DI DIANA JOHNSTONE
La dipendenza storica dell’Unione europea nei confronti della NATO prosegue ancora. Nel dicembre 2003, Javier Solana (segretario generale dell’Unione dopo esser stato quello della NATO) faceva adottare dal Consiglio la sua strategia europea di sicurezza che trasferiva all’interno dell’Unione la “dottrina Bush”.
Oggi, il progetto di Trattato costituzionale tenta di mettere nero su bianco il vassallaggio dell’Unione europea ed il suo coinvolgimento nella “guerra al terrorismo”, spiega la giornalista britannica Diana Johnstone.
Il progetto del Trattato di costituzione europeo è pieno di buoni propositi senza alcun vincolo, accanto a prese di posizione concrete che vanno nel senso opposto.
Un esempio significativo: secondo l’articolo I-3, l’Unione ha come scopo di promuovere la pace, i suoi valori ed il benessere dei popoli”. La pace è l’obiettivo proclamato da tutti i guerrieri. Tuttavia, a tale istanza non segue, in termini concreti, alcuna misura prevista per promuovere la pace: per esempio, una politica internazionale a favore di un disarmo progressivo comune, in particolare del nucleare, o per la creazione di nuove disposizioni in grado di generare una risoluzione pacifica dei conflitti.
In compenso, la politica estera viene sin dall’inizio definita come “politica estera e di sicurezza comune” e non come “la politica estera e di pace internazionale”, ad esempio.Questa preoccupazione per la sicurezza, già dominante, viene rafforzata dalla prima frase dell’articolo I-4: “La politica di sicurezza e di difesa comuni fa parte integrante della politica estera e di sicurezza comuni”.
E questa politica è sotto l’influenza della Nato, quindi degli Stati Uniti. L’articolo I-41 precisa che la politica dell’Unione “rispetta gli obblighi derivanti dal Trattato dell’Atlantico del Nord per alcuni Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi nel quadro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord ed è compatibile con la politica comune di sicurezza e di difesa stabilite in questo ambito”.
Il paragrafo 3 dell’articolo I-41, di capitale importanza, esclude effettivamente ogni politica di disarmo: “Gli stati membri s’impegnano a migliorare progressivamente la loro capacità militare. Una “Agenzia Europea di Difesa” metterà in opera “ogni misura utile per rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa”.
E quali saranno gli obiettivi di tale miglioramento delle capacità militari? Non si tratta di “difesa” nel senso classico del termine. Invece dell’impegno concreto a soccorrere un vicino aggredito, troviamo questa curiosa “Clausola di solidarietà”, l’articolo I-43, che designa il “terrorismo” come il nemico potenziale: “l’Unione ed i suoi stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà nel caso in cui uno Stato membro sia oggetto di un attacco terrorista o vittima di una catastrofe naturale o di origine umana. L’Unione mobilita tutti gli strumenti a sua disposizione, compresi i mezzi militari messi a sua disposizione dagli Stati membri, per:
– prevenire la minaccia terrorista sul territorio degli Stati membri;
– proteggere le istituzioni democratiche e la popolazione civile da un eventuale attacco terrorista;
– portare assistenza ad uno stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche, nel caso di un attacco terrorista” (Il punto b parla di catastrofi naturali).
Nella parte III del Trattato costituzionale riguardante le politiche ed il funzionamento dell’Unione, si torna sulla minaccia terrorista nell’articolo III-309, che enumera le missioni nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comuni che “includono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di evacuazione, le missioni di consulenza e di assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace, le missioni di forze di combattimento per la gestione della crisi, comprese le missioni di ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione alla fine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, compreso il sostegno a favore di paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio”.
Nonostante vi sia menzionato il disarmo, il contesto indica che si tratta del disarmo degli altri e non di un disarmo reciproco. Si tratta infatti di missioni “fuori zona”, in paesi più o meno lontani nei quali si ritiene possano originarsi conflitti ed attacchi terroristici.
Quando si considera che l’articolo I-41 vincola l’Unione, attraverso la Nato, alla politica di sicurezza e di difesa degli Stati Uniti, diventa chiaro che il progetto di Trattato costituzionale è funzionale alla paranoia internazionale di Washington che militarizza il “terrorismo” come pretesto per l’intervento indiscriminato. Gli autori di questo testo sembrano voler fare dell’Unione Europea il “poliziotto buono” accanto al “poliziotto cattivo” statunitense nella crociata militare per una mondializzazione neoliberale.

Questa mondializzazione neoliberale emerge nell’Articolo III-292, che promette un’azione con lo scopo di “promuovere nel resto del mondo” i suoi valori e di “incoraggiare l’integrazione di tutti i Paesi nell’economia mondiale, anche con la soppressione progressiva degli ostacoli al commercio internazionale”. In pratica, ciò significa privare i paesi poveri delle misure di protezione delle industrie giovani e dei servizi pubblici senza i quali non è possibile alcun sviluppo indipendente.
Notiamo che non c’è alcuna procedura per una dichiarazione di guerra. Così questa Europa segue la pratica degli Stati Uniti il cui esecutivo non demanda più al Senato, come è stipulato nella loro Costituzione, il compito di dichiarare guerra, ma si permette di fare la guerra un po’ ovunque col pretesto dei “valori” e della “lotta contro il terrorismo”.
Al Congresso statunitense, volendo, si può sempre aprire un dibattito sulla politica estera. Secondo questo progetto di Trattato costituzionale (articolo III-304), il Parlamento europeo “procede due volte all’anno ad un dibattito sui progressi realizzati nella realizzazione della politica estera e di sicurezza comune”. Ciò diventa particolarmente ridicolo dal momento che è risaputo che non esiste un vero dibattito al Parlamento europeo, ma piuttosto degli interventi in serie preparati in precedenza la cui durata viene scrupolosamente calcolata (di solito durano due o tre minuti) secondo l’importanza di ogni gruppo politico, e tenuti nella lingua nazionale dell’oratore, destinati quindi al pubblico del suo Paese.
E’ del tutto logico che questo progetto di Trattato costituzionale. Demolendo le protezioni sociali a favore di una “concorrenza libera e non falsata” e di un “mercato altamente competitivo” (articolo I-3) tenti di caricare l’Europa del peso di una politica di armamenti e di interventi militari, per promuovere in tutto il mondo l’estensione dei “suoi valori e dei suoi interessi” alla stregua degli Stati Uniti.
La grande differenza con gli Stati Uniti sta nel fatto che le politiche sociali retrograde e le politiche militari aggressive non sono contemplate nella Costituzione statunitense come lo sarebbero in quella europea. D’altronde, contrariamente alle procedure più o meno chiare per emendare altre costituzioni, in questo caso la procedura d’emendamento è particolarmente contorta (articolo IV-443): il Consiglio convoca una Convenzione che può adottare per consenso una raccomandazione ad una Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri la quale può “stabilire, di comune accordo, le modifiche da apportare al presente trattato”. Dopodiché le modifiche dovrebbero venire “ratificate da tutti gli Stati membri”.
Per farla breve, questa Costituzione potrebbe essere emendata solo all’unanimità di tutti gli Stati membri, il che sarebbe un fatto eccezionale.
Diana Johnstone
Per Gentile concessione di Reseau Voltaire
18 aprile 2005
nota: per chi volesse verificare il Trattato istitutivo della “Costituzione Europea” esso può essere scaricato in vari formati da liber liber.
Traduzione per Comedonchisciotte.org a cura di NICOLETTA SECCACINI