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La Redazione

 

IL SACRIFICIO

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A cura di Davide
Il 30 Gennaio 2016
66 Views

DI GEORGE MONBIOT

monbiot.com

La carne fa più danni di un volo a lungo raggio.

I dati erano così allarmanti che mi rifiutavo di crederci. Li ho trovati nascosti in una nota, e in un primo momento ho pensato che doveva essere stato un errore di stampa. Così ho controllato la fonte, ho scritto alla persona che per primo li ha pubblicati e ho seguito le citazioni. Con mio grande stupore, sembrano reggere. 
Un chilogrammo di proteine ​​bovine allevate in una fattoria delle colline britanniche può generare l’equivalente di 643 kg di anidride carbonica. Un chilogrammo di proteine ​​d’agnello prodotto nello stesso luogo ne può generare 749 kg.

Un chilo di proteine da entrambe le fonti, in altre parole, provoca più emissioni di gas serra di un passeggero che vola da Londra a New York.

Questo è il caso peggiore, e i dati provengono da un allevamento i cui suoli hanno un alto contenuto di carbonio. Ma i numeri scoperti da uno studio più approfondito asono poco incoraggianti: si potrebbe sostituire il vostro volo per New York con una media di 3 kg di proteine ​​d’agnello prodotte da aziende agricole collinari dell’Inghilterra e del Galles. Dovreste mangiare 300 kg di proteine ​​di soia per creare lo stesso impatto.

Scegliendo il pranzo di Natale – o facendo qualsiasi altra scelta – ci sembra di prendere decisioni informate e razionali. Ma ciò che sembra e si percepisce come giusto talvolta è tutt’altro. Nella fattispecie, molte caratteristiche che siamo portati a vedere come virtuose – animali che pascolano liberamente attraverso le montagne, con i pastori che se ne prendono cura, nessuna mostruosità di cemento e acciaio o qualsiasi altra bruttezza della moderna agricoltura intensiva – generano impatti devastanti.
I dati sono così alti perché questa forma di zootecnia è molto improduttiva. Per allevare un agnello, è necessario mantenere una vasta area di terra brulla e fertile. L’animale deve girare per le colline per brucare il cibo, bruciare più grasso e produrre più metano di quanto potrebbe fare una bestia in stalla.

Sì d’accordo i profitti. Ma quello che può essere un bene per gli animali d’allevamento è spesso un male per il mondo naturale. Gli abusi della produzione interna intensiva vanno di pari passo con la devastazione della produzione estensiva all’aperto. L’allevamento del maiale all’aperto e il pollo d’allevamento, praticati attualmente su scala, può essere disastroso per l’ambiente. Nitrati e fosfati talvolta si riversano dai loro recinti direttamente nei fiumi. Salvo i casi in cui sono tenuti a bassa densità o in campi ben drenati, i maiali tendono a schiacciare il terreno: un amico descrive alcune fattorie agricole che ha visitato come veri e propri porcili a cielo aperto. 
È possibile aumentare la produzione – il che significa meno gas ad effetto serra per chilo di carne – dopando gli animali con ormoni e antibiotici. Ma anche questo ha un costo. Il direttore di Antiobitic Research del Regno Unito ha avvertito questa settimana che è ormai quasi troppo tardi per prevenire una grave crisi globale. Questo in parte perché gli agricoltori senza scrupoli hanno scoperto l’uso dell’antibiotico colistina – l’ultima grande speranza di uccidere i batteri resistenti – sui propri animali, per aumentarne il peso.

Ma di tutte le varie forme di produzione, la più attraente è una delle peggiori. L’agricoltura di montagna non solo contribuisce in modo selvaggiamente sproporzionato al cambiamento climatico; essa distrugge anche i nostri bacini, aumentando le probabilità di pericolose inondazioni, e d’altro canto distrugge quelli che sarebbero i nostri rifugi della fauna selvatica: i grandi altipiani vuoti, in cui l’attività economica è sostenuta soltanto attraverso ingenti sussidi all’agricoltura. E’ difficile pensare a qualsiasi altra attività umana con un tasso più alto di distruzione al ciclo del prodotto economico.

I miei amici del settore mi accusano di essere anti-contadino. E’ vero che sottolineo il lato oscuro, in gran parte perché così pochi altri giornalisti sembrano disposti a coprire queste questioni. Ma non ho un’antipatia viscerale per l’allevamento – piuttosto il contrario. Visitando una fattoria Exmoor la settimana scorsa, mi sono ricordato di tutto il bello di allevare le pecore. L’idillio Arcadiano, una concezione della vita del pastore (sia nella teologia dell’Antico Testamento che nella poesia pastorale greca) come sede di innocenza e purezza, un rifugio dalla corruzione della città, risuona ancora dentro di noi. Ma nel bel mezzo di una crisi multiforme – la perdita catastrofica di fauna selvatica, devastanti ma evitabili inondazioni, il collasso climatico – questa piacevole fantasia mi sembra una grande e dispendiosa indulgenza.
Per quanto riguarda il mangiare cibo locale, be’ in alcuni casi ha senso. Aiuta a generare un senso di luogo e di appartenenza, cosa da non trascurare.

Quando compriamo frutta e verdura di stagione dai contadini locali, anche l’ambiente se ne giova. I Ma abbiamo la tendenza a dare più importanza ai kilometri percorsi dal cibo e meno ad altri tipi di impatti. In media, il trasporto costituisce solo l’11% delle emissioni di gas serra causate dal settore alimentare. Gli impulsi inviati dall’altra parte del mondo possono provocare un impatto di gran lunga inferiore della carne prodotta qui.

Un articolo pubblicato pochi giorni fa suggerisce che il passaggio dalla carne alle verdure verdi sarebbe dannoso per l’ambiente. Per caloria, la coltivazione delle lattughe produce più gas serra di un allevamento di suini. Ma questo dimostra che le lattughe sono a basso contenuto di calorie. Si avrebbe bisogno di mangiare 15 kg di lattuga per soddisfare il fabbisogno energetico quotidiano, che potrebbe essere ragionevole se fossimo dei conigli del peso di 200kg. Come osserva un altro studio, “20 porzioni di verdura hanno meno emissioni di gas serra rispetto a una porzione di carne bovina”.

Dato che le persone di tutto il mondo adottano la dieta occidentale, un articolo di Climate Change stima che il metano e il protossido di azoto prodotti in agricoltura potrebbero salire all’equivalente di 13 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno entro il 2070. Questo è più di quanto tutte le attività umane combinate insieme possono produrre in modo sicuro senza superare due gradi di riscaldamento globale. Il collasso climatico sembra inevitabile – a meno che non cambiamo la nostra dieta.

Questo significa, soprattutto, scambiare per proteine vegetali la maggior parte delle proteine animali che mangiamo. Non è difficile, a meno che non facciamo così. Molti inglesi sono abituati a mangiare dhal ogni giorno. L’hanno chiamato pudding di piselli, minestra di piselli o zuppa di piselli. Come in Asia del Sud, i suoi ingredienti variano da luogo a luogo e di stagione in stagione. E’ solo il componente di una dieta che offre abbondanza di varietà – senza distruggere la grande varietà della vita. 
Non vi sto esortando a non mangiare carne o altri prodotti animali. Sto suggerendo che tutti noi dovremmo mangiare molto meno. Eccetto gli eccessi di Natale. E anche allora, scegliete saggiamente.

George Monbiot

Fonte: www.monbiot.com

Link: http://www.monbiot.com/2015/12/22/sacrifice/

22.12.2015

Traduzione per wwww.comedonchisciotte.org a cura di CINZIA PALMACCI

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