DI BILL HENDERSON
Quando il giovane Edwin Hubble cominciò a osservare l’universo all’inizio del ventesimo secolo, gli esperti pensarono che questo universo avesse solo una decina o forse un centinaio di milioni di anni (per la maggiore si pensava che avesse meno di 10.000 anni). Attualmente, su di una Terra vecchia di 4,5 miliardi di anni in un universo di 13 miliardi di anni d’età, le probabilità contro la fine del mondo al presente o nell’immediato futuro sono astronomiche. (A meno che voi apparteniate, come il Presidente, a una setta volutamente ignorante.)
Ma non prendetevi gioco dei catastrofisti sulla fine del mondo. E non siate eccessivamente ottimisti circa la capacità di recupero e l’ adattabilità della nostra civiltà, fraintendendo profondamente la sfida che dovremo affrontare oggi.
Nella lunga storia dell’uomo – diecimila anni dall’introduzione dell’agricoltura e della civilizzazione; settantamila anni da quel collo di bottiglia, in cui i genetisti hanno determinato che solo circa diecimila umani su una popolazione globale di decine di milioni sopravvissero a un “inverno vulcanico”; e indietro di almeno centinaia di migliaia di anni dall’addomesticamento del fuoco, dall’apprendimento di un linguaggio e dagli albori della religione e della cultura – è stato solo nell’ultimo secolo che abbiamo avuto la capacità di modificare la superficie della Terra in modo tale da mettere in pericolo la vita umana.
Nel secolo scorso un paio di volte (almeno), abbiamo creato la possibilità di una nostra estinzione accidentale: un inverno nucleare e l’impoverimento dello strato di ozono.
Finora le migliaia di potenti testate nucleari esistenti non sono state scatenate in una sicura distruzione reciproca (bloccando potenzialmente il Sole per un decennio come il presunto collo di bottiglia – che causò l’esplosione del vulcano Toba) – ma l’accelerazione della militarizzazione degli affari esteri da parte dell’amministrazione Bush, fautrice di una parzialità preventiva mirata in modo specifico verso una qualsiasi minaccia emergente nei confronti della potenza suprema degli Stati Uniti, e la pura e semplice aggressione per arraffare petrolio in Iraq per il proprio tornaconto, ci sta tirando giù verso un sentiero di guerra per le risorse, facendoci avvicinare mai come ora dal lontano 62, a quella ultima guerra mondiale nucleare.
(Viene sottovalutato notevolmente come l’aggressione dell’amministrazione Bush sfidi la tuttora Russia atomica e la potenza emergente della Cina, e come la vita per noi diventi molto più pericolosa a causa della scelta a favore della guerra per le risorse al posto di una cooperazione e di una innovazione multilaterale).
La seconda possibilità di estinzione era una piccola famiglia formata da novantamila e più sostanze chimiche sintetiche create nel secolo scorso, che fluttuavano nell’aria, alla fine della loro vita utile negli aerosol, nei solventi e nella refrigerazione, per interagire insieme e corrodere il sottile strato di ozono che circonda la Terra assolutamente necessario alla sopravvivenza delle molte forme di vita. Cinquanta anni dopo il loro utilizzo industriale, gli scienziati misero al corrente che i CFC non erano gas inerti dannosi, ma che fortunatamente, il danno cumulativo stava solo assottigliando e bucando lo strato d’ozono e non era possibile in quel secolo di avere una radiazione invasiva che avrebbe ripulito la vita dalla faccia della Terra.
Alla fine del 19° secolo gli scienziati cominciarono a considerare gli effetti a lunga scadenza del combustibile fossile bruciato e in special modo gli effetti delle quantità extra di CO2 rilasciate nell’atmosfera. Per la fine del secolo scorso le misurazioni dell’accumulo di CO2 e di altri gas serra e i modelli climatici basati su individuazioni scientifiche dei cambiamenti climatici negli ultimi duecento anni, hanno suggerito fortemente che esisteva un problema potenzialmente molto serio di riscaldamento globale.
Svariati decenni fa alcuni scienziati predissero che l’innalzamento globale delle temperature minime avrebbe portato al rilascio di enormi quantità di gas serra, al presente isolate al sicuro – metano, in modo particolare, depositato lontano al sicuro sotto gli oceani e nelle zone paludose – e che esisteva una possibilità di un rialzo clamoroso del riscaldamento globale spinto da questa retroazione positiva di gas serra rilasciati. Ci misero in guardia che il rapido rialzo del riscaldamento globale avrebbe potuto aumentare le temperature a tali gradi che molte delle forme di vita sulla Terra, uomo incluso, si sarebbero sicuramente estinte. Più o meno intorno ai 400 ppm (parti per milione) di concentrazione di CO2 nell’atmosfera e la natura prende il comando.
Fortunatamente, come abbiamo sviluppato il potere di riprogettare il mondo per scopi umani e quindi il potere di auto estinguerci, abbiamo sviluppato una maturità per salvaguardare il futuro dell’umanità.
Non è così.
La valutazione fatta da Matt Simmons nella riedizione aggiornata di Limits to growth* (I limiti dello sviluppo, ndr) è pertinente.
“Overshoot”* di William Catton Jr. è nato a nuova vita sul web perché il grafico attinente la catastrofe non è quello della Curva di Hubbert bensì quello che tutti noi conosciamo dove la popolazione resta in fondo al diagramma per millenni prima di raggiungere un picco in misura esponenziale all’inizio del 16° secolo, con l’uso del combustibile fossile. Catton ci valuta come una specie che ha bisogno, usa e dissipa energia, una specie che dovrebbe preoccuparsi della tendenza della popolazione animale a crescere esponenzialmente, superare il limite e distruggersi. Ciò che sale esponenzialmente, promette di crollare in maniera esponenziale.
La crescita esponenziale su di un pianeta limitato ha delle conseguenze.
Edward O. Wilson ha sviluppato la metafora del collo di bottiglia* rappresentando con un grafico le conseguenze dell’espansione continua della popolazione umana con potenti tecnologie nel 21° secolo. La popolazione umana con una biomassa cento volte maggiore rispetto a ogni animale precedente eccetto i batteri, sta eliminando un numero incalcolabile di biodiversità riprogettando habitat in precedenza selvaggi, per uso umano. L’impronta cumulativa dell’umanità causerà un grave esaurimento delle risorse – oggi il picco è sul petrolio, ma nel futuro ci saranno anche acqua e cibo. La produzione di gas serra è un altro esempio delle possibili conseguenze negative della nostra impronta soverchiante. Wilson immagina i sopravvissuti, umani, al gorgo del collo di bottiglia, ma la sua paura è quella di un mondo dove la biodiversità è stata gravemente depredata, una sesta estinzione che richiederà milioni di anni per riprendersi.
Il Premio Darwin – come spiegare quest’ipotesi così terribile e possibile a chiunque mangi un hamburger prima che venga distratto dal prossimo argomento. Coloro che negano la probabilità vera e reale di una catastrofe, contribuiscono a trattenerci in una crescente attività economica, nella quale come al solito ce la caviamo in qualche modo invece di prendere provvedimenti correttivi urgenti. Premi Darwin a tutti coloro che volutamente scelgono di rimanere ignoranti su ciò che siamo su questo pianeta, la nostra posizione precaria, e le nostre responsabilità.
Papà, mamma e figli sono in barca sul laghetto artificiale: il piccolo Johnny aiuta il papà a pescare (e pescare è bello); la mamma si gode un pisolino rilassante e i gemelli stanno giocando nella parte anteriore della barca. Tutti si stanno divertendo così tanto che non sono realmente consapevoli che la corrente li sta portando verso la diga e la chiusa. Anche se pescare è bellissimo, la gente ragionevole si assicurerebbe di star lontano dal punto di non ritorno, passato il quale non potranno scampare alla morte con tutta la famiglia.
Bill Henderson
Fonte: www.countercurrents.org
Link: http://www.countercurrents.org/cc-henderson100406.htm
10.04.06
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LAURA
Riferimenti bibliografici:
MEADOWS, DONELLA Limits to growth: the 30-year update, Chelsea Green Pub. Co.., 2004.
CATTON, WILLIAM Overshoot: The Ecological Basis of Revolutionary Change, University of Illinois press, 1982.
WILSON, EDWARD Il futuro della vita, Codice edizioni, 2004. Titolo originale: The future of life, N.York: Alfred Knof, 2002.