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IL VERME OUROBOROS

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A cura di Davide
Il 22 Dicembre 2005
95 Views

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DI WILLIAM BOWLES

E’ deprimente pensare quante persone, per altri versi sensate, abbiano
“bevuto” l’assurdità del “picco petrolifero”. Leggiamo, per esempio, che delle oltre 60 riserve in Irak, solo 17 sono state effettivamente sfruttate, ed è stato calcolato che le riserve superano di gran lunga i campi petroliferi attualmente sfruttati.
Ho trattato la questione in almeno altri cinque articoli, cercando di denunciare la rapina che viene perpetrata dalle grandi compagnie, ma sembra che i preconcetti riguardo alle risorse, specie in occidente, siano ancora fermi al 18mo secolo, e deriva principalmente da un atteggiamento razzistico verso la gente di colore l’improvvisa preoccupazione riguardo ai popoli di Cina, India e altri, nel mondo sviluppato. Dopo averli per decenni spinti ad adottare economie di mercato, ora questi popoli minacciano di costringere la ricca minoranza del mondo a guardare in faccia la realtà del nostro saccheggio del Pianeta, e l’assurda richiesta alle regioni in via di sviluppo di addossarsi l’ulteriore costo di salvare l’energia e salvare il pianeta. Cosa davvero scandalosa!Ciò non significa che non dovremmo preoccuparci per l’evidente consumo di petrolio in occidente, certo che no, e parlando di consumo, dovremmo preoccuparci proprio per ogni altra materia prima che viene usata per produrre un flusso senza fine di prodotti senza utilità che hanno rinchiuso i popoli nell’ infinita dipendenza consumistica del capitalismo occidentale.
Materia prima che proviene largamente dai paesi in via di sviluppo. Questo non significa che la questione del cambiamento climatico non sia una di quelle di cui l’intero pianeta si deve preoccupare, ma la domanda che si pone è come cercare di salvare il nostro ambiente deteriorato.

Ma sembra, a giudicare dai titoli cubitali di alcuni fra i mezzi di comunicazione istituzionali che ora si stiano manifestando segnali di paura, di fronte alla realtà del disastro climatico, che ormai, probabilmente, non siamo più in grado di fermare perchè è troppo tardi. Ma quali soluzioni propongono ?

Invertendo il global warming ?

Forse il paragone più azzeccato che mi viene in mente è quanto tempo occorre per fermare una di quelle gigantesche superpetroliere da 200.000
tonnellate di petrolio. Non puoi semplicemente tirare i freni e aspettare che si fermino, data l’enorme quantità di enegia cinetica implicata. Così, noi abbiamo pompato tanta di quella energia nella biosfera, negli ultimi 200 anni che una volta messa in moto e una volta superato il punto critico, cercare di fermarla richiederebbe una quantità di sforzo anche maggiore (supponendo che sia possibile, data l’alta complessità di un sistema che ha impiegato miliardi di anni per evolversi e rispetto al quale noi attuamente abbiamo scarsissime conoscenze riguardo alla complessità delle interazioni).
Io sono convinto che ormai è stato superato il punto in cui si tratta semplicemente di tagliare la quantità di CO2 e di altri gas serra per ristabilire l’equilibrio. Siamo, come si dice, su un pendìo scivoloso.

Non sono uno scienziato ma mi colpisce che un sistema così complesso come “Gaia” che ha impiegato circa due miliardi di anni a formarsi; una rete complessa di processi chimici, biologici e geofisici che hanno operato in completa armonia per raggiungere ciò che chiamiamo l’“omeostasi”, una volta violentato dal capitalismo industriale, non richieda altro che la gente spenga la luce o vada al lavoro in bicicletta, per invertire il processo.
Se c’è una buona ragione per abolire il capitalismo e la sua mentalità “lupo-mangia-lupo”, è la questione del clima; invece mentre gli imbecilli che ci propinano fesserie a Montreal, cercano di scaricare sui paesi in via di sviluppo il compito di migliorare la situazione, la vera questione, quella dell’economia capitalistica viene dimenticata da coloro a cui conviene dimenticare.
Si sostiene che se la Cina e l’India seguiranno l’andamento dell’occidente nella produzione di beni di consumo arriveremo all’esaurimento del petrolio,
all’accelerazione del riscaldamento globale e così via, ma chi è il maggior consumatore di quei prodotti? Siamo noi!

Chi deve pagare ?

A questo punto vengono alla mente alcuni fatti; gli USA, sebbene abbiano solo il 4 per cento della popolazione mondiale, producono il 25 per cento di gas serra. Ma accusando la Cina (che ha oltre il 20 per cento della popolazione mondiale,) di produrne a sua volta il 25 per cento, dimenticano
qual’è la produzione pro capite di gas serra in quel paese.

L’enorme espansione del prodotto industriale cinese è stata resa possibile dagli insaziabili appetiti dell’occidente che ha esportato la maggior parte della sua produzione industriale in Cina e in India dove la manodopera è a buon mercato e abbondante. Non ho cifre da fornire ma sarebbe interessante sapere quanto la crescita del prodotto cinese non derivi dalla dislocazione da parte dell’occidente delle sue industrie in quel paese, e lo stesso vale per l’altro obiettivo del biasimo crescente dell’occidente: l’India.
Questi sono dopotutto i paesi a cui per decenni l’Occidente ha chiesto di trasformare le loro economie in cosiddetto “libero mercato”, in altre parole,
in una produzione incontrollata, orientata dai consumatori e completamente aperta alla penetrazione dei capitali occidentali.

I media e i cambiamenti climatici.

La miopia dell’Occidente è evidente nel modo in cui i media affrontano il problema. Il “London Independent” del 3/12/05 ha una prima pagina dedicata alla questione oltre a un insipido editoriale sull’imminente disastro ambientale, che rivelano una èlite al potere veramente atterrita ma che , per ovvie ragioni, si rifiuta di affrontare la questione fondamentale che se vogliamo contrastare il problema prima di non essere più in grado di farlo,
ciò significa un fondamentale ritiro dall’”economia di mercato” verso una
economia che cerchi di ristabilire l’armonia con l’ecositema del pianeta, con Gaia, il sistema che ci ha dato la vita.

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L’editoriale dell’”Independent” afferma ,è vero, che “Il libero mercato non lo farà mai da solo”, ma non suggerisce quale altro tipo di sistema lo farà, né tantomeno riconosce che è proprio il “libero mercato” la principale causa del problema. Del resto cosa significa “farlo da solo”? Forse il veicolo del potere delle imprese è a favore dell’intervento statale? E se si, che ne è del suo tanto lodato “libero mercato”?

E comunque non c’è niente di libero in un mercato dominato da una manciata di giganti transnazionali supportati da una manciata di governi che negli ultimi trent’anni hanno imposto il “libero mercato” nella maggior parte del pianeta.
E senza un cenno all’ironia implicita nel commento, l’editoriale continua dicendo “affrontiamo tutti insieme questa era imminente di imprevedibilità climatica”. E di nuovo, prevedibilmente, continua a dirci che “Se la maggior parte di noi spegnesse gli apparecchi elettrici quando non li usa e riciclasse accuratamente i rifiuti, le nostre società sarebbero enormemente meno a rischio energetico. Se le popolazioni divenissero più “verdi”,invierebbero un potente messaggio ai nostri rappresentanti politici. Quindi tutt’a un tratto, siamo tutti responsabilizzati.

Però, in che modo questo quadri con un sistema economico basato su una crescita all’infinito non viene spiegato. Non si accenna affatto alla produzione ugualmente senza fine di prodotti del tutto insulsi come “rinfrescanti dell’aria”
elettrici, spazzolini da denti elettrici e ogni genere di beni di consumo assolutamente inutili che fluiscono nel mercato come un fiume senza fine,
risultato di un sistema economico che deve continuamente creare nuovi mercati che esistono finchè non raggiungono il punto di saturazione.
Per di più questi prodotti che aumentano la domanda di elettricità
anche se ci viene ripetuto di controllare i consumi, sono per la maggior parte fatti con materie prime ricavate dal petrolio e prodotti in Cina, Vietnam, India e altre regioni del sud del mondo.

L’editoriale parla anche dei trasporti ma ancora una volta evita il cuore del problema: l’automobile. E invece ci dice: “Bisogna prendere provvedimenti per ridurre le emissioni (di gas) dei mezzi di trasporto. Ciò significa vasti investimenti in carburanti alternativi e tassazione sui voli.”

Intanto abbiamo un governo che spende miliardi nell’ampliamento del sistema autostradale, dimenticando di fare investimenti nel trasporto pubblico mentre garantisce profitti alla rete di autostrade privatizzate. L’editoriale non fa menzione dell’incestuosa relazione fra le grosse compagnie petrolifere e il governo e dell’importanza dell’industria dell’auto per il capitalismo. Al contrario vuole mangiare la torta e tenersela, con un semplice accenno ai “carburanti alternativi”.

Se non si affronta la centralità di un sistema economico che è nella sua essenza completamente irrazionale, non può esserci speranza alcuna di una soluzione della crisi ambientale che ci è davanti. Ma come il Verme Ouroboros che si mangia la coda, lo stato e il suo servitore, i media, parlano di urgenza della situazione ma non vogliono riconoscere che il sistema che difendono divora se stesso.

William Bowles

Fonte: www.williambowles.info
Link: http://www.williambowles.info/ini/ini-0378.html
9.12.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUCIANA OCCHIPINTI

Note:

Out Damn Spot – Oil Prices that is!
http://www.williambowles.info/ini/ini-0331.html

(S)Peaking of oil… again
‘ Peak oil’ – Newsspeak for ‘too many poor people’
http://www.williambowles.info/ini/ini-0329.html

Warming to the subject of oil
http://www.williambowles.info/ini/ini-0297.html

‘Well Oiled’

http://www.williambowles.info/ini/ini-0293.html

The truth about ‘Peak Oil’ – The future revisited from a past that never happened
http://www.williambowles.info/ini/ini-0292.html

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