IL VENEZUELA OLTRE LE PROTESTE (LA RIVOLUZIONE E' QUI PER RIMANERE)

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DI EVA GOLINGER
counterpunch.org

La rivoluzione è qui per rimanere

Per coloro di voi che non hanno familiarità con la questione Venezuelana, non permettete che il titolo dell’articolo vi inganni. La rivoluzione alla quale ci riferiamo, non è quella che la maggior parte degli organi di stampa mostrano stia accadendo a Caracas, con in protestanti che richiedono l’espulsione del Presidente Nicolas Maduro. La rivoluzione che è qui per rimanere è la Rivoluzione Bolivariana, iniziata nel 1998 quando Hugo Chavez prima fu eletto Presidente, e in seguito ha trasformato una grande nazione produttrice di petrolio in un paese progressista, incentrato sulla società e con un governo popolare. Dimostrazioni hanno avuto luogo nei giorni scorsi in Venezuela tentando di indebolire e distruggere quella trasformazione, al fine di far ritornare il potere nelle mani dell’élite che governò precedentemente il paese per oltre 40 anni.

Coloro i quali protestano non rappresentano la grande classe operaia Venezuelana, maggioranza che lotta per sopraffare l’oppressiva esclusione alla quale sono stati soggetti durante le amministrazioni antecedenti a quella di Chavez. La gioventù che oggi scende nelle strade di Caracas, e in altre città in ogni parte del paese, nascondendo i volti dietro maschere e passamontagna, distruggendo edifici pubblici, veicoli, incendiando i rifiuti, bloccando violentemente il traffico e lanciando pietre e molotov contro le forze dell’ordine, sono guidati dagli estremisti di destra interessati dal settore Venezuelano più ricco. Guidati dagli intransigenti neo-conservatori Leopoldo Lopez, Henrique Capriles e Maria Corine Machado- i quali provengono da tre delle famiglie più facoltose del Venezuela, l’1% dell’1%- i protestanti cercano non di rivendicare i loro diritti fondamentali, o di ottenere accesso gratuito all’assistenza sanitaria o all’educazione, tutte cose che sono garantite dallo stato, grazie a Chavez, ma piuttosto stanno cercando di far degenerare lo stato del paese per renderlo ingovernabile, il che giustificherebbe un intervento internazionale al fine di cambiare il regime.

Prima che Chavez venisse eletto nel 1998, il Venezuela era in un periodo davvero nero e difficile, con una democrazia pericolosamente in declino. Duranti gli inizi degli anni ’90, la povertà aumentò circa dell’80%, l’economia stava sprofondando, la grande classe media del paese stava scomparendo con milioni di persone che cadevano in rovina economica, i diritti costituzionali venivano sospesi, fu imposto un coprifuoco nazionale e la corruzione era incontrollata. Coloro i quali protestavano contro le azioni del governo venivano brutalmente repressi e spesso uccisi. Infatti, durante il periodo così chiamato “Democrazia Rappresentativa” in Venezuela, dal 1958 al 1998, prima che la nazione si trasformasse in una democrazia partecipativa sotto Chavez, migliaia di venezuelani scomparirono, vennero torturati, perseguitati e assassinati dalle forze di sicurezza dello stato. Nessuno dei loro diritti veniva garantito e nessuno, eccetto la maggioranza escludendo i poveri, sembrava importarsene. Le organizzazioni internazionali dei diritti umani dimostrarono poco interesse per il Venezuela in quel periodo, nonostante le chiare e sistematiche violazioni che avevano luogo contro il popolo.

Chi era al potere in quel periodo, anche chiamato in Venezuela come “Quarta Repubblica”, rappresentava un’élite minoritaria- famiglie che possedevano la ricchezza e l’esagerato profitto delle redditizie riserve di petrolio della nazione. Milioni di dollari, dai guadagni del petrolio, appartenenti allo stato (il petrolio è stato nazionalizzato in Venezuela nel 1976) furono sottratti dal paese e messi nei gonfi conti correnti dei venezuelani benestanti, i quali corruppero anche funzionari pubblici che ebbero case a Miami, New York e Repubblica Domenicana e vivevano la loro vita di lusso sulle spalle di una maggioranza impoverita.

La vittoria elettorale di Hugo Chavez nel 1998 mandò in frantumi lo sfarzoso banchetto dell’élite venezuelana che si divertì per decadi, mentre faceva andare in rovina il paese. Egli fu eletto proprio per porre fine al potere di quei gruppi che avevano controllato tutto per così tanti anni, e la promessa di Chavez fu la rivoluzione- una completa trasformazione del sistema economico, polito e sociale del paese. La sua vittoria elettorale fu solida, anno dopo anno, ogni volta aumentando di popolarità, quanto più i Venezuelani diventarono motivati a partecipare alla loro amministrazione e alla costruzione di una nuova, completa, nazione con giustizia sociale e le sue eccellenze.

L’elezione di Chavez è stato un duro colpo per Washington e per i potenti interessi degli Stati Uniti che volevano controllare le riserve petrolifere del Venezuela- le più grandi sul pianeta. Nell’Aprile 2002, l’amministrazione del Presidente Bush sostenne un colpo di stato al fine di rovesciare il governo Chavez, guidato da una élite veramente simile a quella che era stata al potere negli anni precedenti. Il colpo comportò marce di massa per le strade di Caracas, formate dalle classi medie e benestanti, chiedendo la cacciata di Chavez. Vennero utilizzati cecchini per sparare sulla massa durante queste marce, creando violenza e caos per cui fu immediatamente incolpato Chavez. Televisioni, radio e giornali in Venezuela sostenevano i tentativi del colpo, manipolando immagini e distorcendo fatti al fine di giustificare l’espulsione di Chavez. Egli divenne il villano, il malvagio dittatore, il brutale omicida agli occhi dei media internazionali anche se, in realtà, quelli che volevano lo volevano mandare via, e i sostenitori finanziari di Washington erano responsabili di morti e altri danni arrecati. Dopo che Chavez fu rapito l’11 Aprile 2002 e pronto per essere assassinato, il benestante uomo d’affari, che stava alla regia del golpe, prese il potere e impose una dittatura. Tutte le istituzioni democratiche vennero dissolte, incluso la legislatura e la corte suprema.

La maggioranza, che aveva votato per Chavez, era diventata protagonista all’interno del loro stesso governo e, determinati a difendere la loro democrazia, scesero in piazza chiedendo il ritorno del Presidente. Quarantotto ore dopo, Chavez fu salvato da milioni di sostenitori e dalle forze armate. Il colpo fu ostacolato e la rivoluzione sopravvisse, ma le minacce continuarono.

Un successivo sabotaggio economico tentò di portare al crollo l’industria del petrolio. 18.000 tecnici di alto livello e dirigenti dell’azienda appartenente allo stato, la PDVSA, lasciarono il lavoro, sabotando attrezzature e causando quasi 20 miliardi di dollari di danni all’economia venezuelana. Dopo 64 giorni di scioperi, gli scaffali dei supermercati vennero svuotati intenzionalmente al fine di creare panico, inoltre si scatenò una brutale guerra mediatica per cui ogni emittente privata faceva propaganda d’opposizione 24 ore su 24,7 giorni su 7, così che i venezuelani si stancarono dell’opposizione. La popolarità di Chavez aumentò. Un anno e mezzo dopo, quando l’opposizione provò a rimuoverlo dall’incarico attraverso un referendum revocatorio, egli vinse con una vittoria schiacciante del 60%.

Coloro che diressero i tentativi per rovesciare il governo di Chavez, erano gli stessi tre che oggi chiamano i loro sostenitori a scendere in strada per costringere il Presidente in carica Nicolas Maduro a lasciare il potere. Leopoldo Lopez e Henrique Capriles erano entrambi sindaci di due tra i comuni più benestanti durante il colpo del 2002- Chacao e Baruta, mentre Maria Corina Machado era uno stretto alleato di Pedro Carmona, l’uomo d’affari più ricco, il quale si proclamò dittatore durante la breve espulsione di Chavez. Lopez e Machado firmarono l’ignobile “Decreto Carmona” dissolvendo le istituzioni democratiche venezuelane e distruggendo la costituzione. Capriles e Lopez furono entrambi anche responsabili di persecuzioni e di aver detenuto violentemente membri del governo di Chavez durante il colpo, permettendo che, alcuni di essi, venissero picchiati pubblicamente, come Ramon Rodriguez Chacin, Ministro degli Interni nel 2002.

I tre sono stati i maggiori beneficiari dei finanziamenti degli Stati Uniti e di supporto politico per i loro tentativi di rovesciare Chavez, e ora Maduro. Il National Endowment for Democracy (NED) e gli altri suoi reparti, l’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI) e l’Instituto Democratico Nazionale (NDI) iniziarono a mettere a disposizione fondi per la NGO Sumate di Machado e per il partito di destra di Capriles e Lopez, “Primero Justicia”.

Quando Lopez si divise da Primeiro Justicia nel 2010 per formare il suo partito, “Voluntad Popular”, fu finanziato con dollari americani.

In questo periodo di dieci anni, 2000-2010, le agenzie statunitensi, incluso la US Agency for International Development (USAID) e il suo Ufficio per le Transition Iniciatives (OTI), fondata a Caracas nel 2002, consegnò più di 100 milioni di dollari al gruppo d’opposizione in Venezuela. L’obiettivo complessivo era quello di cambiare il regime.

Quando Chavez fu rieletto nel 2006 con ancora un grande margine di vittoria, quasi il 64% dei voti, gli Stati Uniti spostarono i loro supporti finanziari dai partiti politici di opposizione tradizionali e dalle NGO, per creare nuovi partiti con volti giovani e freschi. Più di un terzo dei fondi americani, quasi 15 milioni di dollari annuali dal 2007, sono stati diretti a giovani e a gruppi di studenti, compreso corsi per l’uso dei social network per mobilitare l’attivismo politico. I leader degli studenti furono mandati negli Stati Uniti per seminari e conferenze sull’attivismo in Internet e la rete dei media. Furono formati con tattiche per promuovere la sostituzione del regime attraverso disordini in strada e utilizzo strategico dei media, al fine di ritrarre il governo come repressivo.

Nel 2007 questi gruppi di studenti, fondati e formati dalle agenzie statunitensi, furono mandati nelle strade di Caracas per chiedere l’espulsione di Chavez dopo che il governo scelse di non rinnovare la concessione pubblica del RCTV, una popolare stazione televisiva privata conosciuta per le sue squallide soap opera. Le proteste erano formate principalmente dalle classi alte e medie, da giovani e politici d’opposizione, i quali difendevano i media aziendali e il canale televisivo, anche conosciuto per il suo diretto coinvolgimento nel golpe dell’Aprile 2002. Sebbene le loro proteste fallirono, per realizzare l’obiettivo gli “studenti” guadagnarono le credenziali come una solida istituzione dell’opposizione. Dopo, nello stesso anno, la loro organizzazione fu accuratamente aiutata al fine di sconfiggere un blocco di riforme costituzionali che Chavez aveva proposto in un referendum nazionale.

Dopo che il Presidente Chavez morì nel Marzo 2013, in seguito ad una brutale battaglia contro il cancro, l’opposizione vide un’opportunità per riavere indietro la forza dei suoi elettori. Le elezioni si tennero il 14 Aprile 2013 in un ambiente estremamente teso e pericoloso. Nicolas Maduro, il successore scelto da Chavez concorse contro Henrique Capriles il quale mesi prima, nell’Ottobre 2012, aveva perso le elezioni Presidenziali contro Chavez di 11 punti. Questa volta, comunque, i risultati furono più angusti con la vittoria di Maduro con un margine sottile, meno di 2 punti. Capriles rifiutò di accettare i risultati e chiamò i suoi sostenitori a scendere in strada in segno di protesta, per esternare tutta la loro rabbia. Nei due giorni che seguirono le elezioni, 11 sostenitori del governo furono assassinati dai seguaci di Capriles. Fu un bagno di sangue che non ricevette alcuna attenzione dai media internazionali, forse le vittime non erano abbastanza famose e appartenevano allo schieramento sbagliato.

Così come si evolse il 2013, la crisi economica nel paese si intensificò e la vecchia strategia di nascondere i prodotti per provocare carenze e panico tra la popolazione, tornò nuovamente alla carica. Prodotti di primaria necessità sparirono dagli scaffali- carta igienica, olio, latte in polvere, farina di mais- alimenti basilari della vita quotidiana in Venezuela. L’inflazione iniziò ad aumentare e la speculazione, come la lievitazione dei prezzi, fu dilagante. Mentre alcuni di questi avevano a che vedere con i controlli del governo sul cambio estero, per prevenire la fuga di capitali, molti altri erano causati da sabotaggio. A tutti gli effetti era in corso una guerra economica contro il governo di Maduro.

Problemi proseguirono nel corso dell’anno e il malcontento si espanse. A Dicembre si avvicinò nuovamente il periodo delle elezioni, questa volta comunali, e il Partito Socialista del Venezuela (PSUV) fece piazza pulita. Una vittoria di 242 su 317, tutti sindaci del PSUV, mostrando una solida maggioranza nel paese ancora supportata dal partito di governo.

Nel Gennaio 2014, non appena i venezuelani tornarono dalle vacanze natalizie, le difficoltà economiche continuarono. Maduro iniziò a inasprire i controlli sulle violazioni economiche, promulgando nuove leggi sul controllo dei prezzi e sulla speculazione. Verso la fine di Gennaio vennero annunciate nuove misure riguardanti l’accesso al cambio estero che molti percepirono come svaluta della moneta nazionale, il bolivar. Aumentarono i sentimenti contro i gruppi di opposizione, rigettando le nuove misure, e incrementò anche la richiesta delle rassegnazioni di Maduro. Da Febbraio, vennero fuori piccoli gruppi di protesta in tutto il paese, principalmente limitati a quartieri di media e alta borghesia.

Durante la celebrazione della Giornata Nazionale della Gioventù, il 12 Febbraio, mentre centinaia di persone marciavano pacificamente per commemorare gli storici risultati dei giovani nell’indipendenza della nazione, un altro gruppo aveva un secondo fine. Alcuni giovani d’opposizione, “studenti”, condussero una marcia aggressiva chiedendo le rassegnazioni di Maduro, che finì in un violento scontro con le autorità, dopo che i protestanti distrussero le facciate di palazzi, compreso l’Attorney General’s Office, lanciarono oggetti alla polizia e alle guardie nazionali, usando molotov per incendiare proprietà e interi isolati. Gli scontri causarono tre morti e molteplici feriti.

Il leader di questa violenta protesta, Leopoldo Lopez, dopo il conflitto si nascose e fu emanata un’ordinanza per il suo arresto dovuto al suo ruolo nei catastrofici eventi, e alla sua richiesta pubblica di detronizzazione del Presidente. Nei giorni successivi, dopo un lungo spettacolo con video girati da un luogo “clandestino”, Lopez convocò un’altra marcia e utilizzò l’evento per consegnarsi pubblicamente alle autorità. Fu tenuto in custodia e trattenuto per gli interrogatori, tutti i suoi diritti erano garantiti dallo stato.

Lopez divenne il punto di riferimento delle violente proteste, continuate fino ad oggi, causando altre molteplici morti, dozzine di feriti e la distruzione di proprietà pubbliche. Relativamente piccoli, violenti gruppi di protestanti hanno bloccato il traffico nelle zone più ricche di Caracas, causando problemi al transito e terrorizzando i residenti. Il risultato è stato di diversi morti poiché i protestanti impedirono alle ambulanze di prendere pazienti e portarli al pronto soccorso.

Ironicamente, i media internazionali raffigurarono questi protestanti come pacifici e vittime di repressione. Perfino le celebrità, come Cher e Paris Hilton sono state attratte con un falso entusiasmo, chiedendo la libertà dei venezuelani da questa “brutale dittatura”. Ma la realtà è un po’ diversa. Mentre non c’è alcun dubbio che, un numero significativo di protestanti nelle grandi marce che hanno avuto luogo hanno dimostrato pacificamente le loro legittime preoccupazioni, la forza motrice dietro queste proteste è un piano violento per rovesciare un governo democratico. Lopez, il quale ha pubblicamente affermato l’orgoglio per il suo ruolo nel golpe dell’Aprile 2002 contro Hugo Chavez, continua a richiedere ai suoi sostenitori di manifestare contro la “dittatura” Venezuelana.

Mentre dozzine di governi e organizzazioni internazionali, incluso la UNASUR e Mercosur, hanno espresso il loro chiaro sostegno e solidarietà al governo venezuelano e al suo Presidente Maduro, Washington si è affrettava a dare sostegno ai protestanti d’opposizione e a chiedere al governo di rilasciare tutti coloro che furono imprigionati durante le proteste. L’amministrazione di Obama si spinse fino a minacciare il Presidente Maduro con conseguenze internazionali nel caso in cui Leopoldo Lopez non fosse rilasciato. Maduro, l’indomani, espulse tre diplomatici americani dall’ambasciata di Caracas, accusandoli di cospirazione e di reclutare studenti venezuelani per coinvolgerli in queste sovversioni.

Siccome le violenze continuano in alcune zone del paese, Maduro ha fatto diffondere proposte di pace. Un movimento per la pace è stato avviato la scorsa settimana, guidato da artisti, atleti e intellettuali, insieme alle comunità organizzate cercando di concludere non solo questa situazione caotica, ma anche l’alto tasso di criminalità che ha contagiato il paese negli ultimi anni.

Molti Venezuelani vogliono la pace nel loro paese e la maggior parte continua a sostenere il governo attuale. L’opposizione ha fallito nella presentazione di un programma e di un piano alternativi al di là del voler cambiare il regime, e continuano a dipendere da fondi e supporti americani- anche quest’anno Obama ha incluso 5 milioni di dollari nel 2014 nel budget per le Operazioni Estere per i gruppi d’opposizione in Venezuela- è un continuo segnale della loro debolezza. Con un telegramma dal Dipartimento di Stato dell’ambasciata Americana a Caracas, pubblicata da Wikileaks, chiarito nel Marzo 2009, “Senza la nostra continua assistenza, è possibile che le organizzazioni che abbiamo aiutato a nascere… potrebbero essere destinate a chiudere…I nostri fondi forniranno a queste organizzazioni una necessaria ancora di salvezza.”

Nell’ultima decade in Venezuela, la povertà si è ridotta di più del 50%, l’assistenza sanitaria è diventata gratuita e accessibile a tutti, così come la qualità dell’istruzione, da quella elementare fino a quella superiore. I sussidi dello stato provvedono a cibo e case per coloro che ne hanno bisogno, così come i programmi di formazione professionale e posti di lavoro. Gli organi di stampa, specialmente quelli pubblici, si sono espansi a livello nazionale, dando più spazio all’espressione di varie voci. L’accesso a internet è significativamente migliorato e lo stato ha anche costruito centinaia di punti informativi pubblici con computer e accesso internet gratuiti in tutto il paese. Gli studenti vengono forniti gratuitamente di laptop e tablet da utilizzare per i loro studi. Il governo ha innalzato gli stipendi minimi del 10-20% ogni anno, portando il Venezuela a essere uno dei paesi con più alto livello di salario minimo nell’America Latina. Le pensioni sono garantite dopo soli 25anni di lavoro e coloro i quali lavorano nell’economia informale hanno ancora una pensione garantita dallo stato.

Mentre nel paese persistono i problemi, come d’altronde ovunque, il più dei Venezuelani è diffidente nel rinunciare alle immense conquiste sociali e politiche ottenuto negli ultimi quattordici anni.

Un’opposizione con niente da offrire, a parte l’intervento da altri paesi e incertezze, non piace alla maggioranza. Sfortunatamente, i media sbagliano a vedere questa realtà, o semplicemente scelgono di non ritrarla, al fine di favorire un programma politico. In Venezuela, la rivoluzione “è qui per rimanere” e gli interessi dell’ 1% non andranno a sopraffare quelli del 99% già al potere.

Eva Golinger

Fonte: www.counterpunch.org

Link: http://www.counterpunch.org/2014/02/21/venezuela-beyond-the-protests/

21/23.02.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARIARITA MORI

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