quelli causati dagli insorti. Quando il Pentagono dice di avere ucciso 50, 70 o 100 insorti non siamo in grado di sapere di chi esattamente si tratti. Basta che uno venga fatto a pezzi e subito diventa un terrorista. Nel mese di luglio Jack Keane, l’ex vice capo di stato maggiore, aveva affermato che erano stati uccisi o catturati pi di 50.000 “insorti” dall’inizio della ribellione. Forse erano tutti stretti collaboratori di Zarqawi.
Tutti quanti ci dobbiamo aspettare che i governanti degli USA e della GB cerchino di minimizzare l’entità dei loro crimini di guerra, però sarebbe ora che i mezzi di informazione la smettessero di collaborare.
George Monbiot
(www.monbiot.com)
Fonte: http://www.commondreams.org
http://www.commondreams.org/views05/1108-25.htm
8.11.05
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da VICHI