A CURA DI: PETROLIO – UNO SGUARDO DAL PICCO (BLOG)
L’anno scorso, il Racconto di Capodanno ha avuto un successone. Era divertente… sicuramente più di quello di quest’anno, che a ben vedere non è propriamente neppure un racconto. Ma può essere interessante ritrovarsi a fare colazione con uno studente californiano: per scoprire che le sue abitudini non sono, purtroppo, poi così diverse dalle nostre.
Buon anno, e buona lettura.
UNA COLAZIONE SAUDITA
DI CHAD HEETER
TomDispatch
Unitevi a me per la colazione. E’ di nuovo il momento di fare rifornimento.
Sul tavolo, nel mio piccolo appartamento universitario, c’è oggi un piccolo pasto nutriente. Una brocca di avena importata dall’Irlanda condita con lamponi biologici congelati, e una tazza di caffè del Mercato equo. Come molti di noi, preparo la colazione a casa e gli ingredienti mi costano appena 1 dollaro e 25. Se andassi al bar, spenderei più di 6 dollari.
La colazione mi rifornisce di circa 400 calorie, e mi sazia. Così, per poco più di un dollaro e mezz’ora di lettura del giornale in cucina, ho energia per le successive ore. Ma prima di prendere la prima cucchiaiata di cereali ( a cui ho aggiunto burro e latte), guardiamo questo porridge da una prospettiva differente. Ad esempio, una prospettiva saudita.
In questo modo, quello che vedreste qui, nascosto alla vista e alle papille, sono circa quindici litri di petrolio. Se contate anche i lamponi, il caffè, il burro e il latte avreste un pezzettino di Medio Oriente qui nella mia cucina.
Ora, guardiamo più attentamente. Da dove viene questa quantità di petrolio? (Facciamo finta che il petrolio rappresenti tutti i combustibili fossili della mia colazione, inclusi gas e carbone).
Il 20% è servito a far crescere i lamponi in fattorie cilene a migliaia di chilometri di distanza, l’avena in Irlanda, e il caffè in Guatemala- basta pensare ai trattori, ai fertilizzanti e ai pesticidi.
Un altro 40% dell’equazione petrolifera della mia colazione arriva dalla filiera di distribuzione, tra fattorie e negozio di alimentari, in trattamenti, impacchettamenti e trasporti.
Poi prendi la scatola dei cereali. C’è sopra un’immagine di salute e natura: una tazza di porridge con due fette di pesca sopra e tutto attorno chicchi di avena e lamponi. I chicchi ci ricordano che tra i semi di avena e i cereali nella scatola c’è un certo procedimento, e sul sito del produttore viene illustrato in dettaglio: raccolta, pulizia, taglio, cottura al vapore che trasformano l’avena in fiocchi commestibili. Tutti costi energetici.
Infine, i miei fiocchi finiscono in una busta di plastica (fatta col petrolio), che viene inserita in una scatola di cartone prodotta con polpa di legno pressata e stampata. Solo allora la mia “colazione” lascia l’Irlanda, viaggia per 7000 inquinanti chilometri via nave e camion fino al mio negozio di alimentari in California.
Arrivando da un altro emisfero, i miei lamponi percorrono un ancora più lungo viaggio fino ai miei dintorni. Malgrado impacchettati in una scatola con scritto “Cascadian Farms”, facendo pensare che vengano dalle Cascade Mountains qui in USA, in realtà una piccola scritta rivela “Made in Chile” e dice tutto. Parla di un viaggio di 8000 chilometri per arrivare in California.
Se hai tenuto il conto delle percentuali di petrolio, ti sarai accorto che qualcosa manca. Quel 40% di petrolio finale è quello che serve per il semplice atto di mantenere il cibo fresco e poi prepararlo. Nelle cucine e nei ristoranti, il freddo dei frigoriferi e il gas dei fornelli consumano più energia di quanto immagini.
Per decenni, gli scienziati hanno calcolato quanti combustibili fossili vanno nel nostro cibo misurando l’ammontare di energia consumata nel crescere, spedire, impacchettare e gettare le materie prime. L’input calorico del petrolio è poi paragonato all’energia offerta dal prodotto commestibile, l’output calorico.
Quello che hanno scoperto è sconvolgente. Secondo i ricercatori dell’University of Michigan’s Center for Sustainable Agriculture, circa sette calorie di petrolio vengono usate per produrre una sola caloria di cibo. Questo significa che mangiando la mia colazione da 400 calorie, ne ho consumate 2800 da combustibili fossili.
Ma questa è solo una media. Il caffè mi offre solo poche calorie energetiche, ma per processare mezzo chilo di caffè ci vogliono addirittura 8000 calorie di combustibili: un litro di petrolio, dieci metri cubi di gas o u chilo e mezzo di carbone.
Come si fa a sapere quanto petrolio è servito per produrre il tuo cibo?
Prima, guarda quanto ha viaggiato, poi quanto è stato processato, perchè la lavorazione di un succo di frutta richiede un enorme quantità di energia rispetto a un frutto fresco. Poi considera la quantità di imballo.
Il cibo biologico, da questo punto di vista, non fa differenza: un lampone bio o non-bio vengono coltivati, processati e trasportati allo stesso modo. Ci sono solo alcune differenze sul consumo di fertilizzanti… anche se il trasporto di grandi quantitativi di concime naturale consuma molta energia.
Così, la prossima volta che vai a fare la spesa ricorda che la differenza energetica principale la fa l’acquisto di prodotti locali e poco lavorati.
Quello che sembrava un semplice e sano pasto di cereali, lamponi e caffè ha adesso un aspetto molto differente. Pensavo che fosse essenziale guidare una Toyota ibrida, ma per la fine della settimana avrò ugualmente mangiato parecchi litri di benzina. Ora guardo alla mia colazione come ad uno spreco di risorse preziose. E se facessi una super-breakfast, a base di uova, pancetta, salsicce e brioches? Praticamente, guiderei un Hummer.
Quello che mangio a colazione mi connette con il pianeta, con il suo passato di resti fossili di animali e piante che sono ora petrolio, e anche con il suo futuro, quando queste risorse non rinnovabili scarseggeranno. Forse questi pensieri sono troppo impegnativi da farsi a colazione, ma io non sono l’unico sul pianeta a mangiare questa mattina. Il mio pasto ha viaggiato per migliaia di chilometri per raggiungere la mia tavola, e ci sono 600 milioni di indiani e cinesi che giustamente desiderano pietanze pronte e sapori esotici. Che succederà quando tutti vorranno avena irlandese e lamponi del Cile? Anche loro attingeranno ai comuni pozzi petroliferi del pianeta. E in un giorno non lontano, insieme li prosciugheremo.
Versione originale
Chad Heeter
Fonte: http://www.tomdispatch.com/
Link: http://www.tomdispatch.com/index.mhtml?pid=71299
23.03.2006
Versione italiana
Petrolio – Uno sguardo dal Picco
Fonte: http://petrolio.blogosfere.it
Link: http://petrolio.blogosfere.it/2007/01/il-racconto-di-capodanno-2007.html#more
02.01.2006
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