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La Redazione

 

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Il prossimo obiettivo degli Stati Uniti è L’Iran

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A cura di Davide
Il 27 Marzo 2005
75 Views

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Parla l’ex capo dell’Intelligenza del KGB

RIA NOVOSTI
DI BAKTIAR AJMENJÁDOV
RIVISTA MILITARE RUSSA*

Due anni fa, quando tutto il mondo si scervellava chiedendosi se ci fosse stata o meno la guerra in Iraq, l’ex capo della Prima Divisione Principale del KGB sovietico, Leonid Shebarshin, in una conversazione privata vaticinò: “La guerra è inevitabile, ma la cosa non finisce con l’Iraq. L’Iran sarà il prossimo passo”. Confermando così l’esattezza del suo pronostico. Questo tenente generale conosce il Medio Oriente e non precisamente dal suo ufficio di Mosca, visto che ha passato molti anni, parlando in termini professionali, in Medio Oriente, giacché risiedette per molto tempo in una serie di paesi, e fra quelli, l’Iran, proprio in uno dei periodi più complicati della sua storia: l’inizio della rivoluzione islamica.

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Leonid Vladímirovich Shebarshin ex capo della Prima Direzione Principale del KGB sovietico

Domanda di Baktiar Ajmenjádov: Leonid Shebarshin, lei pensa ancora che l’Iran sia il prossimo obiettivo degli Stati Uniti?

Risposta di Leonid Shebarshin: In questi giorni, il capo del comando centrale degli Stati Uniti, John Abizaid, ha detto che l’Iran non può usare a suo beneficio quelle difficoltà che le truppe americane hanno affrontato in Iraq. Tutti devono averlo chiaro- ha riferito con franchezza e senza giri di parole – nel pianeta non esiste una potenza militare come gli Stati Uniti; e per il fatto che le truppe statunitensi siano occupate in Iraq non vuol dire che non possano assestare un colpo ad un altro paese, per esempio, l’Iran.

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Donald Rumsfeld (a sinistra) e il capo del Comando Centrale degli Stati Uniti, John Abizaid

Questa è la mia risposta alla sua domanda e, allo stesso tempo, la conferma del mio punto di vista. Facendo uso di una terminologia speciale – quella che meglio si confà alla situazione – gli Stati Uniti stanno portando a termine un lavoro di destabilizzazione di ampio profilo contro la Teheran ufficiale. Ciò si traduce nel tentativo di creare una effettiva opposizione interna all’attuale regime anti-americano; anche riunire e utilizzare per i suoi obiettivi i rappresentanti dell’emigrazione iraniana, dispersa nei differenti paesi, diciamo, fra i differenti gruppi etnici.

È la caratteristica principale della tattica degli americani.
Inoltre, si include un’ampia campagna mediatica, volta a demonizzare l’obiettivo, accusandolo di tutti i peccati avuti durante e prima l’azione decisiva, ovvero, prima dell’inizio della rivolta militare o l’invasione di un altro paese. Si ricordi che così successe con i Talebani, e così con l’Iraq. E che le accuse risultino false, non importerà a nessuno. Non fu impossibile trovare Bin Laden in Afghanistan, senza dubbio cambiarono il governo e riempirono per bene il paese di missili.
L’Iraq fu accusato di fabbricare armi di distruzione di massa e di avere relazioni con il terrorismo internazionale. Non si trovarono né uno né l’altro, ma ugualmente sostituirono il governo e fecero si che l’Iraq, di fatto, smettesse di esistere come stato e si convertisse in un territorio dove regna la guerra di tutti contro tutti.

B.A.Non può essere che il programma nucleare iraniano li porti veramente a creare armi di distruzione di massa?

L.S. Mi risulta difficile contraddire l’opinione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA), la quale, in una sua risoluzione a riguardo ai programmi iraniani di energia nucleare, constata che non vi è minaccia alcuna.
Altra cosa, molto differente è che tutti i leader iraniani, dallo Scià a quelli attuali, sognino di creare un’arma nucleare; anche solo per sentirsi al sicuro magari dagli stessi Stati Uniti.
Ma non certo per compiere un’azione aggressiva.
E non vedo questa intenzione in Iran. L’illusione di esportare la rivoluzione islamica fu fugace e già è svaporata, dunque gli stessi iraniani si resero conto di qualcosa di evidente: questo non portò nulla di buono né a loro, né a nessun altro paese mussulmano.

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La centrale iraniana di Arak che produce acqua pesante vista da una foto del satellite

Attualmente l’Iran è controllato da persone sufficientemente pragmatiche e razionali, che desiderano essere indipendenti e non servire gli interessi di nessuno. Alla fine dell’anno scorso, il Segretario del Consiglio di Sicurezza dell’Iran cercò di dissipare l’atmosfera di preoccupazione che regnava intorno al suo Iran, annunciando che, temporaneamente, si sarebbero fermati i programmi nucleari affinché gli esperti europei potessero arrivare a una conclusione.
Il presidente americano che si trovava in quel momento in Canada reagì immediatamente: Non accettiamo nessuna cessazione temporanea, è necessario che sia definitiva. Non vi ricorda la situazione precedente alla guerra in Iraq nella quale Washington non nascondeva che solo cercava una giustificazione formale per l’aggressione?

B.A. Quali conseguenze porterebbe alla Russia l’eventuale operazione militare contro l’Iran?

Affermare che saranno le peggiori, è come non dire nulla. Peggio della guerra in Iraq. Sarà una catastrofe. L’Iran ha frontiere con la Russia e la cosa più importante è che le sue frontiere sono nel mar Caspio, il quale statuto non è stato ancora determinato. Questo mare non solo rappresenta il gas e il petrolio della zona, ma anche un corridoio, di importanza strategica tanto per la Russia quanto per lo stesso Iran, che unisce i paesi dell’Europa del nord e est con il vicino Oriente e l’India.
Esattamente per questo il nostro presidente ha ripetuto più volte che è necessario utilizzare pienamente questo corridoio nord-sud assieme ai dirigenti iraniani. Conosciamo dalla stampa che il trasporto di merci per questa rotta costerebbe il 20% in meno, così come si ridurrebbe di due settimane il tempo per arrivare al canale di Suez e al Mar Rosso.

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Il corridoio attraverso il Mar Caspio unisce l’Europa con il Medio Oriente e l’Asia

Già nel 2003, il ministero dei trasporti russo annunciò la creazione di un consorzio russo-germanico-iraniano per lo sfruttamento di questa via. Il nostro paese ha l’opportunità unica di concentrare l’uno per cento significativo del trasporto mondiale, ma in caso di guerra, possiamo dimenticare per molto questa prospettiva, se non per sempre. Altro fattore negativo è la droga.
Nello stesso Afghanistan la produzione di droga si ridusse sostanzialmente durante il regime talebano. Mentre oggi, sotto il protettorato americano, la “morte bianca” ci lega tramite la pipeline attraverso il Piandizh. Va detto, l’Afghanistan si trova relativamente lontano, mentre l’Iran è qua, molto vicino a noi. E il problema della produzione di stupefacenti in questo paese è più che serio. In questo momento le autorità iraniane stanno cercando di lottare contro questo male, ma come sarà possibile in condizione di caos bellico?
C’è un altro fattore, quello etnico.

Approssimativamente un terzo della popolazione dell’Iran è composta da azeri, molti dei quali hanno parenti in Azerbaigian. Potete immaginarvi quello che succederebbe se una tale moltitudine di emigrati decidesse di attraversare il confine di questo paese per arrivare poi fino in Russia e da lì fino al Caucaso del nord dove di per sé la tranquillità scarseggia?
Senza menzionare poi gli aspetti economici di un’operazione bellica. L’Iran è un paese molto grande, molto di più dell’Iraq e qualsiasi azione di guerra avrebbe irrimediabilmente un’influenza nella situazione del sud della Russia.

B.A.:Questa situazione dell’Iran è relazionata con la lotta al terrorismo internazionale?

L.S.: Chiaro che no. Il termine stesso “terrorismo internazionale” non è che un’invenzione astuta della propaganda americana, e devo ammetterlo, di successo.
Gli americani dicono che i terroristi internazionali ci hanno dichiarato guerra; di conseguenza noi abbiamo il diritto di colpirli ovunque si trovino. Ovvero: utilizzando la bandiera della lotta contro Bin Laden, è possibile invadere stati sovrani, cambiare i governi scomodi e imporre loro delle marionette. Molto comodo!!

B.A.: Detto in un’altra forma: Bin Laden potrebbe trovarsi in questo stesso istante a casa sua ridendosela di come gli si stia dando la caccia in tutto il mondo? Parlando concretamente, questo personaggio esiste?

A riguardo di casa sua non posso assicurare nulla, anche se non scarto questa possibilità. Ma sì, si tratta di una figura reale che a suo tempo è stata usata in forma attiva dalla CIA, ed è stata menzionata un’infinità di volte nei media, inclusi quelli americani.
Non nego che ancora lo stiano usando. La società americana può compararsi ad un grande auditorio televisivo. Per credere totalmente nel male, hanno bisogno della sua personificazione – una specie di “cattivo ”.

B.A.: e a che scopo si è fatta la guerra? Il problema non è forse il petrolio?

L.S.: Sì, la battaglia per le risorse energetiche è già iniziata. Le riserve planetarie si stanno esaurendo. La scoperta di nuovi giacimenti differisce di almeno dieci volte da quello che attualmente si sta sfruttando e dal 1990 non si compensa quello che si estrae. Il processo di esaurimento sta accelerando. Alcuni esperti pronosticano che la crisi degli idrocarburi arriverà nel 2033. Il picco storico dell’estrazione di petrolio è già stato raggiunto; e di più, è possibile solo una diminuzione. Cosa simile avverrà con il gas, anche se fra più tempo.
Le società petrolifere americane hanno una gran capacità di raziocinio strategico e già sono passate all’attacco.
Immediatamente dopo l’invasione dell’Iraq, uno dei super-falchi il sottosegretario alla difesa degli Stati Uniti, Paul Wolfowitz, disse che la ragione principale della detta impresa erano gli interessi petroliferi.

Altri si misero a parlare di stupidaggini sopra la democrazia, la minaccia alla civilizzazione, l’islam; ma Wolfowitz lo disse senza mezzi termini. Il fattore petrolio occupa ogni volta sempre più spazio nella politica internazionale statunitense. L’Iraq è solo uno degli esempi. Se gli americani riescono a ridare a questo socio minore dipendente la sua posizione precedente e fanno lo stesso con l’Iran, questo significherà che avranno potuto stabilire il controllo sui giacimenti petroliferi più ricchi del mondo. Da ora in poi loro controlleranno la politica petrolifera e i prezzi mondiali.

B.A.: e per caso l’Afghanistan non ha egli stesso petrolio?

Il ruolo di questo paese è un altro. Si tratta di una zona strategica, dalla quale, già in un futuro immediato, gli Stati Uniti potranno prendere decisioni non solo di carattere economico e politico, ma anche di potere nella regione del Mar Caspio, altra grande concentrazione di idrocarburi. Per ora, questa è una specie di riserva strategica e i suoi tempi di estrazione non sono alti. Però fra 10-15 anni giungerà il momento di uno sfruttamento intensivo dei giacimenti del Kazakistan e del Turkmenistan, e del controllo delle vie di trasporto dei prodotti energetici.
La campagna bellica afgana ha permesso agli Stati Uniti di assicurarsi basi militari nell’Uzbekistan e nel Kirguizistan; mentre ora si porta avanti a tutto gas la conquista politico-militare della Georgia e dell’Azerbaigian. La regione del Caspio si sta convertendo in un altro punto caldo del pianeta.
C’è bisogno di dire quali potranno essere gli svantaggi per la Russia?
Quello che sta succedendo lì in questi momenti, non è altro che la creazione delle condizioni per un’avanzata massiccia degli Stati Uniti nella regione limitrofa al Caspio, una nuova tappa del confronto con la Cina e la preparazione di un inevitabile scontro statunitense con quel paese.
Pechino dipende totalmente dall’importazione di risorse energetiche. È chiaro che i cinesi stanno cercando di sviluppare i loro propri pozzi, ma ovviamente non ce la faranno. Come se non bastasse, la Cina si sta sviluppando a grandi passi nella sfera economica, finanziaria e militare, trasformandosi di fatto nell’avversario degli Stati Uniti. Presto o tardi gli Stati Uniti dovranno incontrarsi faccia a faccia con la Cina.

blankTruppe USA a Baghdad

Perché, ditemi, gli Stati Uniti hanno bisogno di una base militare in Kirguizistan? Per realizzare voli in Afghanistan è assolutamente superfluo; allo stesso modo, il numero dei decolli effettivi sono molto maggiori dei voli necessari, e nonostante ciò, la base continua a crescere. Gli Stati Uniti hanno già iniziato a circondare la Cina con le loro basi, e non è casuale che loro stiano già trattando con il Vietnam a proposito del ritiro dei suoi soldati a Kam-Ran.

B.A.: Quindi, uno si può immaginare la regione del Caspio come un enorme barile di petrolio nascosto? Ovvero, arriverà il momento che persino il conflitto ceceno risulterà non necessario. Questo significherà la sua cessazione?

L.S. Si può assicurare con un certo margine di sicurezza la possibilità che questo sia vero. Quello che sta succedendo in questi momenti nell’Asia centrale e nel Caucaso del Nord non tiene soltanto origine in fattori interni. L’alimentazione dal di fuori non giocherà un ruolo definitivo, ma importante.
Stanno cercando di impedirci che si stabilizzi la nostra situazione nel Caucaso del Nord fino a che non lo necessitino i nostri soci internazionali. Molti non vogliono vedere una Russia dirompente.
Oggi noi e gli Stati Uniti siamo soci, ma ancora non ci hanno accettato definitivamente come alleati. Però, chi può prevedere che cosa accadrà nel giro di cinque, dieci, quindici anni? In politica non esistono né nemici né amici eterni.
Esistono gli interessi. Noi diciamo di avere avversari ovvi, ma la storia ha la capacità di compiere viraggi insperati. Con lo stesso Iran cosa è accaduto? Gli Stati Uniti avevano con l’Iran una stretta collaborazione di decadi. In questo paese c’erano circa 330 mila assessori, specialisti etc.. di ogni tipo; nulla sembrava poter minacciare la sua difesa, ma di colpo arriva la rivoluzione islamica e gli americani sono cacciati via, facendo tornare Teheran, nemico di Washington. E noi con la Cina? Avevamo una grande amicizia: “cinesi e russi, fratelli per sempre”, ma poi arrivarono i fatti di Damansk [Presumibilmente si riferisce all’isola di Damansk, sul fiume Ussuri, durante gli scontri di frontiera Cino-Russi del marzo 1969, NdR]. Grazie a Dio tutto è passato…

B.A.: Torniamo al Caucaso del Nord, forse non ho capito bene, Lei crede che quello che sta succedendo lì è conseguenza, per la maggiore, di fattori interni? E dove mi lascia la “mano di Al-Qaida”?

L.S.: Ah! La misteriosa Al-Qaida…Sì, la colpa delle nostre penurie nel Caucaso l’abbiamo, in prima istanza, noi stessi. Chi mise Dudaev in Cecenia? Chi lo armò? Chi disse a lui e a tutti gli altri: “bevano tanta sovranità quanta la loro gola possa sopportare?” Senza contare che tutti i nostri conflitti nel Caucaso del Nord accadono con il livello più basso di vita di tutta la Russia, una corruzione galoppante e l’arbitrarietà dei funzionari come sfondo.
Tanto più la smetteremo di farci riempire la testa con il “terrorismo internazionale” e ci faremo carico della gente e dei fenomeni che veramente generano il terrorismo, tanto meglio sarà.

B.A.: Secondo lei, cosa si aspetta la Russia dalla guerra per le risorse già iniziata?

L.S. La sola casa che possiamo dire ora è che si acutizzeranno le contraddizioni fra coloro i quali controllano queste risorse. In che maniera? Bene, se si dà una forma pacifica, queste saranno fondamentalmente economiche. Senza dubbio, i fatti iracheni hanno dimostrato che nel nome dei propri interessi, la maggiore potenza del mondo, facilmente si dimentica dei suoi alleati e accorre a metodi violenti. Nella sua posizione attuale la Russia è abbastanza vulnerabile ad una minaccia esterna, la quale può apparire in forma insperata, come conseguenza di un cambio nella congiuntura mondiale. Attualmente la nostra unica garanzia d’indipendenza è lo scudo dai missili nucleari. È necessario proteggerlo in tutti i modi, perché finché questo esisterà, nessuno s’azzarderà a impelagarsi veramente con la Russia. Non c’è nessun dubbio che i nostri soci faranno di tutto per riuscire a debilitare lo scudo, e per loro questo è un obiettivo strategico al quale non rinunzieranno. Per noi è vitale giungere a misure intelligenti, energiche e ben pensate a riguardo della creazione di una nuova economia che prima non esisteva.
Fino a che il paese non avrà un’economia effettiva, finché dobbiamo dipendere dalla congiuntura mondiale del mercato degli idrocarburi, si può parlare di qualsiasi cosa, ma ad ogni modo non rimangono che parole.

Bakhtiar Akhmedkhanov
Journaliste à RIA Novosti

Fonte: www.redvoltaire.net/
Link: http://www.redvoltaire.net/article4180.html
12.03.05

TRADUZIONE PER www.comedonchisciotte.org a cura di DAVIDE POCCHIESA

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