IL REGIME MEDIATICO

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DI GIULIETTO CHIESA

“Ieri l’on. Adornato ha ringraziato il presidente del nostro partito per aver detto che non c’e un regime. Io sono d’accordo con Massimo D’Alema : non c’e un regime sulla base dei nostri criteri. Però, cari amici e colleghi, se dovessi applicare i vostri criteri, quelli che avete applicato voi nella scorsa legislatura contro di noi, che non avevamo fatto una legge sul conflitto di interessi, non avevamo tolto le televisioni all’on Berlusconi… (interruzione). On. Anedda, la invito a consultare l’on Berlusconi, perchè lui sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di governo, che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l’on. Letta …(interruzione). A parte questo, la questione e un’altra. Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto d’interessi, avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi, nonostante le concessioni… Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte. Dunque non c’e stata alcuna operazione di questo genere. Ora, se dovessimo applicare i criteri che avete applicato voi a noi, altro che regime, cari amici!”
Così Luciano Violante alla Camera dei Deputati, il 28 febbraio 2002. E dobbiamo questa citazione a Elio Veltri che è andato a ritrovarla negli atti parlamentari e che la pubblicherà nel suo libro di prossima edizione, intitolato “Progetto, regole e comportamenti” . Torneremo tra poco su questa citazione-rivelazione, ma dopo averne fatta un’altra, da Vittorio Alfieri, cui siamo invece debitori a Giorgio Bocca (che l’ha pubblicata nel suo ultimo libro, “L’Italia l’è malada”). “Tirannide indistintamente appellar si debbe ogni qualunque governo in cui, chi è preposto all’esecuzione delle leggi può farle, distruggerle, interpretarle, impedirle, sospenderle o anche soltanto eluderle con sicurezza d’impunità. E quindi o questo infrangileggi sia ereditario o elettivo, usurpatore o legittimo, uomo buono o tristo, uno o molti, a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva che basti a ciò fare, è tiranno, ogni società che lo ammetta è tirannide, ogni popolo che lo sopporta è schiavo”.

Per ciascuna delle caratteristiche di cui parla l’Alfieri, possiamo constatare che l’”infrangileggi” che governa questo paese è riuscito a metterle in pratica tutte, nessuna esclusa. L’unica cosa che non è riuscito ad assicurarsi, per sé e per i suoi famigli, è la “sicurezza dell’impunità”. Parecchia strada egli ha già compiuto in questa direzione, ma la sicurezza ancora non l’ha avuta. Ed è questa, nel pieno della crisi politica e istituzionale che sta correndo il paese, la questione principale che abbiamo di fronte. Essa è connessa con la citazione di Violante. Nulla si comprenderebbe di ciò che accadrà nei prossimi mesi senza tenere conto che Berlusconi è in cerca della “sicurezza dell’impunità”. Non si comprenderebbe neppure perché egli abbia cercato, con tutte le sue forze e mezzi, di demolire l’assetto costituzionale dell’Italia.

Sicurezza dell’impunità equivale oggi al mantenimento del suo potere, anche nell’ipotesi – da verificare – che egli sia costretto a lasciare il potere. Mentre osserviamo l’agonia del governo dell’”infrangileggi” e mentre molti già festeggiano (prematuramente) la sua fine politica, ecco profilarsi l’ombra di una “necessità”: che, cioè, per favorirne l’uscita di scena sia “necessario” costruire, appositamente per lui, una qualche forma d’impunità, una via d’uscita riservata, che renda Berlusconi, definitivamente, più uguale di tutti gli altri. Col che confermando che l’anomalia italiana è già divenuta regime e che su di noi è sospesa una spada di Damocle della quale dobbiamo temere la capacità di ferire.

Il regime che fu creato in Italia a partire da quel fatidico 1994 fu un “regime mediatico”. Le garanzie che vennero date a Berlusconi, mentre scendeva in campo, furono esattamente quelle che avrebbero reso possibile un “regime mediatico”. Fu deciso un patto, sopra la testa degl’italiani, di cui noi non conosciamo ancora i contorni, il do ut des. Nella migliore delle varianti si può pensare che i leader del centro sinistra che sottoscrissero quel patto non avevano capito cosa regalavano al loro contendente. Nella peggiore si può pensare che lo avessero capito benissimo, ma che immaginassero che il potere che gli garantivano sarebbe stato nelle sue mani per breve tempo e poi sarebbe divenuto il loro.

Del resto, nella fase in cui avevano avuto loro il controllo delle tv di stato, cosa avevano fatto, come avevano gestito quel potere? Nello stesso modo in cui Berlusconi gestiva il proprio. Lo copiarono, entrando in concorrenza con lui sullo stesso terreno. L’informazione era più decente (non di molto), ma l’intrattenimento era “berlusconiano” al 100%. Cioè il centro sinistra rispettava le regole democratiche, la par condicio, nel 5% dei palinsesti (quello dedicato all’informazione), e seguiva le regole di Mediaset nel 95% restante. La pubblicità consentiva, nel frattempo, a Mediaset di moltiplicare di 25 volte il suo fatturato. Gestendo in questo modo la comunicazione il centro sinistra lavorò dunque per Berlusconi.

Ora quello che si vorrebbe sapere, in primo luogo, è se il centro sinistra prossimo venturo intende spiegarci cosa fece allora, e perché lo fece. In secondo luogo se esso intenda procedere sulla stessa strada, oppure se intenda cambiare rotta. Per esempio che vogliamo fare? Privatizzare ulteriormente la RAI ? Nel centro sinistra c’è chi pensa che si debba privatizzare almeno una rete. Perché? Ma perché – dicono – il privato è buono e il pubblico è male. Vero? Falso naturalmente. Falso in generale, falso nello specifico. Privatizzare le reti tv ci ha portato dove siamo, cioè in un disastro. Ha aumentato il pluralismo? L’ha diminuito. Ha accresciuto la qualità? L’ha abbassata. Ha accresciuto la concorrenza? L’ha azzerata.

E se mettiamo in vendita la Rai , chi sarà l’acquirente? Ma, naturalmente, o Berlusconi stesso, tramite qualche prestanome, o un colosso come Murdoch. E questo ci renderebbe più liberi? O meglio serviti? Evidentemente no. E allora perché privatizzare? E, infine, ma davvero il centro-sinistra non ha ancora capito che la televisione è ormai un elemento fondamentale dell’organizzazione delle democrazie moderne? Che le idee di milioni di persone, in questo e in tutti i paesi, si formano davanti alla tv? E ancora non capisce che non si può affidare alla concorrenza, al mercato, ai privati, la formazione culturale, intellettuale, etica di un popolo intero? O il centro sinistra intende fare affidamento alle analisi della sua ex “presidente di garanzia” del CdA Rai, signora Annunziata, che ha vinto la palma della sciocchezza, la sera stessa del voto, nel primo dei talk show andato in onda, proclamando che il risultato era la dimostrazione del fatto che “la tv non conta niente”?

E l’Unione pensa di limitare la sua strategia alla richiesta che non si tocchi la legge sulla par condicio? Che equivale a occuparsi del granello di sabbia mentre la ruspa porta via la spiaggia intera. E la ruspa sono gli spot pubblicitari nei trenta giorni prima del voto, che per tutti sono una spesa, mentre per il Padrone sono un doppio guadagno, perché lui non paga e gli altri pagano lui.

Ma la risposta del centro sinistra ancora non c’è.

E cosa significa l’idea, già letta e riletta, secondo cui il centro sinistra chiederebbe all’attuale maggioranza agonizzante di nominare tutti insieme, bipartisan, un nuovo Consiglio di Amministrazione della Rai e s’impegnerebbe a tenerselo anche nella prossima legislatura?

Sarebbe questo il nuovo patto che si pensa di precuocere agli elettori, per servirglielo dopo le elezioni? E non sarebbe il caso, invece, di pensare a una nuova televisione pubblica, dove il Consiglio di Amministrazione se lo eleggono direttamente i cittadini, che pagano il canone, invece che essere lottizzato tra partiti che fingono di essere concorrenziali tra di loro, in materia informativa, mentre praticano gli stessi inganni oligarchici?

E ancora: che giornalismo vogliamo promuovere, noi democratici, noi di sinistra? Quello – come dicono scherzando gl’inglesi – del giornalista che, mettendosi di fronte al politico che deve intervistare, pensa: “Ma perché questo mascalzone si appresta a raccontarmi tante balle?” Oppure quello dell’Insetto, trombone del potere, che ha i calzoni permanentemente afflosciati sulle caviglie? Eppure il nostro orecchio sinistro ha già sentito più volte dire che l’Insetto deve restare al suo posto, in omaggio, appunto, alla par condicio.

Prova suprema che la sinistra non farà epurazioni? Niente affatto: minaccia che la sinistra continuerà a promuovere giornalisti e uomini di spettacolo che non sono indipendenti dal potere e dal Palazzo. Così si continuerà a prendere per i fondelli milioni di italiani in talk-show truccati, con il consenso bipartisan, con gli ospiti concordati in precedenza, con il pluralismo riservato alle oligarchie, che escludono tutti quelli che potrebbero uscire dal coro, stonare, dare fastidio.

Quando il centro sinistra ci dirà qual è la televisione, pubblica e privata, che ha in testa? E come faremo a essere sicuri che non avremo una televisione berlusconiana senza Berlusconi?

Giulietto Chiesa
Fonte:www.giuliettochiesa.it
da Avvenimenti del 18 aprile 2005

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