… NON DEVONO SAPERE
DI ANTONIO MAZZEO
Nel 2003 fu elaborata una relazione tecnico-urbanistica sugli impatti nel territorio di Messina delle opere previste per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Il documento rivela gravi dissesti ambientali, la trasformazione di aree abitate in cave e discariche, l’assoggettamento di interi comuni della Sicilia orientale ai cantieri del manufatto. Intere colline sventrate, boschi che si trasformano in enormi discariche di inerti, viadotti e piloni innalzati su complessi edilizi ed impianti sportivi, persino un cimitero investito dalle colate di cemento armato. Un territorio lacerato da decine di cantieri a cielo aperto, villaggi antichissimi devastati da tralicci e cavi d’acciaio, le arterie centrali di una città, già ostaggio dei mezzi pesanti, spezzate da gallerie e reti ferroviarie.
È lo sconvolgente scenario che traspare dalla Relazione tecnico-urbanistica elaborata dal Comune di Messina per descrivere gli impatti sul territorio dei lavori di realizzazione del Ponte dello Stretto. Una relazione rimasta nei cassetti dei palazzi del potere, ignorata perfino dal Consiglio Comunale che avrebbe dovuto approvarla o respingerla. Non poteva essere diversamente: stavolta non erano gli ambientalisti a prevedere l’apocalissi, bensì i tecnici di un Ente locale le cui differenti amministrazioni succedutesi hanno fatto a gara per intestarsi la paternità dell’opera per l’attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Che i siciliani non sappiano cosa sarà scatenato nell’isola con i lavori e i cantieri del Ponte, per non turbare i sogni di onnipotenza di una classe politica ed imprenditoriale cresciuta sui mille saccheggi del territorio.Per analizzare le scarne pagine della Relazione tecnica che si voleva top secret bisogna avere il cuore forte ed i nervi saldi.
Si era detto che l’unico impatto sarebbe stato quello visivo con la rottura della continuità terra-mare-terra del mitico paesaggio tra Scilla e Cariddi. Poi, in verità, si era anche aggiunto che per innalzare l’ottava meraviglia dell’Universo andava sacrificata una riserva naturale, quella di Capo Peloro con annessi due bacini lacustri (i laghi di Ganzirri). Oggi i tecnici del Dipartimento Politica del Territorio del Comune di Messina fanno sapere che le interferenze – sì, le chiamano proprio così – saranno molteplici, variegate e soprattutto globali. La zona a nord della città, ad esempio, scampata alla foga speculativa dei costruttori di Cosa Nostra, di particolare pregio paesaggistico e destinata dal Piano Regolatore a verde ambientale, sarà occupata dal blocco di ancoraggio dei cavi di acciaio di sostegno del Ponte. Un chilometrico viadotto battezzato Pantano vedrà i suoi piloni saldamente piantati su oltre 28.000 metri cubi di villette in avanzata fase di realizzazione e su un imprecisato numero di edifici già abitati da famiglie monoreddito; ancora il Pantano poggerà le sue strutture su un’ala del cimitero del villaggio di Granatari, mentre la torre portante del Ponte sarà ricavata su un’area in cui oggi ricade il grosso complesso residenziale Due Torri e sulla via che collega i villaggi di pescatori che si affacciano sullo Stretto, senza previsione di alcuna soluzione alternativa definitiva.
Dallo scempio non sarà risparmiato neppure il centro città: i progettisti della Società Stretto di Messina prevedono infatti di far sbucare la galleria del nuovo tracciato ferroviario a doppia canna che si collegherà con il manufatto, nel quadrilatero compreso tra via S. Cecilia, via A. Saffi, via Natoli e via La Farina. “Lo scavo a cielo aperto lungo il percorso segherà la città in due”; a ciò si aggiungeranno gli impatti sul territorio e il traffico dei lavori di trasferimento 800 metri più a sud della Stazione Centrale di Messina, in un’area erroneamente indicata come dimessa, occupata invece da attività industriali, artigianali e commerciali e che “non è dotata di agili infrastrutture viarie di collegamento con il centro”. Ambedue i progetti sono stati definiti dai tecnici del Comune di Messina “troppo gravosi in termini di impatto sul tessuto urbano esistente” e ne è stata proposta la cancellazione con il suggerimento di collegare il tracciato ferroviario proveniente dal Ponte con la ferrovia esistente in corrispondenza della Nuova Galleria dei Peloritani, realizzata appunto per agganciarsi al futuro manufatto. In tal caso non vi è motivo per lo spostamento della stazione ferroviaria, aggiungono al Dipartimento del Territorio, pur considerando in seconda battuta di trasferire ancora più a sud la nuova stazione ferroviaria, in località Gazzi o Contesse. Qui si rasenta l’amnesia: le Ferrovie italiane e l’Amministrazione comunale di Messina hanno già avviato le procedure d’appalto per la cosiddetta “Metroferrovia” (costo complessivo 22 milioni di euro) per collegare il villaggio di Giampilieri, ai confini sud del comune, con la stazione centrale, e rilanciare il trasporto ferroviario per la mobilità metropolitana. La Variante Generale al Piano Regolatore non aveva poi previsto né il tracciato ferroviario, né lo spostamento dell’attuale stazione richiesti dalla Stretto di Messina; ciononostante l’ipotesi progettuale ha trovato diversi sostenitori tra gli imprenditori e le forze produttive locali, particolarmente interessati a mettere le mani sulle aree (ex) industriali della zona falcata e della adiacente stazione ferroviaria e marittima.
Cantieri, cantieri, cantieri e ancora cantieri
Capitolo a parte quello delle nuove strade di collegamento con il Ponte e delle vie di accesso ai cantieri disseminati nel territorio (ben 12 sul solo versante siciliano, 8 relativi al tracciato viabile e 4 al tracciato ferroviario). Sono 23 i diversi tracciati stradali individuati per il flusso dei mezzi che verranno utilizzati per la realizzazione del manufatto, buona parte dei quali attraverso aree intensamente urbanizzate e già soffocate dal traffico di automezzi pesanti. Il progetto preliminare prevede poi la realizzazione dei nuovi raccordi per il collegamento con le tratte autostradali Messina-Catania (A18) e Messina-Palermo (A20), attraverso un “prolungamento autostradale a monte dell’attuale tangenziale, fino allo svincolo di Tremestieri. Si tratta di un’opera che concorrerà a sventrare l’area pre-boschiva dei Monti Peloritani con prevedibili conseguenze sul futuro assetto urbanistico del territorio”. C’è tuttavia un ostacolo per la realizzazione di tali opere giudicate indispensabili per fluidificare il traffico di attraversamento interregionale ed intercomunale in vista dell’attraversamento stabile dello Stretto. Gli oneri finanziari del nuovo raccordo e degli svincoli di collegamento Giostra-Annunziata-Curcuraci-Panoramica sono infatti esclusi dalle competenze del progetto Ponte ed è ancora da definire chi e quando garantirà il reperimento delle risorse.
Incerti se non ignoti anche i tempi di realizzazione: i lavori dei tre lotti per gli svincoli di Giostra e Annunziata e relativa galleria di raccordo, finanziati nel 1989 con il cosiddetto Accordo di programma per l’area metropolitana Messina-Reggio Calabria e Villa San Giovanni sono congelati da tempo, alcune delle imprese che si erano aggiudicate le gare sono fallite, altre sono finite sotto inchiesta per una lunga serie di gravi irregolarità, mentre i costi in corso d’opera sono aumentati proporzionalmente ai ritardi accumulati. L’ufficio tecnico del Comune segnala poi che è stata ignorata dai progettisti del Ponte la previsione di un adeguato intervento per il ripristino della viabilità interrotta della via Circuito su cui sorgerà la torre di sostegno del Ponte, isolando il villaggio di Torre Faro. Mancherebbe poi un progetto per collegare le vicine località balneari di Mortelle e Tono, una nuova strada cioè che non potrà non contribuire ai processi di erosione delle spiagge e di lottizzazione abusiva che hanno caratterizzato il recente passato.
I cantieri di lavoro saranno ricavati su una superficie comunale complessiva di 257.200 metri quadrati. Un territorio enorme tutt’altro che desertico: due aree per i cantieri previsti all’Annunziata sono attualmente interessati da un campo di calcio comunale di recente realizzazione e da alcuni impianti sportivi minori sempre di proprietà del Comune di Messina. Un cantiere verrà ricavato all’interno di alcuni impianti sportivi privati (campi di calcio e calcetto) esistenti a Granatari; peggior sorte toccherà al moderno polo sportivo della Cittadella Universitaria gestito dal CUS Messina, costato oltre 100 miliardi di vecchie lire e solo recentemente inaugurato nonostante fosse stato previsto per ospitare le Universiadi del 1997.
Il complesso sarà infatti attraversato dal viadotto Annunziata “senza riguardo alle strutture sportive esistenti” (campi da tennis coperti, campo da hockey su prato, piscina, ecc.). L’inverosimile viene raggiunto invece per un cantiere di un’area della frazione di Fiumara Guardia dove il nuovo Piano Regolatore ha previsto la realizzazione di un eliporto e della Caserma dei Vigili del fuoco indispensabili per assicurare la copertura del territorio nord del Comune in particolari situazioni di emergenza (incendi boschivi, ecc.). Altra importante interferenza quella relativa al cantiere che sorgerà a Pace proprio accanto all’area prevista per l’ampliamento dell’inceneritore gestito da Messinambiente S.p.A., la società mista finita recentemente sotto inchiesta per irregolarità nella raccolta dei rifiuti e su cui graverebbero le ombre di cointeressenze delle cosche mafiose messinesi e catanesi. Sugli abitanti della zona di Pace ricadrà così il doppio impatto dei fumi dell’inceneritore e delle polveri delle opere per il Ponte.
Il business di cave e discariche
Nel Comune di Messina saranno 5 i depositi per lo scarico del materiale di risulta proveniente dagli scavi di gallerie, fondazioni e trincee che verranno realizzati con i lavori per il Ponte. Una superficie di 44,4 ettari di territorio sarà trasformata in discarica di oltre 1.500.000 metri cubi di inerti e rifiuti di cantieri. I siti prescelti coincidono con zone di rilevante valore ambientale, paesaggistico o storico-artistico, come ad esempio l’area occupata dal forte umbertino Crispi costruito alla fine dell’800 per il controllo militare dello Stretto di Messina, o la discarica di Contrada Marotta inserita all’interno della pineta che il Piano Regolatore ha destinato alla realizzazione di un parco pubblico. Un terzo sito in località Catanese confina a nord con una vasta area dove si stanno espandendo le cooperative edilizie e a sud con i nuovi edifici della Facoltà di veterinaria dell’Università di Messina. La discarica di località Rizzotti, di cui non è noto il carico di deposito che dovrà sopportare durante e dopo i lavori per il Ponte, è stata disegnata a ridosso della nuova Cittadella sportiva universitaria ed esattamente accanto agli annessi alloggi di atleti e studenti. Una discarica per 560.000 metri cubi di inerti sorgerà infine in “località Bianchi” in un’area in cui sono in avanzata fase di attuazione numerose villette ed altre attrezzature residenziali e turistiche.
Le cave individuate per prelevare alcuni dei materiali necessari per la realizzazione del Ponte sono 3 per ciò che riguarda il territorio comunale più una quarta localizzata a Misterbianco, municipio alla periferia sud dell’area metropolitana di Catania, il cui uso avrà inevitabili conseguenze negative per la viabilità autostradale Messina-Catania e per la stessa tangenziale del capoluogo etneo.
Il fronte del porto
Sono proprio le cave e le discariche l’anello più debole dove storicamente si sono intrecciati gli interessi dell’imprenditoria mafiosa. Terrelibere.org lo ha raccontato nel lavoro L’Ecomafia dei Peloritani a cui si rimanda per cogliere il contesto territoriale in cui si vorrebbe far sorgere il Ponte. C’è però una grossa novità nello studio tecnico del Comune di Messina, che ci sentiamo di segnalare, anche perché potrebbe aprire scenari e dinamiche sino ad ora inimmaginati. In passato gli impatti socio-ambientali ed economici erano stati pensati solo per il territorio di Messina e per quello limitrofo al municipio di Villa San Giovanni. La relazione tecnico-urbanistica estende le ombre sinistre del Ponte, per ciò che riguarda il versante siciliano, a sud come abbiamo visto sino a Misterbianco-Catania, mentre a nord-ovest all’intero versante tirrenico della provincia di Messina. Si parla infatti di cantieri del ponte a Ganzirri e Mortelle e di cantieri remoti a Milazzo e Venetico, comuni questi ultimi a vocazione turistica e i cui amministratori e cittadini, sino ad oggi, sono stati del tutto tenuti all’oscuro dei progetti degli Uomini dello Stretto.
È nel territorio di Venetico che sarà infatti realizzato il “deposito definitivo” o uno o più siti non ben precisati per i materiali di risulta dei lavori dell’infrastruttura. Più specificatamente si accenna allo smaltimento ed il rifornimento di materiali tramite carrelli contenitori, tramite apposite imbarcazioni che scaricano i materiali via mare al deposito definitivo di Venetico. In mancanza di elementi noti e trasparenti, si è costretti ad avanzare solo delle ipotesi: essendo Venetico fornita sì di splendide spiagge ma del tutto priva di infrastruttura portuale, ciò significa o che la costa del comune sarà sacrificata per un devastante molo, o che gli automezzi da scarico raggiungeranno la cittadina attraverso la trafficata ed insufficiente via stradale da Capo Peloro, o più probabilmente dal Comune di Milazzo, e ciò spiegherebbe il nome di questo centro nella lista dei misteriosi cantieri remoti. Recentemente per l’ampliamento e il miglioramento funzionale del porto di Milazzo sono stati stanziati 50 milioni di euro, mentre l’ASI di Messina ha pronto un Autoporto da localizzare nella periferia est della città, un’opera pregiudicatrice di qualsiasi tentativo di risanamento ambientale di un’area ad alto rischio ambientale e che è fortemente osteggiata dall’amministrazione e dalla popolazione locale anche perché sino ad oggi ritenuta , inutile e dilapidatrice di ingenti risorse finanziarie. All’ombra del Ponte si tessono a Milazzo ulteriori affari ed oscure manovre: cordate di potenti imprenditori fanno incetta di aree e puntano a monopolizzare le attività portuali, mentre la criminalità barcellonese, una delle più potenti di tutta la Sicilia, non nasconde i desideri di accedere ai nuovi flussi di denaro e di estendere il carico estorsivo.
L’incerta istruttoria
Il Ponte si inserisce nel sistema di mobilità urbana ed inter-urbana come valida alternativa al sistema di trasporto attuale del quale, tuttavia, non viene previsto lo smantellamento quanto piuttosto un eventuale potenziamento come valida alternativa al ponte. Periodo contorto tuttavia esplicito quello dei tecnici del Comune di Messina chiamati ad analizzare gli impatti dell’opera: OK al Ponte, tuttavia il traghettamento sullo Stretto di mezzi privati e camion continuerà, anzi sarà potenziato. I privati che da decenni monopolizzano l’affaire traghetti tra le complicità e le connivenze di politici ed amministratori possono dormire tranquilli.
A non dover dormire sonni tranquilli dovrebbero essere quegli amministratori e progettisti che by-passando la volontà popolare hanno accelerato contra legem l’iter progettuale del Ponte sullo Stretto. Dicevamo del Consiglio Comunale che non ha avuto il coraggio di pronunciarsi sui rilievi della relazione tecnica del Dipartimento per il Territorio del Comune di Messina che pure ha riconosciuto di aver “accertato le interferenze” sulla scorta dei pochi elaborati grafici inviatici; pensiamo poi alla Regione Siciliana, importante socio pubblico della Stretto di Messina S.p.A.,ed al suo Assessorato Territorio ed Ambiente, che hanno omesso di esercitare il dovere-potere di valutarne il grave impatto socio-economico ed ambientale, affermando in una nota inviata al Comune di Messina il 4 marzo 2003 che il Ponte sullo Stretto “non rientra nella fattispecie delle opere da poter autorizzare secondo la procedura della vigente legislazione siciliana per trasferire poi la patata bollente al consiglio comunale che se avesse anche voluto avrebbe dovuto valutare “entro 30 giorni” il progetto preliminare della Società Stretto di Messina. Quest’ultimo e l’allegato Studio di Impatto Ambientale fu fatto pervenire solo il 3 aprile successivo (data di invio da Roma il 31 marzo 2003), proprio il 30° giorno della data limite fissata dalla Regione-socia del Ponte. Uno Stralcio del progetto preliminare del Collegamento viario e ferroviario tra la Sicilia e il Continente era stato comunque spedito a tutta una serie di “interlocutori” della Stretto di Messina S.p.A., tra cui il Comune di Messina, il 28 gennaio 2003. Cosa ci fosse tra quelle carte è ancora tutto da comprendere. Si sa solo che il vicesindaco di Messina, il deputato dell’UDC Gianpiero D’Alia, si lamentò con l‚allora sindaco di Alleanza nazionale Giuseppe Buzzanca di aver ricevuto le note della Società del Ponte prive degli allegati ivi richiamati. Si restituiscono, pertanto, gli originali al sig. Sindaco che, verosimilmente, è in possesso di tutta la documentazione. Sì verosimilmente. Come verosimilmente la documentazione verrà rigirata “per intero” al Dipartimento Politica del Territorio per l’istruttoria di rito. Per scoprire alla fine, come abbiamo già visto, che furono appena 28 le tavole visionate per individuare le “interferenze” del Ponte e che lo studio fu realizzato su una cartografia aerofotogrammetria risalente al 2001 in scala 1:2000 e 1:5000. Da precisione chirurgica, non c’è che dire.
Antonio Mazzeo
Fonte: http://www.terrelibere.org
novembre 2004