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La Redazione

 

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ILVA DI TARANTO: LETTERA AI SINDACATI

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A cura di Bosque Primario
Il 3 Agosto 2012
84 Views

FONTE: PEACELINK.ORG

Ai segretari nazionali di
Cgil Susanna Camusso
Cisl Raffaele Bonanni
Uil  Luigi Angeletti

Ai segretari nazionali dei sindacati metalmeccanici Fiom, Fim, Uilm, Maurizio Landini, Franco Bentivoglio e Rocco Palombella

LETTERA APERTA DI PEACELINK

Migliaia di lavoratori Ilva sono sfilati a Taranto ed e’ importante dire parole di verita’.

In primo luogo va ricordato che a Taranto ogni mese muoiono due persone in più per inquinamento industriale.La decisione della magistratura tarantina è inevitabile dopo la perizia epidemiologica consegnata al gip Patrizia Todisco che parla di 386 morti in 13 anni causati dall’inquinamento delle ciminiere: più di 30 ogni anno

Chi ha il coraggio di ignorare questi dati?

I sindacati avrebbero dovuto manifestare sfilando prima.   La verità è che ora e’ tardi per salvare impianti concepiti cinquanta anni fa e che oggi nessuna nazione civile autorizzerebbe a cosi’ poca distanza dalle case. Nel quartiere Tamburi i bambini sono costretti a “fumare” un equivalente di mille sigarette all’anno (sono calcoli scientifici noti da tempo). Inalano benzo(a)pirene cancerogeno in quantita’ inaccettabile.

Non è possibile che di fronte ai numeri della strage silenziosa emersa dalle pagine dei periti non scatti un moto di indignazione e di protesta paragonabile a quello odierno. I dati forniti dai periti della magistratura sono terribili. Ricordano arcaici sacrifici umani, che si rinnovano oggi in nome del profitto.

Questa strage vergognosa non puo’ e non deve proseguire.  Abbiamo una Costituzione che difende la salute e la vita come una priorita’ assoluta.  Noi stiamo dalla parte della Costituzione e dalla parte della magistratura, che sta agendo in suo nome.

Sono percio’ inaccettabili le parole di Angeletti dette oggi a Taranto dal palco: “Noi non possiamo accettare la chiusura dell-lva per nessuna ragione e per nessuna motivazione” (intervento registrato dal Tg3 ore 14 del 2 agosto).

Quando un impianto danneggia gravemente la salute va fermato. Se il sindacato dovesse fare fronte comune con l’azienda per ostacolare le ordinanze della magistratura diventerebbe un’organizzazione che mina i principi della legalita’ costituzionale. Ci auguriamo che mai accada
una cosa del genere.

Non vi basta vedere come i dirigenti Ilva arrestati si sono avvalsi della facolta’ di non rispondere alle domande del Gip? Cosa aspettate a prendere le distanze da questa gente con cui vi siete seduti ai tavoli tecnici e sindacali per concertare la cosiddetta “ambientalizzazione” di impianti che ora sono sotto sequestro?

I lavoratori devono sapere: attorno all’Ilva per un raggio di venti chilometri e’ vietato dalla Regione il pascolo libero in zone incolte perche’ il terreno e’ contaminato da diossine e policlorobifenili. Parliamo di inquinanti persistenti con effetto cancerogeno e che hanno
il potere di danneggiare il dna che viene trasferito dai genitori ai figli.

Dal 2008 sono state abbattute duemila pecore e capre perche’ contaminate da diossine e pcb e gli allevatori sono rimasti senza lavoro.  Nel 2011 sono stati distrutte grandi quantità di cozze, contaminate da diossine e pcb, colpendo famiglie di miticoltori che lavoravano da decenni.   Perche’ in questi casi le organizzazioni sindacali non hanno promosso cortei, pur essendo in gioco il diritto al lavoro?

E’ terribile sapere che per decenni sono state vendute e consumate tonnellate di cibo contaminato da diossine e pcb a una popolazione ignara del pericolo.

Quando la magistratura interviene per spezzare questo meccanismo infernale, ne è costretta, dal momento che gli amministratori non hanno predisposto i controlli efficaci che sarebbero serviti, viceversa compiuti in molti casi da associazioni di cittadini.

In nome del proprio diritto al lavoro non si può decretare la morte di altre persone e la distruzione del futuro di una citta’.  Cambiare si puo’ ed e’ per questo che vi scriviamo. Si puo’ fare qualcosa di legittimo e positivo: disinquinare, bonificare, recuperare il territorio agli usi civili.

L’opera di bonifica del terreno attorno all’Ilva e’ vastissima e richiede non meno lavoratori di quanti ne impiega oggi l’Ilva.  Urgente e’ la messa in sicurezza d’emergenza della falda acquifera che sotto l’Ilva si sta contaminando.

Ogni mese di attesa rende più alti i costi futuri di bonifica del sottosuolo.

Non meno impegnativa e’ la bonifica del mare dove non si puo’ più praticare la pregevolissima mitilicoltura, un tempo rinomata in tutto il mondo.  Anche il Lungomare andra’ bonificato e recuperato alla balneazione e anche questo e’ lavoro.

Siete stati a Taranto e vi avranno avranno detto che la situazione sta migliorando.  Questa e’ una versione di comodo, non e’ la realta’.

Infatti la legge regionale sulla diossina – pur utile indispensabile per rallentare la contaminazione – non alleggerira’ di un solo grammo il peso di tutta la contaminazione del territorio e del mare accumulata in cinquant’anni.

Se la situazione stesse migliorando a Taranto, nel 2010 non sarebbe stato approvato un articolo di legge che tutti hanno battezzato “salva- Ilva” (nel dlgs 155/2010), perchè ha modificato la norma legge che fissava un limite invalicabile al benzo(a)pirene (e la legge regionale che è stata approvata non riesce a porre un vero e proprio rimedio).

Nel 2011 nel quartiere Tamburi e’ stato superato il limite per le polveri sottili (pm10) e questo si ripeterà nel 2012 perche’ le centraline Arpa hanno gia’ registrato sforamenti eccessivi e frequenti. Dove e’ dunque il miglioramento a Taranto di fronte ai ripetuti e persistenti superamenti di polveri e benzo(a)pirene?

In che modo pensate di rimuovere tutta la diossina che si e’ depositata attorno e dentro la fabbrica, e persino in fondo al mare, se non si procede ad una bonifica?  E quale migliore occasione per poter reimpiegare gli stessi lavoratori dell’Ilva?

Sarebbe assurdo non cogliere questa opportunita’ e scegliere ciecamente la difesa di impianti obsoleti, inquinanti e pericolosi.  Se la vostra visuale e’ il passato condannate i lavoratori alla sconfitta e la citta’ a una spaccatura insanabile e dannosa.

Se la vostra prospettiva e’ il futuro, la soluzione delle bonifiche e’ a portata di mano e puo’ contare sui fondi strutturali europei che – se non usati per le bonifiche – cesseranno il 31 dicembre 2013.  Occorre dunque far presto e mettere in campo un progetto che veda i lavoratori dell’Ilva protagonisti del disinquinamento.

Occorre fare come nella Ruhr in Germania dove e’ stato compiuto un provvidenziale ed efficace recupero civile e paesaggistico delle aree degradate dall’inquinamento.    Ora la Ruhr e’ rinata ed e’ un polo attrattivo.

Occorre tutto il vigore delle maestranze dell’Ilva per replicare a Taranto questo esperimento virtuoso. La bonifica andra’ fatta anche con i profitti di chi in questi anni si e’ arricchito inquinando senza controllo.

La famiglia Riva dovra’ pagare tutti i danni che ha arrecato a Taranto.

Non siate reticenti su questo.  Ditelo ai lavoratori. Ditelo, con coraggio.

 

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
www.peacelink.it
3.08.2012

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