DI SLAVOJ ZIZEK
corriere.it
Tutti vogliono sconfiggere l’avversario di Hillary Clinton. Da Wall Street ai sostenitori di Sanders, fino ai superstiti del movimento Occupy, dalle grandi multinazionali ai sindacati dei lavoratori, fino agli esponenti più «sensati» dello schieramento repubblicano
Alfred Hitchcock amava ripetere che «più riuscito è il cattivo, più riuscito sarà il film», e se questo è vero, vorrà dire che le imminenti elezioni presidenziali americane saranno ottime, poiché il «cattivo» (Donald Trump) è il miglior cattivo che si possa immaginare? Sì, ma in un senso assai problematico. Per la maggioranza liberale, le presidenziali del 2016 rappresentano una scelta netta: Trump incarna un’aberrazione ridicola e volgare, capace di sfruttare i peggiori sentimenti razzisti e sessisti, è un maschilista privo del benché minimo senso della decenza, al punto tale che persino i grandi nomi del partito repubblicano sembrano fare a gara per abbandonarlo
Se Trump resterà il candidato repubblicano, avremo un voto che farà appello alla coscienza e alla responsabilità individuale, vale a dire, malgrado tutti i nostri problemi e le beghe meschine, quando si è davanti a una vera minaccia, saremo capaci di unire le forze a difesa dei nostri valori democratici fondamentali.
Tuttavia, è proprio questo consenso democratico così conveniente a metterci in allarme e sarebbe meglio fare un passo indietro e rivolgere lo sguardo su di noi per chiederci: qual è il vero «colore» di questa unione democratica al di sopra delle parti? Ci sono dentro tutti, da Wall Street ai sostenitori di Sanders, fino ai superstiti del movimento Occupy, dalle grandi multinazionali ai sindacati dei lavoratori, dagli ex combattenti dell’esercito agli Lgbt+ (lesbiche, gay, bisessuali e transgender +), dagli ambientalisti e alle femministe, fino agli esponenti più «sensati» dello schieramento repubblicano, spaventati dalle contraddizioni di Trump e dalle sue proposte demagogiche e irresponsabili.
Ma quale elemento viene meno in questo conglomerato? La rabbia popolare che ha alimentato la campagna di Trump è la stessa che ha fatto nascere Sanders, e mentre entrambi esprimono un malcontento sociale e politico molto diffuso, lo fanno in senso opposto: da una parte agitando il populismo di estrema destra, e dall’altro scegliendo l’appello alla giustizia sociale della sinistra. E qui sorgono i problemi: l’ideale di uguaglianza e giustizia della sinistra unisce le forze con i movimenti per i diritti delle donne e degli omosessuali, esalta il multiculturalismo per combattere il razzismo, ecc. L’obiettivo strategico del consenso a favore di Clinton è chiaramente quello di scindere tutte queste lotte dall’ideale di giustizia sociale della sinistra, motivo per cui il simbolo vivente di questo consenso è proprio Tim Cook, il Ceo della Apple, il quale si vanta di aver firmato una lettera a favore di lesbiche e gay e oggi può tranquillamente dimenticarsi delle centinaia di migliaia di operai che in Cina lavorano per la Foxconn ad assemblare i prodotti Apple in condizioni di schiavitù.
Una posizione parimenti esasperata si è vista con Madeleine Albright, grande sostenitrice «femminista» di Clinton. Nella trasmissione 60 Minutes della Cbs (12 maggio 1996), a questa domanda sulla guerra in Iraq: «Sappiamo che sono morti mezzo milione di bambini, più di quanti sono morti a Hiroshima, un prezzo altissimo da pagare. Come si giustifica?». Albright aveva risposto con tutta calma: «Io so benissimo che si è trattato di una scelta difficilissima — ma noi siamo convinti che sia stata una scelta perfettamente legittima». Tralasciamo pure le questioni sollevate da questa frase (il passaggio interessante da «io» a «noi») e concentriamoci piuttosto su un unico aspetto: immaginiamo che cosa succederebbe se una simile risposta fosse data da un leader come Putin, o dal presidente cinese Xi o dal capo di stato iraniano? Non sarebbero immediatamente denunciati come mostri barbari e senza scrupoli? A sostegno della campagna di Hillary, Albright ha detto: «C’è un posto speciale all’inferno per le donne che non si aiutano a vicenda!» (Significato: tutte quelle che votano per Sanders invece di Clinton). Forse dovremmo correggere questa dichiarazione: c’è un posto speciale all’inferno per tutte le donne (e gli uomini) che pensano che mezzo milione di bambini morti rappresenti un prezzo accettabile per un intervento militare che ha devastato un Paese, mentre in patria appoggiano al cento per cento i diritti delle donne e degli omosessuali…
Trump non è l’acqua sporca che occorre buttar via per salvare il bambino della democrazia americana, lui stesso è il bambino sporco che dovrebbe essere gettato via per scuotere e disorientare la vera acqua sporca delle relazioni sociali che fanno rete attorno a Clinton. Il messaggio lanciato alla sinistra è questo: potete lottare per qualsiasi cosa, ma noi vogliamo tenerci l’essenziale, ovvero il funzionamento senza ostacoli del capitale globale. Lo slogan «Yes, we can!» del presidente Obama assume un nuovo significato: sì, siamo pronti ad accogliere tutte le vostre istanze culturali… ma senza mettere in pericolo l’economia globale di mercato — e pertanto non c’è nessun bisogno di varare riforme economiche radicali. Oppure, nelle parole di Todd McGowan (in un colloquio privato): «Il consenso delle persone di buon senso che si oppongono a Trump mi fa paura. È come se i suoi eccessi abbiano sdoganato il vero consenso capitalistico globale, e per di più tutti costoro si congratulano per la loro apertura mentale».
Per questo motivo Julian Assange ha ragione nel guidare la sua crociata contro Hillary, per questo motivo i liberali che lo criticano per aver attaccato l’unico candidato capace di salvarci da Trump si sbagliano. L’oggetto da combattere e sconfiggere in questo momento è precisamente questo consenso democratico contro il Cattivo. E il povero Bernie Sanders? Sfortunatamente, Trump ha colto nel segno quando ha paragonato il suo sostegno a Hillary a un attivista di Occupy che si schiera con Lehman Brothers. Sanders dovrebbe semplicemente ritirarsi e mantenere un silenzio dignitoso, in modo che la sua assenza si faccia sentire da tutti durante il trionfo di Hillary, per ricordarci tutto quello che manca in questa occasione e, a modo suo, mantenere lo spazio libero per alternative future ben più radicali.
Slavoj Žižek
Fonte: www.corriere.it
12.08.2016
Traduzione a cura di Rita Baldassarre