IL PETROLIO, I CRISTIANI E I DIECI COMANDAMENTI

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DI RAY MCGOVERN

“Abbiamo bisogno del petrolio, giusto? Quindi qual’è il problema?”
Tanto candore è raro; però mi ha bloccato sui miei passi. La domanda mi è stata fatta lunedì scorso dopo una conferenza tenuta a Pewaukee, Wisconsin, sul tema “Le grandi decisioni del 2005”. Si trattava della prima conferenza di una serie istituita per conto dell’Institute of World Affairs, University of Wisconsin-Milwaukee. (1)
Dopo che il ‘casus belli’ delle armi di distruzione di massa è svanito nel nulla come motivo dell’invasione e dell’occupazione dell’Irak, ho deciso di sperimentare con una specie di incontro didattico quello che io credo sia il motivo principale alla base della guerra, e cioè prima e anzitutto il petrolio. Mentre incontravo, lungo il percorso della mia destinazione, una lunga fila di mostri divora-benzina mi chiedevo come sarebbero state accolte le mie osservazioni sul petrolio. Alla fine mi trovai più che sorpreso scoprendo che le circa 250 persone presenti alla conferenza non avevano nessun tipo di problema a riguardo.LA PERDITA PIU’ RECENTE

Pensavo che l’impresa sarebbe stata molto più difficile. Fra l’altro era appena arrivata la notizia che un soldato di 22 anni, Travis M. Wichlacz, appartenente alla Compagnia Fox di Milwaukee, era caduto in Irak. Si trattava della quinta perdita per la compagnia e la 33-esima del Wisconsin. La matrigna aveva riferito a un giornalista: “Travis buttava giù le porte e andava per le case alla ricerca di armi o a disinnescare bombe.” Il C.le Wichlacz è morto a causa di una bomba sulla strada a sud-ovest di Baghdad, il 5 febbraio 2005.

Abbiamo osservato un minuto di silenzio in sua memoria, poi abbiamo cercato di immaginare la scena fra il padre del ragazzo, Dennis, e il giornalista che lo intervistava. Abbiamo cercato di indovinare le domande che il signor Dennis avrebbe potuto porre:

D.: “Come è possibile che i nostri servizi di informazione siano stati così malamente organizzati da trarre in inganno il Presidente e fargli iniziare la guerra?”

R. “Ho paura che le cose non stiano così, Dennis. L’amministrazione Bush aveva deciso di attaccare l’Irak molto prima che qualsiasi ‘informazione’ fosse posta a base della ‘giustificazione’ per un attacco. E’ vero che le informazioni erano cattive, ma erano dirette al Congresso; anche Colin Powell ha dovuto ammetterlo. L’obiettivo era quello di trarre in inganno i legislatori per costringerli a cedere all’esecutivo la prerogativa costituzionale di autorizzare la guerra.”

D.: “Si, ma il motivo per cui mio figlio, e gli altri, sono morti? Perché?”

R.: “Il petrolio.”

IL PETROLIO

La scrittrice canadese Linda McQuaig, autrice del libro “E’ il greggio, amico”, ha fatto notare che fra qualche decennio non ci sarà più bisogno di scervellarsi troppo. Gli storici discuteranno con calma della guerra in Irak e indicheranno nel petrolio la causa scatenante del conflitto. Le motivazioni della decisione saranno individuate in: la crescente dipendenza degli USA dalle importazioni di petrolio, la concorrenza con la Cina, l’India e altri paesi per ottenere un rifornimento di petrolio, che ormai si avvicina alla fine, oltre al fatto che (come l’ha messa giù il segretario alla difesa, Paul Wolfowitz) l’Irak “nuota in un mare di petrolio”. Sembrerà tutto così ovvio che al massimo ci sarà qualche sbadiglio.

Ma ciò accadrà in futuro. Adesso è adesso. Come si può spiegare l’improvviso cambiamento dalla prudenza dei primi anni 90 con l’avventatezza dell’attuale amministrazione? Come spiegare il cinismo con il quale scambiamo la vita dei nostri soldati con la chimera di poter controllare il petrolio del Medio Oriente?

IL CHENEY DEL PASSATO E I NOSTRI SOLDATI

Nell’agosto 1992, Dick Cheney, allora segretario alla difesa sotto un presidente Bush molto diverso, dovette giustificare perché i carri armati americani, durante la prima guerra del golfo, non erano arrivati sino a Baghdad per far cadere Saddam. La sua spiegazione è stata:
“Non credo che ci saremmo riusciti senza grosse perdite. E la domanda che mi faccio è questa: quante altre vite vale Saddam? E la risposta è non così tante. Quindi non vogliamo trovarci impantanati col problema di occupare e governare l’Irak.”

ALLA FINE ECCO DOVE SI TROVA IL BOTTINO

Più tardi, l’allora Direttore Generale Cheney della Halliburton si era trovato a manifestare priorità un po’ diverse. Alla fine del 1999 si lamentava:
“Le compagnie petrolifere non solo devono affrontare il problema dell’avvicinarsi del picco massimo del petrolio, ma devono anche soddisfare le nuove richieste di consumo. Tutto questo petrolio dove si trova? I governi e le principali compagnie ovviamente hanno il controllo del 90 per cento delle infrastrutture. Il petrolio del Medio Oriente, che rappresenta i due terzi delle riserve mondiali, ed è anche il più a buon mercato, è lui che rappresenta il bottino.”

Che cosa è cambiato durante i sette anni che separano i due giudizi di Cheney?

Gli USA devono importare sempre più petrolio per le sue esigenze energetiche;

I continui black-out di energia hanno provocato la necessità di assicurare/aumentare il rifornimento di fonti energetiche;

Gli addetti ai lavori hanno previsto che il picco massimo della produzione di petrolio sarà raggiunto fra una decina di anni, mentre la domanda continuerà a crescere sempre più;

Gli uomini che oggi stanno al governo degli USA in passato avevano già manifestato al Presidente Clinton, nel gennaio 1998, di rovesciare Saddam, altrimenti: “una quantità importante del petrolio mondiale verrà messa a rischio.”

Nell’ottobre 1998 il Congresso ha approvato, e Clinton ha firmato, un documento nel quale si raccomandava che “dovrebbe essere politica di Washington sostenere ogni sforzo teso a rovesciare il regime di Saddam Hussein.”;

Le sanzioni internazionali hanno deteriorato la situazione irachena al punto che le sue forze armate, con a capo un “dittatore cattivo”, risultano gravemente indebolite.

Non appena il presidente Bush è entrato alla Casa Bianca, Cheney e i la sua squadra di specialisti dell’energia, gli hanno mostrato le mappe dei pozzi petroliferi iracheni. (Siamo a conoscenza di questi documenti, grazie a una causa, fieramente ostacolata, relativa al Freedom of Information Act. Il tribunale ha accolto la decisione della Casa Bianca di mantenere riservate le riunioni e anche i nomi dei componenti di dette squadre di specialisti.)

A essere giusti, l’idea di impossessarsi dei campi petroliferi non è un’idea nuova. Nel 1975, Henry Kissinger, sotto pseudonimo, ha scritto un articolo per Harper dal titolo “Impadronirsi del petrolio arabo.”, delineando dei progetti tesi a tale scopo, impedire cioè che gli arabi abbiano il controllo assoluto di un bene vitale per la società moderna. Ma in quei tempi c’era l’URSS che faceva da freno ad avventurismi del genere

LE MENZOGNE SUL BOTTINO

Il Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, ha dichiarato che il conflitto in Irak “non ha niente a che fare con il petrolio”, ma tutti quelli che non si accontentano delle notizie diffuse dalla rete TV Fox, sanno che la sua credibilità si è piuttosto appannata. Dopotutto Rumsfeld era colui che assicurava , fra l’altro, che egli sapeva esattamente dove si trovavano le “armi di distruzione di massa”. E in una guerra che non si vuole scatenata per il petrolio è strano che gli strateghi americani abbiano dato priorità estrema alla sicurezza dei campi, e anche al ministero del Petrolio a Baghdad.
Non sarà di grande consolazione, per la giovane vedova Angela Coakley, sposatasi con il cap.le Wichlacz lo scorso maggio, poco prima che partisse per l’Irak, o ai suoi genitori, sapere che non sono i primi a subire una perdita irrimediabile a causa di pretesti falsi.

Se qualcuno vi chiederà perché siamo morti, dite loro che siamo morti perché i nostri padri hanno mentito.
–Rudyard Kipling.

NESSUN DIBATTITO

A Pewaukee mi aspettavo che le mie osservazioni avrebbero creato qualche forma di dibattito, almeno durante la fase delle domande e risposte dopo la conferenza, prima che la maggior parte delle persone decidesse di andarsene mentre nevicava leggermente. Più tardi mi fu spiegato che la mancanza di dibattito non era dovuta tanto a disinteresse quanto alla riservatezza del Mid-West.

Comunque si era formato un capannello di una ventina di persone con a capo un tizio ben vestito (chiamiamolo Joe) che non se ne voleva andare, se non dopo avermi fatto la seguente osservazione:
“Siete certamente d’accordo che il petrolio è necessario. Allora qual è il problema? La perdita di 1.450 soldati finora è ben poco rispetto ai 58.000 del VietNam; si tratta di una piccola perdita, una percentuale ben sopportabile. Allora qual è il TUO problema?”

Volevo domandare a Joe se, nel caso fosse morto suo figlio invece che Wichlacz, l’avrebbe pensata allo stesso modo, ma giudicai tale riflessione ben superiore alla sua capacità di comprensione (E qui nascerebbe una altra storia importante.) Così feci ricorso a un ragionamento di tipo utilitaristico “Joe, il problema è che non siamo in grado di controllare il petrolio dell’Irak. La guerra non si può vincere. Abbiamo un miliardo e trecento milioni di mussulmani che ce l’hanno con noi, non ci lasceranno vincere.”
Ma anche questo aveva poco effetto su Joe.

E SE PER CASO FOSSE SBAGLIATO

Giudicai Joe uno di quei tipi che vogliono i Dieci Comandamenti belli esposti in ogni tribunale d’america. Così passai a un’altra tattica, domandandogli “Non è che uno di quei comandamenti dice di non rubare,.. di non uccidere…di non mentire…e anche di non desiderare la roba degli altri? Non è che pensi sia il caso di levare quattro comandamenti e lasciare gli altri sei così evitiamo ogni potenziale imbarazzo?”

Joe se n’è andato a bordo della sua macchina divora-benzina.

Ray McGovern

fa parte di una organizzazione di veterani. (Steering group of veteran intelligence professionals for sanity) ed ha lavorato come analista nella CIA per 27 anni, ha prestato servizio sotto diversi presidenti, da Kennedy a George H.W. Bush.

Fonte:

L’articolo è apparso per la prima volta su: truthout.org
http://www.truthout.org/docs_2005/021405Y.shtml

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