IL PIANISTA DELLA PALESTINA

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DI OMAR BARGHOUTI

 

Mentre guardavo il film Il Pianista, sono stato colpito dalle similitudini tra il trattamento degli Ebrei Polacchi da parte degli occupanti Tedeschi ed il trattamento dei Palestinesi da parte degli Israeliani. Ma quando sono giunto alla scena in cui soldati Tedeschi costringono musicisti Ebrei a suonare per loro ad un posto di blocco, ho pensato tra me e me: ” questo i soldati israeliani non l’hanno ancora fatto ai Palestinesi.” Sfortunatamente, mi sbagliavo. Lo scorso Novembre, il quotidiano Israeliano Ha’aretz riportava che un’organizzazione per i diritti umani Israeliana era riuscita a filmare su videotape soldati Israeliani che costringevano un violinista Palestinese a suonare per loro ad un posto di blocco vicino Nablus. La stessa organizzazione confermava che un simile abuso aveva avuto luogo mesi prima ad un altro posto di blocco vicino Gerusalemme.Con il tipico stile che contraddistingue la maggior parte dei giornali israeliani, l’incidente e` stato accantonato da un portavoce dell’esercito come poco piu` che “insensibilita`”, con nessun intento malizioso di umiliare i Palestinesi coinvolti. E naturalmente la solita pappa sui soldati che devono ” avere a che fare con una realta` complessa e pericolosa ” e` stata nuovamente servita pronta, una taglia-unica per tutte le scuse. Mi domando se lo stesso potrebbe essere detto o accettato nel descrivere le originali pratiche Naziste alle porte del ghetto di Varsavia nel 1940.

Con rammarico, l’analogia tra le due occupazioni illegali non si ferma qui. Molti dei metodi di “punizione” colletiva e individuale ripartiti ai civili Palestinesi dalle mani di giovani, razzisti, spesso sadici soldati Israeliani sono reminiscenze di comuni pratiche Naziste contro gli Ebrei.

In seguito ad una visita ai territori Palestinesi occupati, nel 2003, Oona King, un membro Ebreo del parlamento Britannico lo confermo`, scrivendo: ” Gli originali fondatori dello stato Ebraico certamente non potevano immaginare l’ironia di fronte all’Israele di oggi: nello sfuggire alle ceneri dell’Olocausto, essi hanno incarcerato un altro popolo in un inferno simile nella sua natura – anche se non nella sua estensione – al ghetto di Varsavia.”

Anche Tommy Lapid, ministro della giustizia Israeliano ed un sopravvissuto dell’Olocausto egli stesso, causò una tempesta politica, lo scorso anno, quando disse alla radio Israeliana che una foto di un’anziana donna Palestinese che cercava nelle macerie le sue medicine gli aveva ricordato sua nonna che era morta ad Auschwitz. Inoltre commento` sulla distruzione arbitraria ed indiscriminata di case, uffici e fattorie Palestinesi a Gaza, a quei tempi, da parte del suo esercito, dicendo: “[S]e andiamo avanti cosi`, saremo espulsi dalle Nazioni Unite ed i responsabili saranno imputati alla Hague.”

Ultimamente, alcuni dei crimini di guerra Israeliani sono stati rivelati in testimonianze oculari di ex soldati che non potevano piu` sopportare la loro complicita` nell’umiliazione, abuso e danno fisico di civili innocenti. Secondo una relazione recente dei media Israeliani, un comandante dell’esercito ha picchiato dei Palestinesi gratuitamente al noto posto di blocco Hawwara. L’evidenza piu clamorosa contro di lui e` stato un video filmato dal ramo educazionale dell’esercito. Il report dichiarava che l’ufficiale senior – sapendo che un’equipe militare era locata nelle vicinanze, e senza alcuna provocazione – picchio` un Palestinese “affiancato da moglie e figli.” L’uomo fu preso a pugni in faccia, ed ” anche preso a calci nelle parti basse del corpo.”

Una recente mostra a Tel Aviv intitolata “Breaking the Silence”(Rompendo il Silenzio), organizzata da coscienziosi soldati Israeliani che hanno servito nell’occupata Hebron, ha usato fotografie ed oggetti per svelare la belligeranza dell’esercito verso gli indifesi Palestinesi. Ispirati da graffiti anti-Arabi come ” Arabi alle camere a gas ” e ” Versa il sangue Arabo “, i soldati hanno usato molteplici metodi per rendere intollerabili le vite di comuni Palestinesi. Il principale curatore della mostra ha descritto una politica particolarmente scioccante di sparare a caso per ore, sui palestinesi, con armi pesanti e granate in risposta ad ogni minima sparatoria contro le colonie Ebraiche all’interno della citta`.

Gli orrori di Hebron impallidiscono, comunque, a confronto con cio` che le unita` militari Israeliane hanno fatto a Gaza. In una snervante intervista con Ha’aretz nel Novembre 2003, l’Ufficiale di Stato Maggiore Sergente (res.) Liran Ron Furer descrisse la graduale trasformazione di ogni soldato in un “animale” quando pattuglia un posto di blocco, a prescindere da qualsivoglia valore egli possa portarsi da casa. I soldati divennero infetti con cio` che Furer chiama “sindrome da posto di blocco,” portandoli ad agire nel ” modo piu` primitivo ed impulsivo, senza paura di punizione.”

“Al posto di blocco,” ha spiegato, “i giovani hanno la possibilita` di essere padroni ed usare forza e violenza diventa legittimo.”

Furer cita come i suoi colleghi degradarono e picchiarono senza pieta`un nano Palestinese per divertimento; come fecero una “foto souvenir” con i civili insanguinati e legati che avevano picchiato; come uno dei soldati urino` sulla testa di un uomo Palestinese perche` questi aveva avuto “il coraggio di sorridere”; come un altro Palestinese fu forzato a mettersi a quattro zampe ed abbaiare come un cane; e come un altro soldato, che aveva domandato a dei Palestinesi delle sigarette che gli erano state rifiutate, “fratturo` la mano di uno” e ” squarcio` i loro pneumatici.”

Da far rabbrividire piu` di tutto fu la confessione personale di Furer. “Corsi verso [un gruppo di Palestinesi] e diedi un pugno proprio in faccia ad un Arabo,” ammise. “Il sangue gli scorreva dal labbro fino al mento. Lo condussi al retro della Jeep e lo gettai dentro, le sue ginocchia picchiarono contro il cofano ed cadde all’interno.” Furer ando` poi avanti a descrivere come lui ed i suoi compagni calpestarono il prigioniero ammanettato, come lo colpirono finche` “sanguinava e faceva come una pozza di sangue e saliva;” come Furer “lo prese per i capelli e gli strattono` la testa lateralmente” finche` si mise a gridare, e come i soldati poi “lo calpestarono sempre piu` sulla schiena,” per farlo smettere di piangere.

Tutto questo fu istigato dalle incitazioni di ” Buon lavoro, tigri.” del comandante di compagnia. Dopo aver condotto la preda al loro campo, l’abuso continuo`. “Tutti gli altri soldati ci attendevano per vedere che cosa avevamo catturato,” Furer ricordo`. “Quando entrammo con la Jeep, fischiarono ed applaudirono selvaggiamente.” Uno dei soldati ” gli si avvicino` e lo colpì con un calcio nello stomaco. L’Arabo si accascio` e gemette, e noi tutti ridemmo. Era divertente…Gli diedi un fortissimo calcio in culo e volo` in avanti proprio come mi aspettavo. Loro gridavano…e ridevano…ed io mi sentivo felice. Il nostro Arabo non era altro che un ragazzo ritardato di 16 anni.”

Per quanto selvaggio, l’abuso dei posti di blocco non e`unico. S’incastra perfettamente bene nella pratica di vedere i Palestinesi come esseri umani relativi senza il diritto di dignità e rispetto che meritano le persone. Al picco della massiccia rioccupazione Israeliana delle citta` Palestinesi nel 2002, per esempio, i soldati usarono i loro coltelli per incidere la Stella di David sulle braccia di un numero di uomini Palestinesi ed adolescenti in detenzione. Le indimenticabili foto delle vittime furono mostrate prima su canali TV di un satellite Arabo e poi svelate su internet.

Nello stesso anno, al campo per rifugiati al-Amari, durante un raduno di massa di Palestinesi – adolescenti ed anziani inclusi – le truppe Israeliane scrissero numeri d’identificazione “sulle fronti e braccia dei Palestinesi in detenzione in attesa di essere interrogati.” L’allora leader Palestinese Yasser Arafat paragono` l’atto alle ben note pratiche Naziste dei campi di concentramento. Tommy Lapid divenne furibondo, dicendo: “Quale rifugiato dall’Olocausto trovò un tale atto inammissibile.” Nonostante cio`, Raanan Gissin, portavoce del Primo Ministro Israeliano Ariel Sharon, si preoccupo` solo che l’immagine di Israele non ne fosse intaccata e disse alla radio dell’esercito Israeliano: “Chiaramente ciò contrasta con il desiderio di trasmettere un messaggio di pubbliche relazioni.” I principali attacchi media Israeliani erano gia` troppo preoccupati del ” disastro delle pubbliche relazioni” per esprimere qualunque sentimento di aberrazione, figurarsi per protestare l’immoralita`ironica dell’atto.

Yoram Peri, un professore di politica e media all’Universita` di Tel Aviv, vede le Pubbliche Relazioni come un “tema fondamentale nella vita di Israele.”

“Noi non crediamo di fare niente di male,” ha suggerito in una intervista con il Guardian, ” ma pensiamo di non riuscire ad esprimerci e che i media internazionali siano anti-Semiti…Quando discutiamo delle cose orribili che accadono nel West Bank, non parliamo del fatto ma di come sara` visto.”

In una recente intervista con la pubblicazione Irlandese Handstand, l’ex membro Knesset, Shulamit Aloni, lamento` questo prevalente cinismo, apatia e passiva accettazione della maggioranza di Israeliani. Secondo Aloni, una “disgustosa insensibilita`” ora minaccia l’integrita` morale della societa` Israeliana. Riferendosi ai Tedeschi durante la legge Nazista, aggiunse “Sto cominciando a comprendere perche` un’intera nazione fu in grado di dire: ‘Non lo sapevamo’ .”

Omar Barghouti
e`un analista politico indipendente che lavora in Palestina
Fonte:www.adbusters.org
febbraio 2005

Traduzione per Comedonchiscìciotte.net a cura di Fey

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