Di PAUL STREET
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“Propaganda, stereotipi e disonestà spudorata”. Ecco come il giornalista australiano John Pilger ha definito gli Oscar in un articolo del 2010 (“Perchè gli oscar sono una truffa” ). Dopo la la premiazione avvenuta la scorsa notte, una disamina lucida e impietosa della più “grande macchina dei sogni” planetaria.
La funzione dei media mainstream di trasmettere ideologia e propaganda al servizio di coloro che sono in cima al governo e alle interconnesse strutture dell’impero e della diseguaglianza non è affatto limitata ai TG. Altrettanto importanti a tale scopo, se non di più, sono i media dedicati all’intrattenimento, tra cui – di particolare interesse alla vigilia del Premio Oscar 2015 – l’industria cinematografica statunitense.
Lungi dal limitare la loro capacità d’influenzare i cuori e le menti verso deviazione, distrazione e infantilizzazione di massa in puro stile Aldous Huxley, i film USA (come peraltro le sit-com televisive, le fiction e i videogiochi) sono ricchi di contenuto politico e ideologico Orwelliano.
I cittadini americani non assistono semplicemente ad uno spettacolo quando si siedono davanti ai quasi 40.000 schermi cinematografici. Subiscono anche la propaganda di un’industria i cui proprietari e dirigenti sono profondamente orientati a compiacere le citate gerarchie.
Molti americani troverebbero strano pensare ai loro cinema rionali come siti di propaganda. Ma più di 65 anni fa, la concezione dei film americani come strumenti di questo tipo era difficilmente discutibile dalla destra Maccartiana determinata ad eliminare i “comunisti” da Hollywood. Come spiegò Bennett C. Clark al processo di appello per motivare la conferma della condanna di dieci sceneggiatori e registi di Hollywood che si erano rifiutati di “confessare l’adesione attuale o passata” al partito comunista nel 1949, la cinematografia gioca “un ruolo fondamentale” come “un potente mezzo di diffusione della propaganda” (citato da Ellen Schrecker, Many are the Crimes: McCarthyism in America , [Molti sono i Crimini: il Maccartismo in America], Boston 1998, pag 328).
Zero Dark Thirty: “Pura narrazione”?
In effetti è vero. Guardiamo, per esempio Zero Dark Thirty, un “action thriller” del 2012 e film di guerra che romanza la ricerca da parte degli USA di Osama bin Laden dopo gli attacchi aerei dell’11 settembre 2001. Diretto dal regista premio Oscar Kathryn Bigelow, il film ha ricevuto consensi dalla critica e fu un successo al botteghino. E’ stato anche un capolavoro di propaganda militarista, pro-CIA , che ha saputo dipingere le pratiche di tortura americane “come”, con le parole di Glenn Greenwald, “uno sporco, schifoso affare che è necessario a proteggere America.” “Tagliando corto su tutto il dibattito morale che ha imperversato sulle procedure d’interrogatorio durante gli anni di Bush,” fece notare giustamente Jean Mayer del The new Yorker, “il film… accetta quasi senza discutere che le ‘tecniche d’interrogatorio avanzate’ furono un fattore chiave nel permettere all’Agenzia di identificare il corriere che non li avrebbe certo condotti spontaneamente da Bin Laden.” Sotto la veste di una disamina neutrale e documentaristica, Zero Dark Thirty ha segnato una sconvolgente nuova frontiera nella cinematografia imbevuta di militarismo USA in cui i produttori ricevono dal Pentagono un supporto tecnico e logistico senza precedenti in cambio di un’elaborata opera di giustificazione della condotta dei militari.
I sostenitori del film e la Bigelow stessa risposero che il film non era né pro né contro la tortura: “Pura narrazione”; Mark Bowden ha scritto a difesa del film, “non è sempre questione di far discutere, indipendentemente dall’importanza dell’argomento. Può essere anche solo questione di dire la verità”. A conti fatti, in realtà, l’apparente imparzialità di Zero Dark Thirty nei confronti delle punizioni insolite, crudeli e stomachevoli inflitte dai torturatori della CIA porta come risultato la normalizzazione e l’approvazione della tortura in misura tanto più insidiosamente potente proprio per la sua patina sobria, distaccata, e “obiettiva”.
American Sniper: “Mi fa venir voglia di andare a sparare a qualche fottuto Arabo”
Il blockbuster 2014-2015 American Sniper, diretto dal repubblicano Clint Eastwood, è un altro buon esempio di “ruolo fondamentale” di Hollywood come “potente mezzo di diffusione della propaganda [imperialista e militarista US].” Si presume che il pubblico del film si meravigli di fronte alle supposte nobili gesta, al sacrificio, e all’eroismo di Chris Kyle, un robusto, patriottico militante, e cristiano-fondamentalista cecchino dei Navy SEALS che partecipò all’invasione USA dell’Iraq per combattere il “male” e vendicare gli attacchi aerei di Al-Qaeda dell’11 settembre 2001. Kyle uccise 160 Iracheni in quattro missioni di “servizio”, nell’ambito della “Operational Iraqi Freedom”. Che importanza ha se l’invasione fu uno degli atti più egregiamente criminali, spudoratamente imperialisti e di strage di massa (c’erano dei malvagi?) nella lunga e sanguinosa storia dell’Impero? E che importanza ha se l’Iraq non aveva nulla a che fare con l’11/9 e con al Qaeda?
Come gli apologisti di Zero Dark Thirty, i sostenitori di American Sniper affermano che il film assume una prospettiva neutrale di semplice e vera narrazione, né pro né contro l’occupazione statunitense dell’Iraq. Eastwood ha anche affermato che il film riflette la sua opposizione alla guerra. Tuttavia, in effetti, il film rigurgita talmente di distorsioni e di censure reazionarie, razziste, e imperialiste da funzionare a tutti gli effetti come pura e semplice propaganda di guerra.
Nonostante la pretesa opposizione alla guerra del regista, American Sniper non riesce a spiegarci perché Kyle credeva falsamente che l’Iraq fosse connesso agli attacchi dell’ 11/9. Ciò significa affrontare uno dei numerosi falsi pretesti di Washington per avviare quella guerra criminale.
American Sniper raffigura acriticamente Kyle che si riferisce alle forze di resistenza all’occupazione irachena come “selvaggi”, un termine razzista usato dai coloni bianchi americani per giustificare la distruzione genocida della popolazione indigena nordamericana nel 19° secolo.
Ritrae gli Iracheni che hanno resistito all’invasione USA platealmente criminale e imperialista come fondamentalmente malvagi, in linea con la percezione, di stampo cristiano-fondamentalista, che Kyle aveva ancor prima di essere inviato al fronte.
Il film suggerisce che tutti gli Iracheni che hanno preso le armi contro gli occupanti americani lo hanno fatto per nessun altro motivo se non quello di essere sanguinari assassini, come se gli “insorti” non avessero motivi legittimi per resistere alla conquista imperialista da parte di invasori americani di una fiera nazione e regione indipendente.
American Sniper parla di al Qaeda in Iraq dimenticandosi del fatto che l’organizzazione terroristica arrivò al seguito degli Stati Uniti nel Paese, non essendo presente in Mesopotamia fino al devastante assalto USA.
Ritrae la città irachena di Fallujah (dove Kyle era stato inviato nel 2004) come una comunità misteriosamente devastata, senza alcun riferimento al precedente massiccio bombardamento USA.
Suggerisce falsamente che le truppe USA in Iraq sarebbero state soggette ad arresto e incarcerazione come criminali di guerra dai militari USA se avessero erroneamente ucciso civili iracheni (niente sarebbe stato più lontano dalla verità).
Presenta i principali torturatori e assassini di civili iracheni come le “malvage” forze di resistenza all’occupazione – e Kyle e le altre truppe statunitensi come i loro protettori. L’opposto sarebbe stato molto più vicino alla verità trattandosi di una micidiale invasione americana che uccise più di un milione di Iracheni.
American Sniper descrive anche un soldato americano che diventa imperdonabilmente debole, perciò provocando e meritando la propria morte in quanto arriva a mettere in discussione l’invasione.
Di fronte a tutto questo e molto altro, la pretesa di Eastwood di aver fatto un film contro la guerra è ridicola. È difficile non concordare con il giudizio di Rania Khalek che “American Sniper è pericolosa propaganda che purifica un killer di massa e riscrive la guerra in Iraq”. Il film di Clint “Dirty Harry” Eastwood candeggia l’occupazione ultra-criminale USA e glorifica un razzista, e fondamentalista cristiano, massacratore di Musulmani ingiustamente invasi. Invia un messaggio veramente oscuro e brutto.
Dopo aver visto American Sniper, non ho trovato sorprendente apprendere che un gran numero di Americani sono stati influenzati dal film a pubblicare commenti come questi su Twitter:
“Fottuto gran film e ora ho una gran voglia di uccidere qualcuno con un fottuto turbante”.
“American Sniper mi fa venir voglia di andare a sparare a qualche fottuto Arabo”.
“Appena visto American Sniper e mi sento pronto a uccidere tutti i beduini negri del fottuto pianeta”.
“Con American Sniper non vedo l’ora di uccidere beduini”.
“American Sniper era così bravo. Mi fa venir voglia di unirmi ai Seals staccare qualche testa fasciata dal collo”.
“Dannate congratulazioni al regista di American Sniper che mi fa venir voglia di sparare a qualche testa fasciata/negro beduino”.
“American Sniper mi ha fatto apprezzare i soldati 100x di più e odiare i Musulmani 1000000x di più”.
“American Sniper miglior film MAI uscito. Ti fa veramente capire come sono pazzi i Musulmani in Iraq e Siria”.
“Bello vedere un film in cui gli Arabi sono raffigurati per quello che realmente sono – feccia parassita che ci vuole annientare”.
“American Sniper è un film su uno dei nostri EROI guerrieri ma espone anche la cultura malata dei musulmani e il loro modo di vivere”.
Clint Eastwood potrebbe voler dare un occchiata a questi e numerosi altri messaggi su Twitter, Facebook e Instagram prima di fare il suo prossimo film “contro la guerra”.
Non fa presagire nulla di buono per l’impegno dell’élite hollywoodiana di tenere a bada tali sentimenti terribili e fascistoidi se American Sniper ottiene dei riconoscimenti questo weekend degli Oscar, dove il film è in concorso come “Miglior Film”.
Tempismo perfetto per una nuova guerra e la negazione
Il film è perfettamente sincronizzato per la recente richiesta al Congresso del cocco di Hollywood Barack Obama di concedergli essenzialmente carta bianca all’uso della forza militare per dichiarare un’estesa guerra americana allo Stato islamico (ISIS o ISIL) e alle sue “forze e persone associate” – beninteso fondamentalmente “malvagie” e “refrattarie alla civilizzazione” (come gli insorti iracheni di Eastwood ) agli occhi del Presidente e del governo americano.
American Sniper capita a proposito anche rispetto al discorso del Presidente Obama al recente “Vertice sulla lotta contro l’estremismo violento” a Washington. Nelle sue insulse riflessioni su come e perché milioni di giovani Musulmani siano stati attirati da al Qaeda, ISIS e altri organismi della jihad, il Presidente ha evitato ciò che è di gran lunga il principale e più importante fattore di reclutamento: le ripetute, devastanti, genocide e petro-imperialiste incursioni, interferenze e invasioni USA nel Medio Oriente ricco di petrolio, che hanno portato alla morte e alla fuga di milioni di Arabi e Musulmani. L’omissione non stupisce visto che Obama “ha lanciato 2300 raid aerei in Iraq e Siria dall’ 8 agosto 2014. In questi sei anni come Presidente,” nota Marjorie Cohn , “ha ucciso più persone di quante ne siano morte l’11/09 con i droni e altre forme di omicidio mirato in Pakistan, Yemen e Somalia – Paesi con cui gli Stati Uniti non sono in guerra.” Ora il Presidente sta promuovendo una guerra allargata degli USA, certo di coinvolgere considerevoli forze di terra, nel Medio Oriente, mirando ad un’Autorizzazione del Congresso senza scadenza all’uso della forza militare – con la certezza di ottenerlo con qualche piccolo emendamento – per una nuova escalation nell’eterna guerra imperialista che in primo luogo spinge “l’estremismo violento” in Medio Oriente.
Dalla prospettiva della Casa Bianca e di altri membri della vasta lobby bipartisan pro-guerra di Washington, film come Zero Dark Thirty e American Sniper forniscono un battage propagandistico largamente benvenuto. Qui pensiamo che Obama e i suoi aiutanti staranno tifando affinché il pericoloso film di propaganda del repubblicano Clint Eastwood ottenga maggiori riconoscimenti di Selma – un film liberal su Martin Luther King Jr e la battaglia del Movimento per i Diritti Civili per guadagnare il diritto di voto per i Neri negli Stati del Sud a metà degli Anni Sessanta – agli Academy Awards. Cosa importa che Obama debba la sua carriera politica all’eroico attivismo di King e degli altri attivisti per i Diritti Civili cinquanta anni fa? Il grande leader dei Diritti Civili (il cui busto giace vergognosamente dietro alla scrivania del corporativista e militarista Obama nell’Ufficio Ovale) diventò un aperto oppositore dell’Impero Militare USA non molto tempo dopo la sua vittoria del 1965 per il Diritto di voto, un retaggio che l’imperialista Obama non può più condividere a meno che non riconosca il socialismo democratico di King. Fosse vivo oggi, non approverebbe sicuramente la guerra senza fine di Obama al mondo islamico. Per questa e altre ragioni, il Presidente è molto più vicino nella sua essenza a Clint Eastwood e a innumerevoli altri agenti (più o meno zelanti) in larga maggioranza bianchi dell’Impero militare USA.
Paul Street
Fonte: www.counterpunch.org
20.22.02.2015
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Delio Guidato